Parte V: Di
nuovo nel baratro
Quella mattina Misa si alzò presto. Voleva
essere in piena forma quel giorno e non doveva assolutamente arrivare in
ritardo.
Non aveva avuto ripensamenti rispetto alla decisione che aveva preso quella
notte e non aveva intenzione di averli. Ciò non significava però che non fosse
agitatissima. Non era mai stata così ansiosa nelle questioni d’amore e non si
era mai preoccupata così della risposta che i ragazzi a cui si era dichiarata
le avrebbero dato. Perfino con Light, il suo primo, vero amore, non si era
agitata più di tanto. Ma quella mattina il solo pensare a quello che stava per
fare le faceva venire una crisi isterica. Dovette bersi due tisane per riuscire
calmarsi almeno un po’.
Le ci vollero più di due ore per prepararsi: si truccò e struccò almeno una
decina di volte prima di pensare al fatto che Athena la preferiva senza trucco,
cambiò una ventina di vestiti e si acconciò i capelli in mille maniere diverse.
Alla fine optò per un vestito abbastanza semplice ma colorato che le arrivava
al ginocchio, l’unico di quel genere che aveva nell’armadio, lasciò i capelli
sciolti mettendoci qualche mollettina e si infilò un paio di stivaletti neri.
Uscì di casa di corsa, maledicendosi, ma arrivò lo stesso tardi
all’appuntamento con l’amica.
“Scusa il ritardo!!” esclamò ansimando quando arrivò sul posto. “Non mi è
suonata la sveglia e sono alzata tardi”. Era una bugia ma non poteva certo
dirle che aveva fatto tardi perché aveva passato due ore a farsi bella per lei!
Athena sorrise. “Non ti preoccupare”disse tranquilla. “Non è una tragedia
arrivare con dieci minuti di ritardo!”. La squadrò per un istante poi aggiunse:
“Ehi! Ma come siamo carine oggi! Non avrai conosciuto qualche bel ragazzo senza
dirmi nulla!”.
La modella avvampò. “Ma…ma che dici! Non ne voglio più sapere di ragazzi per un
po’ dopo quello che ho passato con Light!” si schermì.
La ragazza con gli occhi smeraldo la guardò con l’aria di chi la sa lunga e
ridacchiò, ma non replicò.
“Allora, dove mi porti oggi?” domandò Misa, ansiosa di cambiare argmento.
“Volevo andare all’orto botanico se per te va bene” le rispose la sua migliore
amica. “Ma…stai bene? Mi sembri molto agitata stamattina”.
Misa sentì le guance prenderle nuovamente fuoco. “Certo!” si affrettò a dire.
“Ne sei sicura?” insistette Athena posandole le mani sulle spalle, cosa che
fece avvampare e agitare ancora di più la sua interlocutrice. “A me puoi dire
tutto, lo sai, Misa”.
“Davvero, non è nulla” fu la risposta evasiva.
La fondatrice dei Veri Illuminati la guardò per niente convinta e si strinse
nelle spalle. “Se lo dici tu…Su, andiamo o troveremo un sacco di coda
all’ingresso” fece ncamminandosi.
La bionda le si affiancò e la seguì docilmente. ‘Ho sprecato un’occasione per
dirglielo!’ pensò irritata dal proprio scarso autocontrollo. ‘Ma forse è meglio
così: ero troppo in ansia, chissà che cosa mi sarebbe uscito da questa dannata
bocca! Su, Misa, devi darti una svegliata! Uhm…l’orto botanico…Di sicuro
troverò il momento adatto per dichiararmi lì!’.
E di occasioni ne ebbe parecchie, ma non riuscì a sfruttarne nemmeno una. In
parte fu colpa della sfortuna perché, proprio quando stava per iniziare,
arrivava sempre qualcosa che la interrompeva, in parte di Athena, troppo
concentrata sulle bellezze vegetali che la circondavano per notare lo strano
comportamento dell’amica, in parte colpa sua perché le mancò il coraggio di
affrontare il discorso. Così, alla fine della giornata, se ne tornò a casa
infuriata con sé stessa senza aver concluso nulla.
Misa sospirò. Era passata un’oretta da quando aveva lasciato Athena per tornarsene
a casa. Era appoggiata al davanzale della finesta della sua camera e guardava
la gente camminare lungo i marciapiedi. Aveva fallito. Si era dimostrata ancora
una volta incapace di combattare per i suoi sogni. In quei mesi si era illusa
di essere cambiata, ma a quanto pareva si era sbagliata ed era ancora la solita
codarda. Sospirò nuovamente.
“Misa-Misa è una frana” borbottò andando a sedersi davanti alla televisione.
“Domani sarà un altro giorno e io non avrò più il coraggio di ritentare. Era
oggi il giorno buono, lo sentivo e io l’ho sprec…”. Non finì la frase perché un
pensiero la colpì all’improvviso: il giorno non era ancora finito! La sua
possibilità non era ancora del tutto sfiorita!
Si precipitò fuori dal suo appartamento senza neanche pensare e prese
l’autobus, diretta a casa di Athena. Corse lungo la stradina dove era situata
la villetta. Stava per bussare quando udì delle voci provenire dall’interno.
Rimase interdetta: Athena aveva visite? Strano, di solito la ragazza non
frequentava nessuno a parte lei e gli altri compagni della setta e comunque mai
a casa sua. Chi poteva essere allora? Si affacciò titubante a una finestra,
attenta a non farsi notare. Quello che vide le fece sgranare gli occhi: Athena
stava abbracciando strettissimo un ragazzo che doveva avere qualche anno più di
lei e sembrava più felice che mai. Lo sguardo della giovane era radioso come
non l’aveva mai visto e i due scambiavano sguardi pieni di una complicità che
la modella non aveva mai sperimentato. Lo sconosciuto le sorrise e le baciò la
fronte con affetto, mentre lei cercava di scostarlo ridendo.
Fu come se qualcosa si fosse appena rotto dentro Misa. Fece qualche passo
indietro barcollando mentre lacrime bollenti di dolore le rigavano le guance.
Si diede della stupida: era ovvio che una ragazza speciale come la sua migliore
amica fosse fidanzata! Ma, dato che Athena non le aveva detto niente, il
pensiero non l’aveva nemmeno sfiorata. Si voltò e scappò via, sentendosi di
nuovo distrutta come dopo la morte di Light, anzi peggio di allora.
Raggiunse il suo appartamento, si chiuse dentro e rimase a piangere per un
tempo indeterminato, raggomitolata sul letto, in cerca di protezione contr quel
nuovo, inaspettato dolore. Come aveva potuto pensare di poter ricominciare una
vita che era finita più di un anno prima? Lei era morta con la chiusura del
caso Kira, si era solo illusa di poter trovare un nuovo inizio, di poter vivere
solo per i suoi sogni. Si pentì di non averla fatta finita già allora, si
sarebbe risparmiata mesi interminabili di sofferenza e noia.
“Non voglio soffrire di nuovo in quel modo! Non voglio tornare all’esistenza
che facevo prima…” mormorò. Quel pensiero si impossessò di lei insieme a una
nuova calma glaciale. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano, prese un
foglio di carta e si mise a scrivere. Quando ebbe finito, piegò in due la
pagina, vi scrisse sopra “Per Athena Kunuichi” e la lasciò sul tavolino
dell’ingresso. Poi lasciò nuovamente l’appartamento, senza chiudere a chiave.
Una decina di minuti dopo Athena era davanti alla porta di Misa, più felice
che mai. Non poteva crederci, era venuto da lei! Finalmente Ares aveva
mantenuto la sua promessa! Era da settimane che le diceva che sarebbe tornato a
trovarla, ma aveva sempre avuto contrattempi. Era una vita che non si vedevano
e poter finalmente riabbracciare suo fratello era stato fantastico. E voleva
condividere questa gioia immensa con la sua migliore amica. Dato che non
rispose nessuno al campanello, la giovane abbassò la maniglia scoprendo così
che la porta era aperta. Per qualche motivo l’ansia la prese alla gola: aveva
un orrendo presentimento.
“Misa…”chiamò entrando. Le rispose solo il silenzio. Guardò in tutte le stanze:
la casa era deserta. Athena inziò ad agitarsi: dove diavolo si era cacciata Misa?
Fu allora che notò il biglietto sul tavolino. Lo afferrò e lo lesse in fretta.
Ciò che vi era scritto la lasciò sgomenta.
“Cara Athena,
so che mi odierai per questo, ma, fidati, non c’era altra soluzione. Io non
posso essere salvata, è troppo tardi per me, ho rinunciato a vivere un anno fa.
Però voglio che tu sappia una cosa: tu sei stata la persona più importante
della mia vita. Ti voglio ringraziare per tutto quello che hai fatto per me in
questi mesi, per avermi hai fatto riassaporare il dolce sapore della vita a cui
io avevo rinunciato un’ultima volta, per avermi regalato almeno per un po’ la
speranza che io avevo creduto persa per sempre. Ti sono debitrice. Ma tu hai la
tua vita e, da quanto ho visto stasera, in essa non c’è posto per me. O, almeno,
non c’è il posto che vorrei. Non sentirti in colpa, non ne hai motivo. Tu hai
fatto tutto ciò che potevi, anzi di più. Ma ricordatelo, Athena, non puoi
aiutare tutti, non puoi salvarci tutti. Io ero già condannata, devo pagare per
i miei peccati. Quello che sto cercando di dirti è che ti amo, Athena, ti amo
come non ho mai amato nella mia breve vita. Spero che un giorno potrai
perdonarmi per la mia debolezza, per aver deciso di non combattere, per aver
mollato, per non avere avuto la forza di affrontare la mia vita come si deve.
Sei stata la migliore amica che potessi desiderare. Sono felice di averti avuta
con me anche se per così poco tempo. Ma la vita è ingiusta, lo sappiamo
entrambe fin troppo bene.
Addio,
Misa.
Ps: Troverete il mio corpo vicino alla chiesetta dove andavamo a fare i
pic-nic. Non cercarmi.”
Appena finì di leggere, Athena lasciò cadere il biglietto e si precipitò
fuori dall’appartamento. Il suo corpo faticava a risponderle e la sua mente era
in sobbuglio, ma non c’era tempo per i dubbi, la disperazione, i sensi di colpa
o le debolezze. Si parò davanti alla prima macchina che passava e implorò il
guidatore di darle un passaggio. L’uomo, vedendola disperata, la accontentò e
guidò più veloce che potè fin dove diceva lei.
Una volta arrivati, la ragazza lo ringraziò velocemente e corse verso la
chiesa. Sentiva un caos di emozioni esploderle dentro, ma sapeva che doveva
tenerle sotto controllo, altrimenti non avrebbe avuto nessuna possibilità di
salvare la persona che per lei significava di più. Arrivò senza fiato in cima
alla scalinata che portava al balcone posto sul tetto dell’edificio e un’ondata
di sollievo la avvolse quando vide una figura in piedi sul muretto che
delimitava la balconata.
“MISA!!!”urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
La bionda si voltò. Era in lacrime, ma sembrava decisa a fare quello che voleva
fare.
La ragazza con gli occhi verdi avanzò lentamente verso la sua amica. “Misa, non
fare sciocchezze!” la pregò.
“Che cosa fai qui?” chiese l’altra. “Almeno lasciami morire in pace”.
“No, Misa. Ho…letto il tuo biglietto”.
“Un motivo in più per non essere qui”.
“No, invece. Ascoltami, il ragazzo che hai visto questa sera è mio fratello!
Non è come pensi, io non ho una storia d’amore con nessuno!” spiegò Athena
disperata gesticolando. Doveva fermarla a qualunque costo, doveva salvarla.
Almeno lei.
“Ma questo non cambia le cose” fu la risposta atona.
“Sì che le cambia!”.
“Provi forse qualcosa per me, Athena? Lo so che sembra stupido, ma sapere che
non potrò mai avere ciò che voglio di più al mondo ha fatto tornare a galla
vecchi sensi di colpa, ha riaperto vecchie ferite. E io sono stanca, Athena,
stanca di stare male. È meglio che me ne vada. È meglio per tutti”. Misa si
voltò e si avvicinò ancora di più al bordo.
Athena era terrorizzata: guardava la sua amica impotente e non sapeva che fare.
Non poteva perderla, non poteva. Soprattutto non ora che aveva capito i suoi
sentimenti.
“MISA NON FARLO!” urlò piangendo. “Ti prego, non mi lasciare, non posso vivere
senza di te!”.
“L’hai fatto fin’ora, non vedo cosa sia cambiato” fece la bionda indifferente
senza neanche guardarla.
La ragazza con gli occhi smeraldo prese fiato. Le parole le uscirono fuori da
sole, intrattenibili ormai. “Prima non ero innamorata. Ti amo anche io, Misa,
con tutta l’anima” confessò, con le lacrime che le rigavano il volto.
Misa si voltò di scatto, stupita. Troppo di scatto. I suoi occhi incontrarono
quelli orripilati di Athena, mentre lei perdeva l’equilibrio. Poi sotto di sé
avvertì solo il vuoto.