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Autore: sweetpast    02/12/2010    2 recensioni
"Ho paura. Ho paura. Ho paura.
Città degli angeli caduti, il tuo è un inferno.
Città degli angeli. Sei il MIO inferno.
Il mio inferno, il girone degli stolti.
Stolto, perché continuo a seguire te come uno stupido angelo custode, che non riesce a stare dietro al suo protetto e fallisce nella sua missione.
Non posso proteggerti, se anch'io sono nell'oblio.
Questa è l'ora dell'oblio"

Questa è una storia dai temi forti. Una storia di droga, sesso e violenza.
Perché l'amore, l'amore c'è.
Ma deve soffrire prima di manifestarsi veramente e, spesso, quando lo fa è già arrivata la fine.
Genere: Erotico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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CHAPTER FIVE_

 

 

 

Matt cadde in terra con un tonfo sordo, sotto gli sguardi allibiti di Skip e Maddy.

Gli occhi di Tony non promettevano niente di buono.

«Che...» mugugnò il rosso, pulendosi il labbro sanguinante. «Che cazzo fai?!»

Il grosso uomo biondo, Rex, ghignò senza rispondere, mentre l'altro seguace del boss trascinava fuori dalla stanza i due “spettatori”, chiudendo la porta.

«Cosa succede? Fammi entrare!» urlò Maddy puntando l'indice contro il tipo.

«Cara» sorrise lui, facendo dondolare i riccioli fulvi «Lo sai.»

La ragazza spalancò gli occhi, ammutolita.

«Cosa?» Skip, visibilmente confuso, fissava la porta. «Eh?»

 

XXX

 

«Cosa cazzo vorresti fare te.» ripeté per la seconda volta Jeff. E non suonava come una domanda.

Anche il resto degli spettatori fissava basito il giovane ragazzo biondo. Rodd fece una smorfia divertita.

«Voglio provarci io, se non dispiace.»

Si sarebbe aspettato una risata generale, Mello, ma nessuno fiatava. Rodd lo invitava con un gesto della mano a raggiungerlo, colpito da tanto coraggio, persino la bestia Jeff lo guardava quasi... preoccupato?

No, impossibile. Però era un'espressione insolitamente seria per lui.

In un attimo, guardando le iridi blu del collega puntate su di lui con quell'aria accigliata, si domandò se era davvero la cosa giusta da fare; in un attimo gli sovvenì che, forse, c'era un tantino di differenza fra il suo corpo snello e quella montagna pulsante di muscoli che lo fissava poco convinto.

Ups.

Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, no?

 

XXX

 

«Rex, basta così.» ordinò sorridendo Tony.

L'uomo obbedì, lasciando il lembo della maglietta di Matt, che scivolò, distrutto, sul pavimento. Quel tipo picchiava duro, mai mettersi fra di lui e un muro, si disse Matt, sorridendo per la sua rima poetica.

Ma non era troppo divertente il ritrovarsi ad arrancare in un angolo.

Ma cosa...?

Tony gli si avvicinò, e si chinò alla sua altezza. Con le dita massicce percorse il profilo del suo viso. Matt lo guardò perplesso, senza riuscire a muovere un muscolo.

I suoi occhi si puntarono in quelli scuri dell'italiano, che sorrise e gli pulì il sangue dal sopracciglio.

«Sei proprio bello.» affermò poi, con voce estremamente bassa.

Matt ebbe l'istinto di tirarsi indietro, l'uomo rise alla sua reazione.

«Oggi voglio accontentarmi di te.» soffiò.

Cos...cosa? Che intendeva?

Ma una revolver era già puntata alla sua tempia, e una mano invadente gli andava a slacciare i jeans, senza che lui potesse reagire in qualche modo.

«N-no..»

Ma era troppo tardi, già vedeva l'italiano guardarlo oscenamente, carezzandogli i capelli con finta dolcezza, e con quel diavolo di sorriso colpito sul volto.

Soffocò un grido, irrigidendosi a contatto col pavimento freddo, mentre l'uomo dli tirava via con noncuranza i pantaloni.

«Che carino.» disse affabilmente.

Sentì la porta aprirsi e una luce estranea colpirgli gli occhi, poi le grida di una donna e due voci più basse che le chiedevano di stare calma, infine la porta si richiuse, e fu di nuovo penombra, e fu di nuovo soltanto il fruscio di mani estranee sul suo corpo.

 

XXX

 

Era lì. Davanti a tutti. Pronto a rischiare di essere ucciso da un armadio peloso.

C'era un gran chiacchiericcio lì intorno, i suoi occhi azzurri vagarono per la sala che gli sembrava solo un ingorgo di colori sconnessi.

«Sei pronto?» chiese l'avversario.

No che non lo sono, sono un idiota, diavolo!

Diceva disperata una parte di lui. L'altra annuì con decisione.

Merda.

Accidenti, doveva riflettere! Non c'era un modo di batterlo sul piano fisico...!

Ma lui aveva qualcosa in più, no?

Lui era il secondo candidato alla successione di L. Lui era un genio.

Un sorriso beffardo gli si dipinse sul volto, vedendo l'allarme antincendio svettare vermiglio tra il miscuglio di colori di quel postaccio.

La vocina nella sua testa, ora rideva maleficamente.

Squiat, il suo avversario, scrocchiò le ossa del collo.

Mello annunciò che potevano cominciare.

 

XXX

 

Grugnì una debole protesta contro le dita sporche che gli scivolano lentamente sulle labbra, verificandone la morbidezza, schiudendole con insistenza.

Non poteva fuggire, l'uomo davanti a lui al momento era in netta prevalenza fisica: anche se più giovane e scattante, i lividi rossastri che lo scagnozzo di Tony gli aveva lasciato sugli zigomi e sulle braccia dolevano incredibilmente, e il pugno nello stomaco gli spezzava ancora il fiato.

Si limitò a guardarsi intorno fulmineo, per notare eventuali vie di fuga, tentando il più possibile di non posare lo sguardo sull'italiano.

Inutilmente.

Lo vide alzarsi e calarsi la zip, iniziò a temere il peggio. Venne scosso da un tremito. “Non è possibile!”

Una delle mani che avevano violato la sua pelle gli si intrecciò stavolta tra i capelli, stringendone qualche ciuffo tra le dita, poggiando il palmo largo sulla nuca.

Una risata sommessa.

Tony teneva l'altra mano avvolta attorno alla sua eccitazione. Poi allontanò la mano dal membro, continuando a fissare Matt.

Il ragazzo deglutì, respirando piano. Il buio della stanza si era fatto più intenso, i rumori della Los Angeles notturna che giungevano ovattati alle sue orecchie suonavano lontani e quasi surreali, la confusione gli appannava la vista. Matt non ebbe però il tempo di mettere a fuoco, che venne spinto improvvisamente verso il bacino di Tony, la cui mano adesso gli premeva forte sul collo, e riuscì solo a soffocare un gemito di sconcerto mentre la bocca gli veniva violata con prepotenza.

 

XXX

 

Come aveva previsto, Mello riuscì a schivare con facilità l'offensiva del tipo-tutto-muscoli che gli si era avventato addosso con foga. Era troppo lento!

Il biondo era sicuro di riuscire ad attuare il suo piano.

...Un momento.

Piano? Quale piano?

Aveva notato l'allarme antincendio. E poi?

Scansò un altro attacco, rispondendo con un calcio che venne bloccato con noncuranza.

Oh beh, lui era il migliore, a cosa gli sarebbe servito un piano? Poteva inventarlo sul momento!

La vocina intanto urlava disperata.

Squiat gli si lanciò di nuovo contro, ringhiando, ma Mello riuscì a dribblarlo con maestria e prese a correre verso l'allarme. L'energumeno gli andò goffamente dietro, ma lui era già riuscito a schiacciare soddisfatto il bottone.

Il suono squillante si sentì tuonare sopra le chiacchiere e i commenti della folla, in un nanosecondo il dispositivo delle docce antincendio si era attivato allagando il pavimento (e le persone, che non ne furono entusiaste) della sala.

Squiat scivolò sull'acqua senza sapersi riprendere, piombando rumorosamente a terra, e il biondo ne approfittò per bloccarlo con un piede premuto sulla giugulare.

Mello ansimò , gocciolante; era successo tutto così velocemente che faticava a capire come avesse fatto.

Non ebbe il coraggio di guardarsi intorno, ma nella sala erano tutti ammutoliti.

Dopo un teso silenzio intervallato da un «Porca troia, il cellulare!!» piuttosto stizzito, un leggero scroscio di applausi incerti, fischi e commenti increduli riempì le orecchie del giovane, che riprese a respirare come un essere umano.

«Complimenti. Sei un tipo interessante.» disse Rodd, sorridendogli, e gli strinse la mano. Mello sorrise com un bambino capriccioso che ha ottenuto quel che vuole, alzando il mento e squadrando con soddisfazione tutti i presenti che iniziavano a congedarsi.

Ascoltò con piacere tutti i complimenti ammirati della gente, che sembrava essersi dimenticata di essere infradiciata a causa sua, poi si accasciò stancamente sulla parete, strizzandosi i capelli zuppi.

Un asciugamano gli volò con poca grazia sulla testa.

«Ma cos-?»

«Ringrazia che non mi è morto il cellulare. Non avevi qualche altro modo di vincere piuttosto che allagarci tutti?» rise Jeff.

Mello ricambiò con un'occhiata assassina, ma incredibilmente il ragazzo gli tese la mano.

«Complimenti, Trave.»

«...Grazie...» gli rispose lui poco convinto, stringendogli la mano.

Jeff tornò subito a sfoggiare il suo sorriso impertinente e a punzecchiare il suo collega, ma, forse, avrebbe collaborato più volentieri con quel ragazzino che non si era mostrato poi così inutile.

 

XXX

 

«Ah!»

Le proteste gli uscirono istintivamente, quando l'uomo abbandonò la bocca per insinuarsi tra le sue gambe, bloccandolo al muro e spingendo a fondo.

Il ragazzo gemette a denti stretti, tentando invano di allontanarlo, e le labbra gli tremarono a contatto con lo sperma che gli scivolava sul mento. Piantò le unghie nella carne di Tony, che reagì con un grugnito eccitato e prese a spingere più velocemente.

Matt sentiva come se la sua carne venisse lacerata, e il dolore non gli permetteva di urlare.

Ansimò qualche parola sconnessa, semplicemente, senza un senso logico, poi chiuse gli occhi e assecondò, esausto, gli spasmi che gli procurava il movimento dell'uomo.

Il dolore gli opprimeva i pensieri come una corona di spine, ma la sensazione orribile e il disgusto che lascia una violenza erano lì davanti a lui, ben visibili, pronto ad invadergli gli occhi di lacrime gelide e a lasciargli tacite maledizioni sulla lingua.

Tremò, mentre Tony gli sussurrava qualcosa di osceno all'orecchio. La sua voce bassa e roca, con quell'accento duro e poco musicale, gli rimbombò nel cervello.

Sentì il cuore nattere sullo sterno come se volesse fuggire, e venne scosso da un singhiozzo, mentre veniva abbandonato lì, in quell'angolo buio, con le cosce bagnate di sangue. Vide di nuovo la porta aprirsi, e poi chiudersi, allora iniziò a lacrimare silenziosamente.

Un muro di solide convinzioni e buone speranze gli era appena crollato addosso.

I polpastrelli freddi andarono a stringere compulsivamente un lembo della felpa, ma quel calore non seppe accontentarli.

Ci pensarono invece cinque dita ancora più fredde, affusolate e magre, che gli spostarono delicatamente i capelli dalla fronte, e una voce calda che chiese a qualcuno di prendere dell'acqua.

 

TO BE CONTINUED.

 

NdA

 

...

No comment.

*si fustiga*

 

 

Via mo tutti, voi che seguite-ricordate-preferite-e-recensite <3 Vi ringrazio tantissimo!

Adieu! **Lole**

   
 
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