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Autore: thewhitelady    04/12/2010    1 recensioni
- Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi - Liam Keeran.
- Questo è solo la Genesi, dobbiamoa ncroa passare per il Levitico,l'esodo e il Deuteronomio prima d'arrivare a qualcosa - Eneas Clayton
Storia di una caccia al tesoro che si trasforma tra inseguimenti e una rapina in un museo in pericoloso gioco mortale. Storia di come un uomo scopre di essere ciò ch ha sempre combatutto, e della redenzione di un altro. Storia di due amici. Il tutto girando il mondo tra Inghilterra, europa dell'Est e estremo Oriente.
La mia prima storia, recensite ma soprattutto buon divertimento! :D
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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INFO & Co: capitolo di passaggio che delinea i rapporti tra i personaggi. Scoprirete soprattutto qualocosa di nuovo su i cattivi xD ps: Recensite e suggerite agli amici se vi piace GENESIS, grazie
pps: la canzone contenuta è Otherside dei Red Hot Chili Peppers <3 TO BE CONTINUED
The White Lady

DANIEL FANG è CHRIS GARVER (tattooer)

 

Quando Keeran e Fang si svegliarono erano ancora un po’ intontiti però sani, a raccontare a tempo debito tutta l’avventura nei più minuziosi particolari fu il più loquace Fang, non si fece scappare un solo dettaglio e per molte ore la discussione verté sul tappeto rinvenuto nella grotta, la mummia del cinese, ma soprattutto chi fossero veramente i loro inseguitori e quale fosse il motivo per cui cercavano così ostinatamente il tesoro. E proprio per questo il giorno seguente al risveglio di Fang e Keeran, tutti si trasferirono nel più sicuro ed illibato casolare di Cindy, alle porte di Bath.
Keeran in quei giorni era strano e più chiuso del solito, Lyn aveva già fatto partecipi tutti di quel che era successo nella fogna, rimasero un po’ storditi però a favore di quel che aveva fatto Keeran. Era opinion comune che fosse stato un atto di ragionevole autodifesa, se non coraggioso da parte sua; persino Fang che solitamente teneva alla vita di tutti, anche a quella dell’ultimo barbone di Londra, risultò abbastanza cinico e indifferente quando dichiarò che forse era meglio avvisare Clayton per far sparire il cadavere, nell’eventualità in cui non l’avessero già fatto i compari di François.
Tutto tornò alla normalità, ma Keeran sentiva d’essersi accollato un peso nello stomaco che molto difficilmente sarebbe scomparso. Anni addietro si era ripromesso di non decidere per la vita degli altri, però più di una volta al mattino guardandosi riflesso nello specchio si era chiesto cosa fosse a differenziarlo da quei mercenari. Quale fosse la sottile linea che divideva il bene dal male, se lui l’avesse superata e soprattutto chi aveva il diritto di tracciarne i dettami, perché infondo era tutto soggettivo ed estremamente relativo: chi per lui era il cattivo viceversa poteva essere il buono. In quelle ore si sentiva in precario equilibrio su di un crinale che forzatamente doveva attraversare, i pensieri erano torbidi e non c’era frase che potesse dipanarli.
La vicinanza di Lyn un po’ l’aiutava, sentiva che la sua sentenza era quella più importante perché infondo lei in quella galleria c’era stata ed aveva vissuto a fondo quei momenti. Fino ad allora non si era ancora pronunciata, non aveva fatto commento.
Ma un giorno afoso di metà luglio ad una settimana dal fatto, il giudizio arrivò. Cindy ed Ian erano andati a in città a fare la spesa visto che si consumavano provviste alla velocità di una caserma militare, Fang invece come al solito, era intento nell’attività che più d’ogni altra in quel periodo lo aggradava, il dormire mentre da una radio ascoltava la musica. Keeran stava seduto sul terrapieno ricoperto in legno che stava appena al di sotto della casa, da lì si godeva di una vista invidiabile: lo sguardo lambiva soltanto le punte più alte del bosco di conifere che scendeva giù per il dolce pendio della collina e poi l’Avon con le sue serpeggianti anse. In quel punto panoramico ci andava tutti i pomeriggi e vi passava anche ore quasi sempre con il tappeto in mano, in cerca di una risposta che fino ad ora tardava ad arrivare. L’aveva osservato in mille modi, però non era ancora riuscito ad individuare quale fosse il nuovo indizio, sapeva che più ci pensava e più questo gli sarebbe sfuggito però non era in grado d’accantonare il pensiero neppure per cinque minuti. Quel pezzo di stoffa era costato loro un dazio troppo alto per poterlo lasciar muffire in una busta di plastica.    
Era lì ad arrovellarsi quando da dietro giunse Lyn che gli si sedette accanto, e che dopo aver fatto una smorfia disse – Dio mio, è un miracolo che non ti sia ancora venuto il colpo della strega. Questo è uno strumento di tortura! -. Keeran continuò a fissare l’orizzonte.
– Sai quando sono tornata indietro sapevo che ti eri nascosto da qualche parte in attesa di tendere loro un agguato. Eppure quando mi hanno presa, per un attimo ho creduto che te ne saresti rimasto lì senza far nulla – continuò in tono serio ed un po’ colpevole.
- Beh, se la pensi così allora non mi conosci bene – replicò Keeran che si stava torcendo le mani tenendo lo sguardo basso, non voleva fissarla negli occhi. Lyn rimase un po’ ferita da quelle parole, voleva soltanto esser sincera, però proseguì – Affatto. Io credo di conoscere un Liam che nemmeno Fang ha idea che esista. Solo… -. Keeran sapeva che cosa la ragazza stava pensando, ci stava un po’ girando in tondo però ci sarebbe arrivata, lui però voleva la verità e subito.
– Solo cosa? Non pensavi che fossi in grado d’uccidere? Allora la prossima volta lascerò che uno squilibrato t’ammazzi, va bene così?! – non avrebbe voluto reagire con tale rabbia nella voce, si rendeva conto che non era colpa di lei, però era come ogni cosa che toccasse venisse rovinata dalla sua presenza e per questo era costernato. Aveva stravolto la vita di Cindy ed Ian, e per quanto Fang potesse dire era sempre lui a mettere in pericolo entrambi. E ora Lyn.
- No, boh, non lo so. Io so solo che il Keeran che mi ha salvata… Tu non sei così – mormorò confusamente, avrebbe voluto tanto dire qualcosa di comprensibile però non vi riusciva – Almeno non lo era il Liam che ho conosciuto io a Barcellona -.

Non credo proprio che tu sappia chi è Liam Keeran

Keeran era stufo di fare una conversazione in cui non poteva rispondere e non capiva neppure cosa volesse Lyn, perciò si alzò – A volte le persone cambiano. Non fidarti di nessuno, non fidarti di me perché non ci sono promesse che possa mantenere – tagliò corto tornando verso la casa, odiava le sue stesse parole però in quel momento era l’esatta verità, poi però si voltò verso Lyn – Credo che la ragione per cui ho ucciso quell’uomo sia più che valida che abbia mai avuto e lo rifarei mille volte. Questo però non vuol dire che non ne subirò le conseguenze, il suo nome ce l’avrò sempre impresso nella pelle – sospirò poi soggiunse abbastanza serenamente – Ti do un consiglio da amico: dovresti tornare a casa al più presto. Qui le cose si stanno troppo complicando -.
Tornò in casa, le frasi che aveva appena detto avevano un certo peso, erano contrastanti tra loro come però d’altronde erano in quel momento i suoi pensieri. Si sentiva come intrappolato tra due fuochi: non capiva cosa volessero gli altri, ma soprattutto non capiva cosa volesse lui. In quei giorni stava arrivando ad un livello di tale confusione da non riconoscere neppure se stesso o i suoi pensieri, si sentiva cadere in un baratro senza ritorno, lentamente stava impazzendo. C’erano momenti in cui avrebbe voluto prendere il primo volo per l’Antartide e scomparire per sempre, ma poi si rendeva conto che c’era qualcosa di cui non si sarebbe mai potuto liberare: se stesso e la sua coscienza.
Tutto era solo un continuo flashback di quello che era capitato negli anni precedenti, niente mai cambiava. Lui non cambiava, non riusciva mai a scindere una parte di sé dall’altra.
Uscì di casa, trovò Fang che dormiva su di una amaca, la radio che emetteva musica per nessuno, si fermò un secondo ad ascoltarla, solo per sapere cosa avesse da dire stavolta.
 
How long how long will I slide
Separate my side I don’t
I don’t believe it’s bad
Slit my throat
It’s all I ever

I heard your voice through a photograph
I thought it up it brought up the past
Once you know you can never go back
I’ve got to take it on the otherside

 
Pour my life into a paper cup
The ashtray’s full and I’m spillin’ my guts
She wants to know am I still a slut
I’ve got to take it on the otherside

Scarlet starlet and she’s in my bed
A candidate for my soul mate bled
Push the trigger and pull the thread
I’ve got to take it on the otherside
Take it on the otherside

Spense la radio
Il giorno seguente non cambiò nulla, Keeran era sempre seduto sul terrapieno con in mano il tappeto, i conflitti interiori ormai erano diventati soliti compagni in quella sua solitudine pomeridiana. Dopo una settimana stava quasi diventando un rito; nella notte aveva risolto infine che non c’era soluzione al suo problema: era soltanto un nevrotico cronico, un caso clinico per cui qualsiasi strizzacervelli avrebbe fatto carte false.
Però fino al momento in cui il suo cervello sezionato non sarebbe stato esposto in qualche teca della facoltà di psichiatria, aveva ben pensato d’utilizzarlo nel migliore dei modi: risolvere enigma custodito tra la trama e l’ordito di quel tappeto. Aveva pensato a tante cose possibilità: il disegno come fonte di qualche indizio, qualche cosa che fosse nascosto tra i fili di cotone, in sintesi aveva scandagliato le più disparate idee.
In pieno luglio faceva un caldo torrido, l’afa era pressoché insopportabile e solamente quello scostante venticello che attraverso le fronde delle conifere a singhiozzo passava, riusciva a donare un poco di ristoro. Austin però proprio quel giorno aveva ideato una bravata per cui sarebbe stato linciato da qualsiasi archeologo o amante dell’arte: posandoselo in faccia, usava il tappeto come parasole. Ed effettivamente traeva anche qualche beneficio.
Si stava proprio per assopire in questa posizione quando però un rumore destò la sua attenzione, aprì gli occhi e subito dimenticò lo strano sibilo che aveva udito: per quanto si trovasse in una posizione sfavorevole ed i suoi occhi non riuscissero bene a mettere a fuoco quel che vedeva, capì immediatamente che c’era qualcosa che non andava. Sollevò il tappeto in controluce e quasi non poté credere a quel che vide: attraverso la sottile stoffa in alcune zone passava la luce, mentre in altri no. Il risultato erano tanti punti che anche se distanziati tra loro, formavano delle lettere. Aveva trovato l’indizio, per avere la conferma che le sue non era traveggole da insolazione gli bastò un ululato. –Fang! -.
Di lì a poco, probabilmente condotto lì più per una forza soprannaturale che non per un reale senso del dovere, apparve un assonnato Fang – Ti è stato fatto dono di due propaggini articolate più comunemente chiamate gambe. Ti prego usale la prossima volta! – esclamò indispettito, poi soggiunse sospirando – Che c’è? -. Keeran spiegò davanti ai suoi occhi il tappeto, - Vedi tutti quei puntini e le lettere che formano? -.
Fang con una punta di finta eccitazione nella voce esordì – Sì, sì certo!...No l’ho perso. Cosa dovrei vedere? –
- Sei maligno – ribatté Keeran
- Mai quanto te. Comunque, sì mi pare di vederlo: magna corona. Traduci prego -, Fang proseguì sbadigliando, era un altro indovinello, quindi ai suoi occhi qualcosa estremamente noioso per cui avrebbero speso quasi sicuramente ancora un sacco di tempo; perciò era inutile cominciare ad incuriosirsi, perciò decise di tornare ad adempire il suo scopo primario: dormire.
- Grande corona. Dài non può essere così difficile! – esclamò Keeran cercando di fargli cambiare idea e fargli fare retromarcia. Tutto inutile ormai l’altro aveva girato l’angolo della casa e non gli dava più retta.
Keeran iniziò a pensare da solo e presto si rese conto d’esser giunto ad una conclusione fin scontata.
La corona rappresenta un sovrano, questo è sicuro… Siamo in Europa alla fine del XI secolo, quindi di regnante davvero importante c’era soltanto qualcuno…
- Carlo Magno -. Gridò Fang che a quanto pareva persino dalla sua amaca era arrivato alla stessa soluzione di Keeran, l’Imperatore del Sacro Romano Impero era l’unica possibilità e quasi sicuramente quella giusta.
- Lo sapevo già – urlò di rimando Keeran. Intanto si alzò, doveva riporre al più presto il tappeto in un ambiente fresco
- Te la tiri troppo – ribatté Fang, la voce che si avvicinava sempre più.
- Fancazzista – replicò Keeran a sua volta, lui e Brass si stavano addentrando in una delle solite conversazioni-insulto che erano consueti a fare di tanto in tanto.
- Neurotico petulante –
- Ho una notizia da darti: stai perdendo i capelli! -, Keeran stava rientrando in casa, quando s’imbatté in Fang che arrivava dall’altra parte del giardino, quello proseguì – E tu il senso dell’umorismo. Cos’è peggio dei due? –
- Prima d’arrivare al darci della checca irlandese e dell’orfano, ci fermiamo? Oppure vuoi parlare di politica? –
- Una birra? – propose di rimando Fang come avvezza offerta di pace. Keeran assentì col capo ed aprì la porta finestra che dava sul salotto dell’abitazione. – Tornando al discorso di prima: tu che hai votato? – domandò ironicamente l’amico.
- Democratico. Tu? – chiese Keeran di rimando, tanto però sapeva già la risposta. Fang gli porse la Guinnes gelata che aveva appena estratto dal frigo – Loro non mi pagano i miei diritti sui brevetti; io non ho mai pagato le tasse in vita mia, a votare mi sentirei un’ipocrita. Non sono molto patriottico, per la verità non sento di appartenere ad alcuna nazionalità. Anzi, sai che ti dico? In questi giorni mi sento molto svizzero, almeno loro qualcosa di buono lo fanno: il cioccolato – ammise con molta noncuranza e sincerità, quella stessa sincerità che tante volte l’aveva messo nei guai. Keeran però lo invidiava: a Fang non importava cosa pensassero gli altri di lui, preferiva pagare le conseguenze piuttosto che stare zitto; forse non aveva ancora ben capito come girava il mondo però certamente non aveva peli sulla lingua. Era uno spirito libero che non accettava imposizioni e Keeran pensava che di questo ne dovesse andare fiero.
Anche lui reduce d’una categoria che ormai stava scomparendo.
 
La pioggia cadeva fitta formando una cortina fuligginosa sopra le case ingrigite della periferia londinese. Le strade erano deserte, fatta eccezione per un’anonima auto blu, una scassatissima Ford del ’91, trazione posteriore, motore a benzina V4 in origine 190 cv di cilindrata, ora… decisamente meno. La macchina frenò bruscamente davanti ad un capannone contrassegnato dal numero nove, lasciando i segni degli pneumatici sull’asfalto.
La portiera posteriore s’aprì, una scarpa laccata entrò nella pozzanghera facendone straboccare l’acqua, che per un istante aveva riflesso l’immagine confusa di un uomo dai capelli fulvi. – E’ questo, Bill – disse una voce proveniente dall’interno dell’abitacolo, l’interessato assentì con un grugnito sordo ed un impercettibile cenno della testa.
Si diresse verso l’entrata, un’enorme portellone di ferro dipinto di verde, tutto scrostato, lo spinse facendo appena un po’ di fatica per rompere la ruggine che impestava i binari di scorrimento. Erano anni che nessuno violava quella soglia.
Bill sentiva rimbombare il rumore  dei propri passi nel capannone, però tendeva l’orecchio nel tentativo di avvertire qualsivoglia altro suono. Era un riflesso incondizionato ormai, sapeva riconoscere tutto e con precisione senza neanche accorgersene, come un segugio sapeva distinguere i passi dei suoi familiari, dandogli persino un nome; mentre di uno sconosciuto avrebbe saputo dire se uomo o donna, vecchio oppure giovane.
Sembrava però che a parte a lui non ci fosse nessuno. Fece ancora qualche passo, il volto appena accarezzato dall’aria pungente che filtrava dai vetri rotti delle finestre, tra cui erano sospese ghirlande di ragnatele che ad ogni spostamento di corrente danzavano ondeggianti. Bill però teneva lo sguardo periferico ben attento a scorgere il minimo movimento. Ma niente.
Proseguì per quella sua solitaria passeggiata, le mani in tasca a stringere la pistola. Giunse in punto in cui il capannone stava crollando, blocchi di cemento, tubi arrugginiti e cavi elettrici si trovavano un po’ ovunque a formare statue grottescamente assemblate.
Bill diede un calcio ad una latta di vernice, questa rotolò sferragliando sul pavimento fino a girare dietro il cumulo di macerie. L’uomo sbuffò spazientito e si voltò per tornare sui suoi passi quando udì ancora il tintinnio metallico del barattolo che rotolava, si girò e questo si fermò a poca distanza da lui. – Mr. MacFarlane, sono felice di poterla finalmente vedere di persona – disse una voce cupa e gracchiante, Bill si sporse per vedere chi parlasse - Stia fermo lì, grazie – si pronunciò, più rigido l’altro.
- Ed io sarei ancora più contento di vedere lei. Solitamente avviene così, con chi mi paga… - ribatté seccato all’uomo nascosto
- Non so con chi lavora di solito, ma queste sono le mie regole, e lei le rispetterà. In quanto come ha precisato, sono io che la pago –
Bill spostò il peso da una gamba all’altra, non gli piaceva essere comandato in quel modo, ma doveva trattenersi
- Va bene, allora procediamo… -
- All’aeroporto ha fallito, alle Scilly nessun risultato; non è riuscito a recuperare le pergamene, come mai Mr. MacFarlane? – chiese leggermente infastidito, il committente – Mi aveva detto che ce l’avrebbe fatta, ma lasciamo correre. Infondo nessuno è perfetto – sibilò con voce falsamente accondiscendente, rigirando il coltello nella piaga
- Certamente – rispose lo scozzese a denti stretti
- Ma ora sappiamo chi ci troviamo ad affrontare – prese dei fogli dalla valigetta che aveva con sé – I miei uomini hanno fatto delle ricerche: Liam Keeran jr. – esordì leggendo il primo fascicolo, ma subito fu interrotto
- Figlio di Liam Sean Keeran, per caso? – domandò all’improvviso l’uomo misterioso, il tono che tradiva una certa curiosità
- Sì, le interessa? -. L’altro non rispose, Bill era sempre più infastidito dal comportamento di quell’individuo così strano, comunque proseguì nel suo discorso, tralasciando quella parentesi - Lavora per il GST da circa sei anni, conosce? –
- Sì, è una delle marionette di Clayton – disprezzò l’uomo senza nome
- Veramente è uno dei suoi uomini di fiducia, un tutto fare, da missioni di recupero per gli USA, a ricerche di ogni tipo. L’ho visto combattere e pesta giù duro, non ha tecnica però assieme al suo amico ha messo a KO alcuni dei miei uomini migliori… – cambiò fascicolo, lo aprì e, con suo gran disappunto dovette allontanarlo un poco per poter metter meglio a fuoco le parole, l’età cominciava a tradirlo e la sua vista da falco pure – Poi abbiamo Daniel Isaac Fang, doppia cittadinanza: americana e svizzera; anche lui lavora al GST, da sette anni, come ingegnere meccanico, si legge… Però Clayton ogni tanto gli fa fare delle gite fuori porta, aiuta Keeran in alcune missioni. Per il resto passa il tempo in laboratorio. E’ un buon tiratore, tiro al piattello… -
- Chiacchiere, soltanto chiacchiere Mr. MacFarlane. Io la pago per i fatti! Nient’altro, voglio che lei agisca. Elimini il problema. Mi sono spiegato? – ordinò glaciale l’altro
MacFarlane aveva capito, quello non era il suo stile, e quel tizio aveva la dote innata di irritarlo, ma era il capo. Pagava e pure profumatamente.
- Ho già in mente un piano per rintracciarli dopo che ci sono sfuggiti, hanno chiamato un loro amico, un informatico, per raggiungerli. Piazzeremo una cimice nel cellulare e nel computer. Avremo una sorta di Grande Fratello. Ok? –
Nessuno rispose, lo scozzese girò intorno alle macerie, per cercare anche solo di scorgere il suo misterioso interlocutore. Ma da dove prima proveniva l’oscura voce, ora non c’era niente. O meglio un auto-parlante e più in alto una telecamera. Bill sbuffò stanco – Perfetto, adesso mi prendono per una Charlie’s Angeles -. Traduzione Otherside (Red Hot Chili Peppers)
Quanto tempo, quanto tempo trascorrerò
Separato dalla mia parte, io non
Io non credo sia male
Taglia la mia gola è tutto ciò che ho

Ho sentito la tua voce attraverso una foto
L'avevo trovata, ha riportato il passato
Quando sai che non puoi mai tornare indietro
Devo portarla da un'altra parte

Riverso la mia vita in un bicchiere di carta
Il portacenere è pieno e sto raccontando le mie cose intime
Lei vuole sapere se è ancora una sgualdrina
La devo portare da un'altra parte

Una stellina scarlatta e lei è nel mio letto
Una candidata per la mia anima gemella ha sanguinato
Premi il grilletto e tira il filo
Devo portarla da un'altra parte

 
   
 
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