Capitolo 10
- It's not easy love but you've got friends you can trust
Parte
I
Da
quel giorno iniziai a volergli veramente
bene: il nostro legame si rafforzò e lui diventò
il mio migliore amico. Era
l’unico a conoscere il vero motivo del mio malumore cronico,
l’unico sempre pronto
a distrarmi dal dolore che oramai riempiva il mio tempo.
La
maggior parte dei giorni, all’uscita da
scuola, cercava di convincermi di non rintanarmi in camera mia, ma
uscire con
lui e andare in giro. Anche se, molto spesso, non ci riusciva.
Una
volta, dopo scuola mi propose di andare al
parco.
Io
ero seduta ad aspettarlo sulla solita
panchina, quando lui arrivò trotterellante con uno zaino
enorme sulle spalle e un sorriso smagliante sulla
faccia. Quanto lo invidiavo! Perché non potevo
anch’io essere felice come lui?
«Ehilà
Nikki! Dove andiamo di bello oggi?»
«Da
nessuna parte. Oggi ho un sacco di compiti da fare e...»
«Ma
non dire cazzate!»
mi interruppe ridendo «Se
fosse per te, saresti sempre piena di impegni e non usciresti mai di
casa! Sai,
te lo dico io dove andiamo. Oggi ti porto al parco»
«Non
ho proprio vie di fuga, eh?»
dissi esasperata alzando gli occhi al cielo.
«No,
nessuna»
sorrise soddisfatto.
Si
vedeva chiaramente che gli piacevo, era
troppo premuroso nei miei confronti. Non mi trattava come si tratta
un’amica,
lui mi adorava.
Io,
però, non sapevo quali sentimenti provassi
per lui: alla fine forse un po’ mi piaceva anche... ma
accertarmene non era tra
le mie priorità. Sarà anche da egoisti, ma io
preferivo un amico che mi
consolasse a un fidanzato. Anche se questo amico era interessato a me,
e ciò
significava farlo soffrire.
Prendemmo
l’autobus che ci portò alla fermata
della villa comunale. Scendemmo e ci avviammo verso il cancello
principale.
Passeggiamo
per almeno due ore, parlando di
argomenti senza senso e ridendo come due scemi, o molto spesso senza
dire
niente.
A
un certo punto il mio stomaco brontolò.
«Uhm,
credo di avere fame...»
«Ti
va una pizza in due?»
disse con uno sguardo ammiccante.
«Certo,
una pizza non si rifiuta mai!»
risi «Ma
dov’è che la andiamo a
prend-»
lasciai a mezz’aria la frase
quando un delizioso odore di pizza margherita arrivò sotto
il mio naso. Seguii
con l’olfatto quel profumo così invitante, e mi
ritrovai davanti agli occhi un
chiosco per la pizza nuovo di zecca. «Oh,
ecco»
esclamai. Poi mi girai verso
Andrea e lo guardai compiaciuta.
«Chi
arriva per ultimo paga!»
urlò. Poi poggiammo gli zaini a terra e iniziammo a correre.
Parte
II
Dopo
neanche cinque metri lo superai senza
sforzo.
«Gnè
gnè»
gli feci la linguaccia una volta
arrivata «Ho
vinto io, ho vinto io, ho vinto io»
giravo in tondo e mi lagnavo come una ragazzina piccola.
«Ma
secondo te?
Sono io quello che ti ha voluto far vincere!» disse lui col
fiatone.
«Certo,
certo, come no! Ma se non riuscivi nemmeno a starmi dietro!»
risi.
«Ok,
ho capito, pago io»
alzò le mani e si avvicinò al chiosco.
Ordinammo
una pizza margherita, e dopo essere tornati agli zaini, ci sedemmo
sull’aiuola e iniziammo a mangiare.
Andrea
prese il primo pezzo e iniziò a
mangiucchiarlo. Non aveva molta fame, ed era evidente che aveva
proposto la
pizza solo per farmi mangiare qualcosa.
Ma
quanto era premuroso? Forse un po' troppo.
Anche
io ne presi un pezzo, ma a differenza sua
lo divorai in cinque secondi. Non avevo fame, di più.
«Cacchio
che sete! La pizza è salatissima! Ti va una bibita?»
mi chiese.
«Certo,
ho sete anche io»
risposi.
Si
alzò e si riavvicinò al chiosco, e quando
tornò aveva in mano una lattina di coca. Nel frattempo io
avevo già divorato
metà della pizza.
«Mamma
mia com’è salata!»
«Sarà
pure salata, ma ne hai già mangiata la metà!»
rise.
«Eh
vabbè, ho fame!»
«Lo
vedo!»
sghignazzò.
Prese
la lattina che aveva in mano e la aprì,
poi tolse la carta dalla cannuccia e la infilò
nell’apertura della bibita.
«Ehm,
Andrea? Una sola cannuccia? E io non bevo?»
«Certo
che bevi, scema!»
«Una
sola cannuccia...»
continuavo a non capire.
Mi
rivolse uno sguardo ammiccante, bevve un
sorso di coca e avvicinò la cannuccia alle mie labbra.
Io
lo guardai storto, poi cercai di acchiapparla,
ma lui continuava a muovere la lattina a destra e sinistra.
«Che
cavolo!»
gli strappai la bibita dalle
mani, tolsi la cannuccia dall’apertura e ne trangugiai la
metà direttamente
dalla lattina. Rimisi la cannuccia al suo posto e mi pulii la bocca con
la
manica della maglietta. Infine porsi di nuovo la lattina ad Andrea
sorridendo
soddisfatta.
«Che maiale che sei!» scoppiò a ridere.