Il gigante, che affiancava il suo corpo inerme, mi rivolse uno sguardo indagatore.
“Credo che vi ami, comandante.”
C’era un che di canzonatorio, nel modo in cui lo disse. Ma anche una lieve sfumatura di rimprovero.
Quasi fosse una colpa, essere amati in quel modo.
Deglutii, incapace di muovere un muscolo.
Le sue parole, ridotte ad un sussurro, rimasero sospese nel vuoto che avevo dentro e mi sembrò che tutti gli altri suoni si spegnessero.
Ci sono attimi che restano imprigionati per sempre dentro di noi.
A piegarci non sono le circostanza esterne,
Pensai. A piegarci è il senso di sconfitta che ci portiamo dentro. Quel lamento fatto di cocci di vetro, accumulati nel corso di una vita, che ci portiamo dietro, e che risuona, tetro, nelle stanze piene di parole non dette del nostro animo.
Non riuscivo a staccare lo sguardo dalla sua sagoma riversa a terra, tra il sangue e la polvere.
E’ Andrè che tiene insieme i fili della tua vita
Sussurrò una voce dentro di me.
Ma quella vita aveva ormai il sapore della cenere, e la sensazione di impotenza, in quel momento, era tale che pensai di non poterla reggere e di rompermi in mille pezzi.
Ero priva di energie. Svuotata da una forza alla quale non riuscivo ad oppormi. Capace solo di osservare il lento trascorrere di un tempo senza più ore, senza più memoria, sminuzzato in un centinaio di immagini e sentimenti appartenenti ad un passato che mi sembrava insieme lontano e vicino, ma che non sentivo più appartenermi.
“Bene, sarà meglio che vi lasci sola ad occuparvi di lui.”
Le parole dell’uomo risvegliarono una parte di me che sembrava essere diventata catatonica, strappandomi via a quella forza invisibile.
“Ad ogni modo, sembra proprio che vi ami più della sua stessa vita.” Fu tutto ciò che quel soldato impertinente aggiunse, prima di lasciare la stanza.
Rimasi sola, in quell’ambiente saturo di fantasmi, ad osservare Andrè piangere e contorcersi nella polvere, invocando il mio nome.
E’ così che agisce la vita? Arde, brucia istanti feroci…pensi di star vivendo e di percorrere la strada giusta, fino a quando ti spezzi, ritrovandoti pieno di errori dappertutto: negli occhi, sulle labbra, tra le mani.
E allora devi arrenderti all’evidenza.
Ci sono limiti che non possono essere superati.
Mi inginocchiai al suo fianco, frastornata, e lo sentii aggrapparsi con forza alle mie gambe, mentre sollevava mestamente la testa, posandomela in grembo.
Vidi nel suo sguardo il colore inconfondibile dell’amore, stemperato nella più cupa sofferenza. Ed era più profondo della notte.
Gridava eternità
“Non sposarti, Oscar…”
Le sue parole entrarono piano nel mio animo, accendendo bagliori.
Solo nei segreti si nasconde quella parte di gioia necessaria a superare l’attimo vuoto di un addio.
E in quel silenzio infinito, perdonai ciò che non avevo ancora trovato la forza di perdonare.
Sollevai una mano per posargliela sulla testa, ma non ebbi il coraggio di sfiorare quei capelli d’ebano, ricoperti di polvere.
Restò lì, sospesa, come ero io in quel momento.
Ha sempre un nome ciò che ci spaventa.
Andrè.
Nota dell'autore
Non so dirvi da cosa nasce questa fic...probabilmente ne avevo bisogno. E' stata buttata giù dopo un bel po' di lacrime, è un po' diversa da ciò che scrivo di solito...forse è solo il frutto di un delirio^^ Prendetela così, e se vorrete lasciarmi pareri positivi o negativi, saranno come sempre bene accetti^^ Baci