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Autore: _Hiromi_    12/12/2010    6 recensioni
Near, ormai senza alcuna voglia di vivere, si lascerà andare sotto la pioggia, così da non piangere da solo...non sa che, proprio sotto quelle gocce d'acqua fredda farà un incontro che gli cambierà la vita...forse...Eccomi qua con una nuova ficcy!! ^_^ spero che vi possa piacere!! Pairing: MxN *_* kisses _Hiro_ ^O^
P.S. il rating ARANCIONE della fanfic è riferito esclusivamente al capitolo 19, l'ultimo, in quanto il rating generale della storia è il verde^^
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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***

Sei ancora accasciato sul quel tappeto scuro quando la porta del salotto si spalanca di scatto, ma tu non ti muovi e resti immobile a fissare il pavimento con le lacrime che scorrono via dai tuoi occhi neri.
-Oddio!- senti appena la voce acuta della donna mentre questa si fionda al tuo fianco, abbracciandoti, stringendoti a sé con forza. -O mio Dio, signorino! Sta bene! Sta bene!-
Sollevi lo sguardo su Eve, la domestica che si prende cura di te da sempre: è la figlia della balia che avevi quando eri piccolo e, quando questa è andata in pensione, Eve ha preso il suo posto nonostante la giovane età.
-Oh signorino! Ero così preoccupata!- esclama scostandoti un po' dal suo corpo prosperoso e fissandoti attentamente. -Ha un aspetto orribile.- dice molto sinceramente -venga, le preparo un bagno caldo e qualcosa da mangiare.- Ti aiuta ad alzarti e dolcemente ti guida fuori da quella sala, per i corridoi appena illuminati della casa, per le scale che conducono ai piani superiori, e si ferma solo dopo quella che ti è sembrata un'eternità.
-Eccoci qua.- dice con evidente allegria forzata e, aprendo la porta, ti sospinge delicatamente dentro la camera. Ti guardi attorno spaesato, non capendo perché ti trovi in quella stanza.
-Eve...ma cosa...?- mormori con voce spezzata dai lievi singhiozzi che ancora ti scuotono. -Questa non è la mia camera...è quella...- ti blocchi, voltandoti poi di scatto per uscire da quella che era stata la camera da letto dei tuoi genitori quando erano in vita -Non è la mia camera.- ripeti con lo sguardo basso.
-Mi...mi rincresce tantissimo signorino, ma...la sua stanza non...non è più la sua stanza...-
Sollevi gli occhi sulla trentenne che hai davanti, senza capire le sue parole, aspettando che arrivi una sorta di spiegazione, ma lei non parla e ti guarda con tristezza, e allora capisci cosa intende dire: per i tuoi nonni tu dovevi essere morto, la tua stanza non ti serviva più e ne hanno fatto quel che volevano. Torni a guardare la camera e, cercando di consolarti, ti rallegri un po' perché almeno quella è rimasta uguale, non è cambiata di una virgola; sembra quasi che i tuoi genitori possano entrare da un momento all'altro per stendersi sul grande letto a baldacchino.
-Dopo la sua scomparsa, quando suoi nonni hanno deciso di riarredare la casa, li ho convinti a lasciare questa stanza così com'era in segno di rispetto,- dice Eve cercando di distrarti e tu, anche se non ti volti verso di lei, ascolti con attenzione quello che ha da dirti -ed io...l'ho pulita tutti i giorni nella speranza che Lei tornasse...-
-Grazie Eve...- mormori girandoti verso di lei per regalarle un piccolo sorriso di gratitudine, subito ricambiato.
-Le preparo il bagno, Lei cominci a cambiarsi.- ordina con voce dolce ma perentoria, e tu non puoi che obbedire. Mentre lei si dirige verso la porta del bagno comunicante la stanza, tu prendi a sbottonarti il giubbotto, scostando con le dita quella poca cenere che è rimasta attaccata al tessuto. Solo in quel momento ti ricordi del puzzle e, dopo aver poggiato il giubbotto sul letto, vai verso la porta per andare a recuperarlo.
-Dove crede di andare signorino?- ti richiama Eve avvicinandosi a te a grandi passi, irritata dalla tua tentata fuga. -Andrò io a prenderle quella scatola, non si preoccupi.-
La guardi chiedendoti come abbia fatto a capire quello che volevi, ma lasci perdere e annuendo ti dirigi in bagno. Chiudi la porta alle tue spalle e poi finisci di spogliarti, poggiando poi la roba perfettamente piegata su uno dei mobiletti in legno verniciati di bianco. Ti avvicini lentamente allo specchio, percorrendo con le dita il marmo rosato della specchiera, sentendo il materiale freddo sotto i polpastrelli. Alla fine trovi il coraggio e sollevi lo sguardo per osservare il tuo riflesso e, al vederti, un sorriso mesto ti incurva le labbra. Neanche ventiquattro ore fa stavi facendo la stessa cosa nel bagno dell'appartamento di Mello, e ti sentivi soddisfatto per il tuo aspetto riposato e sereno; ora...ora sembri invecchiato di qualche anno. I capelli scompigliati, gli occhi rossi e gonfi per il pianto, e così anche il naso, la pelle pallida e priva di colore, lo sguardo triste, disperato.
Sospiri e ti decidi ad infilarti sotto la doccia per lavarti velocemente, anche se in realtà lo fai solo per perdere tempo, per non stare a far nulla. Quando esci non ti asciughi nemmeno e ti stendi direttamente nella vasca mezzo piena, tentando di rilassarti mentre aspetti che l'acqua ti ricopra del tutto.
Sei tornato a casa e vorresti già fuggire via, lontano, in un posto dove non ti possano raggiungere le loro cattiverie, ma sai di non poterlo fare, o almeno non ancora.
Ormai hai diciassette anni, qualche mese e sarai maggiorenne, e poi potrai fare quel che vuoi, indipendentemente dalla volontà dei tuoi nonni: stavolta non riusciranno a rinchiuderti.
Per i tuoi nonni prima era molto più semplice controllarti; avevi solo undici anni quando è avvenuto l'incidente, e tu desideravi solo avere qualcuno vicino che ti proteggesse, ti amasse, ma di certo i tuoi carissimi nonni non erano interessati a quello quando ti hanno preso con loro. Eri piccolo e avresti fatto qualunque cosa per renderli felici, e così non facevi che render loro più facile il lavoro: non opponevi resistenza e loro ti usavano come un burattino. Poi verso i quattordici anni ti sei ribellato, litigavi con loro, rispondevi sgarbatamente, li insultavi per quello che ti stavano facendo, e loro ti punivano, ti chiudevano in camera tua senza cibo né acqua per ore, a volte giorni, o ti picchiavano, oppure ti rinchiudevano nello sgabuzzino lasciandoti da solo al buio; ricordi chiaramente le sensazioni, la paura, la disperazione che quelle punizioni facevano nascere in te, con l'unico conforto portato dalla dolcezza di Eve: se non ti davano da mangiare, lei ti portava il cibo di nascosto; se ti piacchiavano curava dolcemente le tue ferite, e se ti chiudevano nello sgabuzzino, lei restava fino a che poteva dall'altra parte della porta a raccontarti favole e storie o a cantarti qualche canzone per bambini. Da che ricordi, Eve è sempre stata quella sorella che non hai avuto, sempre disponibile, sempre dolce, sempre protettiva, l'unica amica in una casa di nemici...le devi molto, e probabilmente non lei hai dimostrato chiaramente quanto le sei grato e quanto le vuoi bene...
Le cose sono cambiate ancora quando sei scappato di casa, una notte, ed allora hai incontrato Mail: avevi quasi sedici, e lui era il primo amico che avevi. Da quel momento sei stato più sereno: in casa la situazione era insopportabile, ma avevi Matt ad aspettarti la notte in quel parco, e solo quella certezza ti era di conforto e ti permetteva di sopportare tutto. Smettesti di ribellarti riprendendo ad obbedire ai tuoi nonni, non uscendo in giardino, non parlando con nessuno, non disturbando, studiando a casa con i tutori privati, facendo praticamente quello che loro volevano, ma non t'importava perché avevi qualcuno di amico non solo dentro, ma anche fuori da quelle quattro squallide mura.
E poi, qualche mese fa, i tuoi nonni hanno scoperto le tue fughe notturne e ti hanno messo delle guardia addosso per scoprire quel che facevi, ed è stato così che hanno saputo di Matt, di quella persona che poteva influenzarti e rovinare i loro piani per plagiarti ed ottenere la tua eredità, e così ti hanno proibito di vederlo. Ti sei rifiutato, ti sei opposto, dando così adito alle loro paure, ma poco tempo dopo il rosso ti ha lasciato per sempre, e tu ti sei ritrovato di nuovo da solo e abbandonato, e hai perso la forza per combattere e lottare. E alla fine, il giorno del funerale, i tuoi nonni ti hanno impedito di andarci, e così tu sei scappato sotto la pioggia scrosciante, ed hai incontrato Mello...
Sospiri e ti lasci scivolare lungo la porcellana liscia per immergerti sotto l'acqua calda, restando in apnea.
Ora hai diciassette anni, e ti sei stufato dei tuoi nonni e della loro avidità: i tuoi genitori hanno lasciato loro tutto ciò che possedevano con la fastidiosa clausola di prendersi cura di te, e non resterai con loro più del necessario; il giorno del tuo compleanno te ne andrai e non potranno dirti nulla (e di certo non cercheranno di fermarti), e allora tu sarai finalmente libero.
Ti metti a sedere inspirando profondamente per recuperare ossigeno, poi ti decidi ad uscire dall'ampia vasca rotonda, asciugandoti ed avvolgendoti nell'accappatoio lasciato da Eve.
Vai in camera sperando di trovarci Eve: non hai voglia di stare da solo in quella casa, vuoi parlare con qualcuno; purtroppo però la donna non c'è. Con un sospiro ti avvicini al letto per prendere il pigiama che Eve ha lasciato e, con la coda dell'occhio, noti una scatola lì affianco. Molli subito il tessuto e l'afferri, fissando con sguardo vacuo l'enorme buco sul cartone, i contorni bruciacchiati.
Chiudi gli occhi per un attimo, stringendo le dita intorno al cartone, poi sospiri e riappoggi l'oggetto: perché danneggiare le poche cose che ti sono rimaste? Ti chiedi con tristezza, che cosa ci guadagnano?
Lentamente ti infili il pigiama bianco, aspirando profondamente il profumo di ammorbidente che emana il tessuto lavato di recente, godendo appieno della sua morbidezza. Scosti le lenzuola del letto e, dopo un attimo di esitazione, ti stendi sul materasso; non hai sonno, ti senti abbastanza riposato, ma in quella casa non hai nessun altro posto in cui stare, è come se i tuoi nonni ti avessero segregato in quella stanza...
Chiudi gli occhi e ti ranicchi su un fianco, sforzandoti di non pensare a nulla, pregando perché accada qualcosa che ti trascini via dalla tua condizione.
La porta della stanza si apre e Eve entra portando tra le mani un vassoio.
-Signorino deve mangiare.- ti informa con tono che non ammette repliche avvicinandosi al letto e poggiando tutto sul comodino color panna e ciliegio. Apri gli occhi guardandola di sbieco, pronto a dirgli che non avresti mangiato, che non ne hai voglia.
-Su, si metta seduto.- la donna ti prende dolcemente per un braccio e ti tira su senza darti altra scelta, -Le ho preparato il suo piatto preferito!- esclama con un sorriso allegro.
Non hai fame, hai lo stomaco chiuso, ma come puoi non cedere di fronte alla felicità che Eve dimostra nell'averti vicino, sano e salvo?
Accenni un piccolo sorriso e allunghi una mano per prendere uno dei piatti.

---

Sono passati già due giorni da quando sei tornato a casa e, nonostante senta la mancanza di Mello, ti accorgi di riuscire ad affrontare bene la situazione. Per fortuna i tuoi nonni non si sono fatti vedere, e tu non sei uscito neanche una volta dalla stanza dei tuoi genitori, preferendo la sola compagnia di Eve e dei tuoi puzzle.
E' mattina inoltrata, e sei seduto sul grande tappeto di quella che ormai è la tua stanza, i pezzi del puzzle sparsi davanti a te mentre ti accingi a ricominciare per l'ennesima volta. Eve, seduta su una delle poltrone a rammendare alcuni calzini, ogni tanto solleva lo sguardo su di te e sorride, quasi non riesca ancora a credere che sei davvero lì davanti a lei, e intanto canticchia una vecchia canzone per bambini che ti cantava quando eri piccolo. Potresti dirle che ormai sei troppo grande per le canzoni da bimbi, ma è piacevole sentire la sua voce limpida espandersi tra quelle quattro mura; ti rilassa, ti fa sentire amato, rende quel posto un po' più sopportabile.
-Eve, non hai altre cose da fare?- le chiedi curioso di sapere perché non abbia fatto altro che starti vicino da quando sei tornato; però, appena pronunci quelle parole, temi di esser stato troppo sgarbato, e cerchi di rimediare -cioè...mi fa piacere se resti con me, ma...-
La donna ridacchia divertita. -Sono la sua cameriera fin da quando sono stata assunta; faccio quel che serve a Lei, non agli altri.-
-E...quando non c'ero?-
-Ho avuto ben poco da fare, in effetti. Però, da ora in poi, non mi lascerà più senza lavoro, vero signorino?-
Tu arrossisci in imbarazzo, distogliendo lo sguardo dal suo, poi annuisci con un piccolo sorriso sulle labbra;
Ti riconcentri sul puzzle totalmente bianco, chiedendoti come faresti a sopportare quella sorta di prigionia se non ci fosse Eve, ma scacci subito quel pensiero dicendoti che lei c'è, e che questo è l'importante.
-Signorino, ma...-
Sollevi lo sguardo sulla donna, fissandola incuriosito, aspettando che continui, ma lei non parla più.
-Eve, quante volte dovrò ripeterti di chiamarmi Nate?-
Eve sbuffa seccata -E va bene! Ha vinto lei!- esclama alzando gli occhi al cielo -la chiamerò Nate, soddisfatto?-
Per la prima volta da quando sei arrivato ti ritrovi a ridere di gusto, estremamente divertito dall'espressione insoddisfatta e seccata della cameriera, la quale non può non sorridere felice nel sentirti finalmente ridere.
-Comunque, che volevi dirmi?-
Lei distoglie lo sguardo per un attimo, sembra indecisa, ma torna a guardarti.
-Dov'è stato in queste settimane?- dice tutto d'un fiato -so che non sono affari miei ma...ma ero così preoccupata per Lei! Era spartito senza dire nulla, non si è fatto sentire! Ho pensato al peggio...- si blocca per un attimo, abbassando il capo e il tono della voce -dopo quello che è successo a quel suo amico credevo...che non l'avrei più rivista...- e, nonostante lei non l'abbia detto, capisci che dopo quel 'rivista' manca 'in vita'.
-Mi sono ammalato.- dici alzandoti da terra e avvicinandoti a lei. -Un...un ragazzo mi ha aiutato...è stato lui a riportarmi qua.-
Appena sei a portata di braccia la donna ti afferra e ti stringe a sé con forza, quasi con disperazione, mentre qualche lacrima scivola sul suo viso.
-Non lo faccia mai più!- ti intima scrollandoti per le spalle -Non mi faccia star in pena in quel modo...-
La abbracci a tua volta mentre una morsa di tristezza e gioia ti pressa il cuore; sapevi che Eve ti vuole bene, te l'ha dimostrato mille volte, e sei felice per averla vicino...eppure non riesci a non sentirti in colpa per averla abbandonata senza spiegazioni e senza neanche pensare a lei; più passa il tempo, e più quella donna si sforza di prendere il posto lasciato vuoto dai tuoi genitori...
-Mi dispiace...- sussurri non sapendo che altro dire.
Dopo qualche altro secondo Eve si allontana leggermente da te, fissandoti in volto.
-Nonostante sia cresciuta, sono ancora una piagnona.- si prende in giro asciugandosi il viso con il dorso della mano,e tu le sorridi.
-Su, finisca quel puzzle! Sono proprio curiosa di vedere se ha altri colori a parte il bianco!-
-Non ti illudere, è tutto così.- la informi mentre riprendi il lavoro.
-Nate...- un brivido ti attraversa la schiena nel sentirti chiamare per nome...da quant'è che non succedeva? -quel ragazzo di cui parlava...si chiama Mello?-
Rimani bloccato, paralizzato con un pezzo di puzzle in mano, sorpreso.
-Come...?-
Lei ti blocca prima che tu possa chiedere. -L'ha detto mentre dormiva...un paio di volte.-
Sussulti non aspettandoti qualcosa di simile, poi arrossisci per l'imbarazzo e la vergogna: chissà cosa penserà Eve di te!
La domestica si alza di scatto fiondandosi al tuo fianco, inginocchiandosi davanti a te.
-Le piace!- esclama incredula -Quel ragazzo le piace!-
Lasci cadere il pezzo di cartone che tenevi ancora tra le dita, agitando poi le mani davanti a te, preso alla sprovvista.
-No no, che vai a pensare! Gli sono semplicemente grato! Mi ha salvato...e poi è un ragazzo...-
-Suvvia non sia così di ristrette vedute! Se le piace, che importanza ha se è uomo o donna? L'amore è amore, e basta.-
Distogli lo sguardo, e davanti ai tuoi occhi vedi sfumare tutti gli sforzi che hai fatto in questi giorni per evitare di pensare a Mello e alle strane sensazioni che ti faceva provare.
Che Eve abbia ragione? ti chiedi confuso, prendendo in considerazione quell'ipotesi cui non avevi pensato, che mai avresti preso in considerazione.
-Le piace?- chiede Eve curiosa, fissandoti senza darti tregua, decisa a sapere la verità, anche a costo di essere inopportuna o invadente: è la prima volta che ti vede comportarti in quel modo, la prima volta che mostri interesse per qualcuno, la prima volta che provi qualche emozione, e lei non può che essere felice per questo, perché significa che quei nonni che tanto odia non ti hanno reso arido e incapace di provare amore come loro.
-Io...penso di si...- mormori indeciso, confuso, la testa vuota, il cuore che batte a mille per l'emozione della scoperta. -Mi piace Mello...- ripeti e, mentre lo dici, cominci a capire, ad accettare quei sentimenti nuovi.
Poi la realtà si abbatte nuovamente su di te: ti piace, d'accordo, e allora? Non cambierà le cose...non lo rivedrai mai più, e poi chi ti dice che il tuo interesse sia corrisposto?
Ti alzi e ti avvicini alla finestra, guardando fuori -Anche se l'ho capito non cambia le cose: Mello non c'è.-
Eve abbassa leggermente il capo non sapendo cosa rispondere di fronte all'evidenza, e ti penti delle tue parole: non volevi metterla a disagio o in difficoltà; non è colpa sua se ti trovi in quella situazione, anzi! Se fosse per lei avresti tutto ciò che vorresti!
-Eve, ho fame...mi prepari qualcosa da mangiare?- sussurri senza guardarla e, dopo aver mormorato un 'si' non tanto convinto, esce dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Torni a sederti sul tappeto ma ti è passata la voglia di finire quel puzzle, e perciò lo rimetti accuratamente nella scatola, sfiorando con delicatezza ogni pezzo quasi fosse un pezzo del tuo cuore, di te.
Non sai quanto tempo è passato, forse cinque o sei minuti, ma all'improvviso Eve piomba nella stanza come un uragano, spalancando la porta e, afferrandoti per un braccio, ti trascina fuori dalla camera, per le scale fino ad arrivare all'ingresso.
-Eve! Ma cosa...?- non hai il tempo di chiedere delucidazioni riguardo il suo più che strano comportamento: una stretta decisa ma delicata ti stringe il polso del braccio libero.
Ti giri di scatto per vedere chi sia, e il tuo cuore perde un battito, bloccandosi per un nanosecondo, per poi riprendere a battere sempre più velocemente. Apri la bocca per parlare, per sapere, ma non esce alcun suono dalle tue labbra dischiuse.
-Chi è lei?- la voce seccata del maggiordomo ti arriva come ovattata alle orecchie, e lo ignori palesemente -Esca immediatamente da questa casa!-
E in quel momento ti senti tirare fuori di casa, nel vialetto, nel giardino, ed infine oltre il cancello d'ingresso, e solo allora vi fermate.
La persona che ti ha guidato fin lì finalmente si toglie gli occhiali da sole che indossa, voltandosi a guardarti, ed allora incontri i suoi occhi azzurri, sussurrando il suo nome in attesa di vederlo scomparire come un'illusione davanti ai tuoi occhi.
-Mello......-

***

   
 
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