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Autore: Nikki_killjoy_darkside___    08/12/2010    0 recensioni
Questa è la storia di una 14enne che la gente crede "strana" e che, dopo essere stata depressa per troppo tempo per colpa di un ragazzo, finisce per innamorarsi di una persona che non si sarebbe mai immaginata di amare. Riuscirà la nostra eroina "dai capelli cotonati" a trovare il vero amore? Questa commedia romantica, a volte anche ironica, racconta più che altro la routine della protagonista e le sensazioni che prova all'ordine del giorno, oltre ai momenti che passa con il ragazzo che ama.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 - It's not easy love but you've got friends you can trust

Parte I

Da quel giorno iniziai a volergli veramente bene: il nostro legame si rafforzò e lui diventò il mio migliore amico. Era l’unico a conoscere il vero motivo del mio malumore cronico, l’unico sempre pronto a distrarmi dal dolore che oramai riempiva il mio tempo.

La maggior parte dei giorni, all’uscita da scuola, cercava di convincermi di non rintanarmi in camera mia, ma uscire con lui e andare in giro. Anche se, molto spesso, non ci riusciva.

Una volta, dopo scuola mi propose di andare al parco.

Io ero seduta ad aspettarlo sulla solita panchina, quando lui arrivò trotterellante con uno zaino enorme sulle spalle e un sorriso smagliante sulla faccia. Quanto lo invidiavo! Perché non potevo anch’io essere felice come lui?

«Ehilà Nikki! Dove andiamo di bello oggi?»

«Da nessuna parte. Oggi ho un sacco di compiti da fare e...»

«Ma non dire cazzate!» mi interruppe ridendo «Se fosse per te, saresti sempre piena di impegni e non usciresti mai di casa! Sai, te lo dico io dove andiamo. Oggi ti porto al parco»

«Non ho proprio vie di fuga, eh?» dissi esasperata alzando gli occhi al cielo.

«No, nessuna» sorrise soddisfatto.

Si vedeva chiaramente che gli piacevo, era troppo premuroso nei miei confronti. Non mi trattava come si tratta un’amica, lui mi adorava.

Io, però, non sapevo quali sentimenti provassi per lui: alla fine forse un po’ mi piaceva anche... ma accertarmene non era tra le mie priorità. Sarà anche da egoisti, ma io preferivo un amico che mi consolasse a un fidanzato. Anche se questo amico era interessato a me, e ciò significava farlo soffrire.

Prendemmo l’autobus che ci portò alla fermata della villa comunale. Scendemmo e ci avviammo verso il cancello principale.

Passeggiamo per almeno due ore, parlando di argomenti senza senso e ridendo come due scemi, o molto spesso senza dire niente.

A un certo punto il mio stomaco brontolò.

«Uhm, credo di avere fame...»

«Ti va una pizza in due?» disse con uno sguardo ammiccante.

«Certo, una pizza non si rifiuta mai!» risi «Ma dov’è che la andiamo a prend-» lasciai a mezz’aria la frase quando un delizioso odore di pizza margherita arrivò sotto il mio naso. Seguii con l’olfatto quel profumo così invitante, e mi ritrovai davanti agli occhi un chiosco per la pizza nuovo di zecca. «Oh, ecco» esclamai. Poi mi girai verso Andrea e lo guardai compiaciuta.

«Chi arriva per ultimo paga!» urlò. Poi poggiammo gli zaini a terra e iniziammo a correre.

 

Parte II

Dopo neanche cinque metri lo superai senza sforzo.

«Gnè gnè» gli feci la linguaccia una volta arrivata «Ho vinto io, ho vinto io, ho vinto io» giravo in tondo e mi lagnavo come una ragazzina piccola.

«Ma secondo te? Sono io quello che ti ha voluto far vincere!» disse lui col fiatone.

«Certo, certo, come no! Ma se non riuscivi nemmeno a starmi dietro!» risi.

«Ok, ho capito, pago io» alzò le mani e si avvicinò al chiosco.

Ordinammo una pizza margherita, e dopo essere tornati agli zaini, ci sedemmo sull’aiuola e iniziammo a mangiare.

Andrea prese il primo pezzo e iniziò a mangiucchiarlo. Non aveva molta fame, ed era evidente che aveva proposto la pizza solo per farmi mangiare qualcosa.

Ma quanto era premuroso? Forse un po' troppo.

Anche io ne presi un pezzo, ma a differenza sua lo divorai in cinque secondi. Non avevo fame, di più.

«Cacchio che sete! La pizza è salatissima! Ti va una bibita?» mi chiese.

«Certo, ho sete anche io» risposi.

Si alzò e si riavvicinò al chiosco, e quando tornò aveva in mano una lattina di coca. Nel frattempo io avevo già divorato metà della pizza.

«Mamma mia com’è salata!»

«Sarà pure salata, ma ne hai già mangiata la metà!» rise.

«Eh vabbè, ho fame!»

«Lo vedo!» sghignazzò.

Prese la lattina che aveva in mano e la aprì, poi tolse la carta dalla cannuccia e la infilò nell’apertura della bibita.

«Ehm, Andrea? Una sola cannuccia? E io non bevo?»

«Certo che bevi, scema!»

«Una sola cannuccia...» continuavo a non capire.

Mi rivolse uno sguardo ammiccante, bevve un sorso di coca e avvicinò la cannuccia alle mie labbra.

Io lo guardai storto, poi cercai di acchiapparla, ma lui continuava a muovere la lattina a destra e sinistra.

«Che cavolo!» gli strappai la bibita dalle mani, tolsi la cannuccia dall’apertura e ne trangugiai la metà direttamente dalla lattina. Rimisi la cannuccia al suo posto e mi pulii la bocca con la manica della maglietta. Infine porsi di nuovo la lattina ad Andrea sorridendo soddisfatta.

«Che maiale che sei!» scoppiò a ridere.

  
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