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Autore: bluemary    08/12/2010    11 recensioni
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove. Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto. L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
Cinque sovrani dai poteri straordinari, una ragazza alla ricerca della salvezza per una razza intera, un umano con la magia che sembra stare dalla parte sbagliata. Benvenuti su Sylune, una terra dove la speranza è bandita e dove gli ultimi uomini liberi lottano per non soccombere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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A distanza di qualche anno, torno a postare su Efp questa mia storia, questa volta con l'intenzione di concluderla e di ritrovare l'entusiasmo con cui la scrivevo. Spero sia di vostro gradimento^^



-Prologo: Speranza inascoltata-

Era stanca.
Socchiuse gli occhi, cercando dentro di sè le forze per non abbandonarsi sul terreno rovente che le graffiava dolorosamente il corpo.
Ormai le gambe avevano smesso di sostenerla da un tempo infinito, attimi sempre uguali di fatica e stordimento, in cui la ferrea volontà che la manteneva cosciente si era scontrata con il corpo allo stremo delle forze e l’aveva incitata a proseguire, nonostante una striscia rossa, segno del suo passaggio, marchiasse goccia a goccia i suoi passi. Si trascinò per un altro paio di dolorosi metri, tremando per le fitte al fianco ferito e respirando appena nella torrida aria estiva, riscaldata da un sole impietoso.
L'avevano trovata di nuovo.
Ancora non riusciva a capire come questo fosse stato possibile.
Huan, un agglomerato di case troppo piccolo per essere considerato una città, era il nascondiglio ideale per chi, come lei, non voleva farsi notare. Dopo la terribile esperienza nelle carceri degli Oscuri, il suo unico desiderio era stato rifugiarsi in quel villaggio sconosciuto ai più e scomparire, mescolarsi alla gente normale fingendo di essere una di loro, di appartenere a quei volti tutti simili che pure lasciavano trapelare una serenità a lei sconosciuta.
E, per un paio di anni, aveva davvero creduto di esserci riuscita.
Fino a quella mattina.
I soldati erano arrivati all'alba, più di cinquanta, seguendo le indicazioni di un contadino che aveva reputato più importante qualche moneta d'oro rispetto alla vita di quella strana ragazza che aveva la magia.
Come per un sesto senso, appena sveglia aveva sentito nell’aria sapore di lacrime; era uscita di casa quando il cielo ancora mostrava le sfumature della notte, in una passeggiata solitaria per scacciare quell’oscuro presentimento di dolore che le attanagliava la mente e si faceva di secondo in secondo più pressante.
Pochi minuti dopo si era ritrovata circondata.
Aveva guardato per un breve attimo quei volti crudeli e impassibili, resi ancor più minacciosi dalle spade al fianco e dagli elmi decorati con l’emblema della Fiamma Nera, ormai sinonimo di sangue e lacrime.
Combattere, o anche solo ribellarsi, sarebbe stata una follia.
E lei aveva combattuto, con la disperazione di chi preferisce la morte alla resa; aveva raccolto ogni singola goccia di magia per fronteggiare quei soldati e, una volta compresa l’inutilità dei suoi sforzi contro un nemico troppo numeroso, aveva cercato volontariamente le lame affilate con cui essi la minacciavano.
Non si sarebbe fatta prendere viva un'altra volta.
Un urlo l’aveva fermata dal mettere in atto i suoi propositi di morte.
Con stupore aveva visto gli uomini del villaggio circondarla e aiutarla a fuggire, svelando ai sorpresi guerrieri della Fiamma Nera il coraggio quasi suicida della povera gente quando deve difendere la propria casa. Poi i soldati avevano attaccato, i primi corpi erano caduti a terra con un suono cupo e l’aria si era impregnata di sangue, un odore insopportabile che ancora adesso sembrava rinchiuderla in un abbraccio viscido e soffocante.
Si passò una mano sulla fronte sudata, scostandosi i capelli scuri da davanti al volto, i lineamenti contratti in un’espressione amara.
Quante altre volte degli innocenti sarebbero morti per proteggerla?
Quanti occhi avrebbe visto riflettersi di dolore e poi spegnersi nel nome di una speranza a cui lei stessa non credeva?
Una speranza che portava il suo nome...
Mordendosi un labbro screpolato per la mancanza d'acqua si costrinse ad alzarsi in ginocchio.
Poi in piedi.
La ferita al fianco riprese a sanguinare, ma lei la ignorò: non aveva nè il tempo, nè la forza di cambiare quella striscia di stoffa ormai logora che era riuscita a utilizzare come un'improvvisata fasciatura. Adesso doveva mettere un piede davanti all'altro, concentrarsi solo sul passo successivo e sgombrare la mente dal dolore che minacciava di travolgerla.
Fece una smorfia per non urlare, il fianco martoriato le pulsava con fitte quasi insopportabili e sapeva che entro pochi minuti la perdita di sangue l'avrebbe indebolita a tal punto da farle perdere conoscenza.
Continuò ad avanzare faticosamente, senza chiedersi quanto avrebbe retto il suo corpo, non sarebbe riuscita a trovare la forza di illudersi. Doveva solo tenere duro per qualche altro minuto, abbastanza da arrivare nella vicina città di Lorimar, ricevere cure, forse anche aiuto.
E poi, causare la morte di qualcun altro.
Boccheggiò in preda ad un dolore troppo profondo per essere curato.
Come in un miraggio le comparvero davanti agli occhi i volti degli uomini che l'avevano protetta, del noioso Obiko, di Sky, la giovane guerriera sempre sorridente, di Vard, il suo Vard...
Quasi rabbiosamente fece un altro passo, affondando il piede nella sabbia che, da qualche metro, aveva preso il posto delle pietre.
Ancora non si scorgeva Lorimar, ma forse, una volta superata l'alta duna di fronte a sè, avrebbe scoperto che la città era semplicemente a poche centinaia di metri. Arrivata in cima si fermò a guardare le sue speranze infrante da un oceano di sabbia dorata che non lasciava intravedere alcun segno di vita.
La disperazione prese il posto della risolutezza con cui si era spinta ai limiti delle sue forze, in un cammino costellato di cadaveri che non le avrebbe risparmiato la morte.
Il sole e la sete avrebbero preso la vita che gli Oscuri non erano riusciti a rubarle.
Strinse i pugni, tremando in tutto il corpo.
Il sacrificio dei suoi amici, la sua fuga, la ferrea volontà di continuare a camminare...
A cos'era servito?
Crollò a terra.
Che ci pensasse un altro come lei a portare avanti quella lotta.
Chiuse gli occhi, accogliendo la morte con un sorriso di scherno e amarezza.
Una lacrima sola scese a bagnare quella terra che reclamava inascoltata il nome della sua speranza.
…Viridian…
   
 
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