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Autore: psychoKath    08/12/2010    0 recensioni
«“Mi chiamo Ashley Greenwitch, ho quasi 18 anni e non vedo l’ora di compierli, per poter sparire da questo posto. Molti vorrebbero essere al mio posto perché pensano che vivi in una casa perfetta, con la famiglia che tutti desiderano, ricca famosa e dove tutti si amano. Beh, grandi cazzate. La mia casa è un inferno, la mia famiglia fa schifo. Mi odiano eppure mi costringono a stare qui. Come se si divertissero a vedermi soffrire. E blablabla. Mmm, magari dirò questo al gran galà della settimana. Potrebbe darsi..” dissi guardando fuori dalla finestra.
La mia famiglia è una delle più prestigiose e antiche di Londra, e per di più una delle più amate dalla nostra Regina. Che gran squallore.
Spensi l’iMac, e m’incamminai per uscire dagl’“inferi”.»
Storia di una normale adolescente? Direi proprio di no.
Cosa succederà quando incontrerà la bella e lucente chioma di Roxanne?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La musica a cannone si sentiva dappertutto, disturbando la quiete della villa. La primavera si faceva attendere, anche se il mio giardino era ben curato ed esageratamente perfetto. Nulla contro Mr. Williams, era proprio un bravo giardiniere, ma di quella casa odiavo tutto. Dal lunghissimo viale per arrivare alla cancellata, al parco, alle stanze, alle persone.
“Mi chiamo Ashley Greenwitch, ho quasi 18 anni e non vedo l’ora di compierli, per poter sparire da questo posto. Molti vorrebbero essere al mio posto perché pensano che vivi in una casa perfetta, con la famiglia che tutti desiderano, ricca famosa e dove tutti si amano. Beh, grandi cazzate. La mia casa è un inferno, la mia famiglia fa schifo. Mi odiano eppure mi costringono a stare qui. Come se si divertissero a vedermi soffrire. E blablabla. Mmm, magari dirò questo al gran galà della settimana. Potrebbe darsi..” dissi guardando fuori dalla finestra.
La mia famiglia è una delle più prestigiose e antiche di Londra, e per di più una delle più amate dalla nostra Regina. Che gran squallore.
Spensi l’iMac, e m’incamminai per uscire dagl’ «inferi».

“THIS WORLD IS A CRUEL PLACE AND WE'RE HERE ONLY TO LOSE. SO BEFORE LIFE TEARS US APART, LET DEATH BLESS ME WITH YOU. WON'T YOU DIE TONIGHT FOR LOVE.. BABY, JOIN ME IN DEATH. WON'T YOU DIE. BABY, JOIN ME IN DEATH. WON'T YOU DIE TONIGHT FOR LOVE.. BABY, JOIN ME IN DEATH..”
“Smettila di cantare, STREGA!” urlò mia madre, “La finirai bene di comportarti così?Ma non ti vergogni?!La senti la gente? Senti quello che dice su di te? Ma ti rendi conto della figura che ci fai fare?”.
Come ogni momento, ogni attimo, ogni respiro.. lei è lì a rovinarmelo. A farmi capire che non sono bene accetta nella famiglia. Mi accusa di ogni suo piccolo malessere. Io sono la vergogna della famiglia. Io sono il male. Questo è quello che pensa lei, eppure non mi lascia scappare. Non mi lascia libera. Sono ancora rinchiusa in quella casa, che casa non posso chiamare. È il mio incubo, il mio inferno.
Presi il cappotto nero ed uscii. L’i-pod nelle orecchie, per non sentire il caos della metro di Londra.
Le luci mi accecarono. Dovevo andare in piazza. Piccadilly Circus. Un nome, un cuore.
Adoravo quella piazza, aveva qualcosa di incredibilmente fantastico. La gente era abituata a vedermi, passavo più tempo lì che a casa.
Non avevo preso l’ombrello, ma percepivo nell’aria che non sarebbe venuto a piovere. Sì, sembro matta.. e magari lo sono anche, ma io ho queste sensazioni. Come se una voce m’iniettasse immagini e parole nel cervello. So cose che non è dato sapere “prima”.
Presi una Black e l’accesi. Feci una boccata e lasciai uscire il fumo dalla bocca e dal naso. Era come una droga, quel fumo nei polmoni mi dava vita. Mi rilassava e mi portava in un mondo tutto più calmo e meno frenetico.
Passeggiavo per la città, era proprio una pacchia quel pomeriggio. Camminavo senza meta, per un posto lontano. Ma quale posto? Prendevo decisioni all’impazzata come se non fossi io a stabilire che fare.

Oramai il sole era calato, e la musica riecheggiava ancora tra le orecchie. La musica è vita. Senza la musica non si può dire di vivere davvero.
Improvvisamente mi fermai davanti a un piccolo negozietto mai visto. Non sapevo dov’ero andata a finire. Quella via era sperduta, buia e deserta.
Mi avvicinai alla vetrina. L’immagine riflessa mi fissò. Quella ragazza dai capelli rosso fuoco, gli occhi azzurri chiaro con il contorno blu scuro e quei bellissimi boccoli, mi fissò. Indossava uno strano cappotto nero, e una gonna scozzese rossa. Era alquanto strana, ma caratteristica. Portava dei Dottor Martens neri e alti, con delle calze a metà coscia.
Man mano focalizzai ogni dettaglio. Sono io. Quell’immagine ero io. Eppure, sembrava che non mi riconoscessi davvero. Chi è che non riconosce la propria immagine riflessa?
Questo posto mi spaventava. Dovevo andarmene. Eppure rimanevo inchiodata lì, davanti alla mia immagine.
Non sono vanitosa, non lo sono mai stata. Ho sempre avuto la fissazione per gli specchi, ma niente di così..sinistro.

Sentii la tasca del cappotto vibrare e a un tratto mi ridestai dall’immagine. Era un messaggio, di nuovo mio padre che mi chiedeva di tornare a casa, anzi mi supplicava. Dovevo tornare, glielo dovevo.. mi ha salvata più volte da situazioni, non tanto belle.


Qualche ora più tardi..
Ero al telefono con la mia migliore amica, Shelly, che sembra tanto un nome da barbie ma.. fidatevi. Non lo è per niente.
“Oggi non mi ha nemmeno mandato un messaggio sai? Porca puttana che devo fare eh? Io non ce la faccio. Ho bisogno di lui, del suo amore, del suo corpo, dei suoi baci. Dimmi amica mia, che devo fare?”
“Ashley. Ascoltami. Sai com’è fatto Jack. Sparisce per un po’ e poi a tarda notte ti manda un messaggio e lo perdoni. Sempre. Lui sparisce, ti fa soffrire, ti dice che è il suo lavoro. E lo perdoni.”
Cazzo sei hai ragione. Feci un sospiro. E un altro. Poi un altro ancora.
“Ci sei Ash?” mi chiese.
“Sì, She. È come dici tu. Ma lo amo. Non posso lasciarlo perché so che anche lui mi ama. È mezzanotte passata.. dici che andiamo a letto? No perché, domani abbiamo compito in classe di arte. Se quella cogliona della ‘Heidi-e-le-caprette-me-le-inculo’ non mi passa mate sono nella merda più completa!”
“Cazzo. Mi ero dimenticata di mate. Beh tu copi da lei, io copio da te. Notte Ash. Dormi bene!”
“Ok Liebe. Notte anche a te. A domani!”
Chiusi il telefono e mi buttai nel letto. Il soffitto era così alto e scuro, ma percepivo come un senso di claustrofobia. Quella casa era un tormento. Neanche riuscivo a dormire.

Erano le tre passate. Fissai il soffitto, di nuovo. Guardai la finestra. Era chiusa ma.. sentivo qualcosa.
Come una presenza, un soffio leggero che si liberava nella stanza. Non potevo resisterle, dovevo capire che era. Mi alzai e mi avvicinai alla portafinestra. Sto forse diventando matta?
Fuori era buio. Era una notte senza stelle, non c’erano nubi nel cielo. Appena uscii nel terrazzo, sbucò uno spiraglio di luce lunare. Le ombre si ritirarono velocemente, lasciando che il bagliore della luna piena m’illuminasse la faccia. Sentii uno strano calore freddo, cristallino, quasi celestiale ma non così puro come gli angeli.
All’improvviso vidi brillare un punto sul tavolino sotto il gazebo. Attraversai tutto il mio terrazzo spropositatamente grande, come la mia dimora d’altronde. Avvicinandomi sempre di più, sentivo sempre più palpabile quella presenza. Più mi facevo vicina, più quella cosa prendeva a brillare.
“Ma cosa diamine è?” sussurrai.
Sul tavolino era poggiato un monile. Lo presi e una ventata proveniente da esso mi travolse; così oscuro ma quasi eccitante. Il ciondolo era formato da un pentacolo e ai lati aveva dei tribali antichi. Era attaccato a una collana di raso nero.
“Wow.” Fu l’unica cosa che riuscii a dire.
Poi mi voltai e lo vidi.

 
   
 
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