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Autore: thewhitelady    03/12/2010    1 recensioni
- Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi - Liam Keeran.
- Questo è solo la Genesi, dobbiamoa ncroa passare per il Levitico,l'esodo e il Deuteronomio prima d'arrivare a qualcosa - Eneas Clayton
Storia di una caccia al tesoro che si trasforma tra inseguimenti e una rapina in un museo in pericoloso gioco mortale. Storia di come un uomo scopre di essere ciò ch ha sempre combatutto, e della redenzione di un altro. Storia di due amici. Il tutto girando il mondo tra Inghilterra, europa dell'Est e estremo Oriente.
La mia prima storia, recensite ma soprattutto buon divertimento! :D
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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INFO & CO: mmm mi sembra che il capitolo sia abbastanza denso di avvenimenti, per cui si commenta da solo oppure commentatelo voi xD Spero che la parte d'azione sia piaciuta U_U
ps: mi è venuta l'idea di postare assieme a questo e ai prossimi capitoli anche le immagini di come penso io siano i protagonisti e che ho trovato nel corso del tempo. Se avete dei candidati migliori fate sentire le vostre proposte!
nel prossimo capitolo i nostri si metteranno al lavoro sull'indizio e in più Keeran dovrà affrontare una certa donna...
TO BE CONTINUED 
The White Lady

ps: Liam Keeran è Josh Hartnett

  





No, grandissimo idiota, è una luce vera. Sono sicuro, l’ho vista! – cercò di esclamare Keeran poi soggiunse – Io vado, tu resta qui, non ti muovere. Torno con loro -. Fang lo guardò ancora sorridente – Tranquillo, non mi muovo sto così comodo… -, Keeran stava per immergersi quando l’amico lo bloccò per un braccio
– Se quello non erano loro, non ci vedremo più. Sappi che è stata la migliore vacanza della mia vita. E ora vai che mi sto congelando il culo! -.
Keeran non replicò, mise la testa sott’acqua e cominciò, aiutandosi con le braccia a scendere lungo il foro, sembrava la gola d’un mostro, uno di quelli descritti da Jules Verne. L’acqua gelida ormai non la sentiva più. Per la verità ormai sentiva ben poco, quasi niente, se stesso compreso. Era al limitare di qualsiasi percezione, stava scavando a fondo cercando di trovare ogni residuo di forza, non si era mai sentito così stanco, ma mai avrebbe permesso al suo corpo di fermarsi.
Keeran nuotando pensò al sogno che aveva fatto ed in quel momento rivide la lettera posata sulla scrivania, quella che lui aveva bruciato. Non gli era mai riuscito di credere agli avvenimenti strani, e per lui quello che aveva visto rimaneva sempre e comunque un sogno, uno come qualsiasi altro che avesse mai fatto in vita sua. Non per questo non era in grado di attribuirgli un significato ancora oscuro ma che esisteva, voleva conoscere la vera identità dello sconosciuto tanto più che si era convinto che quella non era la prima volta che vedeva quelle immagini. Voleva capire perché il suo subconscio in una situazione di pericolo come quella avesse deciso che la cosa migliore da fare fosse fargli ricordare di una vecchia lettera.
Lui doveva vivere per poter ritrovare i suoi famigliari ed i suoi amici, ma anche perché era mosso da un sentimento particolare e di cui, come Odisseo, era malato: la curiosità.
Aveva sbagliato, aveva detto lo sconosciuto, ma in che cosa?
Si trascinò a bracciate per tutta la lunghezza della grotta, sperando d’imbattersi in qualcuno e per sua fortuna, questo avvenne. Proprio dove avevano trovato il tappeto, accanto alla parete levigata si trovavano tre sub voltati di spalle. La gioia del vederli diede a Keeran la forza di colmare quegli ultimi metri che lo separavano dalla salvezza, nuotò fino ad arrivare alle spalle di uno dei tre, e se non fosse stato per evidenti motivi tecnici ed una scarsa riserva d’ossigeno avrebbe gridato a squarciagola il nome di quello, Ian. Invece lo afferrò per un braccio, il sub si voltò di scatto ma appena si accorse di chi gli stava di fronte strabuzzò gli occhi; Austin non si perse in troppi convenevoli, gli strappò il respiratore di bocca ed inspirò a pieni polmoni, poi dando solo una fugace occhiata a Cindy ed a Lyn, fece segno di seguirlo. C’era ancora Fang da salvare.
 
 
Prese l’ultimo respiro, poi fu completamente sommerso da un muro d’acqua che premeva e faceva pressione da ogni parte schiacciandolo contro la parete di fondo della grotta. Sentiva solo il proprio cuore ed i polmoni che si spaccavano per poter contenere quanta più aria era loro possibile. Ogni bolla d’anidride carbonica che espirava voleva dire un istante in meno.
Non era un eroe, aveva paura di non poter mai più vedere sua sorella, prese in mano il cellulare malgrado quel movimento superfluo volesse dire sprecare prezioso ossigeno, con il cursore si mosse fino a raggiungere la scheda immagini: ne trovò molte di lei e pensò che, per quanto non l’avesse mai ammesso, lei era bellissima e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla. Le foto erano state scattate tre anni prima a Los Angeles, dove lei studiava ed alcune riuscirono quasi a farlo ridere. A fargli pensare che se lui era nato sfortunato, senza una famiglia, la vita gli aveva dato moltissimo: non ci sarebbe stato un solo minuto della sua esistenza, neppure uno trai più brutti, che avrebbe voluto cancellare. Erano tutti unici. Sua sorella era unica. Keeran era unico come tutte le altre persone che aveva avuto l’onore di conoscere.
Aveva saputo di storie di vite tristi e grigie, ma lui non si poteva lamentare, persino il vivere in un orfanotrofio era stata un’esperienza radicale e che se non avesse mai vissuto probabilmente non sarebbe nemmeno stato Daniel Fang
Ehi, so che hai molto da fare però un attimo per me ce l’avrai, no? Ehi, grazie…insomma, avresti potuto scegliere un posto più pittoresco per la mia dipartita, però grazie.
Ho combinato tanti casini, ma che te lo dico a fare, tanto lo sai già. Tutte le cose che ho compiuto non dico d’averle fatte con la volontà di stare nel giusto, non sono proprio un uomo retto però mi assumo le colpe di tutte le mie decisioni sbagliate, anche di quelle che non so. Però mi dispiace ma non sono in grado di perdonare i miei genitori, non ci riuscirei mai, nemmeno ora: se dicessi che l’ho fatto mentirei e basta. Non sono capace di scusarli per il loro comportamento.
Proteggi Tess, non lasciarla sola. La solitudine per lei l’ho già presa io. Ovunque sia proteggi la donna che mi ha messo al mondo, lei non ha colpe, non sono riuscito a trovargliene neppure io. Non ha colpe.
La luce che ha visto Keeran sono loro, lo so. E forse arriveranno. Se non fosse così dagli una mano, ne ha sempre avuto più bisogno di me: il mio turno è passato, ora tocca a lui. Ti chiedo solo questo, e so di non averti ma chiesto nulla di così grande in una vita intera. Ah, e per  quella faccenda della castità...ok,non ho scusanti, ma le donne dovevi farle proprio così magnifiche?
Ehi, grazie per la mia esistenza. Grazie per la musica, non è stata niente male come invenzione…

Mise sull’ultima foto che il suo cellulare aveva salvato in memoria, era vecchissima ed ogni volta che aveva cambiato telefono l’aveva voluta tenere. C’erano lui che aveva ancora tutti i capelli, sorrise, Tess che era poco più d’una bambina ed Austin che indossava l’uniforme della Marina. Dieci anni erano volati.
Lasciò cadere il telefono sul fondo della grotta, non ce la faceva più a trattenere il fiato, buttò fuori tutta l’aria. Chiuse gli occhi che bruciavano sotto le palpebre per via del freddo. Morirebbe così un uomo qualsiasi
 
 
Il foro che Fang e Keeran avevano praticato nella volta purtroppo si rivelò troppo piccolo per permettere il passaggio delle bombole, esse infatti erano saldate insieme. Ian provò a farle passare in tutti i modi, ma non c’era verso, erano troppo larghe. Keeran gli fece segno di smetterla, ancora una volta ascese attraverso la bocca del mostro e sì ritrovò nella minuscola grotta, con la torcia accesa individuò subito Fang che era ormai incosciente, lo prese e lo trascinò fino al buco per cui lo calò. Quando riuscì a  scendere a sua volta, Fang aveva già infilato in bocca l’erogatore di Ian, non doveva essere svenuto da molto e probabilmente si sarebbe svegliato in fretta. 
Keeran però, come tutti gli altri, sentiva di dover sopperire all’istintivo bisogno d’uscire al più presto da quell’incubo. Per tornare in superficie avrebbero dovuto continuare a scambiarsi gli erogatori d’ossigeno. Fang sarebbe stato portato da Ian e Keeran, che erano in coppia rispettivamente con Cindy e Lyn. Ma proprio quando stavano per passare attraverso l’apertura creata dall’esterno dai sub, Keeran si ricordò di una cosa, lasciò cadere l’erogatore in mano a Lyn e quasi dimentico del freddo terribile tornò nel rifugio, prese lo zaino di Fang, sul fondo trovò qualcos’altro, il cellulare sempre di quest’ultimo. Se lo infilò in tasca.
Poi con un paio di bracciate raggiunse il gruppo che ancora lo stava aspettando, Lyn lo guardò incuriosita e lui le fece segno che le avrebbe spiegato più tardi.
Il primo a passare attraverso l’apertura fu Ian, quello che avevano creato era un passaggio claustrofobico: pur togliendosi le bombole si attraversava strisciando e procedendo a tentoni, in quei punti l’acqua era così buia che nemmeno la torcia riusciva ad illuminare le rocce circostanti si vedeva solo il vago brillio delle bolle d’aria che uscivano dall’erogatore. Per questi passaggi bisognava stare in apnea anche per un minuto e più, tutti sembravano sopportare abbastanza bene soprattutto grazie alla muta semistagna, anche se in acque così fredde avrebbe apprezzato qualcosa anche di più caldo. Chi stava soffrendo davvero quelle temperature così basse era Keeran che non vedeva l’ora d’uscire da lì, pure lui indossava una muta, ma era quella umida utilizzata per andare in kite surf. Fang, seppur ancora privo di sensi, aveva intanto ripreso a respirare normalmente.
Per completare quelle manovre impiegarono più d’un quarto d’ora, infine s’immisero nel corso del fiume sotterraneo che percorreva l’isola di Saint Agnes. Cindy, Lyn ed Ian all’andata erano stati facilitati dal flusso della corrente che li portava verso il mare e quindi in direzione della grotta, ma ora controcorrente, la risalita si prospettava faticosa e abbastanza lunga prima di riuscire ad entrare nel sistema fognario locale.
Lyn di tanto in tanto dava uno sguardo a Keeran, assicurandosi che non cedesse, quando si accorse di questo lui le fece segno sorridendo che era tutto ok. Bugia a fin di bene. Infondo sarebbero presto usciti dal fiume e avrebbe potuto lamentarsi quanto voleva, ma non ora perché sarebbe solo servito a rallentarli, non voleva che Ian iniziasse a nuotare più piano perché lui non facesse sforzo o non rimanesse indietro. Prima fossero usciti da lì e meglio sarebbe stato, perché in tanti anni aveva capito che l’imprevisto è sempre in agguato ed i problemi rischiavano di essere i soli amici in certe situazioni.        
Invece durante tutta la risalita non vi furono intoppi, persino l’aria nelle bombole abbondava nonostante il duplice utilizzo e la temperatura dell’acqua man mano che ascendevano continuava a salire gradualmente anche se di pochi gradi, questo avrebbe evitato loro un pericoloso shock termico. Dopo non troppo tempo l’acqua cominciò anche ad abbassarsi così che dopo dieci minuti poterono anche camminare, Fang nel frattempo si era svegliato e procedeva senza alcun aiuto anche se sia lui che Keeran tremavano ancora vistosamente. Però dopo aver ringraziato gli altri per il loro tempestivo intervento cominciarono persino a scherzare sull’avventura appena passata, Fang diceva che avrebbe fatto meglio alle superiori a trovarsi un amico che per hobby giocasse a bridge e che non facesse pazzie, oppure si chiedeva se il comune dell’isola avrebbe citato loro in giudizio per edilizia abusiva o per aver distrutto parte di un ecosistema unico.
- Per i prossimi mesi le nostre case saranno presidiate da eco-hippy con grandi cartelli, e se ci va bene, forse Al Gore ci farà su pure un documentario – gli rispose Keeran. Raggiunsero la fine della fogna, dove c’era un enorme depuratore che purificava le acque provenienti dall’unico paesino dell’isola. – Dovremmo entrare lì dentro? – domandò Fang, l’aria un po’ schifata, Ian si strinse nelle spalle e replicò – Noi ci siamo già passati -.
- Bella, avete le mute voi! Mi aspettavo un rientro in società un po’ più trionfale… - borbottò sommessamente.
– Di là ci sono gli zaini con un paio di coperte, ma se preferisci rimanere qui -.
Oltrepassarono una porta adiacente al depuratore, effettivamente il posto non era granché ed emanava un lezzo che non era il massimo, però di lì a poco sarebbero stati sul biplano di Ian alla volta dell’hangar. Non si poteva chiedere di meglio.
Lyn prese in mano una carta che stava arrotolata nello zaino – Non capisco perché hanno costruito un sistema fognario così complicato ed articolato per un paio di case. Per fare trecento metri ci abbiamo impiegato mezz’ora -.
- Sei sicura di non tenere la carta al contrario? – le domandò scherzoso Keeran, lei lo guardò falsamente indispettita e ribatté – Insinui che io non abbia un gran senso dell’orientamento? -.
- Come tutte le donne, è un fatto scientifico. Avete una memoria formidabile ma vi perdereste anche in casa vostra – disse prendendole la mappa dalle mani, e dopo averla osservata per bene – A nord -. Lyn si avviò decisa verso destra, ma Keeran quando si fu allontanata un po’ le gridò dietro: – L’altro Nord -. La ragazza tornò sui propri passi, quando gli passò vicino Keeran sogghignò – Jane zero… -, lei lo interruppe con una pacca sul petto – Chita uno. Bravo -. Era sì indispettita però non poté fare a meno di notare come i pettorali di Keeran non fossero peggiorati negli anni, anzi.
Fang prima di cominciare a seguire gli altri due, si accostò ad Ian e gli sussurrò nell’orecchio – L’avevo detto io -.
Per dieci minuti seguirono la galleria di sinistra, poi si trovarono ad un bivio, Austin indicò la destra, per un po’ continuò a punzecchiare e a parlare con Lyn, si divertiva ad infastidirla. Poi però, durante una pausa di silenzio, sentì qualcuno parlare. Erano voci lontane, quasi come se fossero state sussurrate e che però allo stesso modo sembravano avvicinarsi, si sentiva pure lo sciabordare dell’acqua spostata.
Keeran fece segno agli altri d’avvicinarsi e senza perdere tempo esordì mormorando talmente piano che persino il tintinnante gocciolare delle tubature rischiava di coprirne la voce, - Sono loro – disse sempre tendendo l’orecchio, poi proseguì - Ma non c’è problema. Ian, ascoltami bene: torna al bivio che abbiamo passato cinque minuti fa e prendi la destra questa volta, quella galleria non l’ho imboccata solo perché è più lunga, ma dovrebbe esserci un pozzetto per la raccolta dell’acqua piovana e lo sbocco di un tombino. Ecco, tieni questa – gli diede la mappa, quello la prese e stava per formulare una domanda che passò per la mente di tutti quando però Brass lo precedette – Tu dove vai? -.
Keeran sapeva che glielo avrebbe chiesto – Se ci fosse qualche intoppo quelli ci raggiungerebbero subito. E’un rischio che non vogliamo correre giusto? Con questa siamo pari Dan – disse spiccio, prima se ne andavano e meglio era, ma Fang gli strinse il braccio – Non saremo mai pari -, Keeran ricambiò la stretta – Allora forse mi toccherà tornare – detto questo consegnò ad Ian anche la torcia elettrica, lui avrebbe avuto bisogno del buio più assoluto. Guardò gli altri che cominciavano ad allontanarsi, solo Lyn sembrava la più titubante, non aveva ancora mosso un passo. Keeran avrebbe voluto dirle qualcosa per farla muovere, le andò vicino e prendendole la mano le mise nel palmo il tappeto arrotolato – Portalo al sicuro – disse fermamente, la voce vuota. Poi però abbracciandola la baciò sulla fronte e le sussurrò – Vai, sbrigati -. Lei strinse forte il tappeto nella destra – Abbiamo una sfida in corso, Chita. Non dimenticarlo – replicò quasi seria, poi si voltò e ben attenta a non fare troppo rumore raggiunse gli altri a gran velocità.
 
Keeran ora era solo, doveva cancellare il resto dalla mente e concentrarsi. Inspirò ed espirò a fondo, poi uscendo dall’acqua fognaria salì sul profilo di cemento che sporgeva ai margini della galleria.
Come aveva notato durante tutto il tragitto lungo la rete fognaria, circa ogni cinquanta metri di distanza c’era una rientranza in cui erano poste a vista le tubature del gas e dell’acqua che correvano nel sottosuolo. Si nascose in quella specie di nicchia appiattendosi contro il viscido muro di cemento armato, chiunque fosse passato non avrebbe neppure potuto intuire la sua presenza, tanto meno degli inseguitori forsennati. Keeran era certo che uno o due sarebbero passati forzatamente di lì, infatti dalla carta aveva potuto vedere che c’erano tre passaggi, ma che solo uno portava al fiume sotterraneo, cioè il suo.
Dalla caviglia slacciò il coltello che teneva nel fodero, lo prese in mano, era piccolo e maneggevole, la lama non più lunga di dieci centimetri. Keeran non aveva mai creduto alle dicerie popolari e anzi se sapeva di trovarsi in compagnia d’un superstizioso era il primo ad aprire un ombrello al chiuso o a rovesciare il sale. Però quel giorno si ricordò di una cosa: ad un coltello nuovo bisogna sempre far assaggiare il sangue del proprietario, questo in molte popolazioni era ritenuto di buon auspicio. Perciò con la punta della lama si punse il dito facendone uscire appena una goccia, si diceva che così non si sarebbe mai stati feriti dalla propria arma e magari una volta tanto certe superstizioni avrebbero avuto ragione. Keeran si era già fatto una mezza idea sul da farsi, quando sentì distintamente che i passi nell’acqua si facevano chiari, basandosi sull’udito cercava di capire a che distanza si trovassero gli inseguitori, non poteva certo accendere la torcia.
Quaranta metri. Passò il dorso della mano sulla fronte, era bollente, forse aveva la febbre da shock termico.
Venticinque metri. Chiuse gli occhi, poteva vederli, le stesse brutte facce che aveva incontrato all’aeroporto, gli stessi ghigni di chi sa di trovarsi vicino ad una conclusione. A Keeran quegli uomini ricordavano tanto dei segugi da caccia: eccitati dall’odore di una possibile preda, stupidi e fatti solo d’istinto, ma soprattutto disposti a qualunque cosa pur d’accaparrarsi un pezzo di carne. In quel caso però avrebbero guadagnato un bel gruzzoletto, a Keeran sorse spontaneo il chiedersi quanto potesse essere il costo d’un lavoro del genere, quanto valeva una vita umana in quel gioco perverso? Quanto? Forse una casa nuova, un’automobile o magari soltanto una vacanza in qualche paradiso tropicale.  
Dieci metri. Keeran capì che erano soltanto in due e prese una decisione, coperto dal gocciolare delle tubature, strappò via un pezzo della sottomuta e lo avvolse sulla lama del coltello per non ferirsi tenendola in mano. Avrebbe usato il manico d’acciaio per colpire.
Cinque metri. Si accorse che qualcosa non andava: gli inseguitori avevano all’improvviso accelerato il passo che fino ad allora avevano mantenuto costante e stabile. Avevano cambiato andatura, stavano correndo, uno con l’accento francese gridò: - Eccolo -. Keeran non si capacitava di come avessero potuto scorgerlo, ma questo non era importante. Stava già per uscire dalla nicchia a testa alta, pronto ad affrontare faccia a faccia quei due quando quelli oltrepassarono come fulmini la rientranza senza neppure accorgersi dell’uomo che stava uscendo allo scoperto. Non videro Keeran, erano troppo concentrati su una sola cosa. Keeran udì qualcosa di cui prima non aveva fatto caso, così tanto era focalizzata la sua mente sui passi degli inseguitori. C’era un’altra persona che si muoveva con un incedere assai più leggero come se sorvolasse lieve il pelo dell’acqua anziché passarci attraverso.
Keeran riuscì a sentire, più che a vedere, che le persone si erano fermate di colpo. Qualcuno era anche finito nell’acqua facendo salire una corona di spruzzi. Keeran per quanto tentasse di mantenere la propria andatura calma e felpata non ci riusciva, doveva sapere chi era la persona che era stata raggiunta ed agguantata e soprattutto doveva scoprire chi essa non era. Percorrendo il divario che lo separava dai due inseguitori sperò di non vederla, pregò che non fosse lei. Non Lyn. Ma a mano a mano che s’avvicinava le sue speranze si sfaldavano diventando sempre più esili, quando capì che era una donna quasi si augurò, facendosi schifo da solo, che quella ragazza fosse Cindy.
Appena riuscì a vedere entro l’alone di luce proiettato sull’acqua dalla torcia degli inseguitori ogni aspettativa scomparve all’istante: Lyn era tenuta per un braccio da François, pistola alla tempia. Keeran provò ancora quella fitta allo stomaco che in così pochi giorni gli si era ripresentata troppe volte, la collera gli montava alla testa e tutta l’ira per i patimenti provati in quelle ultime tre settimane avrebbero trovato uno sbocco. Però per la sicurezza di Lyn e la sua avrebbe dovuto agire con flemma e sangue freddo.
Cominciò ad avvicinarsi ben attento a non creare nemmeno la più piccola increspatura nell’acqua, era un fantasma. Davanti a sé a meno d’una decina di metri di distanza stava il grosso spagnolo, Juan, alla sua destra stava invece François con Lyn. – Dove sono? – non era un ordine, ma una richiesta che avrebbe potuto anche sembrare fatta in modo garbato da parte del francese, se non fosse stato per la M-5 troppo vicina ad un punto vitale. Lyn che poteva apparire una ragazza quanto meno fragile gli rispose sputandogli in faccia - Vas te faire encule aller vers français force merda -.
Juan rise guardando il compagno, – La ragazza non è una gran mediatrice. Non c’è che dire -. François non stette ad ascoltare, infondo la ragazza non era utile, gli altri li avrebbero trovati lo stesso con o senza di lei. Tirò indietro il cane. – Allora, sappiamo benissimo io e te che tanto qualsiasi cosa tu decida i tuoi amici sono spacciati. Pensa però: a me non me ne frega niente di te, potrei lasciarti stare e li prenderei ugualmente. Qualcosa però devo guadagnarci pure io, non ti pare? – domandò sempre puntando l’arma alla tempia della ragazza, se entro cinque secondi non avesse parlato avrebbe fatto fuoco. Non aveva tempo da sprecare inutilmente e quasi si era pentito di non averla freddata immediatamente.
Keeran intanto si era avvicinato abbastanza, era consapevole d’aver poco tempo però voleva prendere prima François, in modo tale che Lyn potesse subito scappare. Durante tutto quel breve e celere tragitto aveva più volte cambiato posizione al coltello, tenendolo per la lama o per il manico. Morte o vita.
Non aveva ancora deciso quando stava per posizionarsi alle spalle di François, ma in quel momento che precedeva l’imminente agguato la situazione precipitò: Lyn che era l’unica a potersi accorgere di Keeran quando lo riconobbe involontariamente spalancò gli occhi. Anche se lo fece impercettibilmente Juan e François se ne resero conto subito, sapevano che alle loro spalle c’era un ospite indesiderato. Keeran a quel punto non poté far altro che stravolgere i suoi piani e batterli sul tempo, tirò un colpo alla nuca dello spagnolo che era anche il più vicino a lui ed istintivamente si abbassò per poi caricare alle gambe il francese che era riuscito soltanto ad esplodere un paio di colpi mancando completamente il bersaglio.
Keeran finì nell’acqua insieme a François, quel che si andò a creare non era per nulla similare ad un vero e proprio scontro, era un groviglio vorticante di pugni e calci rivolti in una direzione indefinita, annaspavano cercando di prendere una boccata d’aria. L’obbiettivo comune era quello di tenere l’avversario sott’acqua o almeno bloccargli la visuale.
François con la mano libera e non impegnata nella zuffa rovistava il fondo melmoso della fogna, l’M-5 che aveva perduto durante la caduta ora giaceva lì da qualche parte nascosta dal putrido e dallo sporco che infestava il canale.
Keeran intanto mentre si batteva con tutte le sue forze era conscio che queste presto o tardi gli sarebbero venute meno; il suo corpo in dodici ore aveva subito troppe angherie per poter ancora riuscire a rispondere in modo adeguato, in situazione normale, alla pari, avrebbe potuto battere François senza troppe riserve. Ma in quel momento sapeva che se non si fosse sbrigato a risolvere la faccenda questa avrebbe potuto avere un solo risvolto, e neppure troppo piacevole per lui. Sparò le ultime cartucce, tutto quello che i suoi muscoli erano ancora disposti a dare per quella causa, oltre quella soglia neanche la volontà avrebbe potuto fare qualcosa. Il volto del francese era distorto in un orribile ghigno, a metà tra il dolore e la soddisfazione, Keeran colpì lì nella vana speranza di farlo svenire. François sapeva che presto sarebbe riuscito a sopraffare Keeran, soltanto in quei pochi minuti di scontro aveva notato come l’intensità dei colpi a mano a mano si stesse affievolendo.
Infine scoppiò in una risata glaciale che echeggiò a lungo attraverso la galleria.
 
Era più di quanto il francese si potesse aspettare, aveva trovato la pistola, la impugnò e la sollevò facendola riemergere dallo strato viscido che già l’aveva avviluppata.
Lyn quando Keeran aveva aggredito François era stata scaraventata a sua volta nel’acqua, aveva finito per sbattere la testa contro la passatoia di cemento. Solo ora stava iniziando a rinsavire completamente dopo la gran botta ricevuta, lo spettacolo che le si presentò davanti agli occhi quando finalmente li riaprì aveva dello spettrale: la luce della torcia finita sul fondo filtrava attraverso l’acqua torbida e le ragnatele di melma creando strani riflessi verdastri. I due uomini che si scontravano tra mille spruzzi nel bel mezzo del canale non sembravano esseri umani ma demoni venuti fuori da un racconto dell’orrore. Sembravano fiere da circo che combattevano artigli sguainati, Lyn in tutto quel trambusto faceva quasi fatica a distinguere quale dei due fosse Keeran. Però quando si accorse che François aveva recuperato l’M-5 e stava cercando di prendere la mira per sparare, lei non ebbe un istante d’esitazione, corse subito attraverso il canale per bloccare il francese. Individuò la mano armata che si dimenava nel tentativo di riuscire a liberarsi e l’afferrò cercando d’impossessarsi della pistola, la strattonò ma per quanto si sforzasse François non aveva intenzione d’allentare la presa, era un cane rabbioso ed intestardito, qualsiasi cosa non faceva altro che rafforzarlo. Neppure quando Lyn gli morse il polso questi aprì la mano, anzi con le gambe riuscì pure a liberarsi di Keeran che ruzzolò via inciampando nel corpo esanime di Juan e finì lungo disteso sul fondo del canale ormai ridotto allo stremo delle forze.
François sapeva di aver vinto, sentiva che il successo era vicino, avrebbe soltanto dovuto premere il grilletto: prima sulla ragazza che non avrebbe potuto in alcun modo far resistenza e poi su Keeran. Avrebbe così chiuso la pratica. Ma quel che il francese non tenne in conto era il fattore casualità, la fortuna o la sorte come la chiamano alcuni. Il caso fece in modo che quando ricadde all’indietro nell’acqua Keeran si ritrovò tra le mani il suo coltello, istintivamente lo prese e senza neppure guardare, solo sapendo che François era proprio davanti a lui, si buttò a peso morto sull’avversario. Giusto un istante prima che questi facesse fuoco.
Keeran non sapeva nemmeno cosa avesse appena fatto, era come se a muoversi fosse stato un altro. Mollò il manico del coltello e si lasciò scivolare di lato del corpo di François. Uno vivo, l’altro praticamente morto.
Quando finalmente si alzò sulle ginocchia, aiutato da Lyn, Keeran vide il risultato dei secondi precedenti: il coltello si era conficcato alla base del collo, sopra il punto di congiuntura delle clavicole. L’uomo agonizzava e tentava inutilmente di respirare, soffocato dal suo stesso sangue. Keeran si chinò su di lui e con una freddezza che credeva d’aver perso o almeno dimenticato, prima gli chiuse gli occhi e poi lo finì.
Lyn cerea osservò la scena e poi la salma dell’uomo che solo pochi minuti prima la stava tenendo per il braccio, poi guardò Keeran, il suo sguardo assorto. Quell’ombra inquietante e quel qualcosa di freddo che lo avevano attraverso quando si stava lanciando su François erano quasi completamente scomparsi. Per un attimo aveva quasi avuto paura d’avvicinarvisi, quello sguardo non l’aveva mai visto in lui. Era come se per una frazione di secondo quello non fosse stato Liam Keeran, ma uno sconosciuto dall’espressione glaciale. Questo le faceva paura.
 
Keeran e Lyn risalirono velocemente la galleria ritrovandosi presto al bivio. Nessuno dei due aveva proferito parola. Prendendo il canale di sinistra, Keeran si accorse che non c’era bisogno di proseguire fino al pozzetto di raccolta per l’acqua piovana, aveva notato che dentro ad una delle nicchie era posizionata una porta d’emergenza e dietro questa una galleria verticale che per mezzo di una scala a pioli completamente corrotta dalla ruggine portava ad una specie di tombino, o botola, che metteva in comunicazione la fogna con il paesino soprastante.
Quando uscirono furono accecati dalla luce pomeridiana che filtrava tra una casa e l’altra con il tetto a spioventi, si tirarono su sperando di non essere notati dalla gente locale, non più d’un centinaio di anime, che in quel momento sembravano essersi tutte condensate in un sol punto non troppo distante di lì.
Una piccola folla che però proporzionalmente all’isola voleva dire una gran calca, si era radunata in semicerchio intorno ad un paio d’agenti della polizia locale e agli sconosciuti che erano sbucati dal tombino: Ian, Fang e Cindy. Ora in una grande città come New York quella poteva sembrare una scena d’ordinaria pazzia, ma a Chipping Northon, paese in cui il massimo della stranezza consisteva nel fatto che una pecora s’impiantasse in mezzo alla strada. E quello poteva essere l’avvenimento più emozionante che potesse capitare durante tutto l’arco dell’anno, se non dell’intero decennio. Nessuno era disposto a perderselo, tanto meno i tutori della legge che erano ben consci che quella forse sarebbe stata la prima ed unica volta in cui sarebbero stati utili.
Keeran facendosi largo tra la gente raggiunse gli amici ed i due agenti, Fang appena lo vide gli puntò il dito contro e disse a denti stretti – Tu… - ringhiò per poi proseguire gesticolando mostruosamente – Un pozzetto per la raccolta d’acqua piovana, non è così? Secondo te, dove siamo andati a finire? -. Keeran guardò l’amico e trattenne il riso, era conciato da buttar via, e nel caso non fosse riuscito ad indovinare, gli corse in aiuto uno dei due agenti che con strano accento ed annuendo disse – Fossa biologica -.
Per togliersi di torno gli agenti di Chipping Northon accamparono mille scuse, quella che infine fu accettata affermava che erano solo dei semplici speleologi, si salvarono grazie al tesserino che Cindy portava sempre con sé e che le lasciava libero accesso all’intero sottosuolo dell’arcipelago delle Scilly. Infine quando ormai era già passato il crepuscolo ed era tutto buio, decollarono con l’aereo ben decisi a ritornare all’hangar il prima possibile. Tutti erano curiosi di sapere cosa era successo sia dentro la grotta che quando Keeran era rimasto indietro per coprire la loro fuga, però tutti questi quesiti avrebbero trovato una risposta solo in seguito visto che sia Fang che Keeran, dopo aver preso posto sul velivolo, erano stati fatti subito preda d’un sonno profondissimo. Anche quando finalmente atterrarono presso l’hangar nelle vicinanze di Londra nessuno fu disposto a destarli o a farli scendere e per questo per il seguente giorno e mezzo il bimotore fu adibito a dormitorio, ad esclusivo uso e consumo dei due.


   
 
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