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Autore: Amrita    04/12/2010    0 recensioni
"Uno stridio di gomme, un impatto forte, un esplosione, il rumore del fuoco, dolore. Questo fu tutto quello che sentì Dana prima di chiudere gli occhi."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una luce abbagliante accecò gli occhi di Dana che dovette togliere una mano dal volante per pararsi gli occhi. Uno stridio di gomme, un impatto forte,  un esplosione, il rumore del fuoco, dolore. Questo fu tutto quello che sentì Dana prima di chiudere gli occhi. Sentì la sirena dell'ambulanza. Qualcuno urlava. Una lacrima le rigò il viso. Poi, più niente. Si spense tutto. Suoni, odori, dolori. Si spense tutto. Come Dana.

***
Salve, sono Dana. Sì, sono morta. Volevo lasciarvi un ricordo di me, e ho pensato di raccontarvi gli ultimi giorni prima dell'incidente. Non dovete seguirmi per forza, ma se lo farete ne sarò ben felice.
Ero sdraiata sul letto, fissando una macchia d'umidità sul soffitto. Mia madre entrò
-Tesoro, hai finito i compiti?
-Sì.
-Allora avantaggiatene altri.
-Già fatto.
-Tutti quanti?
-Hm-hm.
-Bene, allora potresti aiutarmi a lavare i piatti.
-Li hai tu fatti qualche ora fa.
-Oh, giusto. Che testa. Ti sei riordinata la stanza?
-Vedi tu.
-Sembra tutto a posto. Be potresti... hm... ecco... uh...
Mi tirai a sedere un po' scocciata.
-Mamma la vuoi smettere di cercarmi qualcosa da fare? Non posso starmente più di 5 minuti in pace, senza fare niente?
-Ma amore...
-No, lascia perdere. Non ti sforzare. Vado a correre.
-Va bene.
Finalmente socchiuse la porta e sentii i suoi passi che si allontanavano. Rimasi un paio di minuti seduta. Poi mi feci forza, mi infilai una tuta e presi le mie Nike. Afferrai l'iPod e uscii di casa mentre mi sistemavo le cuffiette nelle orecchie. Uscii e iniziai a correre piano. Dopo un po' iniziai a sudare e i capelli mi si attaccavano in faccia. Presi un laccio e me li legai senza smettere di correre. Realizzai che era stata una cattiva idea quando inciampai nei miei piedi e caddi di faccia in una pozza di fango. Decisamente il mio giorno fortunato. Mi rialzai sputando il fango che mi era entrato in bocca
-Puah, che schifo. Blea.
Mi passai una mano sulla faccia piena di fango. Decisi che era una buona idea ripulirmi almeno un po'. Mi guardai in torno e scorsi una fontanella. La raggiunsi e mi lavai il viso meglio che potevo.
-Maledetto fango- sussurrai.
Qualcuno rise. Mi girai a guardare chi fosse ma non vidi nessuno. Forse l'avevo immaginato. Scrollai le spalle e ripresi a correre un po' più veloce.
Quando mi sentii stanca, feci retrofront e camminai velocemente, per poi rallentare, verso casa. Mancava solo qualche metro da casa, ma sentii le mie ginocchia tremare, poi non sorressero più il mio peso e mi accasciai per terra coscente, ma senza riuscire a muovere un dito. Sentii qualcuno arrivare alle mie spalle e prendermi in braccio. Il suo passo era rilassante e il ritmo del suo respiro mi cullava, così persi coscienza.

  Mi risvegliai sul divano di casa, con Romeo che dormiva arrotolato sul mio stomaco, facendo le fusa. Mi girai e bevvi dal bicchiere appoggiato sul tavolino accanto a me. Sentii la voce di mia madre nella stanza vicino che parlava al telefono. Non avevo voglia di muovermi, perciò rimasi ferma, in attesa di qualcuno che venisse a controllare come stavo.
Poi sentii due voci maschili nel corridoio. Una era la voce di mio padre, l'altra non la conoscevo. Non riuscii a distinguere la loro conversazione con la mamma che parlava così forte.
Dopo un po' ci rinunciai e presi ad accarezzare il gatto. Poi sentii dei passi e la porta di casa aprirsi e richiudersi. Papà si affacciò al salotto e quando vide che ero sveglia entrò.
-Bentornata.
-Chi c'era?
-Avevamo chiamato il medico. Sei svenuta per strada.
-Sì, lo so. Che ha detto il medico?
-Niente, hai solo avuto un calo di zuccheri. Visto che c'ero gli ho detto dello sfogo cutaneo che hai sul braccio e ha detto che è per lo stress. Starai una settimana a casa. Per riposarti.
-Riposarmi. Sarebbe bello, se non fosse per mamma che mi propone di continuo qualche attività da fare.
-La mamma ha promesso che ti darà una tregua.
-Oh, grazie al cielo.
Papà sorrise scrollando le spalle.
Qualcuno bussò alla porta. Papà andò ad aprire e poi entrò nel salotto un ragazzo allampanato con la pelle leggermente abbronzata e i capelli scuri.
-Ciao, come ti senti?
-Eh... Abbastanza bene, grazie.
Guardai papà con aria interrogativa. Non avevo idea di chi fosse quell'individuo che parve capire la mia domanda sotto le righe. Si avvicinò e mi offrì la mano che strinsi
-Sono Ian.
-Io Dana.
Il ragazzo sorrise lievemente e poi lasciò la mia mano.
-Ti ho vista mentre cadevi a terra in strada e ti ho portata a casa.
-Ok, ma... come facevi a sapere qual'è casa mia?
-Ero passato prima e ti ho vista uscire da qui. Se non era casa tua era casa di qualcuno che conoscevi. Sempre meglio di lasciarti li.
-Oh, be', grazie.
-Prego.
Ci fu un attimo di silenzio imbarazzante, interrotto solo dal miagolio dal gatto.
-Be', ero passato solo a vedere come stavi. Ora posso andare, ciao.
-Ciao.
Uscì dalla stanza e io crollai addormentata.

   
 
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