Commento al cap:
Ciriciao a tt miei adorati lettori!!! Mi scuso
profondamente per il gigantesco e super vergognoso ritardo di qst cap della
fic, ma sto lett impazzendo a causa della scuola e di tt il resto, perciò
cercate di comprendermi.
Ringrazio tt qll che
commentano dall’inizio della fic che ho int di
chiamare uno ad uno: KillKenny, Mewrobby, -Cric-, Elychan, Narsyl, Kiky85,
lilù, Rubin89, Lila-chan, Kagomechan91,Lorimhar che è l’ultimo arrivato e a lui
dedico uno spazio speciale perché si è letto tt la mia storia in 2 giorni: Sei
proprio un volenteroso, nemmeno io penso di averlo mai fatto!!! E poi ringrazio
tt quelli che leggono la mia fic, mi date veramente la voglia di andare
avanti!!!
Alla mia adorata
Fre-chan mando un bacio mega galattico, perché è più di un anno che mi sopporta
e che mi ha aiutato a superare momenti difficili!!! TI
VOGLIO TROPPO BENE AMORE MIO!!!
Infine devo dire una
cosa a Laurie: stammi a sentire, se la mia fic non ti
piace fammi il favore di non commentarla anche perché nessuno ti ha costretto a
leggerla e poi prima di dirmi ciò che hai scritto e che non intendo riportare
dovresti leggere tt i 28 cap. che ho postato e non dopo aver letto il primo
elargire sentenza. Cmq ribadisco, se la fic non ti
piace non posso farci niente e mi devo scusare ufficialmente per tt la melassa,
cm l’hai definita tu, che ho messo nel 1° cap.
Perciò chiedo scusa
anche ai miei adorati lettori, mi dispiace se ho rischiato
di farvi venire il diabete.
Acchan
Cap. 29 La forza
dell’odio
Camminavano da due settimane senza sosta e ormai sui volti
di tutti era comparsa l’ombra della stanchezza.
Persino Sesshoumaru sembrava sull’orlo di un crollo, sia
nervoso che fisico, e in gran parte la cosa era dovuta
al fatto che aveva viaggiato per tutto il tempo con Shaorin sulle spalle.
Lui si era rifiutato di lasciarla procedere a piedi come
gli altri e non le aveva nemmeno permesso di salire su
Kirara, nonostante le proteste da parte di lei e le sue suppliche.
Infatti, benché cercasse di nasconderlo e fosse passato molto tempo dal giorno in cui le avevano
incrinato le costole, il dolore continuava a manifestarsi sottoforma di forti e
dolorose fitte all’addome, rallentando i suoi movimenti e rendendoli molto meno
agili.
Lo youkai se ne era accorto e,
sebbene non lo avrebbe mai ammesso nemmeno davanti ai Kami, quando viaggiavano
faceva molta più attenzione ai propri spostamenti ed evitava accuratamente
frenate brusche o improvvisi cambi di direzione.
Quel suo comportamento stupiva persino il demone stesso;
non si sarebbe mai comportato così per nessun motivo al mondo e ora invece gli
sembrava che il modo in cui si prendeva cura di lei, perché era esattamente ciò
che stava facendo, lo facesse sentire bene, come mai
lo era stato in tutta la sua vita.
Shaorin aveva anche questo potere su di lui?
Il semplice averla accanto e modificare per una
minima parte il proprio modo di essere bastavano per fargli percepire un
contatto così diretto ed intenso con lei?
Un altro da aggiungere alla lista.
Sango era accasciata sul collo della
demone gatto e Miroku appoggiato sulla sua schiena; dormivano entrambi
profondamente nonostante fossero le undici passate del mattino.
Anche Shao era addormentata e il suo
viso era appoggiato alla schiena del demone; i suoi respiri gli scaldavano la
pelle lattea e perfetta e a volte la ragazza sussurrava nel sonno, invocando il
suo nome.
A quel punto lui rallentava l’andatura (durante i primi giorni
accelerava, ma viste le condizioni in cui si trovava preferiva non consumare
inutilmente energie che avrebbero potuto rivelarsi preziose)
e una volta abbastanza lontano dal resto del gruppo, cominciava a
parlarle.
Di solito le rivolgeva solo un paio di frasi, ma sempre
più spesso si ritrovava a confessare tutti i sentimenti, le sensazioni ed i
pensieri che gli passavano per la mente.
Sapeva che probabilmente non sentiva neanche una parola di
quello che le diceva, ma una parte di lui lo spronava
a continuare, evidenziando il fatto che quando parlava con lei gli sembrava di
disfarsi di un peso.
E ancora più spesso si ritrovava a
sussurrarle dei dolcissimi “Ti amo”, ma quando questo accadeva Sesshoumaru si
assicurava che Shaorin stesse effettivamente dormendo.
Inuyasha camminava in testa alla fila, come sempre del
resto, ed era quello più provato di tutti.
Non dormiva, a stento mangiava e il suo viso dorato dal
sole era profondamente segnato dalla fatica.
Profonde occhiaie scure gli cerchiavano gli occhi dorati,
spesso sembrava quasi che le sue gambe andassero avanti da sole, spinte da una volontà propria e che il resto del corpo fosse
in uno stato di coma.
Però non voleva fermarsi, non
l’avrebbe fatto per nulla al mondo.
Ancora non riusciva a credere che Kikyo avesse rapito
Kagome e che molto probabilmente l’avesse consegnata a Naraku.
Se fosse stato veramente così e se per caso quell’essere avesse osato anche solo torcerle un capello,
non si sarebbe fatto scrupoli ad uccidere anche la sacerdotessa.
Non l’aveva mai amata, di questo ne
era certo.
Quando lui si allontanava dal villaggio
e non vedeva la miko per periodi che spesso si trasformavano in mesi, non
sentiva mai la sua mancanza, mentre se Kagome sfuggiva alla sua vista anche
solo per qualche secondo, era come se gli avessero sottratto una parte di se,
come se ai suoi polmoni mancasse improvvisamente l’aria.
Perché Kagome era la sua aria, perché
Kagome era la sua vita.
Lanciò un’occhiata fugace a Miroku e Sango: erano
abbracciati, anche nel sonno si tenevano abbracciati.
Si amavano da morire, era chiaro come il sole e ora che
erano finalmente riusciti a dichiararsi non si lasciavano mai, nemmeno per un
attimo.
I suoi occhi si spostarono per un attimo sul fratello e lo
vide dare un lieve bacio sulla guancia di Shao, che dormiva profondamente
appoggiata alla sua schiena.
Pur sapendo che se si fosse azzardato
a dirglielo Sesshoumaru lo avrebbe disintegrato all’istante, quei due
sembravano proprio fatti l’uno per l’altra e se mai suo fratello si sarebbe
legato seriamente a qualcuno sperava che fosse lei.
Non che lui avesse mai chiesto
una sua opinione, era una cosa praticamente impossibile, ma sperava che fosse
Shaorin.
Anche se non sapeva come, quella
ragazza era riuscita a cambiarlo.
Rin si mosse leggermente sulla sua schiena.
-Inu-chan, dove siamo?
Mormorò stropicciandosi gli occhi.
-Dormi, non preoccuparti… ti sveglio
quando siamo arrivati…
La bambina sorrise sulle labbra screpolate dal forte vento
che da qualche giorno soffiava prepotentemente nel territorio pianeggiante che
stavano attraversando, dopodiché si accoccolò fra le spalle
di lui richiudendo i profondi occhi neri.
Koga gli correva accanto, non meno provato degli altri ed
i compagni che gli erano rimasti dopo la strage compiuta da Kagura tempo prima,
Ginta e Akkaku, li
seguivano poco distanti.
Ora che si erano chiariti e che il demone lupo aveva accettato il fatto che lui era seriamente innamorato della
ragazza, i due andavano più o meno d’accordo.
Camminarono ancora per molti chilometri, ormai si era
fatto buio e grandi nuvoloni neri
avevano affollato il cielo, rendendo quasi impossibile la vista.
La lunga pianura era ormai giunta al termine e alberi alti
e dai tronchi possenti cominciavano a fare parte del paesaggio, infittendosi
man mano che procedevano all’interno di quello che
ormai si stava trasformando in un bosco.
Improvvisamente un lampo squarciò il cielo carico di nuvoloni, irrompendo nel silenzio di stanchezza che
avvolgeva il gruppo e svegliando i ragazzi che dormivano.
Shippo lanciò un grido e si strinse al petto di Sango,
nascondendo il visetto infantile fra i seni della ragazza, che lo abbracciò
teneramente.
-Stai calmo, è stato solo un lampo.
Dopo pochi secondi un forte tuono percorse l’aria,
stridendo nelle orecchie di Inuyasha e in quelle di
Sesshoumaru, costringendoli a tapparsi le orecchie per non rimanerne assordati.
Purtroppo però, le braccia di Sesshoumaru erano i sostegni
su cui Shao si reggeva e una volta venuti meno, la
ragazza cadde a terra, non facendo in tempo ad aggrapparsi al suo collo a causa
dello stato di coma in cui si trovava nonostante il boato.
-Ahi…
Gemette, portandosi le mani all’addome e lasciandosi
crollare sull’erba rinsecchita dal caldo.
Sesshoumaru si voltò di scatto verso di lei e le si accucciò accanto, fissandola ansioso.
-Shao…
La chiamò in modo stranamente gentile.
-Sto bene, non preoccuparti.
Sorrisero entrambi, mentre una lieve pioggerellina
cominciava a scendere dal cielo plumbeo.
La ragazza rimase immobile, lasciando che le gocce d’acqua
le cadessero sul viso, bagnandole la pelle ed i capelli.
-Inuyasha, non possiamo proseguire con questo tempo…
Disse Miroku, cingendo il ventre di Sango con le braccia e
appoggiandola al proprio petto; la tajiya sorrise e si abbandonò contro il corpo di lui.
-Anche se riuscissimo a continuare il viaggio, né tu né
Sesshoumaru né Koga sareste più in grado di percepire
l’odore di Naraku.
Sebbene con riluttanza, l’hanyou assentì
col capo.
-Hai ragione, dovremmo fermarci
qui sino a che non smetterà di piovere…
Così dicendo indicò ai compagni un tempio palesemente
abbandonato.
L’acquazzone non accennava a placarsi,
anzi, più il tempo passava più la densità della pioggia sembrava
aumentare.
Shao era completamente zuppa; adorava la pioggia e aveva
voluto a tutti i costi rimanere un po’ sotto l’acqua.
Così, quando Sesshoumaru era finalmente riuscito a
trascinarla sotto la tettoia di pietra (caricandosela in spalla
nonostante le sue proteste), aveva i vestiti interamente fradici.
Si accoccolò ancora di più contro il petto dello youkai e
appoggiò il capo bagnato sotto quello di lui,
inondandogli le narici con il suo dolcissimo profumo di latte.
La stretta intorno alle sue spalle si fece più intensa e
si ritrovò circondata dalla morbida coda bianca del demone, che le sorrise e la
guardò con gli occhi ambrati pieni di dolcezza.
Lei ricambiò, ma prima di poter dire qualcosa del tipo
“Sei gentile”, emise uno starnuto, inzuppandogli il viso.
-Grazie.
Disse laconico.
Shaorin si portò le mani alla bocca, ma non appena cercò
di scusarsi un secondo starnuto le uscì dal naso.
-Hai preso il raffreddore.
Le regalò un’occhiata piena di tenerezza e la avvolse
completamente con la sua coda, immergendola all’interno di quella nuvola di
calore.
-Testa dura.
Così dicendo diede un lieve pugno sulla sua testa; Shao
gli fece la linguaccia.
-Do… dono dolo raffreddada… ETCIù!!!
La ragazza si lasciò cadere addosso al demone e mugolò con
voce nasale; Sesshoumaru rise lievemente e
l’abbracciò con affetto.
-Tu starmi a sentire mai, vero?
Chiese con ironia, accarezzandole la pelle liscia e fresca
per la pioggia, delineando i muscoli sodi e finemente
disegnati dagli anni trascorsi agli allenamenti per i campionati di pattinaggio
con le dita artigliate.
Shao sorrise appena chiudendo gli occhi blu.
Il demone le baciò la fronte, controllando che non si
stesse ammalando e un lieve sorriso gli curvò appena le labbra rosate: stava
bene, almeno per il momento.
La guardò preoccupato: cosa avrebbe fatto se per caso si
fosse di nuovo trasformata in quell’orribile creatura? La prima volta e la
seconda era svenuta e grazie a quello si era calmata, ma se questa volta non
fosse bastato?
Come poteva essere possibile che una ragazza tanto
meravigliosa nascondesse dentro di se un potere così terribile.
Shao si mosse leggermente, stringendosi più forte a lui.
-Shao?
La chiamò piano, avvicinando il proprio viso a quello
della ragazza.
-Mmmh?
Mugolò lei, senza aprire le palpebre.
-Sei sicura di stare bene?
La ragazza si scostò lievemente dal corpo del demone e gli
rivolse uno sguardo confuso, annebbiando gli occhi color del mare.
-Si, perché ti preoccupi tanto?
Sesshoumaru distolse lo sguardo, posandolo sul panorama al
di fuori della tettoia: pioveva ancora a dirotto.
-No… niente…
Shaorin storse il naso.
-Sicuro?
-Ma si…
Le sorrise, dopodiché le baciò
dolcemente le labbra, spedendole piccole e piacevolissime scariche elettriche
in tutto il corpo.
Inuyasha era seduto con la schiena appoggiata ad una
colonna, avvolta in gran parte da grossi rampicanti.
I suoi meravigliosi occhi color ambra erano
come sempre persi nel vuoto, come alla ricerca di qualcosa ed era molto facile
capire cosa cercassero con tanta assiduità: Kagome.
Nella testa dell’hanyou si ammassavano ricordi, parole,
gesti, litigi, riappacificazioni e tutto si mescolava
rapidamente, formando un intricato puzzle all’interno del quale ogni tassello
rappresentava un pezzo della sua vita, un frammento della vita trascorsa
assieme a lei.
Lei… tutto per lei… ogni gesto,
ogni respiro, ogni risata, ogni lacrima… ogni cosa solo per lei.
Lei che aveva saputo capirlo, lei che aveva guardato oltre
il suo essere a metà fra umano e demone, lei che lo aveva accettato per quello
che era, lei che era tutto ciò di cui aveva bisogno…
… lei, che ora se ne era andata…
Si, se ne era andata.
Era vero che Kikyo aveva rapito sia lei che
Shaorin e, a quanto aveva riferito la ragazza, la sacerdotessa e Naraku si
erano alleati, ma restava comunque il fatto che Kagome se ne era andata a causa
sua, per colpa del suo stupido carattere che gli aveva impedito di mettere le
cose in chiaro una volta per tutte.
Durante la notte vedeva il suo viso, con le lacrime che
scendevano copiose lungo le guance, quella sofferenza che macchiava i suoi
occhi, tanto belli quanto vasti, e poi quelle parole pronunciate con il dolore…
Come aveva potuto lasciarla andare via?
Non solo non le aveva mai detto
di amarla, ma quando Kikyo lo aveva baciato lui non aveva fatto nulla per
impedirlo.
E ora lei se ne era andata…
rapita, ma la sua intenzione era quella di andarsene, glielo aveva detto…
Una fortissima fitta gli pervase il cuore, facendogli
mancare un respiro.
-Tutto bene Inuyasha?
Miroku gli posò una mano sulla spalla e lo guardò
impensierito; era da quando Kagome-sama
se ne era andata che lui si comportava in quel modo e se non fossero riusciti a
riportarla indietro molto probabilmente sarebbe morto, o per il fatto di non
mangiare o per disperazione.
L’hanyou sorrise al ragazzo che ormai considerava
come un amico, scuotendo appena il capo argentato.
-Si, non preoccuparti.
Il monaco assentì col capo, ma si poteva vedere lontano un
miglio che Inuyasha stava tutt’altro che bene.
Però più che provare a parlargli cosa
poteva fare?
Erano circa le due del mattino quando
un’enorme esplosione li fece svegliare di soprassalto.
La sterminatrice ordinò a Kirara di rimanere accanto a
Shippo e Rin e di uccidere chiunque avesse cercato di
avvicinarsi; la neko-youkai annuì con la grossa
testa.
Uscirono di corsa fuori dal
tempio, cercando di scorgere qualcosa attraverso il fitto muro di pioggia che
rendeva impossibile vedere qualsiasi cosa a più di due metri di distanza.
Era tutto tranquillo, o almeno così sembrava.
L’unico rumore udibile era quello della pioggia che si
abbatteva contro di loro e sulle piante, emettendo deboli mormorii.
Si guardarono attorno, affinando l’udito nel tentativo di
percepire qualcosa di insolito, un sibilo estraneo ai
suoni della natura.
Niente.
Forse anche l’esplosione e quel boato erano stati frutto della loro immaginazione; però era abbastanza
strano che sei persone avessero avuto lo stesso incubo nel medesimo istante.
Shaorin lasciò la mano di Sesshoumaru e si allontanò di
qualche passo da lui, fissando un punto fisso fra le gocce d’acqua.
-Shao! Dove vai?
La chiamò allarmato lo youkai.
-C’è qualcosa che…
Non fece in tempo a finire la frase che un gigantesco
globo di energia la investì in pieno stomaco,
scaraventandola contro un albero.
-SHAO!
Gridò Sango, gettandosi accanto all’amica.
Una risata echeggiò fra le rovine e dopo qualche attimo le
sagome di Kamui e Kotori comparvero dal buio, avvolte nelle grandi ali nere,
subito seguiti da Kagura, Kohaku e Naraku e da un’orda di demoni che si era
portato appresso molto probabilmente con l’intento di usarli come scudo.
-Bene bene, vedo che siamo giunti alla resa dei conti.
Disse malignamente quest’ultimo, fissando divertito il
viso contratto dall’ira di Inuyasha.
I sei ragazzi osservarono l’aspetto dei loro nemici:
mentre la domatrice del vento e il fratellino di Sango erano sempre gli stessi,
i due fratelli erano cambiati e la loro potenza era aumentata, e non di poco.
Anche Naraku era diverso: sembrava più
forte, come se ora fosse un demone completo.
Kotori gli si avvicinò, spiegando le lunghe ali da diavolo
e ridendo di gusto; si passò una mano dai lunghi artigli laccati di viola fra i
lunghi capelli ricci e girò gli occhi perlacei dalla pupila
color zaffiro verso il mezzo demone.
-Noi due abbiamo un conto in sospeso, cagnolino.
Sibilò sorridendo, mostrando così le lunghe zanne.
-Vieni a prendermi allora! Sempre se tu
riesca a starmi dietro.
Mentì spudoratamente; era stanco, distrutto, quelle poche
ore di riposo non erano servite a ridargli la forza che aveva perso durante
quei lunghi giorni di corsa ininterrotta.
Saettò velocemente lo sguardo fra i presenti, in cerca di
Kagome; niente… che Naraku l’avesse lasciata nel suo covo?
Lo spirito fece per lanciarsi contro il proprio
avversario, sguainando la lunga falce dalla lama nera a forma di spicchio di
luna, quando il fratello le posò una mano pallida sulla spalla.
-Mi raccomando, non fargli troppo male…
per lui ci sono altri progetti…
Lanciò un’occhiata a Naraku e alla presenza che rimaneva
accuratamente nascosta dietro di lui avvolta in un lungo mantello viola.
Kotori montò il broncio, ma non discusse.
-Se è proprio necessario…
Mugolò storcendo il naso,
dopodiché si voltò
di nuovo verso Inuyasha, questa volta con l’intenzione di attaccare.
Si sollevò di qualche centimetro da terra, puntando la
propria arma nella direzione dell’hanyou.
-Giochiamo cagnolino.
Lui le rivolse uno sguardo colmo di collera, mentre
sfoderava Tessaiga e si preparava a rispondere a quelli che era certo sarebbero stati gli attacchi più potenti che avesse mai
dovuto fronteggiare.
Intanto Koga aveva già cominciato a combattere contro
Kagura, con tutta l’intenzione di farla finalmente fuori, mentre Sango si faceva strada insieme a Miroku fra l’orda di demoni che
Naraku aveva portato con se, cercando di aprire un varco che li conducesse a
lui.
Ma sembrava che più ne uccidevano,
più quelli si moltiplicavano.
Sesshoumaru brandiva la tokijin, parando gli assalti da
parte di Kamui e tenendosi a debita distanza dalla portata di quelle dannante
fruste; già una volta si era lasciato giocare da quel maledetto spettro e la
cosa non si sarebbe ripetuta una seconda volta.
Prima di ogni cosa, però, doveva
assicurarsi che quei due non si avvicinassero a Shaorin.
Non poteva rischiare un’altra trasformazione, era già
abbastanza pericoloso così, senza doversi preoccupare della salvezza della
donna che amava.
-Non darti pena, demone.
Disse freddo lo spirito, tentando un’altra
volta di afferrarlo con le proprie corde, fallendo.
-Cosa?
Chiese esterrefatto; come faceva a sapere … che idiota!
Lui e la sorella leggevano nel pensiero! Come aveva potuto dimenticarlo?!?
-Sua altezza ritornerà, molto presto… e allora ti assicuro che la tua piccola umana non avrà più ragione di
esistere!
Preso dalla rabbia, lo youkai si gettò contro lo spirito,
ringhiando e stringendo a tal punto l’elsa della propria spada da far diventare
bianche le nocche.
-Se tu oserai toccarla, io ti
strapperò le ali e ti costringerò ad ingoiarle per intero!
Kamui rise, dopodiché fece roteare le fruste sopra il capo
color ebano e le legò attorno al collo di lui.
-Dannazione.
Sango abbatté l’ennesimo youkai con il proprio Hiraikotsu, controllando con la coda dell’occhio che Miroku
non provasse ad aprire il Kazana.
Se avesse anche solo osato pensarci,
lei lo avrebbe fatto svenire e legato ad un albero, di modo da tenerlo buono
sino a che non fosse tutto finito.
Lo amava troppo per lasciarlo morire.
Improvvisamente qualcosa sfrecciò velocissimo accanto al
suo viso, provocandole un piccolo taglio.
-Ma che cosa…
Si voltò di scatto verso il punto da cui era sicura provenisse quel colpo e si trovò davanti al fratello.
Si sentì morire; quegli occhi vuoti, quel
volto inespressivo…
-Kohaku…
Gemette mordendosi il labbro inferiore.
Il ragazzino non disse nulla, limitandosi a scagliare
contro la tajiya la propria arma una seconda volta.
Lei la schivò abilmente, saltando dalla parte opposta.
-SANGO!
Miroku le corse accanto,
guardandola con ansia attraverso gli occhi color nocciola.
-Tutto bene?
-Si… ora vai da Naraku, non possiamo permetterci di farlo
scappare di nuovo… ma se ti azzardi ad usare il foro
del vento ti ucciderò io prima del veleno di quei maledetti insettacci!
Disse in un soffio, senza distogliere lo sguardo dalle
iridi fredde del ragazzino a pochi metri da loro.
-NON CI PENSO NEMMENO A LASCIARTI SOLA!
Protestò lui energicamente, Sango scosse il capo castano.
-Ti prego… è una cosa che devo risolvere da sola…
Il monaco scosse energicamente il capo,
stringendole le mani fra le sue con gli occhi pieni di preoccupazione.
-Non potrei mai la…
Improvvisamente la voce gli morì in gola, sovrastata da un
grido strozzato di dolore e sentì le ultime forze che gli erano rimaste
abbandonarlo completamente, mentre la sua bocca veniva
invasa dal sapore salato del sangue.
Uno spruzzo scarlatto seguì quel lamento, fuoriuscendo
dalle labbra di lui sottoforma di colpo di tosse e
macchiando così il viso della giovane sterminatrice, che sbarrò gli occhi color
nocciola.
-No…
Gemette mentre Miroku cadeva fra le sue braccia,
con le iridi blu vuote e semichiuse.
-NO!!!
Ripeté disperata, stringendo forte il corpo dell’houshi ed
invocando il suo nome fra le lacrime.
Alzò lo sguardo verso il fratello e lo vide
mentre riafferrava la sua arma sporca di sangue, del sangue dell’uomo
che amava.
Adagiò dolcemente a terra il corpo del ragazzo e sguainò
la lunga katana che portava legata al fianco destro,
fissando con rancore e dolore immensi Kohaku.
Sapeva cosa doveva fare… lo aveva sempre saputo… e sapeva anche che non c’era nessun altro modo.
Shaorin aprì lievemente gli occhi blu mare, guardandosi
attorno.
Aveva un grosso mal di testa…
doveva aver
sbattuto da qualche parte.
Non fece in tempo ad alzarsi che Koga le volò accanto,
colpito alle gambe dalle lame di vento di Kagura.
-KOGA!
Gridò terrorizzata lei, gattonando sull’erba impregnata
d’acqua e di fango verso il giovane lupo, che si stringeva le mani intorno alle
gambe.
-Cosa ti è successo?
Chiese lei, aiutandolo a sedersi.
-Maledizione… non ho fatto in tempo a spostarmi…
Shao seguì il suo sguardo e vide le profonde ferite che
gli attacchi di Kagura gli avevano provocato sul braccio destro e sulle gambe.
-Chi ti ha ridotto così?!?
Urlò la ragazza, strappandosi parte della stoffa dei
calzoni e cercando di fermare il sangue che fuoriusciva copioso dai lunghi
tagli.
-Non… non serve…
Sussurrò stancamente lui, prendendo i polsi della giovane
con le mani e stringendoli, sporcandole la pelle con macchie scarlatte.
-Ma che vai dicendo? Se non fermo
subito il sangue potresti anche morire!!!
Disse con foga, scuotendo nervosamente il capo d’oro
fradicio a causa del temporale.
-Calmati, Shaorin, CALMATI!
La ragazza lo fissò smarrita e confusa con gli occhi pieni
di lacrime, mordendosi il labbro inferiore e singhiozzando.
Koga sorrise stancamente e le accarezzò la testa,
sporcandole anche i capelli con il proprio sangue.
-Sono uno youkai,non saranno
certo due ferite a farmi fuori. Ora però devi promettermi che andrai da
Sesshoumaru e che qualunque cosa succeda tu non ti avvicinerai a quei due
spettri.
-Mai io…
-PROMETTIMELO!
Dapprima Shao non seppe cosa rispondere, dopodiché iniziò
ad annuire con un cenno del capo.
-Va bene. Ma tu devi giurarmi che
non ti farai ammazzare!
-D’accordo, mi hai conv…
Una lama di vento comparve dal nulla e colpì lo youkai in
pieno petto, facendolo cadere a terra privo di sensi.
-KOGA!!!
Urlò sconvolta, guardandosi attorno con gli occhi pieni di
grosse lacrime di disperazione.
Una risata divertita echeggiò fra le gocce di pioggia,
-Ora non fai più tanto il gradasso, vero lupastro?
Kagura comparve dalla nuvola di polvere sollevata dal suo
ventaglio, con un sorriso soddisfatto sulle labbra e tre schegge della Shikon no Tama stretta nel pugno.
Quando però vide la ragazza il ghigno
si spense, lasciando il posto ad un’espressione impaurita.
-Tu?
Chiese indietreggiando.
-Così ci rincontriamo. Deve essere proprio il destino…
Shao si alzò in piedi, seppur un po’ a fatica, ed estrasse
la lunga e fine sciabola dal fodero nero.
-Ora finalmente mi libererò di te…
Ringhiò.
Sango cadde a terra, una smorfia di forte dolore sul viso
sporco di fango e di acqua che cadeva incessantemente
dal cielo, mischiandosi alle lacrime che le rigavano copiosamente le guance.
La katana volò via dalle sue
mani e si conficcò nel terreno a pochi passi dal ragazzino.
“Perché devo combattere contro di
te, Kohaku? Io ti voglio bene…”
La sua testa urlava, il suo cuore
piangeva e i suoi muscoli gemevano di dolore ad ogni movimento brusco.
Era stanca, troppo stanca.
Il ragazzino le lanciò contro la lunga arma, ferendola
alla spalla sinistra e macchiandole i vestiti di sangue.
-Ah…
Gemette, portandosi una mano al taglio.
Kohaku avanzò verso di lei, i passi che strascicavano sul
terreno fradicio di pioggia, le mani strette attorno all’impugnatura.
Gli occhi color nocciola del ragazzino fissavano
vuoti le immagini sfocate dal temporale, lasciando intravedere il nulla che si
celava nel suo animo ormai morto da tempo.
Alzò la punta di falce e si preparò a dare
il colpo di grazia alla sua avversaria, guardandola, senza provare
alcuna emozione davanti a quelle lacrime e a quella sofferenza.
La sterminatrice alzò lo sguardo, colmo di dolore, sino ad
incontrare quello dell’adorato fratellino.
A fatica si alzò in piedi, trascinando i piedi nel fango e dirigendosi verso di lui con un sorriso
dolce sulle labbra sporche di sangue.
-Kohaku…
Mormorò, mentre le gocce d’acqua le inondavano il capo,
infradiciandole i capelli e portandosi via le lacrime.
Il ragazzino fermò i suoi passi, fissando con stupore
quella ragazza che si stava avvicinando a lui.
Avrebbe dovuto ucciderla… questi erano gli ordini di Naraku… ma non ne aveva il coraggio e non riusciva a capire
perché.
Improvvisamente sentì le braccia di Sango cingergli il
collo e, prima che potesse fare qualsiasi cosa, si ritrovò stretto al suo petto.
L’arma gli cadde di mano, finendo in una pozzanghera sotto
i suoi piedi, gli occhi color nocciola si riempirono di caldi lacrimoni e
all’improvviso una serie di immagini cominciarono a
scorrere nella sua mente.
Vide se stesso, vide quella ragazza, Sango era il suo
nome, vide i suoi genitori… e ancora vide se stesso, all’interno di un grosso
cortile, vide i cadaveri dei propri compagni, gli
occhi distrutti di sua sorella, poi il buio…
Quelli erano i suoi ricordi… i ricordi
che aveva voluto dimenticare…
-Sorella…
Singhiozzò ricambiando la stretta.
-Kohaku!
Esclamò lei.
-Perdonami sorella! Io ti ho fatto del
male, te ne ho fatto tanto!
La tajiya scosse il capo.
-Non ha importanza. Ora sono qui con te e non ti lascerò
mai più solo.
Kohaku sorrise, affondando il
volto nel petto della sorella maggiore e lasciandosi andare ad un pianto
silenzioso.
La sterminatrice lo guardò con il dolore dipinto in volto;
doveva liberarlo, ormai non c’erano più soluzioni.
Se avesse lasciato il frammento della sfera nel suo corpo,
a Naraku sarebbe bastato schioccare le dita per farlo ritornare una marionetta
priva di volontà e di emozioni.
Allungò una mano verso l’elsa della propria spada e la
sollevò dall’erba, dopodiché la conficcò nella schiena del ragazzino.
-Perdonami Kohaku… ti prego…
Sussurrò, posandogli un bacio in fronte.
Lui sorrise, chiudendo gli occhi ora finalmente lucidi.
-Grazie… sorella…
Il frammento della Shikon no Tama
cadde a terra, intriso di sangue, portandosi via la vita fittizia che gli era
stata data con il solo scopo di provocargli altro dolore.
Il peso del suo corpo si abbandonò a quello della
sterminatrice, che lo strinse ancora più forte a se.
Si lasciò cadere in ginocchio, in mezzo al fango e al
sangue che colava dalle sue ferite e da quella che aveva ridato la libertà al
suo adorato fratellino.
I singhiozzi aumentarono, mozzandole il respiro
mentre cullava Kohaku fra le braccia, in una stretta fraterna piena
d’amore.
-Ora sei libero piccolo mio… finalmente
libero…
Gemette fra i singhiozzi.
-Signorina Sango.
Il vecchio Myoga saltò sulla spalla della tajiya.
-Il signor Miroku…
Lei parve risvegliarsi da un incubo e voltò subito il viso
verso il corpo esanime del monaco.
Adagiò a terra quello del ragazzino e si trascinò a fatica
verso di lui, insozzando la propria armatura con il fango.
Una volta arrivata dall’houshi, si appoggiò al suo petto e
chiuse gli occhi, ormai priva di ogni forza sia
mentale che fisica.
-Amore mio… sono con te…
Disse in un soffio, prima di svenire.
Kotori afferrò Inuyasha per la gola e lo sbatté contro un
albero, compiacendosi dell’espressione di sofferenza che l’hanyou aveva sul
volto.
Tessaiga volò a pochi metri da lui, ritornando una vecchia
e arrugginita katana.
Gli occhi perlacei lo scrutavano con aria superba, come
commiserandolo e questo ad Inuyasha dava particolarmente sui nervi.
Provò a liberarsi, ma era stanco, enormemente stanco.
In più quella maledetta era diventata ancora più forte ed
ora, non solo schivava i suoi attacchi, ma riusciva contemporaneamente ad
evitare Tessaiga e a ferirlo con quella dannata falce nera.
-Allora, cagnolino, come ci si sente ad essere in
trappola?
Sibilò lei, avvicinando il capo a quello di lui.
Il mezzo demone si ritrasse, voltandosi; l’odore di sangue
e zolfo che si portava addosso era talmente forte da dargli la nausea.
-Che c’è? Il gatto ti ha forse
mangiato la lingua?
Rise divertita.
Le lunghe zanne brillarono sotto il bagliore accecante di
un fulmine, che squarciò il cielo illuminando tutto il paesaggio circostante e
facendo risplendere la pioggia che continuava a cadere senza sosta dal cielo.
Vide Naraku che lo guardava divertito e una gigantesca
rabbia gli si accese dentro il cuore, aggiungendosi al rancore verso se stesso.
Cercò ancora una volta di allontanare da se Kotori,
sferrandole un calcio all’addome.
Lo spettro si piegò in due e le ali si abbassarono, ma un
secondo dopo erano nuovamente spiegate nell’aria come
lame taglienti, mentre quelle iridi bianche ritornarono a fissare il volto
dell’hanyou colme di rabbia.
-Ora morirai…
Soffiò furente, alzando la falce per squarciargli il
ventre.
-Aspetta Kotori.
Naraku venne avanti e solo in quel momento Inuyasha si
accorse della presenza che lo seguiva.
-Qui c’è una persona che desidera la sua morte molto più di te…
Lo spirito ghignò, lasciando la presa intorno al collo del
mezzo demone, che cadde rovinosamente nel fango.
Alzò gli occhi ambrati e vide quella figura venire verso di lui, avvolta in un lungo mantello color porpora che
delineava le sue dolci forme, avvolgendoli e stringendoli, attaccandosi ad essi
a causa della pioggia.
-Finalmente avrò la mia vendetta…
Una violenta raffica di vento si scagliò contro di loro,
facendo volare a terra la lunga stoffa.
Il mezzo demone sbarrò gli occhi, che si riempirono di
lacrime.
Gli occhi color ametista di lei lo fissarono
con quell’odio che mai le aveva visto in volto e una fitta al cuore, come una
pugnalata alle spalle, lo raggiunse.
-Kagome…
Gemette con voce strozzata.