L’Avana, Cuba, 1977
Agosto
Presto anche Ricardo arrivò alla
Rosa Negra. Si avvicinò a Isabella e Lucy e con un sorriso le salutò. “Signore,
buonasera. Ehi, ma quella è…” si interruppe subito, cercando la definizione
adatta.
“…mia madre” completò Isabella, sorridendo
a sua volta.
“Wow. Insomma, è molto brava. Sono molto
bravi. Non ho mai visto Javier ballare così.”
Le due donne risero. In effetti,
Javier sembrava mettere molta più passione in quel che facevo, per quanto
ballare fosse l’unica attività nella quale metteva tutto se stesso, senza
riserve. Lucy avrebbe saputo dare nome a quel cambiamento. Amore. Javier amava ancora Katie, e lo stava dimostrando a lei e al
mondo intero. Per lui non era cambiato niente. Aveva ancora vent’anni, teneva
ancora tra le braccia la donna della sua vita e sognava di trascorrere con lei
il resto dei suoi giorni. Semplicemente amore.
E il fatto che Katie avesse voluto evitare quel momento a tutti i costi, nella
mente di Lucy poteva voler dire una sola cosa: anche Katie amava ancora Javier.
Anche Katie era ancora indissolubilmente legata al ricordo di quei giorni. Anche
Katie stava rivivendo quei momenti.
“Sono contento di vederti qui” stava
dicendo Ricardo.
“Sì, è stata una lotta” rispose
Isabella, accennando con la testa verso sua madre. “Ma ho vinto io.”
“Ti andrebbe… ti andrebbe di
ballare?”
La ragazza guardò Lucy, che rispose
con un’alzata di spalle. “Non sono tua madre.”
Isabella sorrise e seguì Ricardo
sulla pista. Lucy rimase seduta al bancone a fissare le due coppie, che si
confondevano sempre di più con il caos della pista. Dietro di lei, Luis
sospirò. “Ah, chi l’avrebbe mai detto? Non avrei mai pensato di rivedere qui
sua sorella. Dopo tutti questi anni…”
Lucy non riuscì a trattenere una
risata. Sì, in effetti era strano rivedere Katie alla Rosa Negra. Era difficile
rivedere Katie a Cuba. Era difficile vedere se stessa adulta, in quel luogo che
l’aveva affascinata tanto quando era ragazzina.
Finalmente, l’orchestra fece una
pausa. Un applauso del pubblico si levò a colmare l’improvviso silenzio.
Fasciata dal suo vestito rosso, ancora stretta a Javier, Katie alzò gli occhi. E
improvvisamente, parve riscuotersi da un sogno. “S-scusa” balbettò, staccandosi
da lui. Iniziò ad allontanarsi, quando il suo sguardo intercettò Isabella,
sorridente tra le braccia di Ricardo.
Katie deviò in direzione della
figlia. “Isabella, vieni con me.”
“Che cosa? Ma siamo appena…”
“Non discutere” ribatté la donna,
sottovoce, fissandola. “Andiamo.”
“Ma io…”
Katie prese Isabella per il gomito e
si allontanò con lei in direzione dell’uscita. Lucy le raggiunse. “Katie, che
cosa stai facendo?”
“Lucy, io… devo andare.”
“Katie, non fare così. Può tornare
tutto a posto. Parla con…”
“Lucy, smettila di vivere nei sogni.
Non è così facile rimettere le cose a posto.”
La sorella minore si fermò, ferita
da quelle parole. Guardò la nipote allontanarsi con sua madre. Isabella continuava
a guardare indietro, cercando di intercettare lo sguardo di Ricardo. Lucy
soffrì per lei. E poi per sé. Davvero Katie la riteneva una stupida sognatrice?
Va bene, forse sarebbe stato difficile spiegare tutto a Javier, ma almeno
bisognava provarci! Per quel che ne sapevano, magari lui sarebbe stato felicissimo
di sapere che Katie aveva portato in grembo e partorito una bambina, che aveva
cresciuto con tutto l’amore possibile. Magari non aveva mai smesso di amare
Katie, e avrebbe amato anche Isabella, se solo…
“Stai bene?” La voce di Javier le
arrivò all’orecchio delicata, come un sussurro proveniente da un mondo lontano.
Lucy scosse la testa, e sistemò
meglio i gomiti sul bancone della Rosa Negra. “No. Ma non importa. Scusa se mia
sorella…”
“Non devi scusarti per lei. E poi la
capisco. Non credo che essere gettata in mezzo alla pista in quel modo
rientrasse nei suoi piani.”
“Come fai a perdonarla? Ti ha appena
piantato in asso!”
Javier alzò le spalle, facendo un
cenno a Luis. “Non lo so.” Luis gli servì un bicchierino di rum. “So solo che
le perdonerei qualunque cosa.”
“Anche se ti avesse mentito? O nascosto
una cosa importante?” gli domandò lei a bruciapelo, senza nemmeno riflettere
troppo su quanto stava dicendo.
“Tipo?”
“Non… non saprei.”
“Secondo me lo sai.”
“Se anche fosse, non potrei dirtelo.
Sarebbe un segreto. E lei è mia sorella. Tu avresti mai tradito Carlos?”
“No” rispose Javier. “Anche se un
paio di volte mi sarebbe piaciuto farlo.”
“Davvero? Perché?”
“Per ripicca.”
“Ripicca?”
Javier sospirò. “Tutto ciò che
faceva era per la Causa. Per il Paese. Hasta la revolución.”
“Me lo ricordo” sorrise Lucy.
“Non era mai a casa. Non si curava
della mamma, né di Ricardo. Era sempre tutto sulle mie spalle. Tutto perché lui
passava le sue giornate a organizzare il golpe. Se solo a quell’epoca avessi
saputo, non lo avrei mai accusato di trascurare suo figlio.” Sembrava quasi che
Javier stesse parlando a se stesso.
“Non credo di capire.”
“Ricardo non è figlio di Carlos.”
Lucy sentì un’improvvisa sensazione
di calore allo stomaco. Quella semplice frase significava che Isabella e
Ricardo non erano cugini. Ed essendo liberi da qualsiasi legame di sangue,
potevano stare insieme. Potevano amarsi. “Ricardo non è figlio di Carlos?”
Javier scosse la testa. “Sua madre
mentì. Aveva avuto una relazione con Carlos, quindi era plausibile che Ricardo
fosse suo figlio, ma… non lo era. Me lo rivelò quando Carlos fu ucciso. Ricordo
ancora la sua espressione. Aveva paura. Aveva paura che la cacciassi via. Aveva
paura che allontanassi lei e Ricardo.”
“Ma tu non lo hai fatto.”
“Come potevo? Quella donna non aveva
altro posto dove andare. E poi aveva un bambino con sé. Non potevo essere così
crudele.”
“Scommetto che ti è grata.”
“Lo era. È morta anche lei, qualche
anno fa. Ho formalmente adottato Ricardo. È per questo che mi chiama zio, anche
se sa di non essere mio parente.”
“Sei stato molto buono con lui.”
“Non potevo fare altrimenti.”
Rimasero in silenzio per qualche
manciata di secondi. “Javier?”
“Sì?”
“Tu ami ancora Katie, vero?”
Javier alzò rapidamente la testa,
poi riabbassò lo sguardo sulle proprie mani, strette attorno al bicchierino
ancora pieno. “Se amarla significa non aver smesso di pensare a lei in tutti
questi anni, allora sì.”
Lucy annuì. Si aspettava una
risposta del genere. “Javier…”
“Sì?”
“Qualsiasi cosa succeda, non… non
arrabbiarti con lei. Va bene?”
“Adesso sono io a non capire.”
“Capirai.”
Questa volta fu Javier ad annuire. “Si
è fatto tardi per me. Devo andare. Grazie per la chiacchierata.”
“Grazie a te.”
L’uomo se ne andò, lasciando Lucy da
sola con i suoi pensieri. Ricardo era sparito da tempo. Forse era il caso di
tornare in hotel. Prese le sue cose e si alzò, quando la voce di Luis la
richiamò. “Aspetti, señorita Miller! Non vorrà andare via da sola a quest’ora?”
Lucy non si era accorta che fosse
così tardi. “Oh, non credo ci sia da preoccuparsi, Luis. Posso cavarmela…”
Il gestore del bar la interruppe. “E
leggere sul giornale di domani che è stata rapinata? Non ci penso nemmeno.
Enrique, accompagna la señorita Miller in albergo!”
“Sì, papà.”
Lucy sgranò gli occhi. Non sapeva
che Luis Santoro avesse un figlio. Non sapeva che il figlio avesse occhi così…