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Autore: Merope    28/11/2005    7 recensioni
«Siamo alla resa dei conti, Harry Potter.» continuò a sibilare Voldemort in Serpentese, carezzando con la punta della bacchetta la cicatrice del ragazzo, che iniziò a bruciare intensamente, «O tu o io, mio giovane Grifondoro. Com’è sempre stato.»
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota dell’autrice

Nota dell’autrice.
Il finale del Settimo libro di Harry Potter come l’ho immaginato.
Non me ne vogliate.

« Avada Kedavra! »

Merope

Harry iniziò a correre, la risata di Voldemort che riecheggiava ancora nell’aria. Non fece in tempo a scappare che un forte «Stupeficium!» lo fece ruzzolare a terra, sbattendo il capo sull’erba bagnata. Il sangue che gli colava dalla cicatrice andò a mischiarsi con l’acqua che la pioggia aveva lasciato cadere sul terreno. Harry ansimava, pensò che il braccio che non riusciva a muovere fosse rotto, ma poi, guardandolo, scorse dei tagli dai quali usciva uno spaventoso liquido verdastro, denso e pulsante, che gli faceva dolere tutto il braccio e gli impediva di muoverlo.

Sentiva i passi di Voldemort calpestare l’erba dietro di sé. Si stava avvicinando. Harry si rialzò barcollante, ma non riusciva a reggersi e ricadde sulle ginocchia. Piangeva silenzioso, e le sue lacrime si fecero strada sulle guance sporche di sangue e fango, ricoperte di tagli. Voldemort era vicino a lui, i suoi occhi da serpente che lo guardavano colmi d’ira e disprezzo, ma brillavano maligni. Con violenza gli afferrò i capelli e gli diede uno strattone all’indietro, facendogli piegare il collo; qualcosa scricchiolò, Harry urlò dal dolore ed il Signore Oscuro ghignò soddisfatto.

«Implorami di salvarti, Harry Potter! Implora la mia pietà, diventa mio e ti lascerò vivere!» sibilò lui, ed Harry percepì che stava parlando Serpentese.

«Mai.» mormorò il ragazzo in risposta, con un filo di voce. Strinse il pugno, quello che riusciva a muovere; l’altro braccio penzolava inerme e dolorante. Aveva perso la bacchetta parecchio tempo prima, ed ora si ritrovava solo, senza forze, ferito, e sentiva che la fine era vicina. Il duello con Voldemort era durato più di quanto previsto ed Harry una sola volta era riuscito a mandare a segno un suo incantesimo. Non si era fatto scrupoli di usare le Maledizioni Senza Perdono, ed il Cruciatus aveva avuto effetto su Voldemort solo per qualche secondo prima che quest’ultimo se ne liberasse senza troppo sforzo. Ora Voldemort lo guardava ghignando malefico.

«Siamo alla resa dei conti, Harry Potter.» continuò a sibilare in Serpentese, carezzando con la punta della bacchetta la cicatrice del ragazzo, che iniziò a bruciare intensamente, «O tu o io, mio giovane Grifondoro. Com’è sempre stato. Mi hai ostacolato più volte, ma ora è finita. Sei solo uno stolto diciassettenne cresciuto troppo in fretta. Quello stupido del tuo preside avrebbe dovuto avere più cura di te!» scoppiò in una risata fredda, malefica, priva del minimo segno di allegria, ed Harry avrebbe voluto urlare, alzarsi e strangolare quel viscido essere con le sue mani, ma non poteva muoversi, il cuore gli pulsava di rabbia e la cicatrice faceva più male che mai. Voldemort si allontanò di qualche passo, senza smettere di guardarlo con disprezzo.

«La tua morte, Harry Potter, segnerà la fine della resistenza patetica che il tuo stupido Ordine sta contrapponendo alle mie forze, ogni giorno più potenti, e darà inizio alla mia nuova ascesa al potere… Non c’è nessuno che possa aiutarti, ora. Siamo solo io e te." sorrise deliziato, ed il solco che le sue labbra sottili formavano sul suo volto lo faceva somigliare terribilmente ad un serpente.

Harry non poteva lasciare che tutto questo potesse avere luogo. Non poteva essere finito tutto così, non era così che sarebbe dovuto andare. Si fece coraggio, raggruppò le forze, forse più di quante in realtà ne avesse, e si alzò in piedi.

Le gambe gli dolevano paurosamente, e barcollò, tremando, non appena si fu messo in piedi. Da lontano sentiva una voce dolce cantare una canzone che gli sembrò vagamente familiare. Quella voce di donna gli entrava fin dentro il cuore e nella sua memoria si fece spazio un ricordo troppo remoto che non aveva mai pensato di avere. Una donna dai lunghi capelli rosso scuro lo teneva in braccio, cullandolo, e gli cantava una dolce ninna-nanna. Aveva gli occhi di un verde splendente.

«Mamma…» sussurrò Harry così piano che non riuscì ad udire la sua stessa voce.

Sentì una nuova forza invaderlo e per un breve istante ebbe la consapevolezza di non essere solo. Lei non lo aveva mai lasciato, ma ora lei non c’era, ora c’erano solo lui e Voldemort, che gli aveva puntato la bacchetta contro. Harry non ci fece caso. Pensava alla madre, che lo stava aspettando in un mondo così remoto. La ninna-nanna si fece sempre più forte, ed Harry fu sicuro che Voldemort avesse detto qualcosa, ma non riuscì a capirlo.

Gli occhi da serpe del Signore Oscuro vennero nascosti da un’abbagliante luce verde ed Harry spalancò le palpebre. Vide Ron ed Hermione, era il giorno di Natale e gli stavano facendo gli auguri. Vide un bambino piccolo che scappava per non essere preso a pugni dal suo arrogante cugino. Vide per la prima volta l’Espresso di Hogwarts, ed un ragazzo biondo gli tendeva una mano che lui non strinse. Vide la Sala Comune di Grifondoro colma di gente eccitata che incitava il suo nome. Aveva appena battuto un Ungaro Spinato, aveva appena fatto pace con Ron, che ora gli sorrideva. Vedeva Sirius e Lupin, seduti nella cucina del numero dodici di Grimmauld Place, a Londra. Gli sorridevano anche loro, ma Sirius scomparve, lo vide cadere dietro ad un tendaggio per non uscirne più, ma poi lo vide comparire dal camino della Sala Comune dicendogli che lo stava aspettando. Harry vide la famiglia Weasley al completo, seduta attorno al tavolo da pranzo della Tana, erano tutti allegri, c’era persino Percy…

La sua Firebolt gli volava incontro, egli l’afferrò e montò su. Era il suo primo volo e l’aria gi scompigliava i capelli arrivando sin dentro i suoi polmoni e liberandolo in mille piccoli pezzi che si libravano nel cielo. La folla sotto di lui ululò di felicità: aveva appena preso il Boccino, Grifondoro aveva vinto la Coppa delle Case…

Era solo, in una grande stanza vuota, solo uno specchio alto più di due metri davanti a lui rifletteva un bambino di undici anni, con capelli neri scompigliati, un paio di occhiali tondi sul naso ed una cicatrice a forma di saetta sulla fronte. Il bambino sorrideva ai suoi genitori, sorrideva mentre il lampo di luce verde abbagliante lo colpiva, ed il bambino iniziava a cadere a terra. Silente gli faceva l’occhiolino da dietro i suoi occhiali a mezzaluna, mentre Lily e James Potter gli tendevano le mani, pronti ad abbracciarlo.

La sua testa sbattè pesantemente sul terreno, e due occhi di un verde intenso guardavano ora fissi davanti a sé, vacui, spenti.

Harry Potter abbracciò forte sua madre, poi suo padre.

Voldemort rideva soddisfatto di pura gioia maligna. Osservò il corpo inerme del bambino che un tempo gli era sopravvissuto, e non potè far altro che ghignare.

Harry Potter guardava ora i suoi genitori, ignorando che l’unica cosa che li aveva sin d’ora divisi era stata una piccola, sottile cicatrice.

.×. Merope Gaunt .×.

  
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