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Autore: Tersy    01/12/2010    0 recensioni
Un bambino è in viaggio in treno con sua madre. Le immagini viste dal finestrino, da lui descritte, si mescolano ai suoi pensieri e alla sua storia. Poche considerazioni prima di giungere al capolinea.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capolinea


Volava una mosca sul vetro del finestrino. Ronzava discreta dall’altra parte della lastra trasparente. Sembrava felice, ma non glielo chiesi. Non era cortese. Come diceva sempre la mamma: “non sta bene”. Così zampettava furbetta, sfregandosi il muso di tanto in tanto.
Un fischio mi irritò i timpani. Suono prolungato e caparbio di chi vuole far di tutto pur di essere ascoltato. “Che modi!” pensai sbuffando. Questo signore mi stava già antipatico, con quella divisa che faceva? Il soldato? Ma se non aveva nemmeno il fucile e l’elmetto! Era ridicolo, oltre che maleducato. La mia mamma mi rimproverava sempre quando soffiavo troppo a lungo nel fischietto che mi aveva comprato. Invece lui lo stava facendo da un po’. Forse la sua mamma non glielo aveva spiegato.
Sarei andato io a dirglielo, magari sussurrandoglielo all’orecchio per non metterlo in imbarazzo davanti a tante persone. Ma ebbi la percezione che stesse andando via, man mano più veloce. Rivelai il mio stupore, ma mia madre mi sorrise e mi spiegò che eravamo noi a muoverci. Così il treno partiva e quell’uomo scorbutico aveva smesso di svuotare aria dai polmoni. Magari doveva salire anche lui, magari a bordo c’era qualcuno che lo aspettava, ma lui diventò solo un punto e non lo vidi più.

Cercai ancora quell’insetto grazioso, ma non lo trovai, anche se avevo guardato proprio bene. Scoprii che quando si viaggia tutto il resto diventa sfocato. Gli alberi che fiancheggiavano le rotaie erano tutti distorti e i colori (marrone, verde, blu, giallo, rosso) si confusero. La maestra mi aveva insegnato che i colori importanti sono solo tre: rosso, giallo e blu. Se li mischiavo a coppie, nascevano altri colori, più belli di primi, ma non erano quelli principali. Secondari, così si chiamavano. Non avevo ancora capito come si facesse a decidere quando una cosa era importante e quando non lo era. La mamma mi rassicurò: una volta diventato grande, lo avrei saputo.
E insomma, non riuscivo proprio a spiegarmi perché il blu del cielo mischiato al giallo del sole non facesse apparire il verde, come quello delle foglioline. Ci doveva essere un difetto, un errore. Possibile che nessuno se ne fosse mai accorto prima? Lo feci presente alla mia mamma, ma non mi rispose. Né a parole né a gesti. Incurvai la schiena e lasciai ciondolare le gambe.

Stava sicuramente pensando a papà. Assumeva sempre quell’espressione quando gli tornava in mente. I suoi occhietti nocciola diventavano più scuri, lo stesso colore delle castagne appena bruciate. Le caldarroste mi piacevano, erano tanto buone, quindi non credevo fosse triste,anzi. Eravamo contenti.
Il mio papà era un eroe. Salvava i buoni e uccideva i cattivi, come i personaggi dei miei fumetti. Avevamo giocato poco assieme, ma mi aveva promesso che non appena avesse avuto un momento libero lo avrebbe passato con me, con noi. Io e la mamma. Il lavoro, però, lo teneva troppo occupato e decidemmo di raggiungerlo, così non avrebbe avuto più scuse.
Ero eccitatissimo al pensiero di riabbracciarlo. Al fronte ci sarebbero stati bambini con cui divertirmi, tutti lì per stare con i loro papà. In fondo, non era poi così brutta la guerra. Un mio compagno di classe piangeva ogni giorno. Singhiozzava dicendo che suo padre non sarebbe più tornato a casa. Ma io lo tranquillizzavo: «Vedrai, tornerà, è solo molto impegnato.» Eppure, non so perché, non riuscivo mai a consolarlo. Dev’essere come mi ricordava mamma. Bisogna crescere per capire certe cose. Eravamo ancora troppo piccoli.

A quel punto, sentii un ronzio. Mi appiattii nuovamente contro il vetro. Ma no, non era quella mosca dispettosa. Proveniva dall’interno del treno. Si aprì la porta scorrevole del nostro compartimento. Non conoscevo quell’uomo, non lo avevo mai visto prima d’allora. Credevo che quello spazio fosse solo per noi, come una seconda casa. Che nessuno potesse entrare senza essere stato invitato. Invece mamma non fece una grinza. Si limitò a scostare la borsa dal posto accanto al suo, posandola sulle cosce. L’omone ( perché era davvero un gigante) sembrò molto crucciato, con la fronte corrugata e lo sguardo mi faceva paura, ma non so spiegarmi perché. Sedette accanto alla mamma, teso, quasi stesse aspettando che qualcuno lo chiamasse da un momento all'altro e potesse essere pronto a scattare in piedi. Voltai il capo verso il finestrino per evitare i suoi occhi, ma lui prese a fissare mia madre. Credevo lo facesse perché era molto bella. Lo credevo. La mia fronte sulla superficie liscia scivolò lentamente finché anche le palpebre non seguirono lo stesso movimento. E caddi in un sonno profondo. Eppure ho ancora la sensazione che non stessi dormendo, che ciò che ho visto era dinanzi ai miei occhi da sveglio. Vidi mio padre. Era senza la divisa e mi sorrideva, anche se c'era un'ombra sul suo viso che non andava via. Mi accarezzò le guance, tenne la mia testa fra le sue mani. Iniziò a piangere, non capivo. L'unica cosa che fece fu poggiare un palmo sul mio collo e premere. Premere forte. «Non voglio che ci vediamo presto» disse. «È troppo presto.» Allungai un braccio per afferragli la camicia, ma svanì così come la sua mano. Mi sfiorai la base del collo. Era quello di sempre, ma era bagnato. Mi impasticciai le dita di quel liquido. Non volli sapere cosa fosse. Mi bastò vedere la mamma riversa a terra, con un coltello conficcato nel petto. Non riuscivo a respirare. Non ricordo null'altro se non gli occhi torvi di quell'uomo che infieriva su di lei, gridando: «Per Hamas! Per Hamas!». I suoi capelli scompigliati e le pupille dilatate. Smisi di pensare, smisi di averne la possibilità. Non era presto per rivedersi, papà.

Il treno si era fermato. La mosca tornò sul finestrino. Sembrava felice, ma non glielo chiesi. Non era cortese. E dopotutto, non potevo.
   
 
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