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Autore: LadyArtemis    02/12/2010    3 recensioni
La vita è un uragano che ti trascina nella lunga ricerca di noi stessi. Ma i profilers della BAU, in particolare il dottor Spencer Reid, non si resero mai conto di ciò, fino a quando la loro quotidianità venne scompigliata da un nuovo e bizzarro arrivo. Tra casi nuovi da risolvere,paure,ostacoli e rivelazioni,riusciranno a ritrovare loro stessi? Cosa li attenderà? Che l'inizio cominci...
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 6

 

 


 

Ore 8.30AM
 

 
 

Il telefonino di Derek iniziò a squillare.
“Sto parlando con un agente dell’FBI o con il dio dei sogni proibiti?”.
“Un dio infatuato da una maga! Ciao, bambolina, che notizie mi porti?”.
“Ho trovato l’autore, anzi direi l’autrice, delle frasi lasciate dall’S.I.” – disse Penelope.
“Dimmi il nome”.
“Shania Langley. Ma la cosa sconvolgente è che l’S.I. non ha ripreso soltanto le frasi dai suoi libri, ma riproduce ogni scena. Le vittime e i luoghi si adattano perfettamente alla trama delle sue storie. Ti mando subito i dettagli più importanti”.
“Sei la migliore”.
“Lo so, bel maschione! Senti come sta Keira? Si è sbollita la situazione con il genietto?”.
“Ci stiamo lavorando; il ragazzino ormai è cresciuto quindi riuscirà ad affrontare da solo la situazione, soprattutto con una donna!”.
“Wow, non sembri proprio un playboy? Che fine hai fatto, Derek Morgan?” – rise Penelope.
“Sarò sempre nei tuoi sogni e soprattutto sotto le lenzuola!” – rispose in tono malizioso Derek.
“Ok, è meglio che vada a prendere un superfrullato con caramello e cioccolato per riprendermi. Qui Penelope Garcia, Oracolo di Quantico, passo e chiudo” – disse e riattaccò.
Derek convocò tutta la squadra per riferire ciò che Penelope aveva scoperto.
“Ragazzi, abbiamo una pista: l’S.I. riproduce le opere letterarie di una certa Shania Langley”.
“Shania Langley?” – disse sorpreso l’agente Krauss.
“La conosce?” – chiese incuriosito Rossi.
“E’ molto famosa qui per i suoi libri che sono diventati dei bestseller in quasi tutto il territorio nazionale in poco tempo. Credete che sia coinvolta negli omicidi? Vi posso giurare che non è quel genere di persona che faccia del male al prossimo. E’ benvoluta da tutti e non ha mai avuto problemi con la legge”.
“L’S.I., riproducendo le sue storie, vuole tentare di interagire con la scrittrice stessa e ciò che porta a compiere il suo gesto è la sua profonda ammirazione, che diventa ossessione, in quanto è consapevole che lei è irraggiungibile e teme di essere trascurato da lei. Oppure cerca di vendicarsi verso di lei, in quanto non è corrisposto, facendola sentire responsabile della morte di queste vittime, generando instabilità psicologica e paura nei suoi confronti” – teorizzò Spencer.
“Chiamo Garcia per farci avere il suo indirizzo…” – disse JJ ma fu interrotta da Rossi.
“Che succede, Dave?” – chiese con occhi sbarrati Hotch.
“Non c’è bisogno perché lei è già qui!” – rispose, mentre il suo sguardo era indirizzato verso una figura femminile, posta sull’ingresso della stazione di polizia. Decise di raggiungerla.
“Come faceva Rossi a sapere la donna che cerchiamo è proprio quella?” – chiese confusa Emily.
“Non ho proprio idea! Forse si conoscono in altre circostanze…” – ipotizzò JJ.
“Questa storia è più complicata del previsto e Rossi è decisamente coinvolto” – sentenziò Derek.
“Ehi, ma dov’è Keira? Non è ancora arrivata!” – notò Spencer.
“Penso che stia ancora nella sua stanza d’albergo. Non l’ho vista uscire dalla sua camera, nonostante fossi l’ultima. Aveva una faccia così stressata e stanca; chissà cosa le sia successo” – disse Emily.
“Vado da lei! E’ inammissibile che un membro della squadra tardi a lavoro, qualsiasi siano i motivi, e non posso tollerare come collega” – tuonò Spencer.
“Reid, non essere duro! Ha fatto un ottimo lavoro ieri, quindi un po’ di riposo in più se lo merita, ancor di più se sta attraverso un periodo difficile” – intervenne Derek.
“Perché la difendi? La tua risposta non è logicamente giustificata”.
“Non difendo nessuno, io dico solo quello che penso e reputo giusto”.
“Se fossi stato giusto, avresti notato anche tu della sua mancanza sconsiderata! Ciò può generare problematiche sempre più complicate all’interno della squadra, rendendo più difficile operare. E’ meglio che vada non voglio più sprecare fiato” – disse con impeto Spencer allontanandosi dal gruppo, lasciando Derek che teneva il capo abbassato in segno di rassegnazione.
“Sembra arrabbiato…” – commentò JJ.
“Era meglio che rimanevo zitta!” – disse Emily sentendosi responsabile della situazione.
“Invece no, Prentiss. Questa è l’occasione giusta che quei due mettano la testa apposto, altrimenti non ci mettono in condizione di poter lavorare sul caso” – rispose Derek.
 
“Mio figlio Harrison mi ha detto che sei venuto a far visita nella mia casa e mi cercavi…” – disse Shania.
“Non mi sembra una giustificazione attendibile e coerente che spiega il motivo per cui sei qui” – rispose Rossi con tono duro e freddo.
“Già, mi ero dimenticata che eri un profiler! Comunque ho bisogno di parlarti…”.
“Perfetto! Allora seguimi! Agente Krauss, ci sono problemi se io e la signora Langley utilizzassimo la stanza per gli interrogatori per conversare?”.
“No, agente Rossi, faccia con comodo” – rispose l’agente sorpreso e i due si allontanarono. “Agente Hotch, lei ha capito le intenzioni dell’agente Rossi?”.
“Intervista cognitiva: cerca di non mettere pressione la signora Langley in modo tale da scoprire informazioni utili sul caso, trasformando l’interrogatorio in una conversazione amichevole e pacifica” – spiegò Hotch, anche se aveva molti dubbi sull’atteggiamento del suo collega nei confronti di quella donna.
 
“Cosa volevi dirmi, Shania?” – chiese Rossi, tenendo le braccia incrociate.
“Beh prima di parlare, mi verrebbe da chiederti il motivo per cui sei passato a casa mia” – disse Shania.
“Allora anche io dovrei chiederti il motivo per cui sei venuta qui alla stazione di polizia. Vuoi dirmi qualcosa riguardo il caso di cui mi sto occupando?”.
“Perché pensi questo?”.
“Andiamo, Shania. Non mi trattare come un idiota. Ho letto le frasi che l’S.I. ha lasciato alle sue vittime e appartengono ai tuoi romanzi; inoltre questo killer non si attiene soltanto a quelle, ma all’intera trama. Vuoi sapere cosa penso? Tu sei il motivo per cui sono morte, a meno che tu non mi dici la verità o ti risulta difficile?”.
“Non ti tratto come un idiota, perché lo sei! Da quando pensi queste cose di me? Non voglio perdere più il fiato con te, visto che non credi più nella fiducia reciproca che ci è sempre stata in tutti questi anni, anche con la lontananza. Ritornando al caso, sono consapevole che sono coinvolta in questo dannato caso, perciò sono venuta a portarti questa..” – disse Shania, mentre poggiava violentemente un foglio di carta sul tavolo.
“Cos’è?”.
“E’ una lettera minatoria. Il mittente è il vostro assassino”.
“Hai idea di chi sia?”.
“Onestamente no. Ricevo lettere di questo tipo da molto tempo e credo che sia la stessa persona per la calligrafia”.
“Questa è una lettera di vendetta. Cosa è accaduto in passato?”.
“Niente che possa suscitare in qualcuno una vendetta! Posso dire che un paio di anni fa vinsi un premio in denaro come miglior romanzo dell’anno. Infatti con quei soldi riuscii a mantenere Harrison all’università; da quel momento la gente iniziò ad apprezzare i miei romanzi, ma la cosa non mi interessava più di tanto, perché mi sento bene soltanto immergendomi nella scrittura in sé. Purtroppo ci si deve mantenere con i piedi di piombo alla triste realtà e dovevo pensare anche al futuro di mio figlio”.
“Tra i partecipanti ci fu qualcuno che non aveva digerito bene la sconfitta?” – chiese Rossi.
“Ora che ci penso, tra i partecipanti, c’era un uomo che lo avevo conosciuto in biblioteca e dichiarava di essere un fan dei miei libri, prima che diventassero famosi. Questa sua ammirazione divenne un attaccamento morboso per me, ma io l’avevo sempre respinto. Quando seppe di non aver vinto il concorso, andò di matto e da quel momento non lo vidi più”.
“Ti ricordi il suo nome?”.
“Rupert Cohen. Oddio è lui l’assassino!”.
“Perché non sei corsa subito dalla polizia, Shania?”.
“Non potevo mettere in pericolo mio figlio, David! Non immaginavo che potesse fare una cosa del genere!”.
“Non hai altro da nascondere?”.
“Ti ho detto tutto quello che ti dovevo dire. Ho sbagliato a venire da te. La vita è mia e sono io che decido il mio destino. E’ meglio che vada…” – disse Shania decisa e nel momento in cui stava per aprire la porta, fu fermata per un braccio da Rossi.
“Perché non mi racconti della paternità di tuo figlio?”.
“No. Cosa centri con mio figlio?”.
“Ha 23 anni. La tua memoria non ti dice niente?” – la presa di Rossi divenne sempre più forte e gli occhi di Shania divennero sempre più lucidi, si sentiva crollare e perdere le forze.
“Lasciami, David…”.
“Dopo quella notte passata insieme, i nostri sentimenti emersero e provavamo un amore reciproco, anche se ero in procinto per sposarmi. Quando riuscii a fondare l’unità analisi comportamentale, mi ero ripromesso di rinunciare al matrimonio e abbandonare FBI per trascorrere la mia vita con te, nella consapevolezza che tu mi amassi. Ma le cose non andarono a buon fine quando tu decidesti di rompere la nostra relazione e pretendesti che io ti dimenticassi per sempre, senza alcuna spiegazione”.
“Ciò che è successo tra noi rimarrà solo un ricordo nostalgico. E’ stato meglio così”.
“Allora dimmi la verità!”.
“Non posso…”.
“Perché?”.
“Non voglio che tu soffra. Credimi non è stato facile per me prendere quella decisione, ma l’ho fatto proprio perché ti amavo e non voleva che la tua vita e le tue ambizioni sprofondassero per colpa mia”.
“Credi davvero che così facendo sia stato felice in tutto questo tempo? Per quanto sia vincolato al mio lavoro e alla caccia, non riuscivo a placare il vuoto che avevo dentro di me e trovavo sfogo nella mia solitudine. Questo è stato il tuo atto d’amore per me?”.
“David, tu avevi come futuro un matrimonio e una carriera che tanto bramavi e sapevo che non potevi rinunciare, perché dovevo rovinare tutto?”.
“Non era tua la decisione, Shania! Spettava me scegliere cosa farmene della mia vita. Ora voglio sapere una cosa…” – disse Rossi mentre portava le sue mani sul volto della donna – “…Harrison è mio figlio?”.
Shania non riuscì a trattenere le lacrime e le sue mani iniziarono a tremare. Non aveva più un filo di voce e il suo petto non riusciva più a reggere i forti battiti del cuore.
“Rispondimi! Sono io suo padre?” – urlò Rossi.
“Si…” – quando sentì la verità uscire dalla bocca della donna, Rossi si allontanò immediatamente e si sentiva perdere l’equilibrio. Diede le spalle a Shania e si manteneva rigidamente con le mani sul tavolo freddo.
“Mi hai tenuto lontano da mio figlio per tutti questi anni…”.
“L’ho dovuto fare, David. Per noi tre...” – rispose singhiozzando.
“Vattene, ti prego”.
“David, mi disp…”.
“Vattene!” – alzò la voce, trasmettendo tutta la sua ira. Shania uscì, lasciando la porta aperta, in lacrime.
Hotch entrò subito nella stanza dove si trovava Rossi.
“Cosa è successo?”.
“Abbiamo un nome: Rupert Cohen”.
“Non mi interessa del caso ora, perché sei così arrabbiato? La Langley è uscita piangendo”
“Come ti sentiresti se venissi a sapere di essere padre dopo ventitrè anni?” – quella risposta fece calare il silenzio e allentò la tensione.
 
“Cavolo! Sono le nove e mezza!” – dissi, mentre vidi la sveglia, e scesi subito dal letto. Avevo un mal di testa incredibile; raccolsi i fogli che avevo lasciato sparsi sul tavolo la sera prima per scrivere alcune relazioni sul caso. Mi vestii alla velocità della luce, senza tener conto dell’abbinamento delle scarpe con la maglietta o con i pantaloni; i capelli se ne andavano per fatti propri, senza seguire un verso, così decisi di legarli. Poi sussultai quando sentii bussare alla porta. “Non aspetto alcuna visita, chi potrà mai essere? E se fosse Hotch che è venuto per cantarmele quattro? Stai tranquilla, Keira, non fare la bambina: è il tuo capo, non il mostro di Lochness. Quindi vai ad aprire la porta…”  - seguii l’istinto e mi diressi ad aprirla.
“Per quanto tempo avevi intenzioni di farmi rimanere qui fuori?” – sbraitò Spencer.
“Il mostro di Lochness fa un baffo al dottor Reid!” – pensai in quel frangente. “Che sei venuto a fare, Reid?” – dissi mentre lo feci entrare nella mia camera, anche se l’idea non mi piaceva.
“Il tuo ritardo a lavoro, senza alcun preavviso, è inaccettabile!”.
“Lo so benissimo, non c’era bisogno che venivi fin qui. Darò le mie motivazioni ad Hotch, contento?”.
“Perché non inizi a darle a me?”.
“Non ne vedo la ragione”.
“So perfettamente cosa stai passando”.
“Non voglio sprecare fiato con te…” – dissi mentre mi voltai, evitando ogni suo sguardo. Lui insisteva per ottenere la mia attenzione, mettendosi avanti sul mio cammino.
“So come sono fatti gli incubi: facili da vederli, ma difficili da dimenticarli”.
“Che belle parole filosofiche! Peccato che non siano un mio problema…”.
“Non serve a nulla mentire…”.
“Sei diventato adesso una macchina della verità?”.
“No, dico così semplicemente perché anche io li ho avuti” – disse Spencer con tono diretto e io rimasi per un attimo perplessa.
“Tu? Non ne vedo il motivo per cui li abbia…”.
“Accusi me di sapere tutto sugli altri senza alcuna prova, quando invece sei tu la prima!” – il tono di Spencer divenne sempre più alto.
“Dove vuoi arrivare? Perchè ti preoccupi di me?”.
“Voglio aiutarti…”.
“Ho visto come mi hai aiutata! Mi hai messo in difficoltà con Hotch…” – risposi con sguardo deciso, aggrottando le sopracciglia.
“Immaginavo che non sarebbe stata una buona idea che tu venissi qui!”.
“Mi dispiace, ma io rimarrò e continuerò a lavorare sul caso che ti piaccia o no!” – mi avvicinai sempre di più verso lui, portando il mio volto verso il suo, affinché le mie parole arrivassero dritte nella sua mente.
“Allora perché non riesci a dirmi cosa ti angoscia?” – mi chiese.
“Non posso, non voglio”.
“Non ti fidi di me?”.
“Perché me lo chiedi? Tu hai fiducia in me?”.
“Devo, perché sei della squadra. Comunque, logicamente, ho fatto prima io la domanda quindi dovresti rispondere!”.
“Sono della squadra? Si fida di me, non perchè sono me stessa, ma perché sono una della squadra? E’ possibile che lui non ha ancora capito chi sono veramente, proprio perché ancora devo ritrovare il mio io?” – pensai, mentre rimasi in silenzio e mi limitai a fissarlo negli occhi.
Poi, improvvisamente, lui si allontanò, in direzione della porta. Girò il pomello e prima di uscire, si voltò verso me, con un’espressione delusa e, ancor di più, confusa.
“Non potrai mai rispondermi, se menti anche a te stessa. Non servirà a nulla nascondersi: la sofferenza incrementa in proporzione alla tua esitazione” – disse e si allontanò, lasciandomi sola, con le idee che si affollavano incessantemente nella mia testa.
Lui non poteva capire il mio gesto. Anche se ero consapevole che ciò avrebbe ingigantito le distanze tra noi, non volevo permettere che lui conoscesse questo mio lato, questa mia paura. E’ una battaglia che dovevo combattere da sola. Ma, pensandoci, alla fine cosa otterrò?
 
Shania continuava a camminare con passo pesante per strada, senza alcuna meta, in compagnia delle lacrime che non smettevano di bagnare il suo pallido viso. Si fermò di scatto; avvertiva una presenza sinistra nei dintorni di un vicolo isolato. La paura si fece sentire attraverso il tremolio delle sue mani. Aprì la borsa dove teneva il suo telefonino; lo prese e tentò di fare il numero di suo figlio.
“Andiamo, Harrison, rispondimi…”.
“Shania…” - una voce misteriosa pronunciò il suo nome. Chiuse subito il telefono e cercò di capire da dove provenisse.
“C’è qualcuno?”.
“Sono molto più vicino di quanto credessi…”.
“Non ti vedo…”.
“Ti accontento subito, mia cara…” – la voce misteriosa apparteneva ad uomo dai capelli grigio-neri, occhi azzurri e fisicamente alto. Shania dilatò le pupille perché sapeva chi fosse l’uomo di fronte a lei.
“Sei un assassino!” – quando disse quelle parole, l’uomo l’afferrò e teneva la pistola puntata sulla sua schiena, mentre con un braccio la bloccava.
“Assassino? Che brutta parola! Direi copista, dato che ho riprodotto le tue storie nella versione reale. Ti sono piaciute? Mi sono sempre domandato perché tu fossi così irraggiungibile?”.
“Se ho fatto qualcosa, prendimi, ma non uccidere più altri innocenti…”.
“E’ questo il tuo desiderio? Stavo pensando che potremo scappare via, potresti portare tuo figlio e diventare così una famiglia, quella che avevo perso molti anni fa. Potevi rendere le cose più semplici. Invece? Hai sempre respinto ogni mio sguardo, ogni mia parola, ogni mia attenzione verso te. Mi hai rovinata la vita, ma posso perdonarti se sceglierai di essere mia”.
“Preferisco la tortura, il dolore e anche la morte, anziché essere tua, perché non lo sarò mai…”.
“Ucciderti? Non lo posso fare, mia adorata! Però se devo mandare qualcuno all’inferno so dove cominciare: un certo agente dell’FBI? Sarebbe un ottimo inizio…” – rise maleficamente l’uomo, mentre trascinava la donna nella sua macchina scura con la forza.
 
Spencer ritornò alla stazione.
“Keira non è venuta?” – chiese JJ, non vedendo la giovane dottoressa.
“Beh…tecnicamente…” – Spencer non terminò la frase, quando si trovò il soggetto della frase dietro le sue spalle.
“Eccomi, squadra!” – dissi e mi feci spiegare da Emily gli aggiornamenti sul caso. Nel frattempo arrivò Hotch con Rossi.
“Abbiamo un nome: Rupert Cohen” – disse Rossi.
“Rupert Cohen? Lo tengo nell’elenco dei sospettati” – disse Derek mentre rovistava le carte – “Eccolo qui! Rupert Cohen: scenografo e registra teatrale presso la scuola di recitazione ‘Belle Drama’, la stessa frequentata dalle tre vittime. La madre era un’alcolista, mentre il padre un farmacista. Divorziato da dieci anni dalla moglie e non gli è stato permesso di vedere i figli per volere di lei. Situazione economica precaria per i debiti. Inoltre c’è un articolo dove ha partecipato a un concorso per scrittori e la vincitrice, guarda caso, è la Langley”.
“Ecco il fattore stress” – affermò Hotch.
“Questo conferma la sua conoscenza farmacopea” – dissi.
La conversazione fu interrotta dall’agente Krauss.
“Abbiamo un’altra vittima”.
“Dov’è?” – chiese Emily.
“Alla scuola di recitazione. Vi accompagno subito sulla scena del crimine” – disse l’agente.
 
C’erano molti giornalisti sul luogo. JJ cercò di rendere la situazione meno caotica possibile con la sua diplomazia.
“Agente perché questo assassino mette dei costumi antichi alle sue vittime? Vuole attirare la sua attenzione con la sua capacità teatrale?” – chiese uno dei giornalisti.
“Vi pregherei di non enfatizzare su questo particolare, al fine di non incoraggiare l’assassino. Non appena avremo finito di perlustrare la scena del crimine, posso rispondere alle vostre domande. Adesso vorrei che aspettasse pazientemente e lasciasse passare al personale competente” – rispose JJ.
Il resto della squadra si trovava con l’agente Krauss ad esaminare il corpo della vittima.
“La vittima è Drew Well, 22 anni. E’ stata trovata da una delle ragazze della scuola nella stanza dei costumi” – spiegò l’agente.
“Tre coltellate alla schiena e i capelli sono stati tagliati. L’ha colta di sorpresa mentre si stava cambiando” – dissi mentre osservavo il corpo.
“C’è qualcosa dietro l’orecchio” – disse Emily e trovò un foglietto ripiegato – “E’ il momento di chiudere la storia dove è iniziato tutto … che significa?”.
“Sembra essere un ultimatum alla Langley, dato che l’S.I. si ispira a lei nei suoi omicidi” – ipotizzò Spencer.
“Dobbiamo cercare la Langley. L’S.I. l’ha scelta come sua ultima vittima” – disse Derek.
Il telefono di Rossi iniziò a squillare e rispose.
“Pronto?”.
“Dave, sono Harrison”.
“Harrison che succede?”.
“Temo che mia madre sia stata rapita dall’assassino che state cercando. Ho trovato una sua chiamata insolita sul mio cellulare e a casa non mi risponde. Sto andando a cercarla e penso di sapere dove sia”.
“Rimani a casa, Harrison. Ci penserò io! Non voglio che tu corra pericolo” – urlò Rossi.
“Non posso, papà…” – quel lapsus di Harrison fece scendere la voce a Rossi, che ritornò subito in sé.
“Sai dove l’avrebbe portata? L’S.I. ha scritto che vorrebbe chiudere i conti dove è iniziato tutto!”.
“Nella vecchia biblioteca dove mamma ha fatto il concorso e ha incontrato quel tizio. Si trova a Madison Street 32. Ci vediamo lì…”.
“Non ti muovere fino a quando arrivo io con i rinforzi” – disse Rossi, ma Harrison aveva già riattaccato.
“L’S.I. ha già agito…” – capì subito Hotch.
“Si e dobbiamo muoverci! Martines, ho bisogno che tu mi dia un passaggio con la tua moto” – disse Rossi e quando mi chiamò in causa, rimasi come uno stoccafisso.
“Io?”.
“Tu, proprio tu! Sbrighiamoci! Agente Krauss, chiami i rinforzi presso Madison Street 32”.
“Lo farò subito, agente Rossi” – rispose.
Mentre gli altri si diressero verso i SUV, sentì Spencer che mi chiamava.
“Rimani qui con JJ! Lascia la tua moto a Rossi”.
“Scordatelo! Nessuno e dico nessuno andrà a spasso sulla mia Phoenix senza me! Stai tranquillo, ti coprirò io le spalle” – dissi, con un filo di sorriso e raggiunsi subito Rossi.
“Sei tu quella che deve guardarsi le spalle, non io!” – rispose ad alta voce Spencer, ma si sentì lo stesso ignorato.
 
“Ci sta impiegando molto, il nostro amico agente” – disse ironicamente l’S.I., mentre osservava Shania legata ad una sedia.
“Rupert, non devi fare tutto questo! Sfogati con me, ma non fare del male agli altri. La causa sono io di tutto questo” – disse Shania con voce debole.
“Credi che io mi accontenti solo di torturati? No, mia cara Shania: devi soffrire come ho sofferto io tutte le volte che mi hai ignorato. A stento riuscivi a ricordare il mio nome! Ma dimmi una cosa: ami così tanto quell’agente? E’ lui il misterioso padre di tuo figlio?”.
“Non ti permetterò che tu gli faccia del male!”.
“Ma che animo eroico. Un amore tormentato come i tuoi romanzi; ancora non capisco come mai la gente abbia scelto i tuoi invece dei miei! Devi sapere che, mentre uccidevo quelle ragazze, un po’ ho imparato ad apprezzarli. Comunque sarà un gran spettacolo ammazzare quel bastardo del tuo amato sbirro sotto i tuoi occhi. Sarà una tragedia degna di essere messa in scena. Peccato che tu non abbia un costume adatto, ma sei splendida lo stesso” – disse mentre le accarezzava le gote morbide.
“Sei pazzo! Non voglio essere toccata da mani codarde sporche di sangue innocente” – disse Shania e l’S.I. le diede una sberla violenta facendola cadere per terra, con tutta la sedia, perdendo i sensi.
“Dolcezza, è meglio che riposi. Voglio che tu non perda un solo istante di questo momento. Presto sarai mia per sempre”.
 
Sia la squadra che il giovane Harrison arrivarono nella vecchia biblioteca.
“Voglio entrare lì dentro” – disse Harrison.
“E’ fuori discussione, Harrison. Non posso pensare anche a te, mentre tento di salvare tua madre. Se ti accadesse qualcosa non me lo perdonerei mai” – disse Rossi, abbracciando il ragazzo.
“Promettimi che la salverai”.
“Te lo giuro” – disse Rossi.
“Prentiss, tu rimani qui fuori, insieme a Reid e Martines, ad aspettare i rinforzi. Morgan invece affiancherai e me e Rossi” – ordinò Hotch.
“Scusami, Aaron, voglio che Martines mi affianchi nell’operazione” – intervenne Rossi, suscitando scalpore negli altri e entusiasmo in me.
“Dave, sei sicuro di quello che dici? E’ presto per Martines…”.
“Non possiamo metterla sempre in disparte, Aaron. E poi è una buona tiratrice, quindi ci potrà essere d’aiuto” – rispose Rossi.
“D’accordo. Martines, tu starai insieme a Morgan” – disse Hotch, mentre iniziò ad avviarsi con Rossi.
“Aspetta, Hotch. Non sono d’accordo: se entra lei lì dentro, entro anche…” – diedi un pestone a Spencer facendolo ammutolire.
“Mi dispiace che tu non possa entrare, Reid, ma apprezzo comunque il tuo gesto” – ridacchiai, mentre mi mettevo il giubbotto antiproiettile.
“Prentiss, abbi cura del ragazzino” – disse Derek sorridendo.
“Lo farò, Morgan. Tu invece tieni al guinzaglio Keira” – rispose Emily ridendo, mentre aiutava Reid.
Entrammo nell’edificio e tutto sembrava apparentemente tranquillo. Cercavo di mantenere la mira e la concentrazione, nonostante dentro di me avvertivo una forte agitazione.
“Qui non c’è” – disse Derek.
“Andiamo al piano di sopra” – disse Hotch e noi tutti lo seguimmo, facendo le scale con passo lento e silenzioso.
“Keira, non ti agitare, mantieni sempre la mira” – disse Derek notando la mia eccessiva ansietà.
“Ce la faccio, Derek” – risposi.
 
L’S.I. vide dalla finestra l’arrivo dei rinforzi. “E’ il momento del grande spettacolo!” – disse, mentre diede un calcio sulla parete per attirare l’attenzione.
Shania riprese i sensi e cercò di emettere degli urli, nonostante la benda che aveva in bocca.
“No, mia cara. Non essere impaziente! Il tuo amato agente deve vederci insieme…” – disse mentre la sollevò da terra, puntando la pistola sul volto della donna.
“Morgan e Martines, andate nella stanza di destra, io vado quella di sinistra” – ordinò Hotch, mentre sfondava la porta.
Prima di entrare, notai Rossi andare nella direzione opposta. Mi allontanai silenziosamente da Derek e lo seguì.
Shania, ti prometto che questo incubo finirà. Resisti….” – pensò Rossi e raggiunse il luogo dove aveva sentito quello strano tonfo. La porta era semiaperta. La spinse con cautela, mantenendo sempre la guardia. Li trovò.
“Rupert Cohen, lascia andare la donna e non ti accadrà niente!” – disse Rossi.
“Credi di essere nella posizione migliore di fare minacce, agente?”.
“Lascia la pistola, altrimenti…”.
“Vuoi che le faccia un bel buco sulla testa? Perché non la getti tu quella pistola?” – ordinò il killer e Rossi fece come gli disse, tenendo le braccia spalancate.
“Così mi piaci! Ho tanta voglia di parlare con te…”.
“Lo sai, mi hai letto nel pensiero. So tutto su di te…”.
“Illuminami”.
“Sei un povero fallito, che, per cacciare le palle e valerti come uomo, hai ucciso delle donne indifese. Tutto questo per cosa? Per avere attenzione da quella donna? A nessuno interessa un cacasotto!” – Rossi continuò a sfidarlo, nel tentativo di far distogliere la sua attenzione da Shania.
 
“Keira, hai trovato qualcosa? Keira…Keira” – disse Derek e si accorse che la sua collega non era più accanto a lui. Corse subito da Hotch.
“Hotch, Keira non è con me!”.
“Nemmeno Rossi. Lo avrà seguito mentre eravamo intenti nella ricerca!” – rispose Hotch, strofinandosi la fronte.
“Dove diavolo potranno essere? Qui sembra un labirinto!” – esclamò Derek.
“Chiamo Prentiss e le do l’ordine di dare il via libera agli S.W.A.T.” – disse Hotch, mentre prese il suo cellulare.
 
“Perché ci impiegano così tanto?” – disse agitato Harrison.
“Stai tranquillo, andrà tutto bene” – tentò di consolarlo Emily.
“Non va tutto bene, se stanno lì dentro da più di trentacinque minuti!” – esclamò Spencer.
“Grazie per la tua precisione, Reid!” – fece del sarcasmo Emily.
“L’agente Rossi dovrà avere molta fiducia in quella ragazza, se ha deciso di coinvolgerla in un’operazione così pericolosa. Spero che stia bene…” – disse Harrison.
“Keira farà un ottimo lavoro! E’ molto determinata e si è rivelata utile nei nostri casi” – la elogiava Emily.
“E’ stato un gesto irresponsabile da parte di Rossi scegliere lei! Le statistiche non indicano qualcosa di buono!” – rispose Spencer.
“Tratti così male la tua ragazza?” – chiese Harrison con sorriso sottile.
“Cosa? Lei..non..è..la…mia…” – balbettava Spencer, scioccato dalla domanda.
“Allora non ci sono problemi se mi facessi avanti, giusto amico?” – Spencer preferì non rispondere, anche se lo guardava con un’espressione di disapprovazione.
Emily, nel frattempo, ricevette la telefonata da Hotch ed eseguì i suoi ordini.
“Agente Krauss, l’agente Hotch vuole che voi entrate in azione tra cinque minuti” – disse Emily.
“Siamo già pronti, agente Prentiss! I miei uomini sono impazienti…” – rispose l’agente Krauss.
“Che succede, Prentiss?” – chiese Spencer.
“Rossi e Keira si sono allontanati da Hotch e Morgan e non riescono a trovarli. Probabilmente avranno trovato l’S.I. con l’ostaggio” – quando Emily spiegò la situazione, Harrison e Spencer avevano gli occhi sbarrati.
“Lo sapevo che non era una buona idea che Keira fosse coinvolta, entro lì dentro” – disse Spencer deciso.
“Ti seguo…” – concordava Harrison, ma Emily si mise davanti ai due.
“Ragazzi, dobbiamo rimanere qui fuori! Anche io sono preoccupata, però dobbiamo essere fiduciosi. Se entrassimo, peggioreremo solo la situazione”.
 
Mi muovevo lentamente lungo la parete del corridoio e sentii delle voci. Capii subito che mi stavo avvicinando sempre di più verso Rossi e l’S.I.. Mi fermai pochi centimetri dalla porta, ma riuscii a intravedere Rossi da dietro, che teneva le mani protratte in alto. Decisi di aspettare il momento opportuno per agire.
“Non hai un termine per giudicarti, agente? Dato che saresti un profiler, come definiresti un uomo che ha permesso di lasciare andare la cosa più cara che ha in tutta la sua vita?” – disse l’S.I. mentre accarezzava avidamente il volto di Shania.
“E’ inutile che fai questi giri di parole per farmi incazzare! Perché non cerchi di spararmi oppure non ci riesci?” – ribattete Rossi.
“Perché lo sta provocando? Che piano avrà in testa Rossi?” –pensai mentre sentii il dialogo attraverso la sottile parete legnosa, attenta a non far alcuna mossa sbagliata.
“Non provocarmi, maledetto bastardo! Lei sarà mia per sempre e tu hai perso…”.
“Se ho veramente perso, sparami! Avanti, premi quel cazzo di grilletto se sei un uomo per una volta. Fammi vedere come riesci a dimostrare il tuo ardore per quella donna” – quando Rossi disse quelle parole, si voltò verso destra e riuscì a vedermi. Mi fece cenno con l’occhio. Avevo capito finalmente le sue intenzioni ed ero pronta.
“Ok, agente Rossi, sarà un vero onore mandarti all’inferno!” – disse il killer e liberò Shania dalla sua presa, che non smetteva per un solo istante di versare le lacrime. L’S.I. non riusciva a prendere bene la mira.
“Cosa ti prende, Rupert? Ci vuole tanto per sparare un colpo? Come potrai mai amare e difendere una persona, se sei solo un perdente e vigliacco?” – Rossi lo continuava a guardare dritto negli occhi.
“Chiudi quella cazzo di bocca!” – accecato dalla rabbia, il colpo partì dalla sua pistola e colpì Rossi all’altezza della spalla di striscio.
Quando sentì il colpo, caricai la pistola e avanzai diretta verso la stanza. L’S.I. si avvicinò verso Rossi, accasciato per terra, mentre con una mano premeva sulla ferita.
“Avevo scritto in quel biglietto che avrei determinato io la fine di questa storia e devo confessarti che l’adoro tantissimo…” – Rossi vedeva Shania con sorriso, pensando che, se dovesse morire, l’ultima persona che avrebbe voluto vedere fosse proprio quella donna che aveva reso il suo cuore sempre vivo.
“Sarà la tua storia a finire!” – dissi e colpì l’assassino sulla fronte. Rupert Cohen cadde rapidamente per terra, tenendo in mano la pistola. Mi avvicinai verso il suo corpo per confermare la sua morte. Poi andai subito verso Rossi.
“Rossi, stai bene?”.
“Si, aiutami a rialzarmi, Keira!” – disse e mi sentivo per un attimo in imbarazzo, quando Rossi pronunciò il mio nome. Rossi slegò e liberò Shania.
“David, mi dispiace! Perdonami, sono stata così stupida…” – disse, mentre si appoggiava sul petto dell’uomo che le aveva salvato la vita.
“Va tutto bene, Shania! Adesso sono felice…” – rispose Rossi, stringendola forte a sé.
“Keira…Rossi dove siete?” – urlò Derek.
Uscii dalla stanza, per farmi vedere. “Derek, siamo qui” – dissi. Lui riuscì a localizzarmi e mi raggiunse insieme a Hotch. Andammo tutti verso Rossi, che era intento ad aiutare Shania a rialzarsi da terra.
Hotch fissò il corpo di Cohen, in modo particolare la ferita alla testa.
“Sono stata io…” – dissi, mentre mi avvicinavo a lui – “L’ho ucciso io”.
“Hai fatto la cosa giusta, anche se potevi correre un grosso pericolo”.
“Ha fatto quello che gli avevo chiesto, Aaron!” – intervenne Rossi e Hotch decise che non era il caso di farmi una delle sue ramanzine. Derek, intanto, prese il cellulare e chiamò Emily.
 
L’agente Krauss e i rinforzi entrarono subito nell’edificio, subito dopo aver udito il secondo sparo.
Spencer avvertiva dentro di sé un’irrazionale angoscia. “Non me lo perdonerei mai se ti fosse successo qualcosa….”.
Il telefono di Emily squillava e lei rispose, destando l’attenzione di Harrison e Spencer.
“Prentiss, sono Morgan, la Langley è sana e salva”.
“Rossi e Keira come stanno? Li avete trovati?”.
“Si, Rossi è ferito ma se la caverà; Keira ha ucciso l’S.I.. Tra poco vi raggiungiamo” – disse Derek e riattaccò.
“Agente Prentiss, che novità ci sono?” – chiese Harrison.
“Tua madre sta bene, presto la potrai rivedere” – rispose Emily, rassicurando il giovane.
“Keira come sta?” – chiese Spencer, tentando di essere quanto più distaccato e freddo possibile.
“Lei ha ucciso l’S.I. per salvare Rossi. Cerca di non pressarla troppo, intesi Reid?” – lo minacciò Emily.
 
Pochi minuti dopo, sgominammo l’edificio. Rimasi indietro volutamente. Hotch si fermò accanto a me.
“Qualcosa non va, Martines?”.
“Posso farti una domanda, Hotch?”.
“Certo che puoi”.
“Non credi che certe volte noi possiamo essere simili agli S.I.? Intendo dire, anche noi possiamo uccidere…”.
“Gli S.I. sono umani come lo siamo anche noi; ciò che ci distingue sono le scelte che facciamo: quell’uomo ha deciso di uccidere altre vite per imporsi ed essere qualcuno, tu lo hai ucciso per salvare non solo la vita di Rossi e della Langley, ma anche di tante altre persone”.
“Forse ci poteva essere qualche altra alternativa per fermarlo, anziché ucciderlo direttamente”.
“Ascoltami, Martines, ti sei chiesta perché Rossi abbia scelto te?”.
“Sinceramente non me lo aspettavo, dato che sono un membro effettivo della squadra…”.
“Lui sapeva che lo avresti seguito, perché credi nel tuo istinto, anche se sapevi che saresti andata contro i miei ordini. Inoltre sapeva che l’S.I. non era un buon tiratore, perché usava come arma sempre un coltello. Sfruttando ciò, si era fatto sparare, perché sapeva che tu saresti intervenuta e lo avresti colpito, senza esitare. Ecco perché ti ha scelto: crede nelle tue capacità e ha avuto ragione” – spiegò Hotch, mentre poggiava la sua mano sulla mia spalla e io mi limitai semplicemente a sorridergli e ad accettare la sua versione dei fatti, convincendomi che fosse davvero così.
“Vado dal resto della squadra; vieni anche tu?” – mi chiese Hotch.
“Ti raggiungo tra cinque minuti” – dissi e lui si avviò lasciandomi da sola. Camminavo lentamente, tenendo le braccia incrociate, lungo il ciglio della strada e mi fermai per pensare. La mia solitudine fu stroncata dall’arrivo di Spencer.
“Perché mi guardi con quella faccia?” – chiesi guardandolo con la punta dell’occhio.
“Cosa ha che non va la mia faccia?”.
“Lo so già che muori dalla voglia di farmi il lavaggio del cervello con la tua moratoria”.
“Te la meriti! Tu non hai proprio idea del pericolo che avresti potuto correre”.
“E invece sono qui sana e salva a sopportarti. Contento?”.
“E’ inutile che fai del sarcasmo con me! Potresti trovarti in guai peggiori e le statistiche non saranno dalla tua parte”.
“Io la chiamerei fortuna”.
“La fortuna è un’illusione inconscia dell’uomo emessa dalla pura irrazionalità per spiegare fatti non scientificamente dimostrabili”.
“Però esiste…”.
“La prossima volta non permetterò che tu sia coinvolta in questo genere di situazioni”.
“E avrai un altro pestone!” – dissi e mi allontanai da lui, dirigendomi verso la mia Phoenix.
 
Mentre Shania fu caricata dentro l’ambulanza, Harrison si avvicinò a Rossi.
“Stai bene?”.
“Un graffio non stenderà un vecchio come me”.
“Non vieni con me?”.
“No, è meglio che stia tu accanto a tua madre”.
“Potresti passare da lei, quando si sarà ripresa…”.
“Non posso, Harrison”.
“La lascerai un’altra volta?”.
“Sai, forse la nostra storia non potrà mai continuare, perché non ha mai avuto un inizio”.
“Invece si! Ti devo dire una cosa: mamma mi ha sempre raccontato di te quando ero piccolo e dice che i giorni più belli della sua gioventù li ha condivisi soltanto con te. Ha reso te una figura paterna per me e l’idea mi piaceva. Ora che ti ritrovo davanti, è come se fosse arrivato Natale in anticipo. Non voglio che te ne vada…”.
“Mi dispiace…” – disse Rossi e si allontanò da Harrison, che chinò il capo per nascondere il dolore.
 
Facemmo ritorno alla stazione dove ci aspettava JJ.
“Garcia reclama la nostra presenza e il nostro volo è tra un quarto d’ora”.
“Nemmeno il tempo per un po’ di divertimento qui in Florida?” – si lamentò Emily.
“Prentiss, il divertimento lo troverai sempre se avrai al tuo fianco uomini del mio calibro” – esclamò Derek.
“Te la potevi risparmiare, Morgan”.
“Però potremo lasciare qui Reid, così si potrà concedere una vacanza”.
“Non sei tu quello che decide le mie mete vacanziere”.
“Allora dimmi un altro posto dove sei stato in vacanza, oltre Las Vegas…” – disse con tono pungente Derek e Spencer rimase in silenzio.
Mentre Hotch conversava con l’agente Krauss, io andai verso Rossi che stava seduto in un angolo.
“Ehi…”.
“Martines…”.
“Volevo scusarmi se sono stata dura con te riguardo quella cosa sulla paternità…”.
“Avevi ragione tu, quindi non devi scusarti”.
“L’hai scoperta la verità?”.
“Si…”.
“Allora cosa ti angoscia, Rossi?”.
“Per fare la cosa giusta, c’è sempre un prezzo da pagare”.
“Credi davvero che sia giusto lasciare, scappare di nuovo da qualcosa che hai sempre amato?”.
“Se non è stato possibile ciò, credo di si…”.
“Come fai a crederlo, se non hai mai tentato? Pensi che loro due siano felici se tu te ne andassi, senza lasciargli nulla?”.
“No, Martines, è troppo tardi! E poi è il momento di lasciare questa città…”.
“Non è mai troppo tardi per essere felici, anche per un solo secondo”.
“Che dovrei fare, allora?”.
“Vai da lei!”.
“Non posso…”.
“Invece puoi!” – e riuscì a convincerlo.
Andai subito da JJ.
“JJ, dovrei chiederti un favore”.
“Dimmi Keira”.
“Possiamo spostare il volo a domani? E’ per una giusta causa, per favore!”.
“Ok, infatti credo che ci meritiamo un po’ di riposo”.
“Grazie mille” – dissi e l’abbracciai.
“Vieni, Rossi, ti accompagno io”.
“Ma, Martines, non volevo che tu ti scomodassi”.
“Niente scuse! Poi non credo che ti dispiaccia l’idea di risalire sulla mia moto vero?” – scherzai e Rossi rise. Ci allontanammo sotto gli occhi di Hotch, Emily, Derek e Spencer.
“JJ, mi puoi dire cosa succede? Dove stanno andando Rossi e Keira? Dovremmo partire, visto che stiamo in ritardo da ben sette minuti” – esclamò Spencer.
“Mi dispiace, Spence. Ma il volo è stato spostato a domani mattina! Che ne dite di andare a bere qualcosa?” – propose la bionda agente.
“Così mi piaci, JJ” – cambiò subito umore Emily.
“Facci piano, Prentiss” – intervenne Derek.
“Hotch, ti unisci anche tu?” – chiese Emily.
“Perché no? Agente Krauss si vuole unire anche lei?”.
“La ringrazio per l’invito, agente Hotch. Ma a casa i miei figlioli reclamano il loro papà. Divertitevi” – rispose l’agente.
“Io ritorno nella mia camera” – intervenne Spencer.
“Fuori discussione, ragazzino! E’ una buona serata per fare lezioni di seduzione” – disse Derek, puntando il dito verso Reid.
 
“Mamma, vado a prendermi qualcosa da bere. Torno subito” – disse Harrison, uscendo dalla stanza.
“Ok, figliolo” – rispose Shania, mentre fissava il panorama dalla finestra dell’ospedale con occhi malinconici.“David, se dovevi andartene per sempre, perché non mi hai detto addio?” .
 
“Siamo arrivati” – dissi, mentre frenai di fronte all’ingresso dell’ospedale.
“Martines, non potrò mai ringraziarti”.
“Non è tempo dei ringraziamenti. Sbrigati…”.
“C’è una cosa che voglio dirti: sono fiero di te e credo che tu abbia le carte in regola per far parte dell’unità” – disse Rossi e io ero felice di sentire quelle parole di gratificazioni da lui stesso.
Corse verso il centro informativo e trovò l’infermiera di turno.
“Mi scusi, sapeste dirmi in quale camera si trovi la signora Langley?”.
“L’orario delle visite è terminato” – rispose l’infermiera.
“La prego, è molto importante”.
“Lei per caso si chiama David?”.
“Si, perché me lo chiede?”.
“La signora Langley non fa che ripetere il suo nome da quando è arrivata qui. Quindi posso chiudere un occhio. Stanza 41, secondo piano. Mi raccomando non faccia troppo rumore!”.
“Grazie mille” – rispose Rossi e si precipitò verso la rampa di scale che portava al secondo piano. L’affanno diventava sempre più forte, ma alla fine riuscì a trovare la stanza e aprì immediatamente la porta.
Shania non riusciva a credere che colui che si trovasse di fronte a lei fosse arrivato qui.
“David…”.
“Non voglio andarmene più, Shania. Non riesco a sopportare questa solitudine che risiede dentro me da troppo tempo. Il dolore che abbiamo patito in questi lunghi anni non potrà mai cancellare ogni minimo istante di felicità che abbiamo condiviso insieme. Eri il mio passato e voglio che diventi il mio futuro…”.
“Ti amo, David” – disse Shania, interrompendolo.
“Davvero?” – chiese Rossi mentre accarezzava i suoi capelli biondi e morbidi.
“Non l’ho detto mai a nessuno uomo e perdonami se non ho mai avuto il coraggio di dirtelo prima”.
“Shh…” – in quell’istante le loro labbra si incontrarono in un caldo bacio, facendo rianimare i loro sentimenti, rimasti rinchiusi dentro loro per molto tempo, divenendo delle lastre di ghiaccio. La mano di Rossi scivolava lentamente sul collo di Shania, sfiorando dolcemente i suoi capelli biondi. Quando si allontanarono reciprocamente, rimasero immobili, guardandosi negli occhi. Non c’erano parole, né rancori, né paure. Semplicemente loro due.
“Puoi rimanere con me stanotte?” – chiese Shania.
“Non era il posto che speravo trascorrerla, ma andrà bene comunque” – sorrise Rossi.
“Stavo pensando che dovrei smettere di scrivere storie così tragiche: l’amore è stato un nemico per me. Ma adesso credo che esso sia la cosa più misteriosa, più strana e, in particolare, più forte che esista”.
“Io dovrei finire con i libri sul profiling! Mi bastano già i criminali che affronto quotidianamente”.
Nel frattempo, Harrison aveva sentito e visto tutta la scena dal buco della serratura e scattò improvvisamente nella stanza, facendo sussultare sua madre.
“No, ti prego! Ho bisogno dei tuoi libri…” – disse con aria sconvolta e Rossi rise ininterrottamente.
“Non ne hai bisogno, Harrison. Stai già sulla buona strada”.
“Harrison, ci sarebbe una cosa che dovresti sapere” – intervenne Shania, cercando di trovare le parole giuste e soprattutto il coraggio – “Lui è…”.
“Lo so, mamma. L’ho sempre saputo” – rispose Harrison, spiazzando sua madre.
“Non sei arrabbiato con me? Ti ho negato di avere una famiglia completa…”.
“Mi hai dato tutto quello che un figlio poteva desiderare, mamma” – rispose Harrison, mentre andò incontro a sua madre per abbracciarla. La commozione, per una volta, prese il sopravvento sul volto di Rossi. La sua impassibilità lo aveva reso duro come una roccia. Forse era quella la ragione per cui non riusciva a trovare la felicità. Si diresse lentamente, andando verso la finestra; Harrison lo raggiunse, staccandosi da Shania.
“Grazie…”.
“No, Harrison. Grazie a te!”.
“Spero di entrare presto nella BAU e magari di far parte della tua squadra…”.
“Credo in te, perché ” – rispose Rossi e tenne vicino il ragazzo con un abbraccio.
“Ti voglio bene, papà”.
“Anche io, figliolo”.
 
This thing called love I just can't handle it
This thing called love I must get round to it
I ain't ready
 
Crazy little thing called love
 
This (this Thing) called love (called Love)
It cries (like a baby) in a cradle all night
It swings It jives
It shakes all over like a jelly fish,I kinda like it
 
Crazy little thing called love



Vidi da lontano la scena e capii subito che le cose erano andate per il meglio. Improvvisamente il mio cellulare iniziò a squillare. Era Shlainn.
“Keiraaa! Santo cielo, stai bene?” – chiese la ragazza preoccupatissima.
“Si..Shlainn…tranquilla!”.
“Tranquilla? Hai una bella faccia tosta! Sono due giorni che non ci hai dato tue notizie; Bruce sta con le flebo e io sto impazzendo! Ora, se vuoi farti perdonare, raccontami tutto riguardo te e il tuo dottor-genio!”.
“Io avrei la faccia tosta? Ma che razza di amica sei? Anziché chiedermi se sono riuscita a risolvere il caso, te ne esci con questa cretinata? E poi non è il mio DOTTORE!” – iniziai ad alzare la voce.
“Che palle, Keira! Non fare la seria che non ti si addice! Almeno stai con lui adesso?”.
“Meglio che stacco, prima che mi farai venire una crisi di nervi!”.
“E’ l’amore, cara. Ok, ti lascio sola con lui…”.
“Aspetta, Shlainn…dii a Bruce che torno domani e salutamelo”.
“Non pensare a Bruce! Pensa ogni tanto anche a te, piuttosto che agli altri” – disse Shlainn e riattaccò.
“Shlainn…Shlainn. Ha riattaccato quella pazza!” – dissi, però ero contenta di sentire la sua voce.
“A proposito di dottore, forse è meglio che vada a parlare con Spencer? Era davvero preoccupato per me, è stato un pensiero così…Aaah Keira! Ma che vai a pensare? Quello ti vuole solo ostacolare, non lasciarti tentare…devi pensare a cose ben importanti che questo! Però…non ci sarebbe niente di strano se lo invitassi nella mia camera e bevessimo qualcosa come colleghi, no? “. Per non sprofondare nei miei caotici pensieri, decisi di ritornare all’albergo.
 
Salii le scale e mi ritrovai di fronte alla porta della mia camera. Presi le chiavi dalla borsa e l’aprii. Rimasi immobile quando scrutai da lontano l’ombra di una persona. Camminai di soppiatto, anche se l’ansietà aveva preso il dominio delle mie gambe. Quando vidi il volto di quella persona, spalancai la bocca.
“Che ci fa qui Spencer? Non è che mi abbia letto nel pensiero, perciò è venuto qui? Che tipo: viene qui e si addormenta pure! Però sembra un essere umano: è così bello vederlo così…” – pensai mentre poggiavo le mie cose sul tavolino. Ma, accidentalmente, feci cadere la sedia per terra, provocando un tale tonfo che lui aprì gli occhi di scatto.
“Che è successo?” – disse spaventato.
“Stai calmo, Reid! E’ solo la sedia, scusami…” – dissi mentre cercai di metterla apposto.
“Mi sono addormentato…”.
“Si, come vedo! Però questa è la mia stanza: non è che hai sbagliato camera?” – dissi sorridendo.
“So benissimo qual è la mia stanza. Come mai ci sono quei due frullati sul tavolo? Aspettavi qualcuno?” – disse Spencer curiosamente.
“Nooo, cosa dici! Beh…ecco…sono per me! E’ la mia cena…”.
“Mille kcal a testa mi sembra eccessivamente troppo per una cena”.
“Ok, dottore-delle-mie-converse, mi hai colpita e affondata! Desideravo parlare con te. Ecco, tieni spero che ti piaccia…” – risposi mentre gli diedi uno dei frullati.
“Non male…”.
“Questa è una tregua?” – esclamai, sedendomi di fronte a lui.
“Non era mia intenzione esserti d’intralcio sul lavoro, ma, notando che c’era dentro te qualcosa che ti tormentava, pensavo che sarebbe stato meglio metterti in disparte…”.
“Ho degli incubi…” – dissi la verità e Spencer non smise di osservarmi, pronto per ascoltarmi.
“Di cosa parlano?”.
“Vedo i volti delle persone morte nell’obitorio che mi danno la colpa per non averle salvate…”.
“Ascoltami, non possiamo salvare tutti purtroppo. Avere incubi non è una debolezza, anzi è una sorta di incitamento a continuare ciò che fai. Anche io li ho avuti e me ne vergognavo, temendo di non poter fare più nulla. Ma, confidandomi con Morgan e, in seguito con Gideon, ho imparato ad allontanarli momentaneamente, perché ci saranno sempre…”.
“Inoltre ho visto anche mio padre…” – il mio tono di voce cominciava a diventare più malinconico.
“Cosa faceva? Che ti diceva?”.
“Soltanto di proteggere questo medaglione”.
“I sogni, a volte, si mescolano con i ricordi e non danno totali certezze”.
“Temo che questo braccialetto nasconda qualcosa legato a lui…”.
“Hai paura di scoprire la verità?”.
“Un po’…”.
“Hai avuto oggi l’audacia di affrontare quell’S.I. armato, avrai la forza di affrontare anche questo. Quando sognai mio padre che era coinvolto in un omicidio, ero determinato a scoprire la verità, forse anche perché volevo trovare una spiegazione razionale del suo allontanamento. Credo che opportuno che io vada nella mia rispettiva camera, visto che domani ritorniamo a Quantico…” – disse Spencer alzandosi dalla sedia e io feci altrettanto.
“Si, anche perché vorrei riposarmi un po’…”.
“A domani allora…” – nel momento in cui lui stava per aprire la porta, lo fermai.
“Aspetta…” – dissi e lui si girò, incrociando il mio sguardo.
“Avanti, Keira, diglielo che hai mentito riguardo quella sera…” . Mi mordevo le labbra e le mie mani iniziarono a sudare.
“Vuoi dirmi qualcosa?” – Spencer attendeva una mia risposta il più presto possibile.
“No, niente. Ti volevo augurare la buonanotte…”.
“Grazie…” – rispose e non aggiunse altro. Ci pensò lui a chiudere la porta, mentre lo guardavo allontanarsi, come un sasso. “Ma che cavolo mi è passato per la testa? Mi odio quando non riesco ad affrontare questo genere di cose! Tutto sommato vabbene così, stiamo in due mondi talmente diversi, dove non potrà mai esserci una collisione”. Sprofondai nel mio letto e chiusi lentamente gli occhi. Ora avevo la forza di allontanare le mie paure e i miei incubi.
 
Spencer non faceva altro che voltarsi, per guardare da lontano la stanza dove c’era lei.
“Possibile che uno sbaglio riesce a travolgermi così tanto? E’ stato giusto mentirle? Allontanerò questa misteriosa tentazione, anche se sarà difficile, ma lo farò...era questa che stavi cercando di dirmi, Keira?”.
 
She knows how to Rock n' roll
She drives me crazy
She gives me hot and cold fever
Then she leaves me in a cool cool sweat
I gotta be cool relax, get hip
Get on my track's take a back seat, hitch-hike
And take a long ride on my motor bike
Until I'm ready crazy little thing called love……. (Crazy little thing called love – Queen


  
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