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Autore: thewhitelady    11/12/2010    1 recensioni
- Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti gli incubi - Liam Keeran.
- Questo è solo la Genesi, dobbiamoa ncroa passare per il Levitico,l'esodo e il Deuteronomio prima d'arrivare a qualcosa - Eneas Clayton
Storia di una caccia al tesoro che si trasforma tra inseguimenti e una rapina in un museo in pericoloso gioco mortale. Storia di come un uomo scopre di essere ciò ch ha sempre combatutto, e della redenzione di un altro. Storia di due amici. Il tutto girando il mondo tra Inghilterra, europa dell'Est e estremo Oriente.
La mia prima storia, recensite ma soprattutto buon divertimento! :D
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Più di sessanta ordigni di dimensione e tipologia diversa stavano sotto gli occhi di Keeran. – Oh porca… -, non riusciva neppure a fare un’imprecazione.
Dal suo passato militare gli parve di riconoscerne almeno trequarti di questi, che gli fecero venire un tuffo al cuore tanto che dovette indietreggiare tremante e sedersi lungo una parete, lui non voleva classificarli quegli ordigni perché non gli pareva possibile. Però sapeva che c’era una sola persona che gli avrebbe potuto dare la conferma.
S’alzò lentamente ancora troppo stupito e spaventato per parlare, poi però quando raggiunse l’uscita del tunnel urlò – Dan! Vieni, ho bisogno del tuo aiuto! Sbrigati per l’amor del cielo -. Passarono quattro o cinque minuti prima che un riluttante Fang arrivasse, – Più interessante di due lucertoloni d’oro massiccio? – domandò scettico e con un largo sorriso stampato sul volto. – Che ci sarà mai, Marylin Monroe o… -, appena fu arrivato il sorriso vacillò lasciandogli la bocca semiaperta, la chiuse di scattò ma aveva già fatto in tempo a scappargli un sussurro involontario – L’atomica – disse sbalordito e turbato allo stesso tempo. Certe cose proprio non pensi mai di vederle in vita tua.
Keeran ricevette la conferma malaugurata che tanto già si aspettava, entrambi rimasero muti a fissare con sguardo assente gli ordigni atomici che distavano da loro meno di tre metri.
Si dice che certe cose non si possono capire se non le si vivono sulla propria pelle, ma Keeran sapeva quanto era l’orrore che quei grossi cilindri metallici portavano con loro sebbene la parola atomica rimanesse sempre qualcosa d’astratto per i più. Nagasaki ed Hiroshima, disastri d’immane proporzione che però alla fine si dimenticano lasciandoli tra le pagine ingiallite d’un qualsiasi noioso libro di storia, non si pensa mai realmente che duecentotrentamila persone siano morte così, in uno schioccare di dita e che non siano solamente caratteri stampati su carta. Lui quando per la prima volta aveva letto cos’era la bomba atomica era rimasto strabiliato ed attonito, aveva visto un filmino e la sola idea che ci potessero essere altri lanci d’atomica gli avevano fatto ghiacciare il sangue nelle vene, ma d’altronde era solo un ragazzino. Solo più tardi ne avrebbe vista scoppiare una per davvero e non c’era stato nulla di spettacolare nel vedere gonfiarsi quel grosso fungo, fu anche uno dei pochi spettatori insieme a Clayton a non plaudire; con gli occhi della mente poteva vederlo e con lo stomaco riusciva sempre a sentire le stesse sensazioni che l’avevano attanagliato.
Guardò ancora quei mostri di metallo, ci passò accanto, lì toccò uno ad uno: M-72, M-73, M-74, e così via finché non arrivò quasi all’ultimo. – Cosa credi che ci facciano qui? – chiese assente Fang
Keeran che fino a quel momento se n’era completamente scordato, indicò i cinque scheletri che stavano rannicchiati vicino all’entrata, c’era andato a sbattere quando stava indietreggiando però non aveva ancora riservato a loro un solo sguardo.
Si avvicinò a quelli che un tempo dovevano essere stati uomini nel fiore degli anni, ora invece erano poco più che mucchietti d’ossa e pelle giallastra tirata su di esse. Se loro non erano perfettamente conservati, le orbite vuote e niente capelli, le loro uniformi verde scuro parevano appena uscite dalla fabbrica, sui taschini stavano ancora ricamati in nero i cognomi. Lì avevano un ammiraglio d’armata, un colonnello, un paio di tenenti colonnello ed ultimo un capitano d’armata, almeno così li identificò Keeran dalle mostrini ed i galloni che tenevano sulle spalle. Quelli non erano certo gli ultimi soldati dell’esercito URSS, anzi tutta gente arrivata ad un certo livello di gerarchia.
- Non sono un medico legale, però mi azzarderei a dire che questi sono passati a miglior vita da un bel po’ di tempo. Erano loro le bombole che abbiamo rinvenuto – disse tenendo ancora tra le dita la piastrina del tenente colonnello Šklovskij che in vita non doveva neppure esser stato un brutto ragazzo, a giudicare dai lineamenti che anche se degradati dal tempo mantenevano una naturale finezza, al contrario dei suoi commilitoni.
- Lapalissiano! – esclamò Fang con tono ironico – E come avrebbero fatto a portar qui gli amici di Little Boy e Fat Man? -
Keeran che era stato accoccolato vicino ai cadaveri s’alzò e rispose risoluto – Ci deve essere un’altra entrata che permetta il passaggio di qualcosa di ben più grande d’un uomo. Sicuramente non hanno fatto la nostra stessa strada -, poi soggiunse fermo e ben deciso – Io non so cosa ha portato qui ordigni russi, ma credo che sia nostro dovere avvertire almeno Clayton, lui saprà che fare -. Keeran di questo c’avrebbe messo il braccio intero sul fuoco, il suo capo era un uomo serio che spesso camminava sul filo della legalità, oppure l’aggirava direttamente senza farsi troppi problemi di politica, ma d’altronde l’aveva sempre ammesso: lui era un militare, non il lecchino di qualche senatore. Se ce n’era bisogno era il primo a fottersene, come era assiduo a dire lui, degli ordinamenti ministeriali.  
Poco dopo, incuriositi dall’improvvisa scomparsa di Fang, pure Adam e Lyn li raggiunsero, infine dopo le debite e minime spiegazioni Keeran se ne uscì dal tunnel dato che il telefono satellitare si trovava vicino ai draghi.
Si avviò verso il tempio con tutta calma, solo per andare a fare la telefonata avrebbe impiegato più di un’ora, intanto gli altri sarebbero tornati alle loro mansioni e Fang avrebbe cercato di capire che cos’erano le altre venti bombe che costituivano quell’arsenale sotterraneo. Svoltò a destra per discendere la piccola scalinata che portava al portico del tempio, ma capì immediatamente che avrebbe dovuto rinunciare per via di cinque neanche troppo piccoli problemi tecnici. Erano ormai più di tre settimane che non scorgeva quei lineamenti, e anche se aveva tentato di dimenticarli relegandoli in un passato che cominciava a saper di stantio, sembrava che il fato non fosse d’accordo con questa sua scelta dato che continuava a riproporgli gli stessi incontri. C’erano proprio tutti: Bill nei cui occhi di ghiaccio regnava il consueto distacco, Juan sul cui collo era ben visibile la cicatrice riportata durante lo scontro nelle fogne, l’ottuso Lucas ed infine Mitch dalle mani guantate e tutta l’aria di voler vendetta su Fang. Keeran però notò immediatamente che c’era una new entry nell’allegra compagnia, un uomo distinto sulla sessantina, il volto dalla pelle olivastra incorniciato da corti capelli scuri, il naso aquilino e gli occhi di falco che alla luce calda delle torce brillavano di mille pagliuzze d’oro. Ma soprattutto Keeran s’avvide del fatto che egli non era certo un povero malcapitato, anzi il moro dava l’impressione d’aver lui in mano le redini della situazione e ancor più la paga dei mercenari che seguivano ogni suo movimento, persino Bill dava l’idea di sottostare completamente ai suoi ordini.
- Stia, stia – ammonì Keeran benevolmente il moro, poi con passo agile e scattante salì la scalinata per tendere la mano al giovane, questo la rifiutò, conosceva fin troppo bene quegli atteggiamenti di scherno e non aveva la benché minima intenzione di far divertire quel’uomo. Jabbar per un istante si corrucciò beffardo, poi però riprese la solita immutevole espressione che però trasudava un poco di soddisfazione, - Su non se la prenda, infondo era più che plausibile che vincessi io. Anche se devo ammettere che per un momento mi ha fatto vacillare, stava per battermi. Davvero molto bravo, degno di nota. Però a me non piace perdere, quindi… - fece un ampio sorriso, i denti candidi lampeggiarono per un momento, ma in quel sorriso non c’era nulla d’affabile – Su mi faccia un po’ da cicerone! – lo esortò Jabbar.
Keeran prese a camminare a fianco del moro, l’avrebbe portato all’arsenale, sapeva che era questo che stavano cercando, i draghi d’oro non gli interessavano di certo. Discese lo scosceso pendio, le travi di legno che sfilavano sopra le loro teste ed il rumore dei loro passi che veniva amplificato dall’eco tanto che quando entrarono nella grotta minore Fang, senza farne parola ma soltanto mettendosi accanto Lyn, aveva già capito cosa era successo. 
Stranamente il cuore di Keeran non s’era messo a fare le bizze come al solito ed egli non dovette quindi cercare di calmarsi, si mise pacifico al fianco dei suoi compagni e s’appoggiò ad una parete.
Jabbar dopo aver fatto un breve conto degli ordigni ed aver alzato le braccia al cielo, le fece ricadere con un tonfo leggero lungo i fianchi della casacca azzimata e linda. Subito si voltò verso i prigionieri ed esordì con un discorso d’assoluta lucidità e totalmente imbevuto di razionalità, - Chiariamo immediatamente le cose: voi siete in quattro, un ragazzo imberbe, una donna e due uomini malconci che fan fatica a reggersi in piedi. Non avete armi al di fuori d’un paio di pistole che molto ragionevolmente mi darete. Non ci sono vie di fuga, e questa volta non questione di spirito di sopravvivenza o attaccamento alla vita. In breve siete persi. Qualsiasi manovra sovversiva sarà repressa nel sangue, parlo con te ragazzino… -, indicò Adam che intanto stava dando prova d’estrema fermezza – Concludendo sarò franco con voi: io sono un uomo che non dovrebbe avere nome né volto, voi mi avete visto e quindi siete un problema. Io sono uso eliminare i problemi -, Jabbar s’abbassò a prendere da un’elegante valigetta di pelle un quaderno ed una penna, poi soggiunse molto tranquillamente – Detto questo, io catalogherò gli ordigni e poi darò a questi gentiluomini l’avviso d’ammazzarvi. All’incirca mi servirà un quarto d’ora; pregate il vostro dio se lo avete, e se non l’avete be’… è ora di trovarsene uno. Fate pure come volete – disse agitando una mano come per scacciare un mosca – Sono un cosmopolita -.
Keeran sapeva d’aver una sola ed ultima carta da giocarsi, in un modo o nell’altro doveva riuscire a divenire motivo d’interesse per quell’uomo, non era certo di quel che in seguito avrebbe potuto ricavarci, però tanto valeva tentare.
Partì dalla prima cosa che gli venne in mente, doveva intraprendere una conversazione, più intima possibile. – E io che credevo che lo facesse per Allah! – cominciò con tono spavaldo, senza riservare una sola occhiata agli uomini di Bill s’alzò e prese a seguire Jabbar, - Dunque non lo fa per la guerra santa -.
Jabbar prendendo appunti sul suo quaderno lasciò che Keeran s’avvicinasse, - No, non ho mai ben sopportato certe questioni – disse scotendo il capo – Guerre sante, non sante, giuste o no, la guerra è sempre e comunque guerra. Ed io combatto la mia quella in cui l’unico vincitore e mai vinto sono io. Pensi, io sono ritenuto un disertore al mio paese e per mia fortuna questo è l’unico capo d’accusa che penda sulla mia testa! -.
- Ed è per questo che tra… -, Austin controllò fugacemente l’orologio - Tredici minuti ci ammazzerà -
Il moro passò alla terza bomba nucleare, M-74, - Esatto! Lei mi comprende ed io comprendo lei: cerca d’ammaliarmi con i suoi modi tanto noncuranti e la sua parlantina svelta. Nobile tentativo. Ma l’avverto l’ultimo uomo che è riuscito ad incantarmi in tale prodigiosa maniera, è stato trucidato nel sonno per mia stessa mano – proseguì continuando a scrivere fitti appunti e nel fare quel suo strano giro di ronda. Keeran  però si mise a sbarrargli la strada avvalendosi di tutta la sua slanciata mole – Non ci sente nessuno. E lei sa meglio di me quanto io voglia sapere per quale motivo siano qui questi ordigni e che fine faranno quando usciranno da questa grotta. Non può rifiutare la richiesta d’un uomo che infondo non è molto più d’un cadavere che cammina, tanto più che ha dato mostra di valore! – esclamò Keeran concitato, Fang che s’era poggiato ad un angolo della grotta gli lanciò uno strano sguardo inquisitorio chiedendo risposta del suo atteggiamento.
- Sa non sopporto la gente che parla di sé in terza persona -.
- Allora siamo in due – convenne Keeran che stava praticando l’estremo tentativo di non sembrare a Jabbar uno dei tanti che aveva incontrato, in dieci minuti avrebbe dovuto cercare una ragione per far sì che un carnefice di tale risma scegliesse di risparmiargli la vita. Era il colloquio più complicato che avesse mai affrontato. Decise d’essere schietto, non avrebbe preso in giro il moro per un istante di più – Io sto cercando di salvarmi la pelle o almeno quella delle persone a cui tengo. Non so neppure io cosa sto tentando di fare o dove voglio arrivare, sono certo d’una cosa però: se riuscirò ad impressionarla avrò forse una speranza in più. Una su un milione, però è sempre qualcosa e per quella sono pronto a giocarmi persino la mia dignità dicendole queste cose -. Sbottò tutto d’un colpo, parlò a mitraglia per la paura che ormai rimanesse troppo poco tempo.
Jabbar molto lentamente lo plaudì battendo le mani – Tentativo davvero ammirevole. Io riconosco un mio simile, per far strisciare per terra quelli come noi due prima bisognerebbe strapparci le gambe e lei lo ha appena fatto; proprio ammirevole! – gli concesse, e per una volta non vibrava scherno nella voce dell’armeno, poi aggirando Keeran continuò a catalogare le bombe, ne mancavano circa la metà, però proseguì pure nel discorso: - L’accontenterò… Ma partiamo da principio: quei russi arrivarono qui nei primi anni Cinquanta con una partita di nucleare rubata proprio al suo paese. Dio benedica gli Stati Uniti d’America! – ghignò gioviale per poi riprendere – Serviva loro un posto dove nascondere la refurtiva dato che era in pieno corso la Guerra Fredda, le spie erano ovunque e serviva appunto un luogo sicuro. Si da il caso che proprio il tenente colonnelloŠklovskij, rampollo di nobile famiglia, aveva appena ritrovato durante un viaggio privato questa grotta; solo lui ne conosceva la posizione, così insieme ad altri cinque fu incaricato dai compagni di nasconderci questo piccolo arsenale – si bloccò di colpo, molto enfaticamente e si toccò la tempia per un istante come se stesse cercando d’agguantare un pensiero che gli sfuggiva – Attenzione! Per motivi di sicurezza loro erano gli unici a conoscere l’esatta ubicazione del nascondiglio, così quando tutti s’ammalarono d’un morbo, probabilmente un attacco di meningite fulminante, il segreto morì con loro –.
A Keeran i conti non tornavano, le mummie erano cinque, però gli uomini di cui parlava il moro erano sei, quindi che fine aveva fatto l’ultimo? L’espressione del suo volto però precedette la domanda. – Un soldato semplice prima che le forze l’abbandonassero riuscì ad uscire nel deserto dove si perse e morì. Con sé aveva un diario, nelle cui pagine descriveva la missione e parlava d’un gran tesoro appartenente a monaci cinesi. Io ho trovato il diario e facendo due più due ho capito che per trovare le bombe dovevo trovare il tesoro. Non credo Mr. Keeran di dover andare avanti, la storia la conosce -. 
Ora tornava tutto, a nessuno importava il tesoro in sé quanto più il luogo dove era tenuto; se l’istinto non l’ingannava Jabbar era un trafficante d’armi e a lui chissà quanto sarebbe fruttato il vendere un tale arsenale, quanto più che i costi di produzione erano praticamente nulli. Quanti stati avrebbero voluto accaparrarsi l’atomica illegalmente, di nascosto e soprattutto già pronta all’uso. Malgrado si stesse dando un contegno dal volto di Keeran trasparì parte dell’orrore che provava. 
Jabbar sorrise gaio – Ed io sono l’unica persona al mondo che sappia cosa accadrà nei prossimi mesi o forse anni, chi può dirlo? Venderò l’atomica al miglior offerente e le dico pure come la vedo io: l’Iran, il volenteroso Iran acquisterà la bomba atomica per cancellare Israele dalla carta e sarà allora che interverranno gli USA ed i caschi blu, ma io molto opportunamente metterò sul mercato quelle laggiù – indicò gli ultimi quindici ordigni, quelli che Keeran non aveva ancor capito cosa fossero.
- Armi chimiche, le famose scie chimiche, realtà o fantascienza? – domandò Jabbar in preda ad una folle frenesia – Realtà! Sono vere le tocchi! Immagini: un solo stato che può manipolare il clima, le siccità, le alluvioni a suo completo piacimento. Persino un paese ricco come il suo sarebbe messo in ginocchio nel giro di tre mesi. Niente acqua, niente contrattacchi -.
Jabbar notò l’ombra d’odio che passò negli occhi di Keeran per un secondo e quindi soggiunse – Non si preoccupi, io sto solo dalla mia parte. Perciò se l’Occidente avanzerà la proposta più alta, io sarò ben disposto ad accettarla. Al massimo incenerirà solo Israele! - 
A trattenere Keeran dal saltar al collo di quell’uomo fu solo la presenza delle pistole puntate sui propri amici, una mossa falsa e gli uomini di Bill avrebbero premuto il grilletto con grande piacere. Jabbar aveva detto soltanto Israele. Secondo lui soltanto sette milioni di persone sarebbero morte, che infondo poi sono poca cosa per la ricchezza. Keeran si ritrovava ad essere l’unica persona su quel pianeta a saper cosa sarebbe successo e provò un angoscia terribile nel non poter far niente di utile, riuscì soltanto a dire convenendo – Sarà una guerra di proporzioni colossali… -.
- Esatto, esatto! Visto alla fine sarò io l’unico a vincere quando gli altri staranno a scannarsi e sa qual è la parte divertente? Io sono uno, se non il più importante trafficante d’armi al mondo e l’unica volta che sono stato agguantato dai servizi segreti, i vostri, la CIA, mi hanno rilasciato con comando diretto dalla Casa Bianca. Senza farmi una foto o prendermi le impronte digitali-, fece una pausa per ricontrollare un dato che aveva preso, il sorriso folle non si cancellava dal volto. Infine disse una verità di cui Keeran inseguito avrebbe avuto ancora la conferma.
- Anche ai buoni a volte serve giocare sporco e pure loro voglio professionisti come me, gente che possa arrivare dove sarebbe illegale per voi. Tutti vogliono avere le mani pulite – sentenziò Jabbar con la voce che era ormai un sussurro, soltanto Keeran l’avrebbe potuto udire anche se non avrebbe voluto perché sapeva che anche il suo era un governo edulcorato, ma non credeva fino a quel punto. L’armeno rise ancora, sempre più soddisfatto – La colpa sarà mia quando succederanno tutti quei fatti che le ho appena descritto. Però sarà anche dei governi ipocriti, di quei finti buoni che sono peggio dei veri cattivi. Voi volete apparire solo meglio di quel che siete, lo vogliamo tutti quanti. Ma ricordi, è come voler indossare una camicia bianca appena uscita dalla sartoria quando sotto s’indossa ancora una t-shirt lorda di sangue. Non si disperi, è sempre stato così e lo sarà fino alla fine. Si dice che il male c’è perché nessuno lo combatte, in realtà c’è e basta. Questa è la polizza sulla mia vita e quella di tanta altra gente -.
Keeran guardò assente l’orologio che gli disse che aveva ancora due minuti, osservò Jabbar che come se niente fosse stato stava finendo di prendere appunti a proposito dell’ultima bomba. – Ora dopo averle rivelato tutte queste cose, converrà anche lei che mi toccherà ammazzarla. Non pensi male di me né del suo governo; io ho trattato con tutti i maggiori politici e uomini d’affari della terra e mi creda, hanno una moralità tutta loro, davvero particolare. Ebbene penso che la loro morale sia al di sotto d’un paio di tacche rispetto a quella d’un maniaco, per il resto però sono davvero brave persone… soprattutto il vostro başkan yardımcısı, non mi sovviene come si dice nella vostra lingua. Però è una persona davvero meschina, invischiata in tutto e un po’… -.
Detto questo il moro prese Keeran per un gomito e lo riportò davanti all’entrata insieme agli altri, questo si fece condurre docilmente, quanto Jabbar aveva detto prima d’andare a censire gli ordigni era la pura verità; questa volta serviva un miracolo per tirarli fuori da guai e Keeran non era capace di compierli.
L’unica cosa che ora desiderava visceralmente era essere il primo, si sentiva troppo vile per poter stare a vedere gli altri cadere uno alla volta. Così quando furono tutti in riga, prima ancora che Jabbar avesse detto qualsiasi cosa, si tirò fuori dal gruppo e silenziosamente, dando solamente un’ultima occhiata a Lyn, si mise esattamente davanti all’entrata; il moro rimase interdetto per un secondo però poi assentì inclinando il capo, infine si posizionò alle spalle di Keeran.
L’ultima cosa che egli vide furono le luccicanti armature da samurai, poi fu buio.
Aveva chiuso gli occhi Keeran ma nella retina gli era rimasta impressa ancora l’immagine di Lyn. Sentì dietro di sé il rumore del cane della pistola che veniva armato; il sangue gli correva impetuoso al cervello, sentiva battere all’impazzata le tempie e la carotide nel collo, gli pareva d’aver ogni percezione offuscata e perciò avvertì due volte il rumore stesso della pistola carica.
Pensò di prendere l’ultimo respiro della sua vita, invece gli arrivò sfuggevole alle orecchie una frase che in quella circostanza non c’entrava niente, - Mai fidarsi d’un inglese, Mr. Jabbar -.
   
 
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