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Autore: thewhitelady    02/12/2010    1 recensioni
- Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi - Liam Keeran.
- Questo è solo la Genesi, dobbiamoa ncroa passare per il Levitico,l'esodo e il Deuteronomio prima d'arrivare a qualcosa - Eneas Clayton
Storia di una caccia al tesoro che si trasforma tra inseguimenti e una rapina in un museo in pericoloso gioco mortale. Storia di come un uomo scopre di essere ciò ch ha sempre combatutto, e della redenzione di un altro. Storia di due amici. Il tutto girando il mondo tra Inghilterra, europa dell'Est e estremo Oriente.
La mia prima storia, recensite ma soprattutto buon divertimento! :D
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Se fino a quel momento nessuno dei due aveva avuto voglia di proferir parola, neppure durante la cena, invece ora sembrò che all’improvviso Fang si fosse ricordato d’esser dotato di una lingua. Anche se quel mattino erano riusciti a prendere un’altra camera, l’unico bagno funzionante rimaneva sempre e comunque quello di Keeran che fu per questo costretto a subire una specie d’interrogatorio.
- Emh, io pensavo che fosse una cosa da poco, la bellezza esotica conosciuta ad un convegno, invece qui l’affare s’infittisce – cominciò Fang, cercò di far sembrare quella frase molto casuale, anche se in realtà era tutto premeditato.
- Meno male che la curiosità è femmina… - sospirò Keeran, l’indiscrezione dell’amico era quasi insopportabile
- Ehi faccio solo un po’ di conversazione, niente di che. Dico solo che c’è qualcosa sotto, tra persone normali mica ci si scanna così! – esclamò concitato Fang, poi però soggiunse sommessamente – Mannaggia a te! - , si era tagliato con il rasoio.
- Ben ti sta – commentò Keeran poi però proseguì, c’era una cosa che non aveva mai detto a nessuno e sapeva che se non l’avesse fatto in quell’istante, se la sarebbe portata nella tomba. – La cosa in effetti era seria, insomma ci siamo lasciati a meno di tre mesi dalla celebrazione delle nozze… -.
Fang si voltò abbastanza lentamente, teneva il rasoio in mano a penzoloni ed aveva un aspetto abbastanza strano: mezzo volto rasato e l’altro tutto ricoperto di schiuma, a fare da contorno era l’occhio sinistro completamente tumefatto. Alzò una mano in aria, palmo spiegato, aprì la bocca da cui per un istante non uscì alcun suono – Tu intendi quella roba con i vestiti eleganti, il ristorante di lusso, la musica assurda e tanto riso? – domandò esterrefatto e confuso, poi aggiunse – Ho idea d’essermi perso qualcosa -, gli sembrava quasi impossibile che il suo amico fosse arrivato così vicino al grande passo. Almeno, se qualcuno glielo avesse raccontato certamente non ci avrebbe creduto.
- Be’ sì stavo per sposarmi, non mi sembra una cosa poi così anomala – disse abbastanza tranquillamente, poi proseguì – Non te l’ho detto perché, ragiona, il fatto è avvenuto sei anni fa. Quindi… - fece una pausa, non gli piaceva parlare di quella questione; tanto era certo che l’amico avrebbe capito.
- Afferrato – disse risoluto Fang finendo di farsi la barba, sapeva a che cosa alludesse Austin, erano passati esattamente sei anni dall’unica volta in cui la loro amicizia si era incrinata ed aveva rischiato di dissolversi. Ormai sull’argomento avevano messo una bella pietra, però ai tempi non si erano parlati per mesi e mesi.
- Non te l’ho detto in seguito, perché non ne vedevo la ragione. Per me era storia chiusa. Almeno così credevo… Hai da fumare? – chiese Keeran, le sigarette le teneva solo per le occasioni speciali e quella sera ne meritava proprio una. – Sono queste domande da fare!? – esclamò allibito Fang, lanciandogli un pacchetto di B&H e l’accendino. – Grazie -. Keeran fece scattare la rotella, e la fiamma si accese sul tabacco arrotolato.
Fang stava per tornare in camera quando però chiese - Perché te ne sei andato? Insomma, non eri proprio il tipo “ padre di famiglia ”, ma nemmeno un allergico alla vera. Non capisco -. Keeran alzò la testa, fissò un attimo la carta da parati verde mela per pensare poi rispose: - Non so cosa mi prese. Forse ero sotto pressione, in quel periodo successero un sacco di cose. Il matrimonio, la nostra lite, la malattia di mio padre e Clayton che mi contattò per lavorare per il GST. Non ero pronto, fui sommerso dalla valanga degli eventi – sospirò. Una voce subdola e malefica però chissà perché gli sussurrava che stava mentendo, e mentiva sapendo di mentire…almeno su alcuni punti.
– E poi sai com’ero… -
- Beh, dire che eri un pirla è un eufemismo! – lo provocò Fang
- Ehi, ti sprechi in complimenti –
- Che vuoi che ti dica, è vero. Lo ero anch’io. Per quanto si possa essere adulti, a volte è come tornare bambini: compiti troppo grandi per gente che grande lo è già -
- Poetico. Quanto avevi in filosofia? – cercò di sdrammatizzare l’altro
- B+. Comunque non preoccuparti, ce la siamo sempre cavata. Lyn e la storia del tesoro, tutto si sistemerà. Ci siamo abituati io e te. Mi spezzo, ma non mi piego – disse riprendendosi il pacchetto di sigarette – Seneca – aggiunse concludendo, se ne andò chiudendosi la porta alle spalle.
Keeran andò a coricarsi a sua volta, spense la luce e si rigirò su d’un fianco. Dalle finestre filtravano i raggi della luna calante che illuminavano la camera, facendo apparire spettrali i contrasti tra luci ed ombre.
Keeran come al suo solito faceva fatica ad assopirsi, fantasticava su come sarebbe stata la sua vita se avesse sposato Lyn. Magari avrebbe avuto dei figli, anzi sicuramente; non avrebbe lavorato per il GST e la sua esistenza sarebbe stata decisamente meno movimentata.
Però se non fosse tornato in America non avrebbe fatto pace con il suo migliore amico, non avrebbe conosciuto tante persone, non avrebbe fatto molte esperienze… Ad un certo punto, per via della strana forma di pensare di cui è dotato l’uomo e dei nessi logici a volte incomprensibili che però facciamo, si ritrovò a ricordare di quando era ragazzino, delle ore passate con Fang a tormentare i professori. Uno in particolare era preso da loro di mira era quello di chimica, un certo professor Abbott. Gli pareva di sentire ancora quella sua vocina acuta e fastidiosa che tanto riusciva ad intralciare i sonnellini mattutini di Fang. 
Come un fulmine si catapultò fuori dal letto, era come se fosse stato uno spiritato. Tra sé e sé ringraziò il professor Abbott e corse in corridoio, un invasato, si catapultò nella camera di Fang che già dormiva come un sasso. – Dan sveglia! Su brutto idiota, ho la soluzione al codice! -, disse scrollando senza troppi complimenti l’amico che si svegliò di soprassalto. – E ché cos’è! Cosa succede? – balbettò stropicciandosi  gli occhi. – Su alzati, potrai dormire più tardi. Ora ho bisogno di te! – esclamò Keeran.
– Spera che la parola sia quella giusta o preparati a essere scaraventato fuori dalla finestra. Diventerai l’uomo proiettile di Taipei – sbadigliò stancamente l’altro.
– Affare fatto, però ora risolvi il codice. Ho già scritto le lettere da usare –
A Fang ci volle un po’ di tempo per comparare le lettere del verme con quelle del testo cifrato ed usare infine il reticolo, nonostante che la frase fosse davvero brevissima.
– Finito – esordì poco dopo – Come ti è venuto in mente? – domandò porgendo il block notes a Keeran – Ah, è una storia strana. Stavo pensando al prof. Abbott e mi sono venute in mente le sue parole a proposito dell’opale che perde i riflessi ed i colori se messo nel fuoco – spiegò noncurante del disappunto del compagno.
– E non ci potevi pensare prima? Dormire con te è peggio del jet leg! –
Keeran che non aveva ancora posato gli occhi sul foglio imprecò contro le pergamene ed i monaci che le avevano scritte: – Diamine ancora un indovinello – era sconcertato. Certo, non credeva che avrebbe scovato il tesoro in un battere di ciglia, però era stufo di pensare, ripensandoci ancora meglio un poco d’azione. Anche un inseguimento per Londra.
Fang non sentì le parole di Keeran, era troppo concentrato a capire il perché quelle due parole gli fossero tanto famigliari, era sicuro d’averle già lette da qualche parte, ma dove? Chiunque si sia mai trovato in una situazione simile sa quanto sia terribile: più si tenta di ricordare e più quella parola o pensiero sfugge.
Fang però sapeva qual’era il metodo migliore per farselo tornare in mente, cioè distrarsi e fu quello che fece. Non disse nulla ad Keeran, se l’avesse fatto sarebbe stato ancor peggio, quindi nell’attesa aprì il frigobar, prese una limonata e fece persino finta di nulla: – Io sono sicuro che la parola opale sia veramente il verme di questo cifrario, però chissà cosa vogliono dire quelle parole. Tu hai qualche idea? – domandò appoggiandosi al muro – No perché io vorrei risolverla al più presto. Non vorrei che ti venisse un’altra illuminazione mentre io dormo – Fang sottolineò l’ultimo passaggio della frase, amava tre cose nella vita e una di queste era proprio il caro buon vecchio sonno. Dicendo questo però agitò un po’ la mano e parte del liquido contenuto nella bottiglia andò a finire, tra tutti i fogli che c’erano sul comò della camera, esattamente sulla pergamena che Keeran aveva appena sfilato dalla busta. Keeran si voltò a guardare Fang con aria assassina e sbraitò – Ma sei scemo? -.
Fang che per una frazione di secondo aveva assunto la stessa espressione del quadro Il grido, d’un certo Munk, si riprese. Anzi cominciò a sorridere – Aspetta a mettermi sulla graticola, guarda un po’ cosa sta facendo la mia limonata – asserì molto tranquillamente. Keeran fissò la pergamena: a mano a mano che stava asciugando cominciavano ad intravedersi incerte delle linee, che prima sicuramente non c’erano.
I cinesi avevano usato del semplice inchiostro invisibile. – Per fare più in fretta potremmo usare il phon! – propose Fang, ma gli bastò un’occhiata da parte di Keeran per capire che doveva solo provarci, - Su non essere così lapidario. Infondo è merito mio se abbiamo scoperto l’inchiostro – aggiunse divertito.
- Fammi un favore, prendi la digitale. Sta nella mia valigia – disse Keeran, quello che doveva immortalare con la macchina fotografica era un disegno, rappresentante una scogliera a picco sul mare; almeno così sembrava. Anche se doveva esser stata tracciata abbastanza di fretta, l’immagine era estremamente particolareggiata. Si potevano scorgere i gabbiani che volavano sopra la falesia, le onde che s’infrangevano su di essa, e poi sembrava esserci come una fortezza incastonata nella scogliera che faceva tutt’uno con la roccia. Un luogo pressoché inaccessibile i cui unici padroni potevano essere gli uccelli marini ed il vento.
Dopo aver scattato la fotografia, il disegno scomparve lentamente come avviluppato da un banco di caligine. Prima che succedesse però anche Fang fece in tempo a vederlo nella sua integrità.
– Lo sapevo! - subito esultò schioccando le dita, Keeran non si era ancora ben reso conto che l’altro soggiunse – Vuol dire scogliera nera. Quelle due parole tradotte dalla lingua cornica vogliono dire scogliera nera! -.
Keeran era ancora basito – Ok, ma come fai ad esserne certo? – domandò continuando a guardare l’immagine della falesia sul display
- Era il nome d’un pub in cui ero stato un quattro estati fa. Non dimentico mai un buon locale dove sono stato – affermò disinvolto. Keeran quasi non ci poteva credere che ce l’avessero fatta – Certo al cento per cento? -.
Fang lo guardò quasi compassionevole scotendo il capo – Ordinai un’ottima birra scura, due sterline e mezza alla pinta e la cameriera che ci servì si chiamava Leah. Devo forse continuare? -.
- No no perfetto – commentò Keeran soddisfatto cominciando a far ordine e a rimettere insieme tutte le carte. Guardò l’orologio, non ci poteva credere erano già le cinque.
 - Ok buona notte! – declamò Fang gettandosi sul letto. – Sei una cosa incredibile! Se il mondo crollasse tu ti scosteresti un po’ più in là! – esclamò Keeran.
- Vedo che hai capito la mia filosofia di vita. Bravo amico – fece una pausa – Ah, con noi porteremo anche Lyn? –
- Certo che no! – rispose frettolosamente Keeran che stava uscendo in corridoio per far ritorno alla propria stanza – Domani le diciamo che abbiamo risolto il codice e… basta -.
Intanto la Mano di Dio stava già dipingendo l’alba in quel precoce mattino, gli uccelli notturni lasciavano il posto a quelli diurni ed un’ora o due più tardi lo stesso avrebbero fatto gli ubriaconi con i mattinieri lavoratori di Taipei.
 
Tornarono in Inghilterra. Quella terra uggiosa per molti e che invece per altri che probabilmente l’hanno vissuta più a fondo e meglio, offre uno spettacolo di una bellezza disarmante. Così almeno la pensava Keeran.
Le ripide pareti color alabastro e le falesie che perennemente venivano percosse dalla forza del mare che le colpiva con enormi cavalloni che si scontravano corpo a corpo con la nuda roccia per poi dissolversi in un ribollir di schiuma e acque.
Sul tutto dominava il cielo plumbeo, in un cui veleggiavano grandi nubi cariche d’ira e tempesta. Quando sarebbe stato abbastanza vecchio, rifletté Keeran, gli sarebbe piaciuto abbandonare la vita frenetica e alla moda di Chicago per ritirarsi nella tranquillità di un cottage, magari in Cornovaglia o Bretagna da cui avrebbe potuto ammirare quella vista ogni mattina. A parer su non si poteva non rimaner sconvolti da quelle tinte, i colori freddi che transitavano dal blu intenso al piombo creavano un mondo del tutto estraneo a qualsiasi altro.
- Odio questa stupida isola! – esclamò Fang mentre percorrevano un campo incolto, malgrado fosse luglio faceva un freddo infame ed era così buio che non si poteva avere raggio visivo più ampio di dieci metri – Dovrebbero cancellarla dall’atlante! Io mi domando: Indiana Jones finisce sempre per avventurarsi in luoghi lussureggianti, dove di minima ci sono ventotto gradi e belle ragazze in gonnellino di paglia. Noi il massimo che possiamo trovare è quest’erbaccia e una montanara imbacuccata dalla testa ai piedi. Non è minimamente equo – si lamentò abbastanza forte cercando di sovrastare l’urlò del vento che li frustava con gelide folate. Keeran era poco più avanti, apriva la strada camminando in mezzo alla fitta erba stepposa che gli arrivava fino al ginocchio. Effettivamente faceva un po’ freddino in maglietta con dieci gradi.
Era più di mezz’ora che camminavano praticamente alla cieca nel cuore della brulla campagna inglese, e persino lui iniziava a dubitare del proprio senso dell’orientamento, ma comunque urlò di rimando a Keeran:
- Lamentati in direzione –
Saltò uno steccato di legno dipinto di bianco, era il decimo che superavano ed ogni volta pensava fosse quello giusto, invece no. Cominciò a piovere, una, due gocce, pioveva a scroscio, o come lo definì Fang ‘ a secchiate ’ visto che l’espressione a catinelle non avrebbe ben reso l’idea.
Quello alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: - C’è altro? -. A domanda, risposta. Un chicco di grandine lo colpì in piena fronte con suo grande disappunto, si misero a ridere, tutti insieme, per quella situazione fantozziana, mentre venivano letteralmente subissati da un nugolo di neanche troppo minuscole biglie di ghiaccio.
Keeran aumentò il passò, la visione un po’ offuscata ma era certo che quello che aveva scorto era un hangar, un rugginoso hangar della Seconda Guerra Mondiale. Appena fu vicino all’uscio spinse la mastodontica porta e creò uno spiraglio da cui passare, per un  attimo una lama di luce proveniente dalla stanza retrostante illuminò il bitume, per poi subito scomparire.
Entrarono in un ambiente meravigliosamente caldo ed accogliente, per loro che erano ridotti a stracci umani zuppi fino all’ossa. Il tepore li avvolse in un piacevole limbo da cui non avrebbero mai voluto ridestarsi.
L’uomo che venne loro incontro era altrettanto caloroso, il sorriso accogliente ed i modi affabili – Spero che vi siate asciugati le scarpe prima d’entrare –
- Molto spiritoso Ian – dissero Keeran e Fang all’unisono, ma prima che potessero salutarsi, l’altro notò qualcosa di strano e domandò: – Ma dov’è che avete colto questo splendido giglio di campo? -.
Keeran si voltò e disse: – Al supermercato, ogni due confezioni d’involtini primavera ti regalano una cinesina -.
Lyn non ci fece caso e sorrise compiaciuta al padrone di casa – Grazie io sono Lyn Shang e tu devi essere il famoso Ian –
- Be’, spero proprio di sì. Se no fuori di qui! – rispose lui.
Lei guardò gli altri due ed aggiunse – Da quest’uomo avete moolte cose da imparare -.
Ian fece loro strada per l’hangar, in una zona erano parcheggiati i tre aerei che possedeva, ma solo uno era utilizzabile: il bimotore bianco che avevano usato neppure un mese prima. L’altro era un Spitfire della Seconda Guerra Mondiale a cui nessuno si poteva avvicinare. Austin erano quasi otto anni che conosceva Ian ed erano otto anni che vedeva quel vecchio aereo della RAF, la Royal Air Force, parcheggiato nell’hangar anche se ogni volta un miglioramento gli era stato apportato.
Proseguirono fino ad arrivare in una parte che era stata chiusa ma priva d soffitto, Ian si era creato una sorta di mini-appartamento all’interno dell’hangar. Una vera casa in miniatura, aveva persino tolto una pezzo di parete di lamiera per ricavare una veranda coperta, sui cui vetri in quel momento stava battendo la pioggia mista a grandine, nel tepore dell’appartamento si poteva quasi godere di quello spettacolo.
Una voce femminile chiamò Ian da quella che era la cucina, un ambiente un po’ spoglio ma dall’aspetto accogliente e famigliare, ad Keeran saltò subito all’occhio, l’ultima volta che c’era stato non era esattamente così.
- Lei è Cindy – disse Ian, sorriso a trentadue denti che sprizzava energia da ogni poro, ad attaccarci una spina sarebbe riuscito ad alimentare l’intera Down Town di Chicago, pensò Keeran.
Osservò la ragazza che gli era stata presentata. Lei è Cindy, l’avrebbe potuta immaginare in mille modi diversi, di cui l’aspetto più accreditato sarebbe stato: chioma dai riflessi d’oro ed occhioni blu da cerbiatta. In realtà aveva la pelle color cioccolato fondente. Minuta, una folta capigliatura dai piccoli riccioli ben delineati, occhi nocciola e un sorriso di una bellezza e perfezione assolute, solo quello valeva dieci, cento, mille Naomi Campbell. La nuova venere nera.  
Solo in quell’istante notò che qualcosa scintillava al dito di Ian, sull’anulare sinistro e non doveva essere stato l’unico visto che Fang all’improvviso sbottò – Oh, mio Dio! Non ci posso credere che ti sia sposato!- e soggiunse – Naturalmente mille e mille auguri – abbracciò e baciò la sposa. Keeran che per certe cose era molto più contenuto, si limitò a complimentarsi e ad un paio di strette di mano ed abbracci.
- Direi di cenare – propose Ian – abbiamo carne fatta alla brace, costine, salsicce e quant’altro, e naturalmente del buon rum proveniente dalle Barbados –.
La serata procedette placidamente, i tempi erano prolissi, tra una portata e l’altra passavano più di venti minuti, sempre riempiti da chiacchiere e discorsi che si protraevano all’infinito. Si passava dallo sport al lavoro, anche se il matrimonio tenne banco per un’ora buona, soprattutto tra le ragazze che erano entrate subito in sintonia: Cindy era una speleologa e abbastanza di sovente le capitava di ritrovare manufatti antichi. Un invito a nozze per Lyn.
Arrivati alla terza bistecca d’alce tutti mollarono il colpo, a parte Fang che era dotato di un appetito sovraumano e di una cloaca al posto dello stomaco. A mezza notte iniziarono a sparecchiare e a riportare tutto in cucina, al che in veranda rimasero solo gli uomini, Ian versandosi un bicchiere di rum esordì: – Mi hai detto che hai bisogno di me, anzi del mio aereo, di che si tratta? -
- Sempre del tesoro, dovrebbe trovarsi sulla costa e ci farebbe comodo uno sguardo dall’alto. Se ho intuito bene dovrebbe essere in una grotta, o almeno un nuovo indizio. Questo è un favore che ti chiedo, tu sei libero di rifiutare. Infondo hai già avuto modo di conoscerli pure tu quelli là – rispose Keeran riferendosi ai loro inseguitori.
- Vuoi un po’? – gli propose l’altro accennando alla bottiglia, intanto stava riflettendo sulla proposta
- Giusto un dito –
- In effetti è proprio quello a cui stavo pensando, non tanto per me, ma per Cindy. Non voglio che le succeda niente, quei tipi mi paiono senza scrupoli e l’ultima cosa che voglio sono delle ripercussioni o delle vendette – si spiegò in sussurro, combattuto tra la forte amicizia e riconoscenza che lo legava ad Keeran, e l’amore. Non poteva permettere che succedesse qualcosa a Cindy
- Ti capisco, ma ti voglio dire una cosa: finché Dan ed io avremo fiato in corpo, quelli si occuperanno solamente di noi. Siamo la loro priorità –
- Be’, molto rassicurante. Per noi intendo – intervenne Brass, si strofinò con un dito il naso, fino a quel momento aveva taciuto e giochicchiato con l’ultimo goccio di rum che era rimasto sul fondo del suo bicchiere; lingua ferma ma orecchie tese.
Ian ponderò un attimo sulla situazione, si era persuaso del fatto che gli amici avrebbero dato la loro vita piuttosto che sacrificare quella di un’altra persona che con quei fatti non c’entrava nulla. – Ok va bene, vi aiuterò. E una cosa, tu mi hai detto che hai il disegno del posto dove dobbiamo andare, però non sai dove sia esattamente. Non credi che ci sarebbe utile qualcuno che di grotte e coste se ne intende? -. Keeran si meravigliò della sua stupidità, Cindy era speleologa, avrebbe certamente potuto dar loro una dritta sulla località dove iniziare le ricerche – Indubbiamente ci farebbe comodo – ammise.
- Cambiando completamente discorso: com’è la vita da ergastolano? – domandò Fang con malizia
- E’ stato il periodo più bello della mia vita, non puoi nemmeno immaginarlo! – affermò Ian convinto
- Tipica sindrome di Stoccolma, ci si affeziona al proprio carceriere…– proseguìKeeran– Comunque una mano femminile ci voleva nella tua vita, e soprattutto nella tua cucina. La polvere è stata spodestata dopo dieci anni di regno ininterrotto –
- Un giorno capiterà anche a voi. E’ strano rincontri una persona dopo anni e solo allora ti accorgi di quanto sia stata ed è importante per te. Diviene il centro della tua esistenza; almeno a me e a Cindy è capitato così – cercò di spiegarsi Ian
- Ahi, ahi, mi sa che ci deve essere qualcosa nell’aria: prima tu e adesso Keeran. Chissà, magari il governo sta facendo degli esperimenti con roba radioattiva, potrebbe essere contagioso – concluse Fang in una risata
- Da quando in qua io mi sarei sposato, scusa? Mica mi sono arrivate le partecipazioni – fece Keeran
- Be’dai non crederai che non mi sia accorto, insomma, lo si nota  appena vi si vede che tra te e Lyn c’è qualcosa. Tutte le sere passate ore a parlarvi e oggi in aereo civettava pure. Neppure un cieco… -
- Sarà! Invece tu Danny, non pensi a mettere su famiglia? Con i bambini vai così d’accordo – chiese Ian, in aereo non avevano avuto nemmeno il tempo per sapere come giravano le vite reciproche
- Non penso. E poi con i marmocchi vado d’accordo solo perché abbiamo la stessa età mentale. In realtà ho sette anni –
Lyn arrivò accompagnata da Cindy dalla cucina – Secondo me ne hai quattro, di anni – commentò, andando a sedersi sul tavolo
- Lo so, ne dimostro di meno, ma fidati ho sette anni – giurò, mentre teneva la sedia in precario equilibrio su due gambe. Vi fu un attimo di silenzio, poi Keeran che in quei minuti aveva rimuginato parecchio, si decise, mentre tutti lo stavano osservando di alzò ed andò in salotto. Lì avevano deposto i loro bagagli, prese una valigetta di tessuto nero e la riportò con sé in veranda, quindi dopo averla appoggiata sul tavolo estrasse il suo laptop, un Acer, lo aprì e dopo averlo avviato mostrò a Cindy lo schermo – Hai idea di dove si trovi? Sappiamo che solo che si  trova nella costa meridionale, guarda quella roccia, quella che sembra una fortezza, dovrebbe aiutarti e poi… - fece un paio di click – se aumento la risoluzione ed il contrasto. Vedi? Sembra una grotta o comunque una frattura abbastanza profonda nella falesia –
Lei osservò attentamente l’immagine, inclinò lo schermo, lo guardò in ogni suo particolare, solo allora si pronunciò – Non c’è più…Almeno non quella che tu chiami fortezza. Se è quello che penso io, perché quando l’ho vista io questa parte di costa era erosa e davvero diversa da quest’immagine, senza contare che una decina d’anni fa quello – indicò il castello – è crollato. Però mi pare di riconoscere il posto, non mi ricordo di una grotta, ma… Quanto è vecchio questo disegno? – chiese incrociando le braccia e continuando a scrutarlo
- Dodici – rispose Austin
- Dodici anni? E’ pochissimo – si stupì Cindy
- No, dodici secoli – la corresse lui 
- Ah, allora, sì è possibile – tentennò, Keeran la guardò intensamente in cerca di una risposta – E’ una zona delle Isole Scilly, ad ovest della Cornovaglia, più precisamente sull’isola di Saint Agnes, un luogo pressoché disabitato: ci vivranno meno d’un centinaio di persone, se la memoria non m’inganna. Dopo vi posso dare le coordinate, ma non dovreste sbagliarvi, le isole sono a circa cinquanta chilometri di distanza dalla punta della Cornovaglia – puntualizzò lei e poi soggiunse – Che caso, andremo insieme visto che tanto io devo lavorare in una grotta dell’isola di Saint Martin, poco più a nord ma sempre nelle Scilly -.
Keeran chiuse il portatile e lo ripose nella sua custodia, e dopo aver dato le ultime direttive ad Ian e Fang, tutti andarono a letto; la giornata era stata pesante, la cena di più, e l’indomani avrebbero dovuto fare la levataccia per poter sfruttare al meglio ogni singola ora di luce. 


INFO & CO: Altro capitolo di transizione, mi sto odiando per non poter accorciare il tutto e arrivare al vivo della storia. Grazie a chi legge, a chi passa solo per di qui x sbaglio
Lasciò cadere il telefono sul fondo della grotta, non ce la faceva più a trattenere il fiato, buttò fuori tutta l’aria. Chiuse gli occhi che bruciavano sotto le palpebre per via del freddo. Morirebbe così un uomo qualsiasi  (TO BE CONTINUED)
The White Lady
   
 
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