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Autore: thewhitelady    06/12/2010    1 recensioni
- Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi - Liam Keeran.
- Questo è solo la Genesi, dobbiamoa ncroa passare per il Levitico,l'esodo e il Deuteronomio prima d'arrivare a qualcosa - Eneas Clayton
Storia di una caccia al tesoro che si trasforma tra inseguimenti e una rapina in un museo in pericoloso gioco mortale. Storia di come un uomo scopre di essere ciò ch ha sempre combatutto, e della redenzione di un altro. Storia di due amici. Il tutto girando il mondo tra Inghilterra, europa dell'Est e estremo Oriente.
La mia prima storia, recensite ma soprattutto buon divertimento! :D
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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INFO & CO:
Ho diviso questa parte di storia in due capitoli, il prossimo lo posterò a breve, per questione di spazio e perché voglio sono bastarda e voglio lasciarvi il finale in sospeso xD
L’ultimo capitolo “Aretha” l’ho postato x sbaglio due volte, provvederò a sistemare la cosa. Vorrei dire un grazie in particolare a Prue786 dato che ha messo Genesis nelle storie da ricordare e perché come me è una fan di Clive Cussler :D
TO BE CONTINUED
The White Lady

Ps: Adam Okens è Justin Bartha
 
 
Era notte fonda, la città immersa in un buio denso come il catrame, l’aria era pesante da respirare, tanto che persino i vetri dei lampioni erano appannati, tutt’intorno gli insetti attirati dalla luce che emanavano e che non avrebbero mai raggiunto. Keeran si sentiva così, uno stupido insetto alla ricerca di qualcosa d’inarrivabile.
L’auto sfrecciava per le strasse del Innere Stadt, erano circa le tre, l’ora in cui la parte bene di Vienna dorme.
Parcheggiarono vicino alla piazza del Duomo di S.Stefano, ad una certa distanza dal palazzo imperiale, di cui però si poteva già scorgere l’immensa cupola verde acqua.
Giunsero all’Hofburg e stettero ancora un attimo ad ammirarne la maestosità, Keeran si voltò un attimo verso l’amico e gli chiese con un filo di voce – Secondo te perché facciamo queste cose? Insomma abbiamo entrambi un buon lavoro che ci da già le sue preoccupazioni. Allora perché? -. Fang non si girò e sospirò – Te lo dico quando lo saprò con certezza. Cioè quando andrò in pensione –
Erano pronti, a parte delle grosse sacche nere erano vestiti normalmente, in modo tale da non dare nell’occhio se qualcuno li avesse visti; i soliti turisti ubriachi dopo una notte di bagordi.
I cancelli erano blandamente sorvegliati, solo un paio di telecamere fisse agli angoli. Gli austriaci erano sicuri del loro apparato d’allarme. Iniziarono la scalata, le cancellate erano alte svariatiti metri, però fu abbastanza semplice trovare un angolo cieco nella video-sorveglianza.
Poco dopo si trovarono di nuovo nel Cortile degli Svizzeri pronti a smantellare le porte. Si misero guanti e tute speciali contro gli agenti chimici, per poi tirare fuori un contenitore da cui usciva una sorta di fumo a volute bianche, con la stessa consistenza della nebbia.
- Attento! Questa roba è pericolosa! – esclamò imprecando Keeran
- Amico, non insegnare ai gatti ad arrampicarsi! – fece spazientito Fang, che posò il secchio a terra con molta disinvoltura. Poi guardò la porta con aria di sfida, riprese il secchio e con minuziosa attenzione lo versò nella scalanatura formata dalle due ante d’acciaio. Si distolse ad ammirare la sua opera, i blindi sfrigolavano sotto l’azione dell’agente chimico, l’acciaio amorfo si scioglieva come burro al suo passaggio. In circa due minuti e mezzo la lega forse più resistente al mondo era stata messa KO.
- Ah, le meraviglie dell’acido solforico fumante. Credo che tutti ne dovrebbero tenere un secchio in cantina, insieme al vino. E tu che ti preoccupavi! -  esordì un raggiante Fang  dopo aver assistito alla disfatta della prima porta blindata. Toccava alla seconda.
- Aspetta… Prima bisogna disattivare l’allarme – disse Keeran mentre trafficava con due auricolari, uno per sé e un per Fang – Adam mi senti? Ci sei? Noi siamo pronti per il primo allarme -. Nessun rumore, poi delle scariche elettrostatiche. La ricetrasmittente gracchiò ancora per qualche istante
- Ok, ci sono. Tutto pronto, allora… Dan per la prima dovrai agire tu manualmente, poi entro io nella rete dell’allarme e lo sistemo. Non è difficile, togli la copertura che c’è a muro sulla tua destra -. Fang si voltò, c’era un pannello e lo svitò. Sotto si trovava un reticolo di fili intersecati, dalle mille tinte dei verdi e dei blu, Fang era pronto con le tronchesine – Vedi il filo blu elettrico? Sulla sinistra, è leggermente più piccolo degli altri. Ecco – Fang si accinse a tagliarlo –Non osare toccarlo, è quello collegato alla polizia! -. Tirò indietro la mano come fosse appena stato fulminato e fece un sospiro di sollievo – Dirlo prima no, eh! – ringhiò ad Adam.
- Ora senza toccare quel dannato cavetto, taglia nello stesso istante quello verde oliva e quello petrolio. Fai attenzione, devono essere tranciati nello stesso istante, così intanto potrò disattivare l’allarme. Fatti aiutare da Liam –; ma intanto dall’altro capo i problemi erano ben altri, i colori erano troppo simili tra loro.
- Quello è verde militare, non oliva! – esclamò Keeran, in quell’intreccio non si capiva un bel niente
- Giusto, allora è questo il cavetto che cerchiamo… ma dov’è l’altro? – sembravano due elefanti in una cristalleria, i fili avevano un diametro di pochi millimetri, ed erano attorcigliati fino a formare una grossa treccia
- Com’è il verde petrolio? Insomma, questi idioti non avevano nient’altro da fare se non incasinare la povera gente? Mai una volta che ci sia solo un cavo blu e uno rosso! – ribatté Fang sempre più nervoso. Più tempo passavano lì e maggiori erano le possibilità che li scoprissero
- E’ simile al verde acqua, solo più… color petrolio – borbottò Keeran, poi gli venne l’idea
- Adam passami Lyn – e poi soggiunse a Fang – Lei lo saprà di certo! Una volta mi fatto stare in giro un pomeriggio intero per trovare un tappetino da bagno della giusta tonalità! M’ero fatto… -  la ricetrasmittente gracchiò – Che c’è –
- Com’è il verde petrolio? Svelta – si spicciò Keeran
- Come la polo che ti ho regalato a Natale, quella che ho dovuto cambiare – stava ancora finendo la frase, ma
-  Mia salvatrice, ti adoro -. Fine delle trasmissioni.
Poco dopo facendo molta attenzione a non toccare il cavetto blu elettrico, trovarono quello verde acqua. Unirono i due fili. – Al mio tre li tagliamo. Uno…Due...Tre! – li tranciarono di netto, poi silenzio, rimasero immobili quasi ad aspettare di sentir le sirene della polizia in lontananza.
Mancava una solo porta e ancora un allarme a separarli dalla corona. Una scarica elettrostatica penetrò gli auricolari, era Adam – Questa volta l’acido versatelo sul cardine in basso a sinistra -. Non c’era bisogno di dirlo, sapevano cosa fare. Fang prese un altro secchio bianco, da cui però non usciva fumo, era acido fluoridrico il miglior solvente per il titanio. Lo versò sul mastodontico cardine facendo ancor più attenzione di prima, se anche un solo pezzetto della porta fosse caduto sul pavimento l’allarme a pressione sarebbe potuto anche scattare.
Quando finalmente si formò un’apertura abbastanza grande erano già passate le tre, era quasi un’ora che erano lì. Keeran estrasse dalla sacca uno strano oggetto, a metà tra una pistola ed una balestra e si sdraiò sul pavimento a pancia in giù per veder attraverso quel pertugio. Riusciva appena a scorgere il suo obbiettivo, era l’ultimo allarme, si voltò verso l’amico che disse – E’ impossibile, è troppo angolato e la visibilità scarsa –
- Tu dici che ce la faccio sì o no? –
- Diciamo che se ce la fai, ti do cento dollari – rispose Fang – Ci sto, tanto vinco io! – Keeran sì allontanò, senza neanche sentire quel che mormorò l’altro – Speriamo… -
Poi parlò all’auricolare – Adam stai pronto -. Si Sdraiò di nuovo, l’acre odore dell’acido che penetrava nelle narici, prese la mira basandosi sull’unico punto di riferimento: una lucina verde che lampeggiava ad intermittenza. Le mani sudavano, dovette stringere più volte la presa, poi premette il grilletto. Dalla canna partì una punta uncinata che fendé l’aria in una frazione di secondo fino a conficcarsi nel muro, al lato dell’allarme. Missione compiuta.
- Miscredente, vieni qui un po’ a vedere!– esclamò Keeran, Fang si avvicinò e commentò con aria saccente: - Ho visto di meglio, ma mi accontento  -. In realtà era un centro perfetto.
Da quella specie di dardo partiva un cavo d’acciaio che per mezzo di una carrucola trasportava un decodificatore, che aveva dato loro Adam, fino all’allarme.
Dall’auricolare – Perfetto è collegato, datemi tra i tre e i quattro minuti -.
Trai tre ed i quattro minuti dopo…
Sbam!L’ultima porta blindata si era aperta, lasciarono fuori tutta l’attrezzatura ed entrarono ma qualcosa non andava, si sentì sussurrare da Adam – Oh, oh. Siamo nella merda –
Keeran lo chiamò più volte – Che c’è?! – vi fu una pausa di silenzio – Mi sono accorto… C’era anche un rilevatore di temperatura ed almeno che non sappiate tele-trasportarvi, avete venti secondi per scappare prima che arrivino a farvi visite tanti bei omini in divisa. Non posso più fare niente… – rispose con voce colpevole e cominciò ad inveire contro se stesso. Fang invece non si demoralizzò, corse fuori a rovistare nei borsoni che avevano portato, tornò con una bomboletta d’azoto liquido, l’aprì sull’allarme, che in poco ghiacciò. – Adam, ho refrigerato i circuiti con l’azoto liquido, non può mandare contatti alla stazione di polizia. Tra mezz’ora inizierà a scongelarsi. Ti deve bastare per disattivare l’allarme – lo informò – Capita a tutti d sbagliare, tranquillo. Però ho perso almeno cinque anni di vita, vedi di non farmi altri scherzi del genere –
- Sì certo, mi metto subito al lavoro -.
Fang s’alzò stirandosi la schiena e bofonchiò – Pivelli… -  poi con noncuranza afferrò una piantina dalla reception – Dalla nona alla dodicesima stanza: tesori del Sacro Romano Impero. Direi di saltare il giro turistico -. Dovettero salire più e più rampe di scale per arrivare alla stanza della corona, la numero 10.
Le lampadine nella teca erano spente ma la corona era ben distinguibile anche nei particolari più insignificanti, sembrava  come risplendere di una luce propria, una luce interna che irradiava da ogni singola pietra. Al chiarore della torcia, la struttura aurea era intarsiata da pietre preziose e perle, un archetto congiungeva la croce che era posta davanti al retro, in quello spazio c’era una scritta fatta da magnifiche perle di fiume, come tante piccole lacrime di fata. – REX MAX…non riesco a capire che c’è scritto, luce maledetta – mormorò Keeran quasi dimentico del loro scopo originario, subiva la magia e il fascino magnetico di quel gioiello, lo scrutava con occhi incantati quasi avidi di quello splendore celestiale. Stando vicino all’oggetto poteva percepire il peso della storia che racchiudeva in sé - Su sbrighiamoci, non abbiamo molto tempo – gli ricordò Fang. Effettivamente erano un po’ in ritardo sulla tabella di marcia, dovevano passare alla fase due: trovare l’indizio.
Keeran tirò fuori dal taschino un tubetto d’alluminio simile a quelli per il dentifricio, tolse il tappino e spremette il contenuto sui bordi della teca.
Poco dopo nelle mani guantate avevano la corona di Carlo Magno, la rimirarono da tutte le angolazioni possibili, cercando di trovare l’indizio.
Mentre uno cercava, l’altro leggeva la descrizione dell’oggetto dentro alla vetrina.
- Senti un po’ qui. La fodera rossa della corona, straordinariamente ben conservata, è ancora l’originale del IX secolo… Magari il vecchio l’ha nascosto lì – propose Fang.
- Oh, rispetto per i morti zero. Comunque potresti avere ragione, io proverei nella cucitura – rifletté Keeran poi dal medesimo taschino estrasse una custodia, dentro erano riposti svariati tipi di coltellini. Prese una specie di bisturi.
Tentando di mantenere la mano ferma appoggiò la lama al tessuto ed aggiunse – Speriamo che Carlo non si arrabbi troppo - cominciò ad incidere nel velluto, ma fu presto fermato – Aspetta, aspetta! Questo è più interessante: l’opale che un tempo era incastonato sotto la croce fu disperso col passare dei secoli e sostituito con uno zaffiro. Tra i due vi fu uno sguardo d’intesa, avevano appena trovato la loro gallina dalle uova d’oro.
Keeran, senza disperdesi in troppi convenevoli, con la lama fece leva tra la pietra e la struttura che la racchiudeva come una gabbia, bastò poca pressione per toglierla dalla sua sede. Guardò dentro all’incavo che si era formato, c’erano decine di piccole gallerie che s’incrociavano, percorrevano e si dividevano all’interno della corona. Il mastro orafo aveva creato un vero e proprio capolavoro in miniatura di cesellatura, le pietre non erano incastonate nell’oro, ma quasi ricamate in esso. Keeran  era attentissimo,  in ogni angolo poteva nascondersi un indizio, magari un incisione, comunque era certo che quel che cercavano fosse nascosto lì. Mise la corona in contro luce, e allora vide, era un minuscolo pezzettino di carta che non faceva passare i raggi della torcia, prese un paio di pinzette e con molta cautela estrasse quella che si rivelò essere una piccola pergamena di dimensioni insignificanti, meno d’una falange.
Sempre facendo attenzione ad usare le pinzette Keeran la srotolò: era straordinariamente ben conservata, l’inchiostro scarlatto con cui erano state vergate delle linee su di essa non avrebbe potuto sembrare più luminoso. La carta non era rovinata, probabilmente quella miriade di cunicoli, quel sistema di gallerie aveva preservato la pergamena dal passare del tempo. L’orafo era stato in grado di creare oltre che un opera d’alta gioielleria, pure un microclima adatto per la conservazione dell’indizio che avrebbe dovuto superare le generazioni a venire. Era qualcosa d’incredibile, soprattutto per l’epoca.      
Keeran scorse con lo sguardo i puntini cremisi fino ad arrivare ad uno dei bordi della pergamena, che non era ben tagliato come gli altri bensì appariva palesemente strappato, Keeran non poté non strabuzzare gli occhi – E’ a metà! Ne manca un pezzo…! - constatò furibondo, ogni volta che gli sembrava di avvicinarsi un poco all’obbiettivo finale, quello saltava in avanti senza mai lasciarne intravedere l’arrivo. Ma non si perse d’animo, non aveva fatto tutto quel casino per poi tornarsene a casa con la coda tra le gambe.
Pensa, pensa… dove potrebbe essere!
Era ovvio che il resto della pergamena doveva trovarsi nelle vicinanza, se fosse stato qualcuno a trovare prima di loro l’indizio, quasi sicuramente se lo sarebbe portato via tutto. Certamente non in comode rate mensili.
Keeran misurava ad ampi passi il perimetro della stanza ottagonale cercando di riflettere, rimuginava su ogni dettaglio ed era certo che la metà mancante della pergamena si trovasse in una delle vetrine circostanti. Proprio sotto i loro naso.
A metà percorso si fermò di colpo, aveva sentito qualcosa. Un tonfo sordo ed un po’ attutito alle sue spalle, gli venne la pelle d’oca e i capelli gli si rizzarono sulla nuca.
 
Girò su se stesso molto lentamente, Fang che era poggiato allo stipite della porta lo stava fissando, poi gli indicò l’unico zaino che avevano portato con loro. Keeran l’aveva messo in posizione retta, ed ora era sul pavimento che dondolava.
Stupido zaino! Sarà meglio che mi dia una calmata
Keeran vide Fang che gli faceva cenno d’intesa, era tutto ok, poi scorse l’amico passarsi una mano dietro il collo, sembrava nervoso, almeno quanto lui. Keeran si riconcentrò, s’immerse di nuovo trai suoi ragionamenti e riprese a vagabondare per la stanza fino a quando ad un certo punto si bloccò completamente, il suo sguardo era stato attratto dalla stampa appesa al muro. Rappresentava Carlo Magno con tutti i suoi paramenti, quel personaggio storico l’aveva sempre affascinato perché mente brillante e allo stesso tempo lungimirante, uno stratega dall’arguzia acuminata. Però in quel momento il volto dell’imperatore lo infastidiva alquanto, lo sguardo penetrante fisso eternamente sulla carta sembrava seguirlo quasi si stesse facendo beffa di lui, le labbra increspate in uno strano abbozzo di sorriso enigmatico. Magari da qualche parte il sovrano stava davvero osservando divertito la scena di quei due omuncoli così indaffarati…
Keeran spostò la sua attenzione dal volto dell’uomo al quel che indossava: la corona che poco prima lui aveva in mano, mantello e veste filati d’oro e pietre preziose, con tanto di bordi d’ermellino. In mano teneva una spada, la lama a doppio taglio terminava in un’elsa rettangolare anch’essa d’oro, era decorata a bande diagonali alcune lucide alternate ad altre opache, il pomo era circolare con una parte convessa e su una faccia era stata incisa un’aquila stilizzata.
- Figlio di buona donna ! Ho trovato! – finì per esclamare di lì a qualche secondo, – Che c’è? Sai dov’è l’altro pezzo? – fece Fang andando ad accostarsi all’amico. Keeran aveva ripreso il tubetto di acido, che in quel istante stava corrodendo una vetrina. Dentro era riposte sette spade tutte finemente intarsiate e incise nei metalli più preziosi, tutte d’epoche e fatture diverse. Prese quella centrale e se la rigirò tra le mani soppesandola accuratamente, era più leggera di quanto si potesse aspettare. Mentre la lama, decisamente più pesante dell’elsa, in quel momento sotto il fascio luminoso della torcia risplendeva d’affilati bagliori azzurrini. Il piatto dell’elsa che era in ombra lasciava solo intravedere la consumata figura di un aquila con le ali spiegate pronte per spiccare il volo
Ci passò sopra un dito, in ogni minuscola rientranza gli sembrava  di sentire il rumore del lavoro dello scalpellino. La cosa che l’aveva incuriosito era che per quanto quella fosse una spada da parata e non adatta al combattimento, era stata costruita con una netta sproporzione: la lama era pesantissima rispetto all’elsa, maneggiarla adeguatamente doveva essere una vera e propria impresa.
Con due dita batté sul pomolo e sull’aquila, il metallo e  buona parte dell’elsa suonavano a vuoto, questa era giusto la prova che gli serviva.
Keeran passò più volte un coltellino nella fessura che c’era tra la parte piatta e quella convessa, usò la punta come una leva e puph… Saltò via il lato dove era incisa l’aquila, quello era stato il coperchio di un contenitore all’interno dell’elsa. Questa era quasi totalmente cava e ciò spiegava la mancanza di contrappeso.
Dentro come prima nella corona c’era una pergamena, la metà mancante. Keeran la prese e la mise in una busta di plastica, che ospitava già la sua compagna. Fang che aveva recuperato il “tappo”, lo rimise al suo posto insieme alla spada e asserì dando le spalle a Keeran – Su Scherlock, leviamo le tende! -.
- Non credo Dan – mormorò con tono piatto l’altro
- Per vedere il museo c’è sempre tempo ma ora sono le quattro e mezza, non mi sembra… - insistette, ma le parole gli morirono in gola. Si era voltato e davanti a lui si pararono quattro nere figure, la pelle scura come gli abiti, scura come le pistole. – Anche voi qui? Com’è piccolo il mondo! – disse Fang ma l’uomo più vicino gli sferrò un pugno all’addome, un colpo del genere avrebbe mandato al tappeto quasi chiunque, ma non Fang che era dotato di una notevole capacità d’incassare, il pugno gli mozzo il fiato e lo fece piegare in due. Rialzandosi fece pure qualche apprezzamento sul servizio a basso costo che offriva la madre di colui che l’aveva colpito. Naturalmente anche questo ebbe le sue ripercussioni.
A quel punto si fece avanti uno sulla quarantina, faccia pulita, il tempo aveva lasciato così  pochi segni sul suo volto da farlo sembrare un ragazzo, da sotto il cappello nero spuntavano in netto contrasto alcune ciocche rossicce. – Signori, signori. Un po’ di civiltà, insomma! – intervenne tutt’altro che spazientito. Intanto puntava loro contro la pistola, una Beretta con il silenziatore.
Gran brutto segno… rifletté Keeran
- Prendete tutto ciò che hanno addosso, armi e pergamena! – ordinò brusco. Li perquisirono a fondo, le Glock che Keeran e Fang tenevano dietro nella cintura dei jeans furono prontamente smontate. La busta contente le pergamene che Keeran aveva ancora in mano, requisita insieme alla custodia con i coltelli.
- Ok, sono stufo. Ragazzi, portate qui tutto! – i suoi compagni come bravi cani da riporto che rispondono al richiamo del proprio padrone, trotterellarono ligi verso Bill e consegnarono il tutto, poi si rimisero ai lati dei prigionieri.
Bill stava pensando al da farsi, aveva la situazione in pugno. Erano in netta superiorità numerica, ben armati e con la missione portata a termine. O quasi, il committente, l’uomo misterioso si era più volte raccomandato di eliminare ogni possibile ostacolo, senza esclusione di colpi.
Quell’idea non lo faceva impazzire. Per quanto lui fosse un mercenario, pagato per fare di tutto, senza pensare. Era una pedina, lo sapeva, una marionetta come tante altre. Ma quella non era la sua vera natura, una volta non era così, non era un barbaro carnefice, un automa senza anima né cervello né volontà propria. Una volta era qualcuno che andava orgoglioso di se stesso, camminava a testa alta, fiero del ruolo che rivestiva sul pianeta. Portava aiuto ed in qualche caso pure vita, non morte.
Sapeva che quei soldi gli servivano, faceva tutto quello per Ewan, era la ragione che lo faceva andare avanti giorno e notte senza sosta. A suo figlio servivano quei soldi, e lui, suo padre doveva poter pagare le cure che lo tenevano in vita. Il pensiero corse alla foto che stava tutta stropicciata nella tasca davanti sul petto, quello era il suo portafortuna. Aveva visto molti soldati portare in missione cose simili: fotografie, lettere, perfino il primo dentino caduto ai loro figli. Era un modo come un altro per restare aggrappati a qualcosa di importante e reale, che non fosse la guerra. Qualcosa per esorcizzare paura e morte. Per alcuni come lui, quell’amuleto aveva funzionato, altri invece avrebbero riposato con esso per l’eternità.
Ancora una volta poi la mente oltrepassò la pianura inglese, i colli e le montagne, fino a tornare nella casa di campagna vicino a Glasgow. Gli sembrava fin di vedere la recinzione bianca che circondava il paddock dove sua figlia, Jenny, stava montando il suo sauro. Ewan era aggrappato alla staccionata e la guardava commentando scherzosamente gli errori della ragazza. Più lontano vicino al garage, Annie la sua magnifica compagna ascoltava con una mano sul fianco il vecchio Ben, quello che un tempo era stato il custode del cascinale. Nelle orecchie gli risuonava la voce rauca, “ Oggi i reumatismi non mi danno pace, neanche un secondo…! Mi sa che il tempo questo pomeriggio volgerà al peggio, si è proprio così Annabelle! “.
Tutto era così reale che quella scena immaginaria riuscì fin a strappargli un mezzo sorriso, però dal retrogusto amaro, tutto già insieme alla voce del custode si stava dissolvendo come un momentaneo sprazzo di sole subito inghiottito e nascosto da un banco di nebbia mattutina. Si ritrovò con la pistola in mano, i suoi uomini lo stavano guardando in attesa di un suo segnale, mentre Keeran e Fang erano immobili. I piedi piantati saldamente a terra come in attesa dello scatenarsi di una tempesta.
Bill guardò gli uni e gli altri, poi l’angolino della fotografia che spuntava fuori dal taschino e in quel istante seppe cosa doveva fare. Strinse in mano la Beretta M-9.
Keeran tentava di scrutare a fondo quel viso, ma gli era impossibile perché era totalmente in ombra, si potevano solo intuirne i lineamenti e poco altro. Ma non gli era sfuggito quel sorriso. Forse sta perdendo la freddezza, pensò. L’uomo si fece avanti protendendo il braccio armato, e subito Keeran capì d’esser stato smentito, era guardato da occhi di ghiaccio a cui dietro non stava niente, per un attimo si chiese se era stato pure lui in grado d’assumere quella raggelante espressione.
Ora lo sapeva, erano spacciati. – In ginocchio! – ordinò con voce metallica, Keeran sentì al lato Brass che ripeteva le stesse parole in poco più di un sussurro, non le diceva in tono negativo bensì irrisorio, forse non tutto era perduto, quello era il suo modo di dirgli vendiamo cara la pelle. – Mani dietro la testa -. Ancora Fang ripeté.
Keeran con la coda dell’occhio riuscì appena a scorgere qualcosa d’argenteo ben nascosto tra le mani tenute dietro la nuca di Fang, era il manico di un coltello, l’unico che fosse scampato all’epurazione dei loro nemici. Fang era riuscito a celarlo davvero bene.
Keeran ora era certo che qualche chance potessero averla, era incredibile quanto un piccolo dettaglio potesse completamente stravolgere una situazione. Il cuore iniziò a battergli più forte, gli risuonava nelle orecchie come un grido lacerante, come i tamburi da guerra degli antichi popoli barbari pronti a combattere.
 - Zitti! – latrò Bill togliendo l’assicura alla pistola. – Capitano Achab, faccia piano. Mi raccomando – sibilò Fang nuovamente, ma un po’ più forte per farsi sentire anche dal diretto interessato che gli riservò un’occhiata truce ed indifferente, poi gli tirò un calcio direttamente al volto. Quello era il momento giusto: Brass con gesto rapidissimo passò il coltello a Keeran che in un attimo fu su Bill. Il coltello che brandiva nella destra lo conficcò nella mano dell’altro facendogli così perdere l’arma, quello però non emise nessun lamento.
Bill con brutale forza lo prese per gli avambracci e quasi sollevandolo da terra si gettò su di lui a peso morto; per sfortuna di Keeran però prima di cadere sul pavimento lui andò a scontrarsi contro lo spigolo di una delle vetrine, e ci avrebbe pure scommesso, una o due costole si erano come minimo incrinate ed andate a farsi benedire.
Nonostante che il suo avversario fosse decisamente più vecchio di lui, con Bill sul piano fisico erano alla pari.  In quegli istanti in cui erano faccia a faccia, Keeran riconobbe qualcosa di familiare in quei lineamenti: la mascella squadrata, gli occhi poco espressivi. Non era la prima volta che s’incontravano. Questi pensieri lo distrassero, Bill con una gomitata ne approfittò e riuscì ad impadronirsi del coltello per poi puntarglielo alla gola, Keeran si ritrovò supino bloccato dal peso del nemico, a cercare di divincolarsi e di respingerlo con ambo le mani. La lama dal suo punto di vista gli sembrava sempre più pericolosamente vicina e la presa più ferrea
Questo non può essere umano, non sente nemmeno il dolore!
Ad un certo punto non seppe più cosa fare, opporsi cercando prendergli il coltello o ribaltarlo era impossibile così cominciò a scalciare come un forsennato, ma i suoi colpi non andavano quasi mai a segno e quelle poche volte che lo facevano Keeran riusciva solo a prendere polpacci e caviglie. Piano piano si rese conto che la lama stava cominciando a penetrare sotto pelle facendo sgorgare le prime gocce di sangue, la gola gli bruciava ed aveva l’orribile convinzione che avrebbe fatto la stessa fine dell’uomo che lui stesso aveva ucciso meno di tre settimane prima, sarebbe morto esattamente come François.
Era disperato, aveva pochi  secondi e  riuscì solo a sgusciare più in alto rispetto a Bill che nemmeno se ne accorse. Continuò a dimenarsi come una furia, poi finalmente un colpo andò a segno, Bill fu sbalzato via da una ginocchiata all’inguine, che lo fece crollare accasciato contro una parete, praticamente inerme
Eh, questo l’ha sentito…
Keeran non perse tempo, subito s’alzò e andò a cercare la pistola, la vista era annebbiata e gli sembrava di camminare con passo leggermente sghembo. Si toccò il collo, quando la ritrasse la mano era color porpora, stava sanguinando copiosamente, almeno molto più di quanto si era immaginato. Si voltò a cercare l’amico.
Fang aveva messo KO uno degli uomini, che ora giaceva esanime ai piedi degli altri, questi riportava una ferita alla testa. Lucas e Mitch lo stavano fronteggiando, l’australiano lo derise con voce sguaiata – Mi hai rotto il naso l’ultima volta bastardo! Ora vediamo se sai ballare! - . Cominciò a sparare ai piedi di Fang che si buttò dietro ad una vetrina, trovando così riparo. Dietro di lui i vetri di una finestra saltarono via in mille schegge.
Keeran in quel momento intravide tra pezzi di vetro vicino al battiscopa la Beretta che scintillava sotto i raggi della luna ormai morente. Si precipitò a prenderla, ma Lucas dopo averlo scorto prese a sparare a sua volta, nessun colpo andò a segno. Mitch d’istinto si voltò a vedere cosa stesse facendo, quando sentì qualcosa di liquido e caldo sulle braccia, guardò le mani interdetto e lanciò un ululato di dolore. Fang aveva sfruttato quel lasso di tempo per uscire e usare l’unica arma che gli era rimasta: un tubetto in tutto e per tutto uguale a quelli del dentifricio… aveva gettato il contenuto altamente caustico sulle mani dell’australiano che era corso via quasi certamente in cerca di un bagno.
Keeran che aveva assistito alla scena si tranquillizzò un poco, ora almeno erano a pari forze. Si chinò a prendere la pistola, ma un incredibile forza gli fece perdere l’equilibrio e quasi non lo fece precipitare fuori dalla finestra rotta. Cercando però un appiglio per salvarsi perse l’arma, che  irrimediabilmente cadde con un tonfo sommesso nell’aiuola sottostante.
Quando ritrovò l’appoggio s’abbassò d’istinto evitando un gancio, deviò verso destra lasciando Bill sbilanciato in avanti, quello però subito si ritrasse dimostrando anche una certa agilità. Keeran indietreggiò fino a scontrarsi con la teca delle spade, lasciò che il suo avversario s’avvicinasse poi ne impugnò una a caso e la fece roteare vorticosamente davanti a sé creando mille riflessi d’aurora. Era la spada di Carlo Magno. Sporgendosi in avanti effettuò un fendente parallelo al terreno, ma Bill lo schivò aggirandolo ed afferrando a sua volta una spada, era lunga e sottile, totalmente in argento. Partì con un affondo, poi un altro e un altro ancora ma sempre trovava il vuoto.
Keeran in un paio d’anni di Marina era riuscito ad imparare qualcosa su come si maneggia una spada, anche se fra tutte quelle che aveva avuto a disposizione era riuscito a prendere la peggiore, in combattimento si notava davvero molto lo sbilanciamento in avanti della lama.
Dopo l’ultima cavazione Keeran si destreggiò con una botta dritta che colpì Bill al fianco destro facendo partire uno schizzo di sangue, che lo accecò. Approfittandone Bill tirò un fendente in diagonale che venne parato, più per fortuna che per bravura, da Keeran con l’elsa della spada. Era riuscito ad incastrare il contro taglio del nemico, poi tirò verso l’alto e tolse definitivamente l’arma a Bill.
Quello si voltò per vedere nella teca e con sua grande sorpresa la trovò completamente vuota. Le spade erano state prese da Lucas, l’uomo svenuto che si era ripreso ed infine Fang, che anche se con difficoltà ne impugnava una con la destra e che continuava ad imprecare contro ogni essere vivente, compreso Keeran. Stavano ingaggiando un furioso duello, l’amico aveva bisogno d’aiuto, ma quando si stava per precipitare a dare man forte, Bill sguainò un coltello dalla lama corta, andandolo subito ad attaccare con più fendenti rivolti al volto, Keeran si difendeva cercando di parare alla bel e meglio. Il ferro della sua spada ormai iniziava ad accusare i colpi subiti, era pieno di tacche e scheggiature, non avrebbe resistito a lungo essendo vecchio di più di mille anni. Infatti di lì a poco, quando andò a scontrarsi tra il coltello di Bill e l’angolo d’una vetrina, si divise in due tronconi
Bel casino… 
Si gettò in una nuova colluttazione corpo a corpo ed involontariamente riuscì a spingere Bill verso la finestra, quello inciampò...
 
 
   
 
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