Era un movimento semplice, si disse Sana, un movimento semplice.
Bastava soltanto allungare il braccio, afferrare saldamente l’apparecchio e portarlo verso di sé.
Pigiare quei pochi numeri sulla tastiera e poi il verde.
Il verde, e sentire la sua voce.
Compose il prefisso internazionale, ed una parte di sé ricordò che quelle stesse dita, quella stessa mano che stringeva la cornetta, quello stesso braccio in tensione erano il motivo per cui si ritrovava sola di fronte ad un telefono ed alla consapevolezza di migliaia e migliaia di chilometri.
Il braccio destro di Hayama…
Il tempo di uscire di casa e bussare alla sua porta sembrava concluso.
Sospeso, si corresse, appoggiando l’apparecchio sul tavolo.
Non l’avrebbe chiamato nemmeno quella sera.
Si sentiva un po’ sciocca, dentro la sua felpa chiara, mentre fissava come una scema i fiocchi di neve cadere lì fuori.
Era il ventiquattro dicembre, la Vigilia di Natale.
Un Natale che non avrebbe passato in compagnia di Hayama.
Il giorno successivo gli avrebbe mandato un fax. O magari ne avrebbe mandato lui uno a lei. Quella sarebbe stata una bella sorpresa.
Distese le labbra in un sorriso: si trattava solo di aspettare. Lui stava facendo del suo meglio, e anche lei.
Stava imparando a non affogare nella paura, mentre Akito, un oceano più in là, ad afferrare di nuovo qualche oggetto.
Sarebbe andata sempre meglio.
Sana osservò di nuovo i fiocchi.
Un giorno in più è un giorno in meno.

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E' la prima volta che pubblico qualcosa. Una cosa piccola. Per chi la lontananza la prova tutti i giorni sulla propria pelle, come me..
Spero che qualcuno mi faccia sapere cosa ne pensa. In ogni caso, grazie anche solo di essere passati a leggere.
Claudia Claustrophobic.