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Autore: Aqua    07/12/2010    1 recensioni
Tutto quell'infinito diventa solo fragore, muro di suono, urlo assillante e cieco. Non lo spegni, il mare, quando brucia la notte.
(Oceano mare- Alessandro Baricco)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Occhi, guardatela un'ultima volta,
braccia, stringetela nell'ultimo abbraccio,
o labbra, voi, porta del respiro,
con un bacio puro suggellate un patto senza tempo con la morte
che porta via ogni cosa.
(Romeo and Juliet)



Romeo.. con la sua infinita dolcezza.
Romeo, quanto dolore affligge il suo cuore innamorato?
Cosa sarebbe successo se Romeo e Giulietta fossero vissuti negli anni novanta?
Semplicemente non sarebbero stati ciò che sono stati, probabilmente non avrebbe nemmeno avuto senso inventarli.
Le pagine fresche sotto le dita, la carta stampata fruscia accompagnata dal vento.
Poggio il libro sulla sabbia e volgo lo sguardo verso il mare.

Si sentiva il mare, come una slavina continua, tuono incessante di un temporale figlio di chissà che cielo. Non smetteva un attimo. Non conosceva stanchezza. Non conosceva clemenza. Se tu lo guardi te ne accorgi: di quanto rumore faccia. Ma nel buio... Tutto quell'infinito diventa solo fragore, muro di suono, urlo assillante e cieco. Non lo spegni, il mare, quando brucia la notte.
(Oceano mare- Alessandro Baricco)



Tutta la notte passata ad ascoltare l’incessante sciabordio delle onde che s’infrangono sulla riva, per poi ritirarsi nuovamente e rifare tutto d’accapo un’altra volta.
Senza stanchezza, senza fatica, trasportando speranze lontane anni luce, nascoste tra le onde che veloci corrono verso la riva.
Figlio di una molecola d’acqua invisibile ad occhio nudo, moltiplicata per miliardi su miliardi, fino a divenire l’oceano.
Oceano mare, immensità devastante all’occhio umano che lo fissa, oceano mare, pioggia incessante in un cielo piatto.
Perdersi nel destino di uno specchio d’acqua infinito, galleggiare cullandosi tra i pensieri più remoti dell’animo.

La schiena dritta, le gambe distese su una sdraio, il libro poggiato a terra, tra la sabbia ancora calda.
Le persone lentamente camminano verso gli spogliatoi, per cambiarsi e raggiungere le loro abitazioni, ma per me la vita accanto al mare è appena cominciata, mentre il sole inizia a tramontare all’orizzonte riflettendosi interamente sull’acqua.
Gli occhi fissi su un punto indefinito, non è il centro, non è a tre quarti, perché è impossibile definire un centro in quell’immensità, c’è una precisa coordinata probabilmente calcolata con infinita precisione che s’identifica con la perfetta metà, eppure non lo conosco.
Fisso i bambini che costruiscono castelli di sabbia prima di andarsene, che nella mia mente paiono castelli di rabbia, deboli e pronti a crollare al minimo spostamento.
Con le braccia mi cingo le gambe mentre il mento si poggia sulle ginocchia, i capelli che si scompigliano al vento, gli occhi si serrano qualche istante mentre i pensieri volano lontani, come tanti cavalli che corrono sulla sabbia, lasciando orme profonde al loro passaggio.
Mi giro di quarantacinque gradi, e lo noto.
Una pioggia di ricordi inizia ad inondare la mia mente, offuscando la mia realtà sconvolta da quel mare, così vasto, così rumoroso.

~


Scarabocchiavo su un foglio bianco, il libro aperto davanti a me, un quaderno chiuso sotto di esso, la testa appoggiata alla mano destra.
La professoressa parlava da venti minuti, non aveva smesso nemmeno per venti secondi di aprire la sua bocca e farne uscire parole.
Parole che s’intrecciavano, parole che colpivano la mia attenzione, parole.. soltanto quelle.
Una voce interruppe il silenzio che aleggiava nell’aula –Professoressa mi scusi, ma credo ci sia un errore nel testo - sorrisi alzando lo sguardo e individuando poco distante da me il ragazzo che parlava. Francis Lyndon. Il più intelligente e sicuramente il più diligente del corso.

~


Vedo lo stesso individuo, certamente preda di un cambiamento, ma pur sempre riconoscibile.
Lo guardo qualche istante, indossa una camicia di tessuto leggero, un paio di pantaloni e nulla ai piedi.
Prima di alzarmi ripongo il libro sulla sdraio in modo che non si rovini, poi gli vado incontro.
Oceano mare anche nei suoi occhi chiari, dove il sole, colpendone l’iride crea riflessi svariati.
Faccio qualche passo in avanti, «Francis Lyndon? »domando sorridendo.
«Non so se ti ricordi di me, sono Aquamarine Wood» le mie parole sono accompagnate dallo stesso rumore che invade la mia mente da circa quarantotto ore consecutive, senza lasciarmi una via d'uscita.

Oceano mare.

Questo è un testo originale postato per una role .
Ringrazio Alessandro Baricco per la citazione meravigliosa che gli ho "rubato" con molto piacere.
Hope you like it.
Aqua
  
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