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Autore: unleashedliebe    01/12/2010    2 recensioni
Anna viene mandata a vivere con il padre in Germania perché frequentava Daniele, un ragazzo che la madre non approvava. Il trasferimento le sconvolge la vita: prima scopre d’esser stata tradita, poi incontra nella terrazza dell’hotel in cui alloggiava Bill Kaulitz. Dapprima solo amico, poi si scopre innamorata di lui. Il sentimento sfocia in una notte d’amore a Roma, dopo la quale il cantante non si fa più sentire. Anna, profondamente triste, si getta nel lavoro d’interprete e comincia a viaggiare con vari artisti in giro per il mondo. Continuò così per due anni, finchè il manager dei Tokio Hotel le propose di lavorare con la band e lei, seguendo i consigli della sua migliore amica Steph e della sorella Elena, accetta anche se titubante. Tra incomprensioni, gelosie, litigi e lacrime i sei mesi di tour si rivelano più intensi e difficili del previsto. Difficoltà che verranno però ripagate nell’immancabile happy end. Enjoч.♥
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Da quella litigata trascorse un mese, arrivammo così a Febbraio.
Non fu un mese facile, il clima era alquanto teso. Bill mi ignorava completamente e, quando capitava di incrociare il suo sguardo, vi leggevo solo delusione e indifferenza. Ecco, quegli sguardi ferivano più di mille parole.  Almeno il rapporto fra i gemelli era migliorato, i primi giorni non si parlavano neppure! Anche Gustav e Georg s’erano accorsi che qualcosa non andava ma, quando mi chiedeva se sapessi qualcosa, rispondevo sempre nello stesso modo: alzando le spalle.
Anche le cose con Daniele peggiorarono: aveva cominciato a chiamarmi più spesso e a inviarmi messaggi, puntualmente non rispondevo.
Il primo febbraio i Tokio Hotel avevano un concerto a Barcellona. Mi svegliai  con una strana sensazione addosso, un presagio. Un brutto presagio. Trascorsi la mattina lavorando, prima ad una trasmissione televisiva poi in radio. Mentre ero a pranzo ricevetti una chiamata da mia madre. Cosa stranissima, lei non chiamava mai.
“Devi tornare a casa.” Mi disse appena risposi.
“Che succede mamma?” Mi stavo agitando.
“Elena, ha fatto un incidente. Prendi il primo volo, ti prego. Stanza 25, l’ospedale di Venezia, poco lontano dall’aeroporto.”  Aveva la voce che tremava.
“Prendo il primo volo.” Misi giù e andai a parlare con David. Gli spiegai la situazione e mi lasciò andare. Scrissi velocemente un messaggio a Tom: “Sto tornando in Italia, mia sorella è in ospedale.” Semplice e essenziale. Ero troppo agitata per pensare. Presi il volo delle due e un paio d’ore dopo ero già a casa.
Andai subito in ospedale, mamma era in sala d’attesa e con lei c’era anche papà.
“Che è successo?” Chiesi trattenendo le lacrime. “Come sta?”
“E’ stata investita da un ubriaco. Gli ho già fatto causa. Si è rotta un braccio e il femore, ha sbattuto la testa per terra, è in coma ora” Mi spiegò con calma. Si vedeva che era agitata.
“Posso entrare?” I miei genitori annuirono.
Mia sorella era distesa sul letto bianco, sembrava dormisse. Le avevano già ingessato la gamba e il braccio. Aveva un collare. L’espressione del viso era calma. Vederla così, mi sentì morire. Mi sedetti sulla sedia di fianco a lei e le presi la mano stringendola.
“Tu devi svegliarti, hai capito? Non hai scelta, ti costringo! Non puoi lasciarmi sola, lo sai vero? Se non ti svegli, una parte di me s’addormenterà con te. Tu sei il mio punto fermo, la mia Luna!”
Fui costretta a smettere di parlare, troppe lacrime e singhiozzi. In quel momento entrò Manuel. Era sconvolto, andai da lui e lo abbracciai.
“Vi lascio soli.” Dissi semplicemente uscendo.
Fuori trovai una brutta sorpresa. Daniele. Guardò male prima me, poi Manuel.
Lo sorpassai e andai a sedermi vicino a mia madre. I miei genitori lasciarono l’ospedale alle otto di sera. Io restai li seduta. Alle nove mi chiamò Tom.
“Anna come stai?” Mi chiesero il chitarrista, bassista e batterista.
“Meglio di mia sorella sicuramente. È in coma. Io.. ho paura” Dissi trattenendo i singhiozzi.
“Fra due giorni abbiamo la tappa a Venezia. Ti raggiungiamo il prima possibile. Puoi contare su di noi.” Mi disse Gustav con voce rassicurante.
“Grazie per tutto ragazzi. Ora devo chiudere, c’è un infermiera incazzata che viene verso di me. Non potrei usare il cellulare. Che palle. Vi voglio bene!” Dissi velocemente prima di chiudere la chiamata.
Alle dieci entrai in camera, Manuel teneva la mano a  Elena. Mi venne da sorridere.
“Manu, va a casa a riposarti. Sto io con lei stanotte.” Gli dissi rassicurante. Non disse niente, annuì e uscì dalla stanza. Presi il suo posto. Le strinsi la mano e cominciai a canticchiare per lei.
“Stasera canterò in esclusiva per te i Tokio Hotel, tanto per cambiare no?”
Passai tutta la notte così. Cantandole canzoni della band.
Alle dieci di mattina arrivò Manuel a sostituirmi. Non aveva una bella cera, non aveva dormito. Come me.
Uscì dall’ospedale e andai a casa a piedi, avevo bisogno d’aria. Arrivata in camera mia mi cambiai, presi dei sonniferi e mi distesi a letto.   
Mi sveglia alle nove di sera, con un mal di testa incredibile. Uscì subito di casa per andare in ospedale. Arrivata, nulla era cambiato. Le condizioni di mia sorella erano le stesse. Manuel era appena andato a casa lasciandomi con lei.
“Adesso i Tokio Hotel stanno suonando a Venezia. Ti avevo comprato i biglietti sai? Beh, ti conviene svegliarti perché mi hanno detto che se fanno in tempo ci vengono a trovare. E tu non vuoi vedere i tuoi idoli con addosso un brutto camice vero? Non che io sia meglio effettivamente. Dovresti vedere i miei capelli, sembro uno spaventapasseri.” Le parlai di queste cazzate per un po’. A mezzanotte Tom mi chiamò.
“Ehi, abbiamo finito il concerto. Tutto bene li?”
“Si e no. Nessun peggioramento ma nessuna novità.” Dissi triste.
“Senti, in che camera è tua sorella?” Chiese lui.
“camera 25, perché?”
“Veniamo li.” Disse semplicemente.
“No, avete appena finito il concerto, ne avete uno fra due giorni, dovete risposarvi! Non potete farvi vedere in giro poi! Non dovete disturbarvi così!” Lo ammonì.
“Anna non tirarla lunga, David ci ha dato il permesso. Abbiamo fatto partire un’altra macchina quindi tutti credono che siamo all’hotel. Inoltre siamo travestiti bene, non ci riconosceranno! E nessun disturbo credici. Poi siamo già arrivati.” Chiuse la chiamata.
Due minuti dopo nella stanza d’ospedale c’erano i Tokio Hotel al completo. 


“Anna, hai un aspetto orribile, sul serio!” Fu la prima cosa che mi disse Tom.
“Fanculo.” Fu la mia educata risposta.
“Sempre educatissima noto!” Disse Georg facendomi sorridere.
“Sapete, forse è un bene che non sia ancora sveglia. Altrimenti farebbe un infarto” Dissi ridacchiando.
“Che fai di solito qui?” Chiese Gustav.
“Le parlo oppure le canto qualche canzone.” Risposi semplicemente.
“Canta qualcosa!” Mi supplicò Tom.
“No.” Fu la mia risposta secca.
“Daiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!”  Mi guardò con la faccia da cerbiatto, la stessa di Bill.
“Sono stonata!” Inventai una scusa.
“Tanto lo sai che non cedo, quindi o canti ora o tra cinque minuti, tanto vale togliersi il pensiero no?”
“Fanculo. Di nuovo.” Detto questo cominciai a canticchiare By your side. Finita la canzone notai che mi fissavano tutti in silenzio.
“Okay, vi avevo detto che ero stonata! Uffa, vi avevo avvertito, non fate quelle facce!” Dissi stizzita.
“Sei molto brava invece.” Mi rassicurò Bill, era la prima volta che parlava. Lo guardai per un istante, stavolta il suo sguardo era sincero, niente delusione o indifferenza il vista, per il momento.
Biascicai un grazie imbarazzata.
“Vuoi che canti io qualcosa?” Mi chiese gentile.
“Io, c’è.. insomma,  se non ti da fastidio. Mi farebbe veramente piacere.” Dissi impacciata. Quando parlavo con lui sembravo un adolescente alle prese con la prima cotta.
“Qual è la canzone preferita di Elena?”
“In your shadow.” Detto ciò cominciò a canticchiare piano. Mi vennero le lacrime agli occhi e fui costretta ad uscire. Fui raggiunta da Tom che mi abbracciò.
“Tua sorella è una ragazza molto forte, supererà anche questo.” Lo disse con un tono talmente rassicurante e sicuro che era impossibile dubitarne. Mi staccai dall’abbraccio e lo guardai riconoscente, tornai in camera e lanciai un’occhiata al corridoio, in tempo per accorgermi che Daniele aveva assistito a tutta la scena. Fantastico, un altro problema.
Rientrata mi scusai per essermene andata così e tornai a stringere la mano di mia sorella.
Cominciai a canticchiare 1000 Oceans e Bill si unì a me. Le nostre voci erano belle insieme. Gli sorrisi riconoscente. Finita la canzone sentì una pressione sulla mano.
Elena. Stava stringendo la mia mano.
“Elena!” Dissi singhiozzando. Lentamente aprì gli occhi e l’abbracciai di impulso.
“Anna” Disse stanca. Poi guardò i ragazzi nella stanza, impallidì e tornò a guardare me.
“Sono morta o sono pazza? No perché ho le allucinazioni, insomma, loro in camera mia?”
Scoppiammo tutti a ridere, compresa Elena.
“Se Elena non va al concerto, il concerto va da Elena!” Dissi io.
“Grazie ragazzi. Di nuovo. Ora è meglio che torniate a casa, non voglio essere la responsabile quando vi tireranno i pomodori dietro per la vostra pessima esibizione.”
Tom rispose facendomi il dito gli altri mi augurarono la buonanotte e uscirono.
“Mi hai fatto spaventare da morire Elena, non farmi più una cosa così!” Dissi abbracciandola.
“Chiamo Manuel e i nostri genitori.” Le sorrisi.
“Poi torna a casa, va a riposarti. Non ti voglio vedere qui un minuto di più okay?” Mi disse sorridendo.
Annuì, feci le chiamate e tornai a casa.  Presi la solita dose di sonniferi che contribuì a farmi dormire fino a mezzogiorno seguente. Accesi il cellulare e trovai una chiamata persa e due messaggi. Daniele mi aveva chiamata.
Tutto okay?” Tom.
Non venire in ospedale oggi! È un ordine! I tuoi capelli fanno schifo, datti una sistemata sorella! Non voglio essere scambiata per la-sorella-della-barbona eh XD
Sempre la solita e dolce Elena. Però in fondo aveva ragione.
Tutto bene finalmente! Risposi a Tom.
Andai a farmi un lungo bagno, mi lavai i capelli facendoli tornare alla normalità. Misi il pigiama e chiamai il fattorino delle pizze.
Quando suonarono il campanello andai ad aprire credendo di trovare la mia cena, non fu così. C’era Daniele, sembrava fatto. Ormai era troppo tardi per chiudere la porta: era già entrato.
“Chi cazzo era quello che ti abbracciava eh?” Dissi cattivo.
“Non sono affari tuoi lo vuoi capire o no?” Risposi stanca,
“Tu sei affar mio, punto!” Disse lui risoluto.
Mi prese e mi sbatté sul divano. Stesso copione dell’altra volta. Perché non arrivava il fattorino? Quando finalmente suonarono alla porta Daniele mollò la prese e allora riuscì a divincolare per correre alla porta, lui fu più veloce, mi prese e mi buttò a terra. Nella caduta misi male il braccio a terra e, probabilmente, me lo ruppi. Mi tappò la mano con la bocca e mi schiaffeggiò. Presi tutte le forze che avevo, gli tirai un calcio e corsi in camera mia chiudendo la porta a chiave. La serratura non era un gran che, un calcio e si sarebbe aperta.
Avevo lasciato il telefono giù. Dovevo colpirlo. Indecisa su cosa prendere, optai per la cosa probabilmente più pericolosa: Nana Due, la mia chitarra elettrica.
Come avevo sospettato con un calcio fu dentro la camera, non mi feci trovare impreparata: appena entrò lo colpì con la chitarra dritto in testa, cadde a terra svenuto. Ce l’avevo fatta.
Chiamai la polizia e poi fui portata in ospedale. Come previsto, il braccio sinistro era rotto. Per il resto tutto okay.
Le cose cominciavano ad andare per il verso giusto.
Bill aveva ricominciato a parlarmi.
Mia sorella stava bene.
Daniele era in prigione.
Un po’ di pace finalmente! 


   
 
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