-Ninfadora lo sai che così mi fai il solletico al naso, vero?-
La ragazza annuì energicamente, agitando ancora di più i capelli argentei sulla faccia dell’uomo, e si puntellò sui gomiti per tirarsi un po’ più su e guardare il suo uomo negli occhi.
-E tu sai che non smetterò finché tu non la pianterai di chiamarmi con quello stupido nome, vero?- rispose Tonks sfoggiando un sorrisetto sfacciato.
Remus colse l’espressione malandrina sul suo volto e decise di ricorrere al piano di riserva: avvolse tra le mani le spalle della ragazza e d’improvviso la fece girare, sdraiata di schiena. Poi guardandola negli occhi le rivolse la miglior espressione da cucciolotto bastonato che poteva fare. Tonks si finse offesa e interpose tra loro le sue braccia incrociate.
-Doooooora?
-No Remus, oggi non attacca..- la ragazza voleva sembrare arrabbiata ma il broncio non le durò più di un minuto: appena incrociò lo sguardo di Remus dovette trattenere a stento le risate. Allora l’uomo stese gli avambracci ai lati nel suo volto e le parlò all’orecchio.
-Ma lo sai che ti amo, vero?-
Ninfadora rimase un momento il silenzio e non sciolse l’intreccio delle braccia, tanto che l’uomo credette di averla spaventata con quell’improvvisa dichiarazione.
-Remus?- chiese piano la ragazza.
-Si Dora…- rispose esitante l’uomo.
-Puoi chiamarmi come vuoi…- disse aprendo le braccia e stringendolo a se. Remus rise piano e affondò il volto nei capelli della ragazza. Profumavano di miele, un miele candido e splendente. Ninfadora si rilassò, giocherellando con i capelli di Remus e disegnando circoletti sulle sue spalle nude.
-Dora, Dora, Dora, Dora…- ripeteva sollevato e allegro, come un bambino dopo aver ricevuto un regalo tanto agognato. Mentre si beava di quel piacevole contatto, l’uomo non poté fare a meno di pensare quanto Ninfadora Tonks fosse straordinaria. In quella notte finalmente senza luce il buio fatto di mille tonalità di nero che alla luce erano le coperte colorate e la tappezzeria fantasiosa del piccolo appartamento della ragazza a Londra brillava soltanto una lunga foresta di boccoli argentei: soltanto lei poteva mostrare una tale ironia, spensieratezza e gioia di vivere da riuscire a prendere il posto dell’insano, istintivo e animale incanto della Luna negli occhi di Remus. L’attrazione provata dall’uomo superava di gran lunga quella del lupo e portava con sé sentimenti sepolti e emozioni nuove: ora che finalmente qualcuno gli teneva la mano nei momenti più duri riusciva a sentirsi padrone della sua anima e del suo cuore. E più che altro si sentiva pronto a donarlo.
La cantilena cessò d’improvviso e Ninfadora, preoccupata, si immobilizzò: poteva essere uno dei suoi tipici e improvvisi sbalzi di umore o uno degli altrettanto frequenti attimi di pentimento e frustrazione che costellavano la loro relazione.
-Tutto a posto, Remus?- chiese.
-Si si, stavo solo pensando… Hai detto che posso chiamarti come voglio, giusto?- rispose Remus premendo il naso sul collo della donna. Ninfadora si accorse che stava sorridendo.
-Oh beh, dipende…- replicò la ragazza reggendo il gioco.
-Anche Signora Lupin?