Gli aveva posato la sua calda e forte mano sulla spalla
dolorante.
Si era girato. Aveva incontrato i due grandi occhi neri che
lo fissavano e con una stretta al cuore vide quanto erano tristi e stanchi. Anche
lui si sentiva così. E le conseguenze della sua odiata
trasformazione contribuivano solo in parte. Ciò che stava passando in quel momento era dovuto alla continua repressione del travolgente
sentimento che da tanto tempo era imprigionato nel suo fragile corpo. E questa febbricitante passione la provava per il ragazzo in
piedi, di fronte a lui. Il suo tesoro.
Sirius lo sapeva e ricambiava.
L’ostacolo erano le persone accanto
a loro che ignoravano ciò che li univa e che se l’avessero scoperto,
sicuramente delle espressioni di disgusto e severo giudizio avrebbero sfigurato
i loro volti. Gli avrebbero voltato le spalle facendoli sentire abbandonati e in
colpa per il loro innocente amore più di quanto non si sentissero già adesso.
Si stavano fissando ancora negli occhi, confessandosi il
loro amore l’un l’altro accompagnati dal familiare e
onnipresente silenzio ormai componente fondamentale di questi loro sporadici e
trattenuti momenti di intimità.
Ogni qualunque parola non sarebbe stata
all’altezza di quel muto ma intenso scambio di sentimenti. Era un
momento magico. E ne avevano vissuti così pochi…
Un rumore di passi distante ma sempre più vicino li riportò
alla realtà.
I due sguardi indugiavano l’uno sull’altro. Ancora un attimo
sembravano implorare.
La porta si stava aprendo.
I battiti dei due cuori stavano accelerando insieme.
Peter era entrato.
La magia era stata spezzata.
La mano stretta a pugno, come a
obbligarla contro la sua volontà, era scesa lungo il fianco di Sirius.
Remus chiuse gli occhi. Sospirò. Un’infinita e amara
tristezza lo pervase.
Abbandonò la stanza frettolosamente con pallide chiazze di
rosso che gli tingevano il volto esangue.
Si erano confessati il loro reciproco
amore un anno prima.
Sirius aveva fatto il primo passo guidato dalla sua solita
impulsività. Aveva incominciato a vedere Remus con occhi diversi solo da due
mesi e appena si era presentata l’occasione gliel’aveva fatto capire in modo
inequivocabile. Remus lo desiderava da sempre e quando era successo si era
sentito il cuore caldo dopo anni di gelo. Una piccola fiammella si era accesa
nel tunnel buio della sua esistenza. Ma era durato per
così poco tempo. Passato qualche giorno entrambi avevano
capito che quel loro ardente amore doveva essere tenuto nascosto come un
delitto.
Non potevano farsi scoprire.
Se Sirius veniva preso per mano da
una delle tante ragazze che gli ronzavano attorno, Remus doveva voltarsi e
mascherare con una risata le lacrime di sangue che versava il suo cuore.
Se Malfoy prendeva in giro Remus,
Sirius poteva solo difenderlo, ma non avrebbe mai potuto asciugare le amare
lacrime che scorrevano timide lungo il viso del suo Rem. E così veniva preso dallo sconforto anche lui. Non riusciva a
sopportare che il suo tesoro fosse triste. Non
sopportava più questa vita così simile a una gabbia.
Nessuno sospettava niente. In pubblico,
solo quando erano sicuri che nessuno li guardasse, si scambiavano appassionati sguardi
che duravano quanto un batter di ciglia, ma che per loro erano eterni.
La vicinanza di uno accanto all’altro bastava a spazzare via l’amarezza e il
dolore per rimpiazzarli con un sorriso.
Ma non era abbastanza. Per nessuno
dei due.
I sorrisi prima così luminosi, nell’ultimo periodo si erano
spenti ed erano diventati inesorabilmente cupi e affranti.
Vivevano con angoscia il loro amore. Quel crudele senso di oppressione non li abbandonava mai. Era come se cercassero
di fuggire, ma in realtà non riuscivano neppure
a correre. C’era solo un’unica via di uscita.
Avevano deciso che era venuto il momento. Era bastato uno
sguardo perché si leggessero nei cuori e si capissero.
Era ciò che desideravano entrambi. Una lacrima aveva solcato
la guancia di Remus ed era morta sulle sue labbra. Il silenzioso patto era
stato suggellato.
Quella notte si erano recati nel bagno maschile al settimo
piano. Erano troppo timorosi di tenersi per mano mentre percorrevano i corridoi
bui.
Erano arrivati di fronte alla porta del bagno. Remus sentì
la mano di Sirius gelarsi all’improvviso, così come la sua.
Varcarono la soglia. Una pallida luce lì investì.
Si avvicinarono a un lavello e
Sirius riempì con cura i bicchieri. Ne porse poi uno a Remus, che lo prese con mano tremante. Tutto il suo
corpo era scosso da tremiti al pensiero di ciò che stava per fare, ma la sua
volontà non vacillò neppure un istante. Sirius estrasse dalla tasca una piccola
boccetta gialla. Ne versò il contenuto sulla mano. Erano delle minuscole
pastiglie bianche. Remus le fissava intontito. Sarebbero state loro a condurlo fuori da questa gabbia per sempre. Ma
non sarebbe stato solo. Sirius, il suo eterno amore, era con lui e lo guardava
con l’intenso ardore che gli provocava da tempo un
forte nodo allo stomaco. Stanotte quel nodo si sarebbe sciolto definitivamente.
Prese la sua parte di pastiglie che Sirius gli porgeva. Anche a lui tremavano le mani e il sudore freddo le
rendeva lucenti sotto la luce del bagno.
Si guardarono negli occhi.
Erano pronti.
Bastò un secondo.
Contemporaneamente misero le pastiglie in
bocca e le ingoiarono faticosamente aiutati dall’acqua. Remus pensava di
soffocare. Bevve ancora un po’ d’acqua.
Quanto tempo ci sarebbe voluto? Non lo sapeva. Sapeva solo
che voleva restare abbracciato a Sirius in attesa del
dolce sonno eterno. Si sedette sul pavimento. Era freddo, molto freddo. Sentì
il corpo caldo di Sirius accovacciarsi accanto a lui. Gli tese la mano. Remus
appoggiò la testa sulla sua spalla. Ebbe un fremito. Aveva sempre desiderato
farlo. E questa era la prima volta, ma non sarebbe
stata l’ultima. Ne era certo. In un’altra vita o in un
altro universo si sarebbero amati ancora e avrebbe goduto
della gioia di stare accanto al suo tesoro come invece ora non poteva
farlo.
Non riuscivano a scambiarsi alcuna parola. Non avevano
bisogno delle parole.
Ad un certo punto si ricordò. Stava dimenticandosi il
pacchetto che aveva preparato con cura per i suoi amici: James e Peter. Lo
prese dalla tasca. Lo rigirò lentamente fra le mani, come volesse
assicurarsi che fosse intatto. Lo pose sul pavimento delicatamente, davanti ai
loro piedi. Solo con quello avrebbero capito il loro gesto.
Incominciava a sentire le membra indolenzite e la testa
alquanto pesante. Guardò di nuovo Sirius. Non era mai stato tanto sicuro di
quello che stava facendo come in questo istante. Gli
strinse ancor di più la mano. Ma durò poco. Le forze
lo stavano abbandonando. Anche Sirius sembrava avesse
allentato la presa. Ma non l’avrebbe lasciato. Se lo sarebbe imposto fino all’ultimo. La vista si stava
annebbiando. Era dovuto alle morbide ma glaciali
lacrime che sgorgavano furtive dai suoi occhi. O forse
no. Sirius tremava e anche lui incominciava ad avere freddo. Si strinsero
ancora di più.
Remus ripensava ai momenti più felici passati insieme a lui. Erano gli ultimi attimi e voleva ricordarsi e
assaporare per l’ultima volta gli istanti più belli.
Il dolce e fragrante profumo che emanava
Sirius.
Sirius che gli prendeva la mano dopo una
giornata passata in infermeria.
Sirius che gli scriveva dei bigliettini
durante le lezioni con un sorriso malizioso stampato sulla faccia. E lo stesso sorriso che svaniva mentre si beccava una punizione per
essere stato distratto durante la lezione.
Sirius che lo chiamava per nome quando
aveva bisogno di lui. Il suo nome suonava così dolce sulle sue labbra.
Sirius che lo confortava con gli occhi nei
momenti di sconforto.
Sirius che gli sorrideva…semplicemente…
Questi furono gli ultimi pensieri di Remus prima del nulla.
Erano dedicati al suo tesoro eterno.
Li trovarono il mattino seguente.
James si era svegliato con un peso al cuore. Aveva capito
che qualcosa non andava quando si era avvicinato al letto di Sirius trovandolo
desolatamente vuoto. Anche quello di Remus non era
stato toccato quella notte.
Una stretta al cuore gli fece chiudere gli occhi, come una
rivelazione improvvisa.
Svegliò Peter.
Guardarono nella sala comune, nella sala grande e nella guferia.
Deserte.
Si diressero verso il bagno.
James non si sentì mai tanto impotente come
in quel dannato giorno.
In un angolo, nell’ombra, erano seduti sul pavimento i suoi due
amici. Sembravano addormentati. James era sicuro che non lo fossero.
Si avvicinò.
I denti gli mordevano incessantemente il labbro inferiore.
Non poteva essere.
Perché? Perché?
Scorse un pacchetto vicino ai loro piedi. Lo raccolse.
“James e Peter” c’era scritto con la calligrafia sottile di Remus. Lo aprì.
Peter era di fianco a lui, in lacrime. Buttò la carta a terra.
Una foto.
Sirius e Remus lo guardavano salutandolo dall’immagine che
teneva in mano.
Un sorriso abbozzato era disegnato sui loro volti apparentemente
felici. Ma gli occhi…Gli occhi di entrambi erano
crudelmente carichi di tristezza.
Distolse gli occhi.
Scoppiò a piangere.
Aveva capito perché.