La spazzola in mano a Charlotte era sempre stata pericolosa. Ma in quel momento, lo era ancora di più. Seduta alla nostra modesta toletta non potevo far a meno di essere sottoposta al suo brusco trattamento.
“…sedici, diciassette, diciotto…” contava mentre faceva scorrere la spazzola tra i miei capelli. Erano pieni di nodi nonostante li avessi tenuti raccolti dietro la nuca tutto il giorno e Charlotte sembrava essere intenzionata ad usare questa occasione come punizione per averla lasciata da sola al fiume.
“Ahi!”
Cercai di girare la testa per protestare, ma immediatamente la sua mano mi costrinse a guardare la mia immagine riflessa nello specchio. Osservai sconfitta i miei occhi azzurri e quelli quasi violetti di mia sorella e i nostri capelli biondi. Eravamo molto simili, ma dove io a tratti sembravo quasi una bimba, una fanciulla, lei aveva il portamento di una donna. Il suo viso era più adulto del mio ed aveva un corpo più simile a quello di nostra madre, ma non era solo quello: Charlotte era affascinante, lo notavano tutti e tutti ne erano ammaliati.
Io da quel lato mi sentivo ancora una bambina a disagio nel suo corpo che cambia e cresce e questo accentuava ancora di più la mia timidezza.
“…trenta, trentuno, trentadue, trentatré, trentaqua…”
La spazzola incontro un ostacolo deciso e iniziò a tirare. Sentii ad un tratto i capelli tirare la pelle e la implorai: “Fai piano! Fai piano, Lotte!”
Mia sorella, sorda alle mie lamentele, continuò a tirare e districò il nodo senza tanti complimenti.
Mi alzai di scatto. “Charlotte, mi fai male! Ti avevo chiesto di fare piano!”
Lei sbuffò. “Non l’ho fatto apposta. Quante lamentele! Sei peggio di Anne, lei è una bambina, però! Dai, siediti.”
“No, continuo da sola.” dissi e tesi la mano verso la spazzola.
Lei sorridendo la nascose dietro la schiena rispondendo con un secco. “No.”
“Dai, Charlotte! Neanche ti piace spazzolarmi i capelli!”
Lei lottò per nascondere un sorriso crudele, ma non ci riuscì. “Solo se mi spieghi cosa sta succedendo.”
Mi imbronciai. Quando ero tornata al fiume, Gabriel mi aveva abbandonata senza salutare notando che Aleksandr non c’era più e che mia sorella lava i panni nel fiume con un espressione truce.
Charlotte aveva preteso di sapere perché me ne fossi andata lasciandola sola, perché fossi in compagnia di quel mascalzone di Gabriel, se era suo il pugnale che avevo nascosto sotto il materasso, dove eravamo stati e tante altre cose.
Naturalmente non le avevo risposto cercando di sbrigarmi e tornare al riparo della nostra casa dove Charlotte non avrebbe mai osato pormi domande davanti a nostra madre.
“Non c’è niente da spiegare.” ribadii.
Lei mi guardò scettica. “Certo! Sono due volte che sparisci nei boschi con la sola compagnia di quel nomade e non sta succedendo niente!”
Si mise a ridere.
“Credici. Non è successo niente. L‘altra notte ti ho vista scappare e ho deciso di inseguirti per riportati a casa. Mi sono persa e ho incontrato Gabriel.”
“Siediti. Ne parliamo.” mi ordinò.
Mi sedetti. “Davvero l’hai incontrato?”
Tentennai: non sapevo se dirgli che per poco non mi aveva sgozzato. In fondo, non sapevo esattamente come l’avrebbe presa Charlotte.
“Mi ha riportato a casa e…”
“E tu cosa ci fai con il suo pugnale, Lydia? Cos’è? Un pegno d’amore eterno?” chiese prendendomi in giro.
La guardai male e mi avvicinai al nostro letto. Infilai una mano sotto al materasso e tirai fuori il pugnale tornando poi a sedermi davanti allo specchio.
Rigirai il pugnale lentamente tra le mie mani notando quanto era bello e pericoloso. Ti dava una sensazione di onnipotenza, di fascino, ma anche di paura. Pensare che la sua lama affilata era stata a contatto con la mia pelle, mi faceva rabbrividire.
Non era un semplice pugnale: era regale. Finemente intagliato com’era il manico il legno, nessuno si sarebbe aspettato di vederlo in mano a nessuno che non fosse un principe, men che meno tra le mani di un nomade.
Chissà dove l’aveva preso. Non lo sapevo, ma ero cosciente del perché me l’avesse affidato.
“Credo…Credo che sia una richiesta di fiducia.” le risposi seria e assorta.
Lei inarcò un sopracciglio. “E perché?”
“Lotte, non insistere. Quando me l‘ha dato, era la cosa più giusta da fare. L‘unica, forse.”
Pensandoci, era vero. Senza quel gesto non l’avrei seguito. Non avrei fatto neanche un passo.
“Quante cose mi vuoi nascondere! E oggi? Quando sei sparita, sei andata via con lui?”
“Sì, beh… voleva lasciarvi da soli e quindi…”
“Attenta, Lydia. Non ti fidare troppo. Non tutti sono innocui.” mi ricordò.
Abbassai lo sguardo un attimo indecisa se cambiare repentinamente argomento, ma poi alzai lo sguardo convinta.
“Perché non ti sposi più?” chiesi guardando il riflesso dei suoi occhi nello specchio.
Lei tornò a fissare i miei capelli e a spazzolare in silenzio.
“Charlotte?”
Incontrò il mio sguardo. “Lo vuoi proprio sapere? Non ho molta voglia di parlarne.”
Sembrava stanca, come se non avesse voglia di chiudersi dentro se stessa come aveva fatto negli ultimi giorni.
Alzai un sopracciglio imitando il suo modo di farmi capire quando era ora di finirla. Lei sorrise debolmente e arrossendo disse:“Sono stata una stupida e tu avevi ragione.”
Rimasi a fissarla per un attimo e poi mi decisi. “Perché?”
“Non avrei dovuto lasciarmi andare.” Fece un sospiro come se avesse deciso di sfogarsi.
“Quando l’anno scorso ho conosciuto Aleksandr, ero così affascinata da lui e dai suoi modi, dalle sue parole. Sapevo che non avrei dovuto, ma non mi importava granchè delle conseguenze. Mi sono innamorata di lui, Lydia, in poco. Non riuscivo a non pensarci, non ero capace di rifiutare questi sentimenti o anche solo di vedere chiaramente come era precaria la nostra situazione. Mamma poi ci ha scoperto e lui se ne è andato con gli altri senza portarmi via con sé.” disse schietta senza quell’aria sognante che di solito non la lasciava mai.
Ricordavo perfettamente come mia madre si fosse arrabbiata con Charlotte. Per settimane, non le aveva rivolto la parola, se non per sgridarla o per ordinarle di fare qualcosa.
Naturalmente, lo sapevamo solo noi tre. Nessuno, neanche nostro padre ne era venuto a conoscenza. Era un segreto e tale doveva rimanere per il nostro bene, così aveva deciso nostra madre. La vostra reputazione deve essere pulita, non macchiata da sporchi amoreggiamenti, aveva detto.
“E poi è tornato. Vuole sposarmi. E anch’io lo volevo.”
Si interruppe sentendo la porta aprirsi. Anne spuntò ed entrò nella stanza con la sua veste da notte bianca. “Dov’è mamma?”
Le sorrisi. “Prova a vedere in cucina.”
Appena la porta si richiuse, guardai Charlotte.
Lei annuì sbuffando seccata. “Mi ha tradito, ma non è così semplice. Mi ha ingannato, in verità. Ti basti sapere che, prima di me, aveva un’altra. Hanno perfino avuto una bambina. E io mi sento così sciocca, usata... Lydia, come faccio ora? Lo amo, e tanto.”
Sospirò.
“Come posso essere moglie di un uomo che è già di un‘altra donna? Il legame che hanno è così forte …”
Abbassò lo sguardo e capii cosa intendeva: se avevano per giunta avuto una bimba, come poteva lei pretendere di dividerli?