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Autore: Sweet Soul    10/12/2010    2 recensioni
La paura di rovinare un'amicizia fin troppo importante. La paura di un'allontanamento. Nuovi sentimenti che prendono il sopravvento. Lo scenario è il laboratorio di scienze di una scuola occupata, dove le nostre protagoniste daranno inizio ad un gioco pericoloso. In fondo, quando si parla di Amore un pò si è sempre in pericolo, no?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era il quarto giorno di occupazione, l’organizzazione della scuola era stata scritta, copiata ed affissa sui muri di ogni piano. 

In neretto vi erano orari di assemblee, feste, entrate ed uscite; mentre in rosso vi era una grossa scritta: Vietato entrare nei laboratori. 

Chissà perché quella scritta mi induceva ancora di più ad entrarvi, in quei laboratori. 

Scossi il capo, muovendo leggermente le spalle al ritmo della musica che rimbombava forte nell’atrio della scuola. 

Ogni tanto, quando Giorgia mi guardava, arrossivo ed abbozzavo un sorriso. 

E lei mi sorrideva, a volte poggiava la testa sulla mia spalla. 

Lei non sapeva quanto ogni suo minimo gesto fosse interpretato in maniera opposta dalle nostre menti: se per lei qualcosa era segno di amicizia, a me spesso dava false speranze su una possibile storia d’amore tra di noi. 

Era da tempo che mi piaceva, ormai avevo accettato i miei sentimenti per lei e mi ero abituata a tutti i segnali strani che mandava il mio corpo quando la vedeva. 

Mi ero abituata al cuore in gola, all’ansia, alla voglia di vederla sempre e costantemente. 

Mi ero abituata all’avvampare del mio viso ed avevo imparato a gestirlo. 

Ciò che proprio non riuscivo ad accettare era che la nostra sarebbe rimasta sempre e solo una semplice amicizia. 

Insomma, lei era etero. 

Io dal canto mio non le avrei mai e poi mai rivelato i miei sentimenti, non avrei mai rovinato quel poco di amicizia che ci era rimasto. 

Anche se per me la nostra amicizia era stravolta, per ovvi motivi, lei non seppe mai nulla e questo lo decisi perché sapevo che altrimenti lei si sarebbe allontanata definitivamente da me. 

Che tutto sarebbe cambiato, che lei avrebbe iniziato a fare attenzione ad ogni gesto, evitando quelli interpretabili male. 

Avevo già provato ad allontanarmi da lei, senza mai riuscire ad andare fino in fondo. 

Tornavo sempre da lei, affamata di lei e di quel piccolo mondo che condivideva con me. 

Io, che vivevo delle speranze, o meglio illusioni, che i suoi piccoli gesti mi davano, non avrei mai retto un suo allontanamento definitivo. 

Quindi la soluzione che a me sembrava più giusta era di continuare ad amarla in silenzio, per quanto potessi riuscirci, e lasciarle vivere la sua vita in pace.

Era una giornata molto nuvolosa, eravamo a scuola perlomeno da un paio di ore, quando anche Giorgia notò il cartello. 

Gli occhi le si illuminarono e se io mi ero data un contegno cacciando via qualunque pensiero che prevedesse l’entrare nei laboratori di nascosto, lei fece l’esatto opposto. 

Si girò di scatto verso di me, mi prese la mano e mi trascinò verso le scale di emergenza. 

Non mi disse nulla, io avevo capito cosa intendeva fare e lei sapeva che io avevo capito. 

Lei era una piccola scienziata in miniatura ed amava follemente il laboratorio di scienze. 

Questa era una cosa che io sola sapevo, considerando la nomea da puttana senza cervello che solo delle persone invidiose della sua incredibile bellezza, potevano affidarle. 

Che era bellissima, bhè questo sicuramente. 

Era alta 1 metro e 75, aveva i capelli neri e lisci, gli occhi azzurri chiarissimi tendenti al grigio, notevolmente formosa nei punti giusti. 

Oggi, poi, era spettacolare. 

Si era fatta i boccoli con la piastra per arricciare i capelli, un trucco leggero che le metteva moltissimo in risalto gli occhi, sulle guance delle leggere schiocche rosate. 

Indossava una canotta bianca dentro i jeans ed una camicia azzurra da sopra. 

La collana fendi con la lettera G le cadeva morbida sui seni e il profumo era quello di sempre. 

Quello buonissimo. 

Chanel n° 5.

Aspettammo il momento opportuno e quando nessuno potesse notarci, ci intrufolammo su per le scale di emergenza. 

Le salimmo tutte di corsa, facendo attenzione ad essere silenziose, soprattutto quando poi dovevamo superare i corridoi. 

Arrivate al 3° piano raggiungemmo il laboratorio correndo come delle pazze, entrammo trafelate e Giorgia chiuse la porta dietro di sé. 

Scoppiammo a ridere nel buio della stanza, illuminata leggermente soltanto dalla luna che si faceva spazio tra le nuvole. 

Quando Giorgia stava per accendere la luce, udimmo delle voci in lontananza. 

A giudicare dai timbri erano i rappresentanti d’istituto. 

Se ci avessero scoperte, ci avrebbero di sicuro bandite dall’occupazione. 

Giorgia corse verso di me, quando sentii i rappresentati avvicinarsi, spinsi Giorgia contro il muro, dietro una vetrinetta e mi schiacciai contro di lei. 

Eravamo vicinissime, i nostri visi si sfioravano i nostri respiri affannati e spaventati si univano. 

Girai il viso alla destra del suo collo, tentando di fare finta di nulla e cacciando via dalla testa qualunque pensiero non troppo consono. 

Sentivo lo sguardo di Giorgia sul mio viso, la sentivo scrutarlo tutto ed analizzarne ogni dettaglio. 

Fu proprio quando Alberto e Luca, due dei nostri rappresentanti, aprirono la porta che, col fascio di luce proveniente da fuori (Che non ci colpiva direttamente ovviamente, altrimenti ci avrebbero scoperte, ma che comunque illuminava più della luna) che lo vidi. 

Il suo sguardo era diverso dal solito. 

Era fisso sulle mie labbra e sembrava… Affamato. 

Alzò gli occhi e li puntò nei miei. 

Mi lanciò uno sguardo malizioso e quando Alberto e Luca richiusero la porta, lei appoggiò entrambe le mani sulle mie guance, avvicinò i nostri visi e fece scontrare le nostre fonti. 

Mi tenne in quell’ardua da sopportare agonia per qualche secondo, come se non sapesse se osare o no. 

Dopo poco portò le sue labbra sulle mie. 

Ne avvertii l’incredibile morbidezza, mentre le sue mani mi accarezzavano il viso. 

La sentii schiudere le labbra e così feci anche io. 

Subito dopo le nostre lingue si incontrarono per la prima volta ed iniziarono a danzare felici nelle nostre bocche. 

Quanto avevo atteso quel momento. 

Ed in quel preciso istante non riuscivo nemmeno a realizzare bene quello che stava succedendo. 

Afferrai saldamente i suoi fianchi e mi avvicinai di più a lei, senza smettere di baciarla. 

La spinsi ancora di più contro il muro e le sollevai una gamba. 

Con essa lei mi cinse i fianchi ed io afferrai anche l’altra. 

Spostai il mio bacino vicino il suo e premetti. 

Staccò il contatto tra le nostre bocche per riprendere fiato, ed in quel momento la vidi ritornare in sé e prendere le redini della situazione. 

–Ci siamo divertite un po’ troppo per oggi, non credi?-. 

Era ritornata quella di sempre. 

Mi dovetti adattare  fare finta di nulla, per non rovinare l’amicizia. 

Le sorrisi l’abbracciai ed insieme uscimmo dal laboratorio. 

Ricominciammo la nostra corsa per non essere scoperte e dopo poco arrivammo nell’atrio. 

Ci sedemmo sui banchi dove eravamo sedute prima e riprendemmo a muoverci al ritmo della musica ed a guardarci e sorridere. 

Tutto come prima. 

Tutto alla normalità. 

Solo che… Qualcosa era cambiato.

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