L’Avana, Cuba, 1977
Agosto
Lucy salì al proprio piano con il
sorriso stampato sulle labbra. Labbra che continuava a sfiorare, di tanto in
tanto, come per assicurarsi che il bacio di Enrique non fosse stato soltanto
frutto della sua immaginazione. Se non fosse stata sicura del contrario,
avrebbe detto che se n’era innamorata. Innamorata a prima vista. Non le era mai
successo. Non si era mai innamorata. Aveva stretto qualche relazione di poco
conto – e forse anche per questo sua madre l’aveva quasi ripudiata –, ma non si
era mai innamorata. Se avere lo stomaco in subbuglio a quel modo significava
essere innamorata. Poteva anche essere un’intossicazione alimentare. No, non
poteva. Era amore.
Si trovò improvvisamente di fronte
alla sorella. Cercò di cancellarsi rapidamente il sorriso dal volto. “Ciao,
Katie.”
“Ero un po’ preoccupata…”
“Scusa, mi sono trattenuta.”
“Sei tornata da sola? È un po’…”
“…pericoloso? Sì, lo ha detto anche
Luis. Ha chiesto a suo figlio di farmi accompagnare.”
“Luis ha un figlio?”
Lucy annuì. “Si chiama Enrique, ha la
stessa età di… beh, di Javier. Andavano a scuola assieme.”
“E’ stato gentile” rispose Katie,
ignorando la parte della frase che riguardava Javier.
“Sì. È un uomo interessante. Lo rivedrò.
Domani sera.”
“Sono contenta.”
“Sì, anch’io.”
Ci fu un minuto di silenzio.
“Lucy, mi dispiace di essere
scappata così dalla Rosa Negra, ma…”
“Katie, non è a me che devi chiedere
scusa.”
“Lo so. Domani andrò da Javier, e…”
“Non parlavo di Javier, ma di
Isabella.”
“Lucy, non potevo lasciarla lì… con
quel ragazzo.”
Una sensazione familiare di vuoto
allo stomaco colse Lucy all’improvviso. Ci sarebbero voluti trenta secondi per
spiegare a Katie che Isabella e Ricardo non erano cugini, ma… non aveva voglia
di parlarne. Non più. “Katie…”
“Lucy, mi dispiace per quello che ti
ho detto.”
“Non preoccuparti. Forse hai
ragione. Comunque sia, non sono arrabbiata. Sono solo stanca delle tue paure.”
“Lucy, anche tu avresti paura, se
fossi nella mia situazione, e…”
“Katie, capisco benissimo la tua
situazione. Ho di nuovo parlato con Javier, stasera. E sinceramente, credo che
dovresti farlo anche tu. Per il bene di tutti.”
“Per il bene di tutti? Non riesco a…”
“Vai a parlare con Javier, Katie. Parla
con lui, parla con tua figlia. Smettila di parlare con me. Scusa, ma sono
stanca.”
Lucy superò Katie e si infilò nella
propria stanza. Katie indugiò sulla porta della propria stanza ancora per un
paio di minuti, poi si diresse verso la stanza della figlia. Bussò un paio di
volte, senza ottenere risposta. Poi spinse la porta. Era aperta. Entrò e si
sedette sul bordo del letto.