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Autore: thewhitelady    10/12/2010    1 recensioni
- Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi - Liam Keeran.
- Questo è solo la Genesi, dobbiamoa ncroa passare per il Levitico,l'esodo e il Deuteronomio prima d'arrivare a qualcosa - Eneas Clayton
Storia di una caccia al tesoro che si trasforma tra inseguimenti e una rapina in un museo in pericoloso gioco mortale. Storia di come un uomo scopre di essere ciò ch ha sempre combatutto, e della redenzione di un altro. Storia di due amici. Il tutto girando il mondo tra Inghilterra, europa dell'Est e estremo Oriente.
La mia prima storia, recensite ma soprattutto buon divertimento! :D
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era incredibile come dalla polvere potesse sorgere una tale meraviglia, malgrado non fosse molto grande l’oasi sembrava un pezzetto di Paradiso trapiantato in Terra per lenire le fatiche che l’attraversare un deserto comportava. Persino loro che non avevano troppo patito la calura perché si era portati appresso una buona riserva d’acqua, non poterono fare a meno di gettarsi nella sorgente che scaturiva dal terreno e che generava persino qualche solitaria cascatella. Si rilassarono un poco all’ombra delle palme, consci che quello era il pezzo finale d’un intricato puzzle ed ebbri dell’euforia che soltanto poteva far nascere una vittoria; ognuno a modo suo era contento per motivi similari ma pur sempre molto differenti: Adam non vedeva di tornarsene a casa per vivere la sua normale routine, fiero d’aver portato a termine un’ardua missione per cui per la prima volta era stato davvero fondamentale, ora era considerato un uomo a tutti gli effetti;  
Keeran era trascinato dalla sua consueta ed irrefrenabile curiosità per tutto ciò che era nuovo e avvolto nel mistero, ma poi, soprattutto, non vedeva l’ora di andare a Taipei e riconquistare Lyn; Fang invece, be’ era Fang, sempre felice ed elettrizzato da qualsiasi genere cosa, questa volta però anche lui era ammaliato dal passare un po’di tempo in totale serenità.     
Si alzarono poco prima dell’imbrunire, Keeran sapeva già dove cercare: nella risorgiva, prima di farsi cullare pure lui dalla spossatezza aveva fatto un piccolo giro di ricognizione ed era persuaso di quanto aveva visto. Ora dovevano soltanto organizzarsi un secondo, perciò esordì
– Potremmo provare anche ad andare senza bombole, in libertà di movimento ci guadagneremmo parecchio, però non sono sicuro che tu Adam abbia abbastanza fiato per farcela per più di cinquanta metri. E’ un fattore prettamente fisiologico: hai i polmoni con una portata minore della nostra – Keeran immediatamente però s’avvide dello sguardo del ragazzo, gli occhi dardeggianti d’orgoglio, non voleva e non sarebbe stato da meno degli altri due, quindi si affrettò ad aggiungere – Però se tu vuoi provare non sarò certamente io a frenarti… Ok, mi sembra tutto a posto, infiliamo le mute visto che l’acqua non è molto calda e poi andiamo -. 
Non ci volle molto per mettere le mute dato che erano di quelle umide, quindi facili da infilare, l’unico a lamentarsi imprecando e ad avere mille problemi era sempre Fang che reclamò l’aiuto del suo schiavo preferito. 
Adam pazientemente andò a chiudergli la lampo sulla schiena e notò il gran numero di disegni che l’adornavano, guardandoli rabbrividì all’idea di farsene anche soltanto uno, non sopportava molto bene il dolore.
Fang se ne accorse – Non è così terribile. Se lo fai per ricordare qualcosa d’importante il male non lo senti neppure… spesso è peggio il dolore di ciò che ricordi che l’inchiostro nella carne –  spiegò chiudendosi da solo l’ultima parte di zip. Adam rimase abbastanza stupito dalla marea di cose che Fang doveva ricordarsi e soprattutto della strana forma sotto cui le metteva: una tigre sulla spalla che stava retta su di uno scoglio; un giglio di cui le foglie pareva possibile toccarle a lato del costato; un versetto di Bibbia che recitava I’ll wipe yout tears away; lo spartito di Imagine. L’unico tatuaggio il cui messaggio era inequivocabile era una grossa croce celtica che gli correva lungo tutta la schiena, lettere incise in quella roccia di carne e inchiostro: In holy memory of my Sean Austin.
Adam stava ancora divagando con il pensiero sui tatuaggi di Fang quando facendo un paio di passi nell’oasi gli parve d’intravedere una frattura nella roccia seminascosta dai rovi d’un cespuglio, stava per andare a dare uno sguardo più approfondito quando però si sentì in lontananza chiamare da Keeran – Adam, vieni qui che ti devo dare una cosa, è importante sbrigati! -. Ormai aveva imparato ad obbedire immediatamente agli ordini di Keeran, perché se diceva che era importante, allora voleva dire che era vero. Era già scuro, la spaccatura che aveva notato probabilmente non era niente; subito la dimenticò. 
Keeran aveva fatto bene a suggerire d’indossare le mute, l’acqua che a primo achito era sembrata tiepida e piacevole, già scendendo di qualche metro aveva perso molti gradi di temperatura.
Keeran sollevando lo sguardo s’accorse di quanto fossero imponenti i muri di roccia rossastra cui era costretto sfiorare talmente era stretti, cercava capire quale potesse essere il suo limite, non tanto per se stesso quanto più per Adam: aveva paura che il ragazzo, malgrado il monito di tornare indietro se si fosse accorto di non aver abbastanza fiato, superasse per stupidaggine una soglia troppo labile e da cui era difficile tornare indietro; così di tanto in tanto gettava una furtiva occhiata all’indietro per sincerarsi della sua condizione.  
Quel mondo sottomarino era tutt’altro che monotono, anche se le rocce era sempre dello stesso color sanguigna non smettevano mai di mutare nella forma, prima lisce e levigate, poi aguzze e sporgenti, al che ringraziò di non essersi portato dietro le bombole che sarebbero state soltanto d’impiccio. Ciò che lo stupì maggiormente però fu lo scorgere nel raggio della torcia un’infinità di coralli che vivevano in quel posto così angusto, oppure l’intravedere un pesce cieco guizzargli vicino alla gamba senza quasi accorgersi della presenza di uno sconosciuto extraterrestre che aveva violato le sue acque vergini. Keeran aveva quasi deciso di tornare indietro, d’aria lui ne aveva ancora come pure Fang che nuotava placidamente dietro lui senza sforzo alcuno, ma non certo Adam. Poi però alzando nuovamente lo sguardo notò che  proprio sulle loro teste stava un’apertura o al massimo alla peggio una sacca d’aria. Con la torcia fece cenno agli altri due di salire.
Come aveva ipotizzato Keeran, quella in cui erano capitati era proprio una bolla d’aria, non molto grande ma abbastanza da fornire ossigeno per ossigeno per tutti e tre. Appena ebbero messo la testa fuori dall’acqua fu palese come Adam avesse scioccamente tenuto il fiato per troppo tempo, così per non assoggettarlo troppo Keeran si mise ad ansimare a sua volta, seguito a ruota da Fang che però non aveva ben afferrato.     
- Io provo ad andare giù ancora e vedere se dista molto ancora lo sbocco di questo tunnel, se così fosse torneremo indietro a prendere le nostre bombole -, dopo aver detto questo Keeran sparì nuovamente sotto il pelo dell’acqua. Questa volta non ci mise molto a capire che l’uscita era quanto mai vicina, dopo circa sessanta metri ed una volta a destra cominciò ad intravedere un leggero schiarimento delle acque appena percettibile, il che un po’ lo intimorì, in una grotta sotterranea come faceva ad esserci luce? Poi però quando iniziò l’ascesa si tranquillizzò, anche attraverso l’acqua turbinosa riusciva a capire che nella volta c’era un’apertura, una sorta di lucernario naturale. Non c’era nulla da temere.   
Fugace prese una boccata d’aria a pieni polmoni, poi tornò sotto per andare a riferire la buona nuova. Non molto tempo dopo era riuscito a andare e tornare insieme ad Adam e Fang.
Keeran ora poté guardarsi intorno un po’ più accuratamente, avrebbero fatto bene ad approfittare della luce di fiamma che s’irradiava dal lucernario prima che calasse totalmente il sole e che li lasciasse soli con la torcia. Quella in cui si trovavano era una grotta naturale di dimensioni ciclopiche: la volta sulle loro teste era almeno alta una trentina di metri, fatta sempre di quella roccia che sembrava fosse stata imbevuta di sangue. Le pareti porose ad altezza d’uomo erano state incise per andare a creare come delle mangiatoie sopraelevate che correvano per metri e metri tanto che non se ne poteva scorgere la fine, e dentro stava una strana poltiglia nerastra che emanava un odore acre che pungeva ed irritava le narici.
– Hai d’accendere Dan? -, Keeran afferrò al volo l’accendino che Fang gli lanciò, - E che la luce sia – disse facendone scaturire la fiamma che poi accostò al contenuto della mangiatoia, in un attimo la poltiglia s’infiammo ed una lunga lingua di fuoco si diramò correndo lungo tutta la parete illuminando mano a mano le tenebre che ormai avevano quasi conquistato l’intera grotta. – Ora sì che possiamo procedere! – sentenziò soddisfatto Keeran restituendo l’accendino al legittimo proprietario, che però era di tutt’altro parere - Vieni qui a vedere cosa ho trovato -, la voce di Fang accentuata dall’eco della grotta risuonava insolitamente seria e preoccupata. Keeran gli si avvicinò assieme ad Adam, sotto le faville create dal fuoco scintillavano tre paia di bombole da sub verde militare, consumate e logorate dal tempo. Keeran non parve stupirsene quanto gli altri due. Qualcuno li aveva preceduti però, per loro fortuna era stato come minimo quarant’anni prima, Keeran temeva i vivi non certo gente che era ormai in età geriatrica se non nella tomba.
– Non appartengono certo ai nostri inseguitori, chi le ha portate qui se ne è andato da molto tempo – osservò Keeran asciugandosi la fronte imperlata di sudore, poi ne prese una in mano, quella meglio conservata e la guardò attentamente: non aveva scritte o qualsiasi simbolo di riconoscimento ben visibili. Anche se aguzzando la vista riuscì a trovare una minuscola incisione sul fondo della bombola, URSS, lo fece vedere anche Fang che esclamò – I compagni! Loro sì che mi mancavano! -, fece una pausa e riprese greve – Cosa credi che ci facessero qui? -.   
Keeran scosse la testa, non poteva immaginare cosa volessero degli uomini vissuti mezzo secolo prima di lui, non riusciva ad immaginare quali potessero essere i vantaggi tratti da una grotta nel pieno Taklamakan; - Possiamo soltanto scoprirlo, e questo ci porta alla solita scelta: continuare – disse aggrottando pensieroso la fronte, forse i russi volevano il tesoro? Probabile, infondo se aveva calcolato bene, quelle bombole erano dell’immediato secondo dopoguerra ed i soldi all’epoca valevano poco, quindi oro e pietre preziose erano più che ben accenti ovunque.  
Si lasciarono quel quesito alle spalle, tutti con l’inconfessabile timore di trovare qualche brutta sorpresa, una volta tanto che non erano i vivi ad opprimere il morale, ci avevano pensato i fantasmi appartenenti al passato.
Seguirono la loro scoppiettante e rincuorante guida, il fuoco illuminava il loro percorso permettendo una chiara visione, seppur parziale, dell’antro in cui si trovavano. Dopo circa un’ora di cammino sostenuto erano arrivati a coprire approssimativamente otto chilometri, in cui non avevano trovato alcun ostacolo degno di nota, a parte l’aggirare qualche smottamento del terreno che finiva a strapiombo quaranta metri più in basso in una gola solcata da quel che pareva un minuscolo ma burrascoso torrentello che serpeggiava in essa.
L’insidia più pericolosa di quel tragitto però era un’altra: la sicurezza in se stessi, la baldanza che lentamente si stava facendo largo nei loro animi, come una goccia che progressivamente e silenziosa erodeva la roccia. Un insidioso nemico di cui diffidare, persino Austin che era stato il più guardingo ormai stava smettendo di controllare con sguardo indagatore ogni centimetro quadro della grotta, persuaso che ormai non sarebbe successo niente; d’altronde quello era un luogo inaccessibile posto in una zona della Terra ancor più evitata, sicuramente i monaci che lì si erano insediati credevano di non aver alcun bisogno d’altre forme di protezione. Invece no, mai credere troppo in se stessi, bensì porsi sempre alla prova.
Fu così che quando lo stesso Keeran si trovava in testa al gruppo, che senza accorgersi cadde in un tranello. All’iniziò si sentì appena strattonare all’altezza della caviglia destra ed automaticamente perdere l’equilibrio, subitaneamente esclamò – No! -, ma era troppo tardi. Fang che aveva cercato d’afferrarlo per un braccio si ritrovò nella medesima situazione d’impiccio; nessuno dei due capì bene quel che successe però fatto sta che si trovarono sette metri più in alto di Adam e cinquanta rispetto alla gola, testa in giù a guardare il vertiginoso precipizio e completamente immobilizzati dalla vita in sotto da una corda che si era avvolta loro in torno, ancorata alle caviglie da un saldo nodo.
Pessima situazione…, pensò Keeran guardando in basso, quasi nauseato dall’altezza che induceva pure in lui un terribile senso di vertigine. Non aveva ancora finito di fare il punto della situazione che cominciò ad oscillare contro la sua stessa volontà; guardò Fang , come lui era diventato un pendolo umano, si stavano avvicinando sempre più.
- Non c’è mai fine al peggio – commentò Keeran davvero molto contrariato dal genere di situazione, Fang contrariamente al solito reagì in maniera scorbutica: - Potevi fare più attenzione, no? Ora non saremmo nei casini! – gli latrò contro.
- Senti io t’avevo avvertito, se solo tu ascoltassi una buona volta! – lo rimproverò Keeran accaldato. Fang come lui aveva una strana sfumatura violacea in volto, in parte per il sangue che arrivava alla testa un po’ per la rabbia.
– Ora vediamo di chi è la colpa – replicò Fang tirandosi su le maniche, ormai erano arrivati davvero vicino l’uno all’altro, e quello fu il più svelto tirando un destro in faccia a Keeran. – Bastardo m’hai rotto il naso! – esclamò il colpito portandosi una mano al setto sanguinante. Ma presto arrivò il secondo turno di quello strano scontro aereo di boxe, questa volta fu Keeran a colpire sull’occhio Fang che ebbe l’occasione di ribattere: - Tu invece m’hai rovinato la vita! -.
Andarono avanti così per altre due o tre volte, fino a quando intervenne Adam che fino a quell’istante era rimasto impotente ad assistere all’autodistruzione dei due compagni – Smettetela! Guardate a destra, quel vostro pendolare non fa altro che portarvi ad una morte più prossima! – gridò indicando qualcosa d’indistinto posto su d’un ammasso roccioso che scaturiva improvvisamente dalla parete laterale, poco più in basso delle loro teste.   
Keeran e Fang smisero di bisticciare e diedero un’occhiata, il secondo domandò allarmato – Che roba è? Con l’occhio che mi hai fatto non vedo nulla! -. Keeran torse più che poteva il collo, quel che vide era uno strano e complicato meccanismo la cui funzione però era lampante: l’oscillamento era provocato da una ruota dentellata che faceva muovere la corda avanti e indietro, facendola quindi scorrere su di una alma fin troppo affilata che consumava la fune che li sorreggeva. Una volta tagliata avrebbero dovuto imparare a volare molto in fretta se non avevano voglia di fare la tipica fine del moscerino sul parabrezza.  
Keeran completamente sbiancato in volto esplicò a Fang molto celermente il meccanismo e la sua funzione, questo accolse la notizia con molte e variopinte imprecazioni, poi però si fece serio – Come ne usciamo? – domandò con un’espressione che non piacque affatto a Keeran, fosse pure stato involontariamente Fang con il volto gli stava chiedendo disperatamente aiuto e ciò voleva dire che lui di idee non ne aveva.
Come suo solito Keeran cercò di riacquistare la freddezza analitica necessaria, si estraniò dal mondo esterno e cominciò a riflettere quasi tra sé e sé: - Neppure uno scalatore esperto riuscirebbe ad arrampicarsi su di una parete così levigata senza adatta attrezzatura, quindi Adam non può far nulla per aiutarci… -, sottolineò quest’ultimo passaggio per togliere da subito qualsiasi rimorso da colpevolezza al ragazzo, poi riprese – Credo che la cosa più importante da fare al momento sia riuscire a liberare le gambe dalla corda e tenerci con le sole mani, in seguito penseremo a come rimettere i piedi per terra -, prima però di mettersi al lavoro sulla propria fune fece una raccomandazione a Fang – Attento a non oscillare più di quanto fai già, consumeresti più in fretta la corda -.  
La fune che li teneva sostenuti a mezz’aria era davvero coriacea e non potendo neppure usare il coltello che era imprigionato nel groviglio di cordame, entrambi misero a dura prova denti ed unghie arrivando fin a ferirsi le mani pure d’allentare anche solo d’un insignificante millimetro i nodi. Intanto però non dimenticavano di fare un po’ di sana conversazione, Keeran sapeva che in quel genere situazione un fidato compagno fosse quanto di più utile ci potesse essere, e Fang aveva sempre dato prova d’essere la migliore persona che si potesse desiderare in caso di morte imminente; insieme ne avevano passate troppe per non considerarsi l’uno con l’altro come neanche fratelli, ma di più, degli altri sé.
Tra loro persino il silenzio era in realtà un’intricata e spesso ilare conversazione composta da gesti ed occhiate; il primo però a prender parola fu Keeran: - Mi dispiace d’averti fatto un occhio nero – disse sommessamente mentre mordeva un pezzo di fune. Fang si fermò un istante, - Non ho ben sentito –
- Ho detto che mi dispiace del pugno sull’occhio e anche d’averti rovinato la vita – ripeté Keeran, questa volta più forte. Fang inclinò soddisfatto la testa – Anche a me dispiace del mio occhio nero però non mi pento d’averti rotto il naso, te lo meritavi, era un po’che desideravo farlo – fece sprezzante, poi però soggiunse – Un’altra cosa di cui non mi rammarico, come ti ho già detto, è che tu mi abbia rovinato la vita… Ed ora basta con queste storie: cazzo, sembriamo due amichette del cuore – disse sputando un pezzo di fune, infastidito da tutte quelle dimostrazioni d’affetto, lui uomo era allergico e non tollerava tali smancerie. Keeran lo provocò mandandogli un bacio con aria maliziosa e sbattendo convulsamente le ciglia. Riprese sempre più freneticamente a spezzare il cordame, ormai era libero fin al ginocchio e anche se di tanto in tanto gettava un’occhiata al meccanismo che inesorabilmente logorava la fune che li sorreggeva, cercò di non pensare d’avere una scadenza.
Keeran nei minuti successivi notò come Fang fosse strano, mentre tentava di slegare i propri nodi continuava a guardarsi intorno sconsolato. – Che c’è? – gli domandò Keeran con un po’ d’apprensione, ma Fang scosse la testa dicendo – Niente -; non era mai stato capace di mentire a Keeran e neppure quella volta vi riuscì, ogni fibra del suo corpo faceva intendere d’essere in fremente attesa di qualcosa.
Dieci minuti d’intenso lavoro di mani e perpetuo oscillamento e giunsero entrambi al nodo intorno alle caviglie, quello che ancora li ancorava alla fune. Entrambi sapevano cosa dovevano fare: Keeran protendendosi in avanti al massimo delle proprie capacità, gli pareva che l’omero gli stesse per uscire dall’articolazione tanto tese il braccio, lesto di mano slegò l’ultimo semplice nodo, in quella minima frazione di secondo che precedeva la caduta afferrò la parte terminante della fune girandosela immediatamente intorno al polso; per un momento tutti i suoi ottantun chili gravarono soltanto sulla spalla destra facendolo gemere un poco. Subito pensò a Fang. Come avrebbe fatto lui che aveva ancora il braccio sinistro praticamente fuori uso?  
Quello però non parve farsi troppi problemi, appena vide che Keeran era stabile compì pure lui la medesima operazione con risultati però ben più scarsi, e che fecero inorridire: Fang capendo di non poter permettersi d’usare la mano dominante aveva optato per la meno reattiva destra, ed ora teneva la corda per la sfilacciata fine e ad ogni secondo che passava perdeva un po’ di presa. Keeran aveva appena cominciato una nuova oscillazione e si trovava nel punto più lontano possibile da Fang; in automatico si fece dondolare verso l’amico e prendendolo per una manica provò ad aiutarlo tirandolo su.
Fang ora stringeva con entrambe le mani la fune, tutto era andato per il meglio, tranne un particolare che Keeran notò subitaneamente: l’improvvisa accelerazione con relativo strattone aveva tranciato di netto tre quarti del pezzo di corda che ancora aveva a disposizione.   
- Grazie – ansimò Fang che aveva creduto per più d’un momento d’esser perduto, Keeran in risposta gli sorrise – Tu non saresti stato da meno… -, non aveva ancora concluso la frase che le parole si fermarono in gola, smise di parlare perché oltre le spalle di Fang aveva scorto qualcosa che sarebbe persino stato in grado di fermargli il cuore, credette di sognare perché non poteva trovarsi nella realtà se quello stava accadendo, anche soltanto perché lui non aveva fatto niente perché accadesse ed i desideri, ne era certo, non si realizzano per conto loro. 
Lyn avanzò dall’oscurità con passo svelto, era un poco emaciata ed appena poté capire cosa stesse succedendo, perché Fang e Keeran stessero appesi ad una fune dieci metri sopra di lei, si portò involontariamente le mani alla bocca. Corse al fianco di Adam che non riuscì neppure ad articolare una valida spiegazione, pure lui incredulo nel vedere una persona di cui era certo non avrebbe nemmeno più sentito la voce. L’aveva vista andarsene in un modo che non lasciava speranze.     
Keeran si voltò a fissare Fang, cercava una risposta, voleva sapere se era reale ciò che poteva vedere o se fosse stato un brutto scherzo giocatogli dalla stanchezza. Fang però era tutt’altro che sorpreso dalla magnifica visione femminile che ancora bagnata pareva una ninfa appena uscita da un lago che poteva esistere solo nella fantasia. Sorrideva con aria fintamente colpevole, poi serio guardò il meccanismo che li sosteneva: la corda di Keeran era quasi completamente consumata, calcolò che gli sarebbe rimasto meno d’un paio di minuti ed allora prese la decisione sui cui aveva a lungo meditato, nelle settimane precedenti era riuscito con duro lavoro a convincere Lyn del fatto che Keeran le avesse soltanto mentito. Se era stato capace di far fare a lei migliaia di chilometri, certo sarebbe stato in grado di far fare a Keeran una decina di metri.
Per questo cercando di trovare le parole giuste, di mantenere un’espressione serena cominciò a fare il discorso più complicato della sua vita – E’ qui visto? In realtà speravo che ti menasse ancora po’ quanto t’avesse visto, ma pazienza… Lei per te è quella giusta, quando troverai ancora una ventisettenne colta, esotica, con natiche che parlano, che russa come un camionista e, soprattutto, canta sotto la doccia Frank Sinatra? Approfittane! – esclamò, poi fece una breve pausa continuando però a tenere sott’occhio la fune di Keeran che piano piano si stava accorgendo dove l’avrebbe portato quel discorso, poi però prima che potesse dire qualcosa Fang riprese
– D’avventure insieme ne abbiamo vissute tante, questa volta però ti precedo io, una volta tanto. Ci rincontreremo stanne certo, infondo due canaglie come noi dove possono mai finire? –; appena ebbe finito di parlare cominciò a dondolarsi acquistando sempre più forza e velocità, prima che la corda si spezzasse fece in modo d’andare a scontrarsi con Keeran, questo che per un istante aveva pensato di non mollare la corda, alla fine la lasciò ricevendo da Fang abbastanza spinta per superare quei cinque metri che li dividevano dalla salvezza.
A Keeran, durante il breve volo, torcendo il collo parve d’intravedere un mezzo sorriso sul volto di Fang, che come lui ora stava cadendo, unica differenza che li separava il fatto che percorsi i sette metri che li allontanavano dal fermo terreno uno sarebbe andato a sbattere contro questo mentre l’altro sarebbe scomparso oltre il crepaccio.
 
Fosse stato anche merito dell’adrenalina che aveva in circolo, ma Keeran appena andò a sbattere contro la roccia non sentì male, o forse non ne avvertì perché era troppo impegnato ad imprecare contro la sua sventatezza, ad imprecare contro Fang che l’aveva lasciato solo. Fang, com’era possibile? Non c’era davvero più questa volta? Durante tutto il viaggio aveva già pensato due volte d’averlo perso per sempre, ma ora era diverso: non era ferito, non stava affogando, era semplicemente morto. E se sull’aereo di Ian e nella grotta allagata aveva potuto se non altro affidarsi alla speranza, al fato o alla Provvidenza, in qualsiasi modo si potesse chiamare, perché si risolvesse tutto per il meglio. 
Ora non poteva fare nulla, comune sorte dell’essere umano che non può far altro che stare inerme e vivere… Vivere, sì, ma come? Se non aveva mai, neppure nei momenti peggiori, pensato ad una vita in cui non ci fossero le mille cazzate di Fang, che eppure erano grande cosa, non a caso lui diceva che il riso ed il sarcasmo erano il Prozac dei poveri; d’altronde qual era l’uomo che si sveglia al mattino e comincia a figurarsi la propria vita senza braccia o gambe. E Fang valeva sicuramente molto più d’un paio d’arti.
Certo Fang, a quanto pareva, aveva considerato Keeran molto più della sua stessa vita. Lui aveva sì avuto la possibilità di portar a casa la pelle tuttavia non l’aveva fatto.
Keeran dopo essersi alzato dolorante, ma senza aiuto, prese inevitabilmente a chiedersi se ciò che era accaduto era vero, ed ogni qualvolta arrivava ad una risposta affermativa si poneva nuovamente lo stesso quesito, soltanto in fremente attesa che qualcosa nel responso mutasse.
Sentì la mano di Lyn sulla spalla, l’altra se l’era portata a coprirsi parzialmente il volto, da sotto le dita di tanto in tanto sfuggiva una lacrima oppure un impercettibile mugolio. Adam era più indietro, i piedi incollati a terra da una forza misteriosa ed i grandi occhi scuri giusto un po’ umidi e arrossati che gli donavano se possibile, un’aria ancor più fanciullesca. Keeran non voleva avvicinarsi al crepaccio, non voleva vedere il suo corpo, non voleva vedere niente; la scena se l’era già immaginata nella propria testa, non c’era bisogno d’altre più crude conferme.   
Aveva chiuso gli occhi per non vedere, ma non per questo non riusciva a sentire oltre i singhiozzi di Lyn ed i propri maggiormente silenziosi pensieri, udire il più strano dei versi, a metà tra un penoso lamento ed un’esclamazione di gioia, il tutto amplificato dall’eco della grotta, provenire dal più strano degli uomini.  
- Dan – disse piano e quasi tra sé, quella che avrebbe dovuto essere un’ esclamazione – Danny! – ripeté più forte tanto che Lyn alzò lo sguardo colmo d’indulgenza.
Keeran si precipitò sull’orlo del baratro vertiginoso, d’istinto cercò tra le rocce infondo ad esso, a si sentì redarguire con tanto d’imprecazione: - Cazzo, si commemorano i morti, non i vivi! Però se aspetti ancora un po’ forse t’accontento! -.
Keeran guardò proprio a filo dell’aclive precipizio: Fang se ne stava cinque metri più sotto, seduto in qualche maniera su di una piattaforma di legno di pochi metri quadrati, che prima certo non c’era.
Keeran non badò né alla caviglia distorta né alle ormai numerose costole rotte, e saltò giù a raggiungere Fang. Non avrebbe potuto sentirsi più onorato e meravigliato nemmeno se avesse sollevato e si fosse ritrovato fra le braccia il Bambin Gesù. Invece sorreggeva un pesto trentenne, con tanti brutti vizi, con un lunga lista d’errori alle spalle, con alle volte un pessimo carattere e che il tribunale del Maryland aveva liquidato con un anno e mezzo di carcere e la definizione di rifiuto della società. Tuttavia quell’orfano, scarto di una società che giudica fin troppo, era più uomo di molti, fosse stato anche solo perché in tutta sincerità non si reputava molto più importante della terra che calpestava e che almeno di certo non si prendeva sul serio.
Dan Fang non era uno stinco di santo, però quella notte un po’ d’incosciente santità l’aveva dimostrata pure lui.   
Quella sera, su di un appoggio precario sospeso al di sopra d’un precipizio situo nell’ultima delle grotte del deserto del Taklamakan, per la prima e quasi sicuramente ultima volta Keeran abbracciò per davvero Fang e facendogli quasi perdere l’equilibrio affondò il volto nella spalla dell’amico, gli sarebbe pure uscita una lacrima se non l’avesse soffocata nel riso, poi continuò a stringerlo finché l’altro non disse – Figlio di brava donna mi fai male, che m’hai preso per un antistress? -.
- Scusa… Ma credevo d’aver perso la mia amichetta del cuore – replicò Keeran tenendogli ancora una mano stretta sulla spalla forse inconsciamente per sincerarsi che ci fosse veramente.
- Anche io, ma a quanto pare ’sti cinesi avevano ben pensato che valeva la pena di salvare chiunque fosse disposto a sacrificare la propria vita…- mormorò battendo un piede sul ponteggio centenario che gli aveva evitato un gran brutto volo.    
- Come stai? – domandò Keeran, riuscendo bene nel mascherare una certa apprensione della voce, infondo Fang aveva fatto un volo di tredici metri e forse aveva riportato qualche lesione interna.   
- Come uno che si è spiaccicato a qualcosa come quaranta chilometri orari contro un muro di legno… Ah, e ho una leggera emicrania, dici che c’entra qualcosa? – disse ironicamente, poi osservando Keeran proseguì – Sai non hai un gran aspetto -
- Neppure tu –
- Niente che non sia guaribile con qualche giorno di riposo e della tequila – rispose Fang tutt’altro che preoccupato. Keeran aggrottò le sopraciglia – Sai, mi dispiace dirtelo, credo che non ci sia medico o superalcolico che possa fare qualcosa su quel brutto muso. Ci vorrebbe un miracolo! -
- Me ne farò una ragione… Liam però non hai pensato ad un piccolo particolare: come facciamo a tornare su? – domandò Fang mettendosi a sedere poggiato contro la scabra parete dello strapiombo, - Io non ho intenzione di farmi cinque metri di scalata -.
- Mah, prima o poi Adam si ricorderà d’avere una fune da scalata nello zaino. Io certo non glielo ricordo, faccio fatica a respira, figuriamoci urlare… - asserì lasciandosi cadere sull’impalcatura di legno che scricchiolò sinistramente, quindi soggiunse fissando davanti a sé il vuoto – Ma reggerà? -. Fang si strinse nelle spalle e con tono noncurante, lo stesso che avrebbe riservato per riferire e previsioni del meteo, rispose
– Sono appena caduto da una decina di metri, c’è poco che mi può ancora impressionare. Comunque come dici tu: adesso lo scopriamo -. Appena dette queste parole una fune improvvisamente dispiegata dall’alto dondolò tra i due.
Keeran dapprima aiutò Fang ad ancorarsi saldamente alla fune che tenuta da Adam e da Lyn lo issarono su. La cosa procedette prolissa e solo svariati minuti dopo pure Keeran aggrapparsi alla corda per essere sollevato.
Avrei preferito l’ascensore, ma ci si adatta
Lyn lo stava abbracciando spasmodicamente, ma Fanh appena si accorse della presenza di Keeran si ritrasse dalle attenzioni della ragazza e in un finto sussurro le disse – Tranquilla pupa ci becchiamo dopo, ora non posso c’è quella testa del tuo moroso -.    
- Attento… Comunque hai visto Dan? Poco più d’un mese che la conosci e già sei riuscito a farla piangere! – esclamò Keeran, intanto aiutava Adam a ripiegare la fune ed ad infilarla nello zaino.
- Che ci posso fare: è questo l’effetto che faccio sul gentil sesso -.
Decisero di ripartire immediatamente, presto le varie ammaccature, le fratture e quant’altro avrebbero cominciato a farsi sentire; intanto però che l’adrenalina era ancora in circolo ed assopiva ogni dolore bisognava approfittarne, avrebbero fatto riposare le membra nelle due settimane di vacanza che ancora avevano a disposizione. E poi si sentivano attratti dalla vicinanza del tesoro, api al miele, come un bambino che la mattina di Natale non può aspettare a scartare i pacchi ricevuti. Keeran non aveva né la voglia né la pazienza di passare la vita in flemmatica attesa, per i suoi gusti si aspettava persino troppo nella vita: troppi gli anni passati sui banchi, troppe le ore vissute in ufficio, troppi anche i mesi passati nel ventre materno; anche se ormai si era reso conto di una cosa: è opinione comune che la vita è breve, e su questo concordava, però non è breve se ogni suo minuto è pieno. A lui che aveva trent’anni pareva d’averne vissuti cento, soltanto quel mese era valso un anno. La vita è breve solo se  vuota, lui ad esempio da vecchio avrebbe impiegato millenni per raccontare la propria esistenza, era un po’ come Mozart, morto giovane eppure aveva già scritto migliaia di spartiti.
Continuò a camminare, anzi per l’esattezza a saltellare cercando di mantenere in un certo modo una qualunque dignità e di non dar la possibilità né ad Adam né a Lyn di dire: “ Ok, ci fermiamo ”.
 
Ci sono cose per cui una persona non è preparata, non tanto fisicamente ma quanto più mentalmente. Ecco, Dan Fang non era pronto per vedere oltre l’aspro pendio di terra sanguigna su cui s’erano arrampicati; lui era nato senza avere neppure in dote un nome, aveva vissuto fino all’età di sette anni indossando vestiti che nel caso migliore erano già passati da tre proprietari. Per un po’, quando era stato adottato da una ricca famiglia ebrea si era crogiolato nell’aver alle spalle un mucchio di soldi, ma appena raggiunta l’età della ragione aveva capito di non poter neppure accettare un penny da delle persone che avevano tentato di portargli via persino quel poco d’identità che ancora conservava. Da lì in poi era stato un accumulare debiti su debiti, per l’università, per l’affitto, e così via… solo a Keeran doveva ottomila dollari; giusto nell’ultimo anno e mezzo il suo conto aveva cominciato a non segnare rosso ed il direttore di banca a salutarlo. Ora un uomo così non è minimamente preparato a pensare che in una grotta dimenticata nel deserto, ci possa essere stato per secoli la soluzione al problema suo e di tanta altra gente.
Ora, due statue rappresentanti draghi della lunghezza approssimativa di sette metri ciascuno lo stavano fissando dritto negli occhi, la loro peculiarità non stava tanto nelle dimensione quanto nel fatto che fossero stati forgiati in scintillante oro massiccio. Occhi di smeraldo nelle orbite e denti di diamante scoperti di sotto le fauci aperte, e poi tra gli artigli tempestati di gemme una sfera d’opale grande il doppio d’un pugno. Guardiani fatti con una tale cura e precisione nei dettagli da poter sembrare vivi, incutevano timore tanto sembravano pronti a scendere dal piedistallo sui s’ergevano per prendere di sorpresa il viaggiatore sprovveduto che avesse tentato d’oltrepassarli; parevano solamente assopiti in un sonno caduto su di loro per incanto. Questa fu l’impressione  che regalarono a tutti appena fissarono i draghi nei loro orgogliosi occhi smeraldini. Fang però che era nato nel ventesimo secolo rimase più meravigliato per come tanta ricchezza avesse potuto rimanere nascosta agli occhi umani per così tanto ed immemore tempo, dato che qualcuno aveva abitato quelle grotte: esattamente dietro i draghi sorgeva un tempio scavato nella roccia rossa ed ancora qualche edificio di dimensioni e probabilmente di importanza minore.
- Oh, Signore -, furono le uniche parole che Fang riuscì a pronunciare prima di mettersi praticamente ad abbracciare la statua, a studiarla in ogni sua minima squama e soprattutto a tentare di staccare, senza successo alcuno, qualche pietruzza dalla coda frastagliata del drago. Adam cominciò a scattare rullini e rullini di fotografie, immortalando così la statua in tutte le angolazioni possibili ed immaginabili per poter documentare il momento della scoperta. L’informazione prima di tutto.
Lyn aveva intanto scorto sulle sfere d’opale delle iscrizioni ed accoccolata tra le zampe anteriori del drago s’era subito messa a tradurre, non ci sarebbe voluto molto, ormai cominciava a padroneggiare la lingua in maniera straordinaria.
Keeran invece dopo aver fronteggiato ed ammirato i draghi per un po’ aveva deciso d’andare ad esplorare il tempio e gli altri edifici, anche se il tesoro l’aveva già trovato dato che non riusciva nemmeno a calcolare il valore d’un opera così preziosa sia sotto il punto di vista del materiale in cui era stati modellati, ma ancor più dal punto di vista artistico, storico ed artigianale.
Ora però voleva esplorare l’interno del tempio e parve che nessuno s’accorse del suo silenzioso allontanamento, zoppicando superò i due draghi guardiani e s’avviò verso la ricca ed imponente entrata dell’edificio, lui aveva visto Petra con il palazzo chiamato tesoriera dei faraoni, ma questo, anche se somigliante, era ancor più impressionante e ridondante: la ricchezza di fronzoli e cornici strideva fortemente con dietro il contrasto della parete liscia da cui era stato ricavato. All’apice della costruzione, sormontanti ogni tetto stavano quattro cupolette con camminamenti agibili, più sotto altre due balconate. Il portico esterno a spiovente era sorretto, frontalmente, da tre paia di colonne torte e poi altre sei lisce più addietro; il soffitto di questo decorato a motivi vegetali tanto grandi da apparire chiari persino a Keeran che stava venti metri più in basso con il naso all’insù.
Stava per entrare nel tempio attraverso uno dei tre titanici portali di legno ricoperti di bronzo cesellato con immagini tipiche della religione buddhista, quando s’accorse con la coda dell’occhio che alla sua sinistra, oltre il portico, stava una bassa tettoia di legno un po’ concia con le travi ed i pilastri tenuti insieme da del logoro cordame già un po’ marcio. Vedendo ciò Keeran si dimenticò immediatamente del tempio, il suo intuito gli diceva che se c’era qualcosa d’importante era là, non certo in un vistoso palazzo scavato nella roccia, già tanto che i monaci avevano dato indice d’abbondante originalità. Fece una rapida inversione e prese a camminare più velocemente, il passo attutito dalle fughe delle finte piastrelle che erano state scalpellate dalla roccia nuda, attraversò la tettoia che come si poté accorgere quando fu più vicino sorreggeva e puntellava la volta del tunnel scavato nella parete, questo degradava dolcemente verso una grotta più piccola adiacente alla maggiore, quella dove stava il tempio insieme con gli altri due edifici.
Fang non era stato pronto alla splendida visione dei draghi d’oro, ma non ci sarebbe stato uomo sulla Terra preparato a scorgere quello che Keeran vide. Il sguardo subito si proiettò sulla parete di fondo, lì incassate in apposite rientranze della roccia erano posizionate dodici armature che sarebbero state scintillanti come il sole se non fosse stato per il leggero strato di polvere che le ammantava; quello però non sarebbe stato niente di speciale, belle, magnifiche le armature, però a Keeran bastò abbassare di poco gli occhi per vedere l’inimmaginabile in una grotta. A momenti non riuscì neppure a contarli tanti erano. 
   
 
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