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Autore: The Green Writer    08/12/2010    3 recensioni
"Quando partiamo?"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Tutto pronto?"
"Mm, vediamo. La valigia delle mie scarpe... Joey, dove hai messo i libri per la scuola? Ah, sono qui, scusa..."
Adie era agitatissima. Controllava e ricontrollava di aver perso tutto.
Era ancora intenta per l'ennesima volta al controllo della valigia "capi invernali di Joey", quando quest'ultimo entrò in salotto, accarezzando Zero.
I bambini avevano trovato il gattino in giardino: si era riparato dalla pioggia sotto il tavolino vicino alla piscina; era piccolissimo, aveva pochi mesi. Morbidissimo, con una macchiolina bianca sul muso e due grandi occhi gialli. Era davvero bellissimo.
E non mi aveva mai graffiato. O almeno, non ancora.
"Mamma, mi hai chiamato?"
"No, tesoro, ho trovato quello che cercavo..."
Adie uscì dalla stanza; la sentimmo scendere rumorosamente le scale e scendere in cantina per controllare di aver preso tutti i nostri preziosi vinili.
Mi avvicinai a Zero e iniziai ad accarezzarlo piano, sulla testa. Quello fece le fusa e chiuse gli occhi.
"Tieni!" mi disse Joey. Lo presi delicatamente; Zero iniziò a strusciarsi contro il palmo della mia mano sinistra.
Joey incrociò le braccia sul petto. Osservava la stanza, ormai vuota, con uno sguardo strano. Solo allora mi resi conto che lui non aveva ancora detto nulla riguardo a ciò che avevamo deciso. 
"Joey..." esordì. Lui si voltò verso di me. "Joey... cosa ne pensi di questo... insomma, di ciò che stiamo per fare?"
Il cuore mi batteva all'impazzata, avevo paura che mio figlio mi considerasse colui che lo aveva strappato bruscamente dalla sua vita quotidiana, dalla sua scuola, dai suoi amici, dalla nonna. 
"Bè, ormai che differenza fa? Tanto stiamo per partire, no?"
Un tuffo al cuore. Proprio le parole che non avrei voluto sentire.
"No, non dire così... la tua opinione è importante per noi." dissi, indicandomi "Lo sai."
Il suo sguardo si raddolcì un poco. Era davvero un bambino maturo per la sua età.
"Papà... io sono felice di poter stare insieme a te. Mi sei sempre mancato... ho sempre voluto stare con te per un tempo che fosse superiore a due giorni..." alzò gli occhi al cielo "Ho solo un po' di... paura. Ecco... non mi interessa della scuola e nemmeno degli amici. Tutte le persone che mi si avvicinano lo fanno per arrivare a te. Mi mancherà tanto la nonna, però."
Lo guardai di nuovo. Non pensavo che mio figlio fosse solo. Jake era sempre così allegro e vivace, aveva così tanti amici che mi faceva pensare che fosse lo stesso anche per Joey. In tutti quegli anni non mi ero mai accorto della sua sofferenza; solo ora notai quell'ombra malinconica nei suoi occhi castani. Per un momento mi ricordò Mike, quando lo vidi per la prima volta. 
Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Zero si accoccolò sulla sula spalla: era così piccolo che non sarebbe caduto. Joey iniziò a piangere piano, sommessamente. Mi strinse forte a se. Parlai per primo, cercando di consolarlo.
"Joey... tu sei una persona fantastica. Sei così buono, così gentile con tutti... non è colpa tua se le persone sono opportuniste. Sai cosa significa, vero?" Lui annuì. "Non devi sentirti solo. NON sei solo. Ci sono tua madre, la nonna, Jake... e finalmente ora ci sono anch'io. E Zero. Troverai anche tu i tuoi amici, vedrai. Presto."
Joey annuì e tirò su col naso. In quel momento entrò Adie con una pila di 75 giri in mano. 
Sbuffò.
"Mi sono dimenticata questi!" Sollevò leggermente il braccio che reggeva la pila.
Ci guardò e, senza un minimo di tatto (forse non aveva capito che Joey aveva appena pianto, disse: "Allora, che fate lì impalati? Joey, vai a prendere dei panni in cucina, Zero dovrà pure dormire da qualche parte, no?"
"S-subito."
Joey prese in mano Zero, ancora sulla sua spalla, si staccò da me e uscì dalla stanza.
Appena sentì la porta chiudersi, Adie mi chiese cosa fosse successo; in breve, le riassunsi ciò che mi aveva detto Joey.
Lei sospirò e scosse leggermente la testa. Per un po’ non disse nulla.
“Io lo sapevo già.” Disse all’improvviso.
La guardai con aria interrogativa, in cerca di spiegazioni.
“L’ho beccato mentre piangeva in camera sua con la foto del suo ultimo compleanno… la foto che ha scattato con Ollie.”
”Ah.” Non riusciva a parlare, nonostante avessi un milione di cose da dire.
“Mi ha spiegato tutto… pensavo stesse bene adesso. Non fraintenderlo: lui vuole stare con te… ma si sente solo: uno dei suoi pochi punti fermi era la nonna.”
Vidi Adie cambiare espressione e capì che dai miei occhi trapelava tutto il mio dolore. Mi faceva male che lei parlasse con me di nostro foglio come se fosse un estraneo per me. Si avvicinò a me e mi abbracciò.
“Vedrai che ora si sistemerà tutto. Non preoccuparti.”
Mi baciò lievemente la guancia. In quel momento squillò il telefono.
“Billie Joe, siete pronti?” era Mike.
“Si, Mike, arriviamo”
“Va bene, a fra poco allora.”
La conversazione si concluse lì. Quell’eccitazione che avevo trattenuto per tutto quel tempo iniziava a far  breccia al muro dell’autocontrollo.
“Adie… è ora.”
  
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