Storie originali > Generale
Segui la storia  |      
Autore: gendarmiaNY    07/12/2010    1 recensioni
Un picccolo spattacato di vita americana. Due giovani che si incontrano per la prima volta, di sfuggita, e si lasciano con un malinteso e due che sembrano conoscersi già da tempo, in segreto. Una storia che avevo iniziato a scrivere prima dell'estate e che sembra destinata a rimanere incompleta. Almeno finché non torna l'ispirazione.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ore 17.30, Beach Haven, New Jersey.

Mischa scese dall'aereo per prima, un po' immusonita. Sua madre, Kymbel, che non aveva affatto voglia di replicare, si appese al braccio del nuovo marito e scese piano gli scalini. A seguire c'era Carter, col suo immancabile pallone da rugby sotto il braccio.
“Già mi piace questo posto!” disse Kymbel entusiasta toccando terra.
“Sì, anche io. Non vedo l'ora che arriviamo a casa, così finalmente la potrete vedere!” disse Matt rivolto ai ragazzi.
“Ognuno ha la propria stanza, vero?” chiese Carter a sua volta.
“Naturalmente!”
“Bene...”
“Mischa! Mischa, non è emozionante per te?” chiese la madre.
“Molto...” rispose lei con tono svogliato.
Andarono al ritiro bagagli e ognuno ne prese circa due e mezzo, prendendo in prestito un carrello per portarli nel parcheggio. Mischa, ultima del gruppetto, quasi non sfondò il braccio ad un ragazzo lì accanto che tentava di arrivare al suo bagaglio sul tappeto rullante. “Scusami! Scusa tanto, non volevo” disse gettando a terra il borsone beige e correndo ad aiutarlo, per quanto potesse correre, dato che erano vicinissimi.
“Non fa niente”
“No, davvero... Ero sovrappensiero, non ho fatto minimo caso a...”. Distolse lo sguardo dal suo braccio dolorante, che il ragazzo massaggiava debolmente, e lo fissò sul suo volto, sui suoi occhi. Celesti, intensi, cristallini.
“È tutto okay...”. Anche il ragazzo fissò il suo sguardo su di lei, sul suo visino di porcellana, dolce e fresco, e sugli occhi splendenti. “Ne-neanche io ero molto attento... Ah, sono Tayler”. Le tese la mano.
“Mischa”. La ragazza gliela strinse, incantata.
Qualcuno dall'altra parte del tappeto la chiamò. “Mischa!”. Carter aspettava la sorella con un trolley in mano e un borsone in spalla, mentre più in là la madre e il patrigno erano voltati a spingere due carrelli colmi.
“Oh! Ehm, devi andare - Tyler la salutò - Il ragazzo aspetta”
“Già, devo andare... - raccolse il borsone da terra e un paio di borsoncini più piccoli – Scusa ancora”. Salutò con un cenno della mano e corse via.
Tyler scosse il capo e aspettò di prendere il trolley dal tappeto.

“Annabeth, vieni qui per favore!”. Un uomo chiamò la figlia dal piano di sotto e, quando questa giunse, la invitò a sbirciare dalla finestra con lui. “Dovresti andare dai tuoi amici a spiegare loro che il prato non è una discarica”. Indicò dei ragazzi intenti a bere e mangiare con disinvoltura insozzando il prato della vicina di casa, loro madre, e una parte di quello del signor Beckett.
“Papà, non sono miei amici. E non sono io a dover fare loro la predica - sbuffò infastidita – Piuttosto, perché non vai a parlare con la signora Tremebond?”
“Io? Nono, cioè... Sarei inopportuno, ora che...”
“No, saresti solo un esempio di cittadino responsabile”
“Naturalmente! Naturalmente... - sembrò poco convinto - Tu dici?”
“Assolutamente! - la ragazza sorrise fiduciosa al buon genitore e prendendolo per un braccio lo spinse fuori dalla porta – E sono sicura che con la tua meravigliosa cortesia, che tutti nel quartiere ti invidiano, la signora ti ascolterà con piacere”.
Robert J Beckett sorrise alla figlia e si diresse a passo spedito verso l'abitazione della vicina.
Un ragazzo del gruppetto, vedendo il padre di Annabeth superarli e suonare il campanello, approfittò della sua distrazione, e di quella di fratelli ed amici, per andare dalla ragazza. “Ciao Anna”
“Brandon...”. La ragazza lo salutò sufficientemente, senza neanche degnarlo di uno sguardo.
“Allora... non mi inviti ad entrare?”
“Dovrei farlo?”
“Direi, in nome dei bei momenti passati alla spiaggia... sì”. Sorrise sincero.
Annabeth sorrise a sua volta e lo fece accomodare in casa. 

Questa storia è destinata a rimanere incompleta. Forse. ;]

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: gendarmiaNY