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Autore: ElfoMikey    12/12/2010    2 recensioni
"Quando qualcosa irrimediabilmente finisce, si spera sempre che per quanto il tempo serva a dimenticare non lo farà mai con troppo dolore.
Quel qualcosa però era talmente forte, talmente intenso che aveva la capacità, giorno dopo giorno, di rafforzare quei ricordi e lasciando che essi si imprimessero sulla mia pelle come un tatuaggio indelebile."
Brendon non riesce a dimenticare, Ryan crede di avere il mondo hai suoi piedi.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Panic at the Disco
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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cap3 ryden

 

 

 

 

Capitolo tre

 

 

 

 

 

 

Brendon pov

 

 

Non ero mai stato imbarazzato come quella mattina quando, del tutto stordito e con gli occhi gonfi per le lacrime versate, cominciai a svegliarmi.

La faccia di Ariel capitanava la mia visuale, bella sveglia e con un sorriso scintillante a contornare quei occhi meravigliosamente… verdi. Come i prati delle colline irlandesi o le foglie ricoperte di rugiada la mattina.

Rimasi a fissarli come se davanti a me ci fosse la più nitida riproduzione della Vergine Maria.

Erano meglio di qualsiasi risveglio mai avuto.

“Prima di dirti buon giorno, posso chiederti se si può evitare di menzionare la mia pessima figura di ieri sera?” Ariel rise alle mie parole e annuì, lasciando cadere un ciuffo color miele davanti agli occhi che ebbi la premura di scostarlo dietro il suo orecchio. “Bene, allora buon giorno.” Continuai, alzando lievemente il viso per incontrare le sue labbra in un bacio di saluto.

“Posso chiederti almeno se stai bene?” disse, accarezzandomi il naso con la punta delle dita.

“Non lo so.” Ed ero sincero.  Non sapevo cosa provare, cosa pensare né tanto meno cosa esprimere.

Adoravo El per il semplice fatto che non faceva domande.

Probabilmente sapeva già per chi era tutto quel dolore (Pete non si era certo risparmiato), ma evitava anche qualsiasi tipo di argomento che potesse riportare a... lui.

E non riuscivo nemmeno a dire il suo nome.

Fanculo.

“Senti, avrei una cosa da chiederti.” Iniziò, mettendosi seduto e incrociando le gambe.

“Dimmi.”

“Non è che, ti andrebbe di accompagnarmi a vedere una band?” chiese, sfarfallando le ciglia in modo accattivante. “suonano domani in un locale qui vicino. So che oggi è l’ultimo giorno di tuor, ma potremmo prolungare la cosa di un giorno!”  raccontò, cominciando a gesticolare. “Potremmo prendere una stanza d’albergo solo per una notte e ripartire il giorno dopo! Sono sicuro che per Pete non ci siano problemi! Lo so chiedo troppo, ma loro sono troppo bravi e io non so quando avrò un’altra opportunità per ascoltarli dal vivo!” riprese fiato per un momento, guardandomi con timore.

Io ridacchiai.

Sembrava proprio un ragazzino, impacciato in quel modo. Non gli feci aggiungere altro perché accettai la sua proposta, accolta con un urlo e un abbraccio più che stritolante.

Pomiciammo per un lungo e felice momento finchè quello stupido del mio cervello decise che doveva per forza comandare la mia bocca a parlare.

“Di che band si tratta?” chiesi, quasi senza fiato, accarezzando le guance porporine di El con i palmi.

“The Young Veins! Sono eccezionali!”

Brendon Urie iniziò, così, la sua lunga discesa verso un buco nero dal quale non avrebbe più fatto ritorno.

In seguito venni a sapere che El aveva ascoltato le vene giovani per la prima volta solo pochi giorni prima, dopo che aveva trovato diverse canzoni dell’Ipod di Spence. ( cosa ci faceva Spencer con quelle canzoni non lo sapevo. Lui diceva che le aveva scaricate per poter studiare da vicino il nemico. Tutt’ora faccio finta di credergli.)

Evitai di raccontare a El che il Leader della sua band preferita era lo stesso che mi aveva reso la vita un vero schifo, anche se sapevo chi avrebbe provveduto alla cosa.

Pete saltellava con un sorriso da conquistatore, precendendo Ariel che era veramente giù di corda. Wentz saltò sul palco, montato quasi a festa per l’ultimo concerto, e si avvicinò alla band spargendo sorrisi e incoraggiamenti.

Mi allontanai un poco per riuscire a sedermi sul bordo, scostando diversi fili elettrici, aspettando che El si avvicinasse.

“Scusami…” mi disse accostandosi e posando le mani sulle mie cosce. Aveva l’espressione affranta e colpevole.

“Non serve che tu lo dica, non potevi saperlo.” Affrettai a dire, passando una mano fra i suoi capelli mossi.

“Quando Pete me l’ha detto avrei voluto… accoltellarmi!” esclamò serrando i pugni.

“Non credo che fare Harakiri sia la cosa migliore.” Risi io. El sbuffò e si lasciò abbracciare.

“Non ci andiamo al concerto.” Sussurrò poi, annuendo alle sue stesse parole.

“Certo che ci andiamo. Non devi minimamente preoccuparti. Ho promesso di accompagnarti e lo farò.”

Oppose resistenza per cinque minuti buoni, finchè pensai che fosse meglio tappargli la bocca, prima che lui riuscisse a farmi cambiare idea.

Ci baciammo per qualche glorioso momento, perdendoci l’uno nel desiderio dell’altro, finchè la bacchetta di Spencer non mi colpì la nuca.

Avevo una totale ripulsione per le prove la mattina presto, erano poco salutari e non erano di certo come le mie corsette mattutine. Mollai El dopo un altro bacio e corsi dalla mia band che mi proclamava a gran voce per finire quelle prove che Pete aveva categoricamente imposto.

Era passata sì e no una mezz’oretta quando sbagliai un paio di accordi di “New Prospective” impegnato com’ero a guardare la trottola Pete girare fra tecnici e strumenti come una furia.

Dettava ordini come un generale e aveva un’aria quasi solenne, da dittatore romano, dicendo a volte: “ Sono Pete Wentz, no? Io posso fare tutto. Quindi fermate la stampa, la televisione! sono disposto a sacrificare i miei uomini pur di salvare mio figlio!”

La mia mente volò verso quella dolcissima testolina bionda di Bronx che probabilmente a quell’ora stava fra le braccia di Morfeo assieme alla mamma.

Scrollai le spalle e ripresi a cantare.

Con il trascorrere delle ore non solo Pete diventava strano, ma tutti sembravano avere lo stesso comportamento anomalo.

Comunque sia, quel giorno non riuscii a fare nulla. Niente televisione, quindi addio Oprah, niente giornali, quindi nessun fumetto satirico.

El addirittura pretese che tornassimo alla spiaggia e rimanemmo lì a coccolarci fino a mezz’ora dell’inizio del concerto.  

Ora come ora, se ripenso al perché di quel comportamento, non posso far altro che ridere a crepapelle.

 

 

 

 

Ryan pov

 

 

La mia fine era vicina.

La sentivo incombere su di me come un uragano.

Piuttosto inquietante a dire la verità, ma non potevo far altro che pensarla così. Avrei rivisto Brendon da lì a tre ore, dodici minuti e cinque… sei secondi.

Fissavo l’orologio inquietato, almeno finchè Jon non decise di distrarmi, giocando all’allegro chirurgo con gli altri della band.

“Potete spiegarmi chi ha scelto questa data in Virginia?!” proclamai a un certo punto, mollando il gioco per sedermi sul divanetto accanto a Nick.

“Tu, tesoro.” Rispose lui, facendomi grugnire.

Odiavo profondamente me stesso. “Avrei fatto meglio a tapparmi la bocca allora

Nick al mio fianco rise, avvicinandosi per posarmi un bacetto sulla guancia. “Ti porto una birra, così ti rilassi.” Detto questo sparì dal camerino.

“Sì sta trasformando in un’amorevole mogliettina, Ross.” Commentò Andy, ridacchiando.

“E pensare che non è lui che lo prende!” rincarò la dose Murray.

Feci finta di non ascoltarli, sdraiandomi sul divano con poca grazia e appellandomi alla grazia divina.

“Secondo me ti stai angosciando per nulla.” Sostenne Andy, ottenendo l’approvazione di Jon. “con tutta la gente che c’è figurati se si presenta davanti a te!”

Fui quasi tentato di credere alle parole di Andy, ma più il tempo passava più sentivo la sua presenza vicina.

Prima dell’inizio del concerto ricevetti una visita che, nonostante il mio umore nero, riuscì a rallegrarmi un poco la serata.

Z si mostrava sorridente, in un bellissimo vestito nero, tanta da farla sembrare una bambolina di porcellana. Mi venne incontro abbracciandomi e baciandomi le labbra sotto lo sguardo sconvolto di Nick.

Mi stupiva sempre la sua allegria e la sua energia e riuscì per un po’ a farmi scordare l’arrivo imminente di Brendon.

Passammo un’eccitante oretta insieme, chiusi squallidamente dentro il bagno. Nick non approvò la cosa ed evitò di farsi toccare e addirittura di parlare con me, fino alla fine del concerto.

Non capivo quel suo comportamento.

Non mi ricordavo di aver fatto promesse di castità o di monogamia.

Evitai di scontrarmi con chiunque nel Backstage, anche con le fan che avevano vinto dei pass speciali che la casa discografica aveva messo a disposizione. Salii immediatamente sul palco, avvicinandomi al microfono e salutando il pubblico che era veramente immenso, quella sera.

Puntai lo sguardo davanti a me, cercando di reprimere l’impulso d’individuare la sua figura con gli occhi.

Però non resistetti.

Sapevo che era lì, perché sentivo la sua presenza. Mi sembrava di sentire il suo profumo e i suoi occhi scuri puntati su di me.

Brendon mi stava osservando dal lato destro del palco, appoggiato alle transenne, le braccia conserte e l’espressione dura e quasi irriconoscibile.

Incatenò il suo sguardo nel mio per un attimo e fu come perdere ogni energia. Alzai il braccio in un gesto di saluto, pentendomene subito, almeno finchè Bden non lo ricambiò con un piccolo ma percettibile movimento del capo.

Persi qualche parola di “Change”, ma Jon riuscì a salvare la situazione tornando a cantare il ritornello.

Ero completamente fottuto.

Lasciai il suo sguardo per un attimo, giusto il tempo di riprendere fiato e calmare i battiti veloci del mio cuore.

Solo all’inizio di “Everyone But You” riposai gli occhi su di lui.

Brendon non mi guardava più, perché stava abbracciando dolcemente un ragazzo dai capelli color miele e dalla pelle diafana, che aveva avvicinato il viso a quello di Brendon per posargli un bacio sulle labbra.

Tremai di rabbia e strinsi la chitarra talmente forte che le corde graffiarono le mie mani fino a farle sanguinare. Ricacciai indietro il magone e tornai a seguire la voce di Jon che cantava e riposare la mia concentrazione su gli accordi da fare.

Era tutto un totale schifo.

Pregai Jon di fare una pausa e io mi rintanai dentro il backstage, buttando giù metà del contenuto di una bottiglia di Gin.

A fine concerto, dopo un saluto generale, Nick mi trascinò con forza nel backstage, portandomi dietro a una delle tende nere per evitare sguardi indiscreti.

Aveva un’espressione arrabbiata in viso, e le braccia conserte.

“Come stai?” chiese, sentivo la sua preoccupazione, anche se la sua faccia poteva dire solo quanto era incazzato con me.

“Come se mi fosse passato addosso un camion carico di letame.” Risposi, appoggiandomi alla parete dietro di noi.

Nick addolcì leggermente il viso, annuendo e allungando la mano per posarmi una lieve carezza sulla guancia.

“ E’ qui con il suo ragazzo.” Disse.

“Sì ed è anche bello.” Sbuffai, lasciandomi abbracciare. “scusa per prima, Nick… sai io e Z…” lui mi azzittì, dandomi un leggero cucco sulla testa.

“Non fa nulla. Non mi hai promesso niente e quindi non posso pretendere nulla. Sentii una lunga stretta al cuore, perché la sua voce triste era l’ultima cosa che avrei voluto sentire.

Si lasciò baciare e mi afferrò con violenza i fianchi per scontrarli con i suoi mentre stringeva le sue mani sudate sulla stoffa leggera della mia camicia.

Restammo lì per lungo tempo, mentre credevo che l’unica soluzione per dimenticare quell’ora infernale sul palco fosse quella di farmi scopare, contro un muro e dietro a una sottile tenda nera.

Andy e Murray distrussero ogni proposito, scostando la tenda proprio mentre Nick mi fece voltare contro il muro, giocherellando con la cintura dei miei pantaloni.

Quello però fu il male minore.

La cosa terribile, fu intravedere lo sguardo attonito di Brendon.

Nessuno parlò per un tempo quasi infinito, mentre Nick lasciava la presa su di me e si passava le mani nei capelli per riavviarli.

Murray aveva la faccia colpevole così come Andy.

Nessuno se l’era aspettato.

E io nemmeno a dirla tutta.

Provai a dire qualche parola, ma gli occhi smeraldi del ragazzo vicino a Brendon attirarono la mia attenzione.

Probabilmente aveva una, comprensibile direi, voglia di mettermi le mani al collo e farmi esalare l’ultimo respiro.

Era lo stesso ragazzo che Brendon aveva baciato, lo stesso a cui aveva regalato abbracci e sorrisi per tutta la durata del concerto.

“Bugiardo.”

Solo questo disse Brendon, prima di scappare e uscire con violenza dalla porta di servizio.

Bugiardo. Era vero.

Ero un gran bugiardo, un codardo.

“Tesoro, forse è meglio che gli corri dietro.” Suggerì Nick, dandomi una lieve spintarella con la mano.

Seguii il suo suggerimento e scattai all’inseguimento, cercando di raggiungere la furia Urie che era veramente più agile e veloce di me.

Stranamente non aveva preso a correre furiosamente e si era fermato a qualche metro dalla porta, guardando con gli occhi lucidi di pianto la striscia scura dell’oceano. Lo osservai per qualche momento, mentre si asciugava velocemente le lacrime con il palmo della mano e imprecava sottovoce.

Era bellissimo.

Egoisticamente rimasi fermo a fissarlo per interi minuti, godendo della sua presenza così vicina che mi era mancata per mesi.

“Non hai fissato abbastanza, Ross?” sussultai al suono rude della sua voce.

Fremetti dall’emozione, felice che mi stesse rivolgendo la parola.

Ovviamente non c’era nulla di cui gioire, ma non potevo farne a meno.

 

 

 

Brendon pov

 

Mi stavo letteralmente cagato sotto.

Tutti i pianeti erano allineati contro di me e i capelli che non volevano restare fermi ne erano una prova.

Spencer mi fissava divertito seduto sul mio letto della mia camera d’albergo, ogni tanto lanciando uno sguardo annoiato alla sua Playstation portatile, per poi riposarlo su di me.

“Tu non avevi un aereo da prendere?!” gli urlai dietro, mentre lottavo con il nodo della cravatta.

“Ho deciso di restare alla fine, e prendermi un giorno di riposo in questa magnifica, esilarante città.” Disse con un tono sognante piuttosto irritante.

Gli ringhiai contro e presi a cercare una cintura dentro il borsone.                                                         

Ovviamente era sparita.

Mai che qualcosa vada nel verso giusto per Brendon Urie. Mai.

“Dove cazzo è quella cazzo di cintura del cazzo!” sbraitai, inventandomi pose da contorsionista per riuscire a raschiare più a fondo possibile.

“Mister finezza è qui.” Disse Ariel sarcastico, indicando la poltrona, dove capitanava la mia bellissima cintura. “Bden sei sicuro?” disse poi, giocherellando con le maniche della sua felpa azzurra.

“Sì El non ti preoccupare, soffre solo di sindone premestruale… AHIA!” Spencer saltò sul letto trattenendosi il polpaccio che io avevo brutalmente frustato con la cintura.

Feci un sorriso a El e gli accarezzai i capelli. “Stai tranquillo, Okay?” lo rassicurai. “va tutto bene.”

Questa è autoconvinzione Urie, mi dissi, mentre gli occhi di Ariel rimanevano ancora insicuri.

Uscire dalla camera fu quasi come recarsi al fronte e mi stupii di quanto poco ci mettemmo io e Ariel ad arrivare al locale.

Tenevo così intensamente stretta la mano di Ariel che quasi non mi accorsi delle sue proteste, nascoste dietro un sorriso.

“Scusa.” Borbottai, mentre venivo raggiunto da una mandria di persone che avevo avuto l’opportunità di conoscere durante le feste organizzate da Pete o hai concerti.

Ci venne così riservato un posto “d’onore” vicino alle transenne alla destra del palco, dove la visuale era perfetta.

Sentivo Ariel esultare felice e lo fu per tutto il resto del concerto, canticchiando con voce lievemente stonata le canzoni delle vene giovani.

Quello stronzo stava evitando il mio sguardo come la peste, ma io volevo che mi guardasse, che vedesse con chi ero e che crepasse di gelosia.

Morii una seconda volta quando il suo caldo sguardo nocciola, così stranito e impaurito, si posò sul mio.

Cercai con tutte le mie forze di mantenere un’espressione che potesse fargli capire quando lo ritenevo al di sotto di ogni cosa.

Anche se non era vero.

Finito il concerto, Ryan sparì così in fretta dal palco che quasi si dimenticò di salutare i fan.

Ariel saltellava felice, aggrappandosi al mio collo e stampandomi diversi e graditi baci in volto. Mi sorpresi molto quando Andy e Nick Murray ci vennero incontro. Ci salutammo proprio come vecchi amici, anche se in realtà ero stato in loro compagnia pochissime volte. Erano simpatici e dei musicisti di talento.

Presentai El come mio ragazzo, causando diverse reazioni. Quella di Ariel fu la più piacevole, visto che mi stampò un bacio sulle labbra e mi strinse a sé.

“Che ne dite se cerchiamo gli altri e andiamo a bere qualcosa tutti insieme?” propose Murray, sorridendo e scostandosi il ciuffo sudato dalla fronte.

El mi guardò per un attimo, preoccupato. “Okay.” Risposi io, fingendo un entusiasmo che a dirla tutta mi era finito sotto la suola delle scarpe.

Non ero entusiasta di vedere da vicino quella sua faccia. Che per quanto bella fosse, riusciva a farmi riesumare ricordi così forti e dolorosi da farmi piegare in due per l’affanno.

Il cuore doleva così tanto quel giorno e sembrava non essere minimamente scemato.

Il peggio forse fu ritrovarlo così vicino e in una posa così assurda che all’inizio pensai a uno scherzo.

“Mi fanno schifo le persone come te Urie.” Aveva detto tempo fa. “Non ti avvicinare. Non è normale.”  Mi aveva chiamato anormale quel giorno, buttando all’aria tutto quell’amore che da anni provavo per lui. Mi aveva guardando come se anche solo la mia vista gli procurasse nausea.

Bugiardo.

Le sue labbra che baciavano quelle di un altro uomo.

Bugiardo.

Vedere la sua passione divampare.

Bugiardo.

Sapere con quanta naturalezza rispondeva a quelle carezze, mi mandò in bestia.

“Bugiardo.” Dissi e neanche mi accorsi di averlo fatto finchè la mia voce non mi tornò come una specie di eco.

Poi scappai.

Uscii fuori dal locale come se stessi per soffocare e appena l’aria fredda mi schiaffeggiò il viso mi fermai. Avevo il fiatone, nonostante non avessi corso tanto, le fitte al petto erano così intense che mi afferrai la stoffa della camicia con entrambe le mani, cercando di controllare le lacrime che scendevano a fiumi.

“Bravo Urie, sei ancora più patetico così.” Mi rimproverai, passandomi i palmi delle mani sotto gli occhi in moto di stizza.

Ryan mi aveva seguito e sentivo la sua presenza e quel suo fottuto profumo che era troppo dolce e buono.

“Non hai fissato abbastanza, Ross?” gli dissi, senza voltarmi a guardarlo. Ryan non parlò e mi si avvicinò lentamente, finche non fu al mio fianco. “Prova solo a dire che ti dispiace e ti strappo la lingua a morsi, stronzo” lo anticipai.

Ma lo disse lo stesso, perché sapevo che era l’unica cosa che poteva dirmi. “Mi dispiace Bden.”

“Da quanto va avanti?” chiesi, strizzando le palpebre per evitare di far scendere altre lacrime. “O meglio, da quanto lo sai?”

“Da poco. Neanche un mese.” Rispose. “ho fatto una stronzata.”

“Sì. L’hai fatta. Mi hai fatto sentire una merda per mesi, mi hai fatto sentire come un’anormale che non ha diritto di vivere!

Esageravo certo, ma era fottutamente vero.

“Lo so, avevo solo paura dei miei veri sentimenti, avevo paura di tutto, anche di te!” strillò lui, posandomi una mano sul braccio.

Tremai, ma non ebbi la forza di scacciarla.

“Va al diavolo Ross.”

Mi incamminai verso il molo sotto di noi, lasciandolo lì da solo con i suoi pensieri.

Sperare di non incontrarlo non era servito a nulla.

Feci qualche altro passo, con lo sguardo di Ryan fisso sulla mia schiena.

Poi, gelai sul posto.

“Cazzo, Ariel!” sbottai, tornando indietro come una furia e superando Ross che mi seguì dopo un attimo di smarrimento.

Trovai il mio ragazzo intento a socializzare con Jon e gli altri, ridendo e bevendo vodka e lime.

“El, andiamo!” dissi, afferrandogli la mano. Lui guardò prima me e poi Ryan e tornò a fissarmi speranzoso di una riconciliazione. “non ci resto un secondo di più qui dentro.”

 Ariel salutò e sparse baci a destra e manca, rifilando una stretta di mano educata a Ryan.

Lasciammo il locale e gli abbracciai la spalla con un braccio, cercando calore. El mi strinse le braccia attorno al petto ed evitò di parlare.

“Non sentirti in colpa.” Gli mormorai, prima di posargli un bacio fra i capelli.

Andava bene così, non potevo pretendere altro.

 

 

 

 

Ryan pov

 

Jon mi assalì appena Brendon e il suo ragazzo lasciarono il locale. Mi scosse le spalle e mi chiamò idiota per venti volte come minino. Fu Cassie, la sua fidanzata, a levarmi le sue mani di dosso e mentre mi sistemavo la giacca, anche Andy decise che era giusto farmi la paternale.

Nick invece, stava in un angolo,con lo sguardo colpevole che aveva un non so che di simile al mio.

“Voglio andare a dormire.” Proclamai, grattandomi la testa.

“Vengo con te!” disse Nick, mentre Murray si lamentava che la festa non sarebbe stata la stessa senza di noi.

“Che dico a Z?” chiese Jon, mentre io scrollavo le spalle.

“Fa un po’ come vuoi. Dille che avevo un importante impegno.”

“Come sempre, eh.” Commentò lanciandomi uno sguardo malizioso che io non ebbi la forza di ricambiare.

Arrivati nella nostra stanza d’albergo, prenotata appositamente per quella sera, mi lascia cadere come un morto sul letto, desideroso di dimenticare quella serata. Mugugnai parole incomprensibili per un po’, mentre Nick mi spogliava dolcemente dei miei vestiti.  Non aveva nulla di malizioso quella situazione e provando un ignoto un moto di tenerezza mi sollevai suoi gomiti giusto per lasciargli una carezza sul viso.

Non volevo prendere in giro nessuno e tanto meno far finta di nulla. Sapevo che Nick provava qualcosa di più di un semplice affetto, sapevo che tutti i nostri gesti avevano un significato diverso per lui e sapevo che gli stavo facendo del male.

Ma egoisticamente non volevo privarmi di quello che con tanta devozione mi donava. C’era amore nei suoi occhi e sapevo cosa provava, quanto dolore aveva nel cuore, lo sapevo perché era lo stesso dolore che provavo io guardando gli occhi di Brendon.

Feci in modo che si stendesse con me, di traverso sul letto, il suo viso appoggiato sulla mia spalla nuda e la lieve barba che mi solleticava la pelle.

Non parlammo molto e lui si limitò a baciarmi di tanto in tanto il collo e accarezzarmi con dolcezza il viso.

“A che pensi?” chiesi, quando il silenzio mi era divenuto troppo stretto e il pensiero di quella sera mi mandava in bestia e mi faceva lacrimare gli occhi.

“Non farmi domande che hanno una risposta così ovvia!” ribattè lui dandomi un lieve schiaffetto sul petto.

Feci una risatina prima di baciargli la testa e lasciando che qualche lacrima si impregnasse nei suoi capelli morbidi.

“Almeno condividiamo una cosa.” Esclamò a un certo punto guardando con interesse una piccola crepa sul soffitto.

“Sarebbe?”

“Essere al corrente che, per quanto si ami una persona, quella non potrà mai amarci a comando. Nonostante la desideriamo con ogni fibra del nostro essere.

Ebbi un lungo tremito e mi fece scappare qualche singhiozzo e la presa di Nick si fece più stretta.

“Non fare il filosofo…” borbottai, mentre ridacchiava e mi obbligava a infilarmi sotto le coperte.

“E’ la verità, sono obbiettivo.” Ribattè, con il sorriso sulle labbra e le braccia pronte a accogliermi nuovamente. “ma potresti sempre tentare di conquistarlo.” Aggiunse.

“Mi odia.” Dissi.

“Ma ti ha amato, e non credo che il suo amore sia sparito così in fretta.” Proclamò. “a volte si odia per nascondere qualcosa che fa ancora più rabbia dell’odio stesso. Penso che abbia paura di amarti e non ti odia, non può.

Rimasi in silenzio un attimo mentre le parole di Nick erano così dolci da credere, anche se avevano quel retrogusto amaro che si chiamava realtà.

La realtà dei fatti era quella che mi si era presentata quella sera.

Il suo disgusto, il suo ragazzo, le sue lacrime…

“Perché non potrebbe?”

“Perché anche con tutta la buona volontà che ci mette nel farlo, tutto si vede tranne che l’odio nei suoi occhi.” disse dolcemente, come se stesse parlando a un bambino.

Arrivati a quel punto non avevo più voglia di pensarci, non avevo più voglia di farmi domande e avere risposte che non avrebbero mai corrisposto alla verità.

Non gli risposi e mi limitai a strisciargli dolcemente addosso, fino a trovarmi su di lui a cavalcioni.

Non pretese risposta e assecondò i movimenti che da languidi diventavano frenetici.

Mi svegliai alle prime luci del mattino, grondante di sudore e liberandomi velocemente dalla presa stretta di Nick, mi alzai per mettermi seduto.

Mi mancava l’aria, lo stomaco stretto in una morsa e la nausea che mi pizzicava fastidiosamente la gola.

Avevo sempre avuto paura dei miei incubi, fin da bambino.

Se in passato rivedevo nei miei sogni angosciosi le immagini terribili di un me stesso troppo piccolo e troppo fragile per scappare dalla furia di mio padre, in quel momento gli occhi pece di Brendon così delusi e schifati, facevano più paura di qualsiasi cosa.

La mano fresca di Nick mi si posò sulla pelle bollente, mentre il suo viso ancora assonnato era intriso di preoccupazione.

“Non è nulla.” Dissi, mettendolo a tacere ancora prima di fargli aprire bocca. “vado in bagno.” Borbottai,scostando le coperte e barcollando nell’altra stanza. 

Feci in tempo ad appoggiarmi al cesso e riversai anche l’anima. Tossii fra i conati, mentre i passi di Nick mi raggiungevano e di nuovo le sue mani mi afferrarono la fronte, scostando dolcemente i capelli dal viso e mi rassicurandomi con parole appena sussurrate.

“Fanculo…” mormorai, sollevandomi e scacciando Nick per avvicinarmi al lavabo e sciacquare la bocca e rinfrescare il collo e il viso sudato.

“Ti aiuto, aspetta.” Borbottò, scostandomi ancora una volta i capelli all’indietro, fermandosi per qualche momento ad accarezzarli all’estremità.

Quando fui abbastanza calmo e la nausea si era attenuata, così come il tremore alle gambe, strisciai nuovamente sul letto.

“Cos’è successo, Ryan?” provò a chiedere Nick, sedendosi a gambe incrociate sul letto, mentre io mi rintanavo sotto le coperte.

“Nulla. Torna a dormire.” Mi voltai, in modo da non poterlo essere in viso.

“Vorrei aiutarti a star meglio…” esclamò e sorrisi fra me, immaginando i pugni stretti e le guance rosse.

“Non puoi. Ora torna a dormire.”

Non ottenni risposta e ascoltai solo i fruscii di vestiti che venivano infilati alla svelta e la porta che, con forza, veniva sbattuta.

 

 

 

 

 

*****

 

 

Eccoci alla fine del terzo capitolo! Oh wow come sono puntuale xD

Mai dire mai però u.u

Ringrazio infinitamente AnniPrisoner per aver commentato*-* spero in una reazione positiva anche  per questo capitolo*-*

Uhm e voi? Un commentino me lo potete pure lasciare? *tintin* (cerco di compravi con le facce dolci xD)

Comunque sia,

a pressstoooooooooooooooooooooooooo!!

 

Grè.

 

 

 

  
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