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Autore: Emily Alexandre    12/12/2010    5 recensioni
Storia partecipante allo "Shakespeare contest" di Gigettina.
La chiamata è arrivata e Draco Malfoy deve essere marchiato. Lucius Malfoy però non si da pace: come può sopportare che il figlio paghi per le sue colpe? Tutto ciò che gli rimane è la speranza di poterlo proteggere fino alla caduta di Voldemort e alla vittoria del bene.
"Per tutto il tempo Lucius non perse mai il contatto visivo con il figlio e mentre leggeva il dolore e la disperazione in quegli occhi che tanto amava si attaccò a quella flebile speranza: l’avrebbe protetto fino a che Voldemort non fosse stato distrutto, annientato, ucciso. Solo allora l’avrebbe lasciato andare per vivere una vita felice. Perché era quello che suo figlio meritava: felicità. E fino a quando non l’avesse ottenuta il suo cuore, seppur ferito mortalmente, avrebbe continuato a battere."
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'My Hogwarts Dream'
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∙Nome del pacchetto e cosa c'era dentro: Riccardo III: Personaggio: Lucius Malfoy. Tema: Speranza. Canzone: The call {Regina Spektor}
∙Introduzione:
La chiamata è arrivata e Draco Malfoy deve essere marchiato. Lucius Malfoy però non si da pace: come può sopportare che il figlio paghi per le sue colpe? Tutto ciò che gli rimane è la speranza di poterlo proteggere fino alla caduta di Voldemort e alla vittoria del bene.
∙NdA: la frase che ho scelto è “e così con un bacio io muoio” e l’ho inserita come pensiero di Lucius Malfoy. Attraverso un ricordo accenno alla tragedia di Sofocle dell’Edipo Re: la trama di questa opera è narrata brevemente, in quanto mi soffermo soprattutto sugli aspetti che più mi interessano. Secondo wikipedia Draco Malfoy è nato il 5 giugno 1980 e mi sono fidata. So che Lucius non era presente alla marchiatura di Draco, poiché detenuto ad Azakaban, ma mi sono presa una piccola licenza per poter scrivere la storia che avevo in mente.

 

 

“The call – La chiamata”

E così con un bacio io muoio.

 

La villa era immersa nella tranquillità quella mattina, una delicata brezza passava attraverso le finestre ed invadeva le stanze; faceva caldo, l’estate era ormai inoltrata e tutta la Gran Bretagna pareva sonnecchiare godendosi il tepore.

Il padrone della villa, però, mentre camminava avanti e indietro nello studio, tremava dal freddo e neppure il liquido ambrato del bicchiere che teneva tra le mani pareva riscaldarlo.

Aveva convocato una riunione di famiglia e sapeva che tutti sarebbero stati lì ad ascoltarlo, pendendo dalle sue labbra… e lui si sarebbe ucciso piuttosto che dover comunicare loro il messaggio.

Aprì di scatto la finestra, con rabbia, e l’aria lo accarezzò voluttuosa richiamandogli alla mente un’estate di tanto tempo prima, il giorno in cui suo figlio era venuto al mondo.

 

Sua moglie era nella loro camera da letto con i migliori medimaghi di tutta l’Inghilterra, ma lui non era voluto entrare, preferendo rifugiarsi nello studio: non era decoroso, aveva detto. La verità è che sua moglie stremata dal dolore mentre suo figlio nasceva era qualcosa che non era sicuro di poter gestire.
Aveva insonorizzato la stanza in modo da non sentire le urla che si diffondevano per la casa e si era seduto con un bicchiere di brandy tra le mani, in attesa, con la speranza come unica compagnia. La speranza che tutto andasse bene.
L’antico orologio a muro pareva muoversi con una lentezza frustrante e la mezzora che trascorse gli sembrò un’eternità; quando la porta dello studio era stata aperta era scattato in piedi e forse per una delle poche volte in tutta la sua vita il cuore altezzoso si era messo a battere forsennatamente. Il medimago era entrato tenendo tra le braccia un fagotto bianco che piangeva e Lucius si era ritrovato a sorridere: a lui che aveva sempre detestato i bambini quel pianto sembrava un suono celestiale. L’uomo gli si era avvicinato e gli aveva porto il bambino: Lucius Malfoy l’aveva accolto tra le sue braccia e si era beato di quella morbidezza a cui non era abituato.
Scostando delicatamente il lenzuolo aveva visto  per la prima volta suo figlio: aveva smesso di piangere e i suoi occhi color ghiaccio, così simili a quelli di sua madre, lo guardavano curiosi… la testolina era appena coperta da un’ombra di capelli biondi e la pelle era chiarissima tanto da parere avorio. Il suo cuore si sciolse come neve al sole: era perfetto.
-Come sta mia moglie?- nonostante la domanda i suoi occhi non si erano staccati da quelli del bambino.
-Bene, il parto è andato perfettamente.-
-Bene.-
Il medimago senza aggiungere altro era uscito pochi istanti dopo.
Rimasto solo con suo figlio Lucius si era avvicinato al grande arazzo che troneggiava su una parete: l’albero genealogico della famiglia Malfoy, che partiva dal capostipite e terminava con lui, Lucius Abraxas. Il suo nome era legato con una elegante linea a quello di Narcissa Black, sua moglie.
-Vedi piccolo mio- aveva sussurrato guardando quella nuova vita che stringeva tra le braccia –questa è la famiglia a cui tu appartieni, una famiglia antica e gloriosa. Questo arazzo è magico ed antichissimo, è qui da quando la prima pietra di questa casa è stata posata e ci sono i nomi di tutti i suoi membri. Una famiglia di nobili maghi e streghe dal sangue purissimo nelle vene, proprio come sei tu Draco Lucius Malfoy.-
Non appena quelle parole erano state pronunciate una linea era partita dalla fine dell’albero per culminare con il nome dell’ultimo erede della casata… un nome che derivava da una costellazione come tradizione nella famiglia materna.
L’uomo dopo un’ultima occhiata era uscito dallo studio e si era diretto nella camera dove sua moglie riposava: l’aveva trovata sveglia, poggiata sui cuscini e la luce che filtrava dalla finestra la rendeva ancora più bella. Quando gli occhi di lei si erano posati sugli uomini della sua vita lo splendido volto si era illuminato.
Lucius le si era seduto accanto e le aveva messo il bambino tra le braccia -È bellissimo Cissy.-
-Somiglia a te.-
Lei gli aveva sorriso, poi aveva posato un bacio sulla testa di suo figlio. –Andrà tutto bene vero?-
L’uomo l’aveva guardata negli occhi, leggendo la paura nell’angolo più remoto della sua anima; non era uno sciocco, Lucius Malfoy. Nonostante fosse uno dei maghi più potenti in circolazione e il braccio destro di Lord Voldemort sapeva che stavano combattendo una guerra. Ed in guerra devi considerare tutte le possibili opzioni, anche la morte. Quel pensiero fino a quel momento non l’aveva mai sfiorato, ma era diventato padre e come tale condivideva la stessa speranza della moglie: una vita tranquilla, un futuro felice. Per lui. –Si, Narcissa, te lo prometto. Io vi proteggerò sempre, non vi succederà nulla. Mai.-
 

Un Malfoy è un uomo di parola, ma l’unica promessa che non era riuscito a mantenere era quella da cui dipendeva tutta la sua esistenza.

Fino alla fine aveva sperato che quella chiamata non arrivasse mai, ma era un’illusione più che una speranza e lui lo sapeva bene. Bevve un ultimo sorso e lanciò il bicchiere addosso al muro dove si frantumò in mille pezzi: era così che si sentiva anche lui: lacerato, spezzato, distrutto. Avrebbe voluto urlare, cruciare qualcuno… qualsiasi cosa pur di sfogarsi.

Ma non lo fece, non sarebbe stato elegante.

Strinse i pugni ed uscì dalla camera: rimandare non avrebbe evitato l’inevitabile. In salone sua moglie sedeva elegante su una poltrona mentre suo figlio era in piedi davanti al camino dando le spalle all’entrata: aveva il corpo di un adulto ormai. Quando era cresciuto così tanto?

Lucius si chiuse la porta alle spalle, ma neppure allora Draco si girò; sua moglie invece lo guardava con il volto stravolto dall’angoscia. Sapeva cosa stava per accadere, eppure gli rivolse comunque l’atroce domanda.

-Che succede, Lucius?-

-Il Signore Oscuro mi ha convocato questa mattina.- girare intorno avrebbe solo prolungato l’agonia. –Ha chiamato Draco a se, vuole marchiarlo.-

Narcissa si portò una mano sulle labbra da cui uscì un flebile gemito, mentre i suoi occhi si spalancarono per l’orrore; Lucius non poteva vedere il volto di Draco, ma percepì chiaramente il tremito delle sue spalle.

Aveva condannato il suo unico figlio, aveva distrutto la sua famiglia e solo per la sua smania di potere!

Per anni si era creduto onnipotente, era il braccio destro del più grande mago di tutti i tempi e ne era orgoglioso, credeva che niente gli sarebbe potuto succedere e non immaginava che un solo sbaglio sarebbe bastato per cancellare quanto aveva fatto per il suo Signore. Ma così era stato. Aveva commesso un errore ed era caduto, trascinando con se nel baratro sua moglie e suo figlio. Non aveva mantenuto quella promessa.

Le colpe dei padri non dovrebbero mai ricadere sui figli, eppure sembra che questo sia un destino ineluttabile. E mentre rimaneva in piedi in quella stanza, con la testa invasa da mille pensieri vorticanti, gli tornò in mente la tragedia dell’Edipo Re che sua moglie gli aveva raccontato molti anni prima, quando erano appena fidanzati.

 

Si trovavano a Diagon Alley passeggiando in un pomeriggio di ottobre: la scuola era finita per entrambi, il loro fidanzamento era stato annunciato e il Natale seguente si sarebbero sposati. Camminavano mano nella mano guardando le vetrine e godendosi le occhiate ammirate che i passanti rivolgevano loro: erano belli, giovani ed innamorati. Arrivati davanti alla vetrina del Ghirigoro Narcissa aveva insistito per entrare.
-Cosa devi fare lì, Cissy? Ci sono solo libri!-
-Appunto!- gli aveva risposto lei sorridente trascinandolo dentro. Nonostante l’imponente libreria di Malfoy Manor Lucius non aveva mai sviluppato molto interesse per i libri, mentre la sua fidanzata poteva trascorrere ore in silenzio a leggere.
Il negozio era affollato, ma certo non come ricordava lo fosse gli ultimi giorni di agosto quando gli studenti si affrettavano a compare i libri per Hogwarts; con suo enorme stupore Narcissa si diresse verso alcuni scaffali su cui brillava la scritta “Sezione babbana”.
-Stai scherzando spero!- aveva esclamato storcendo il naso.
-No. Lucius alcuni scrittori babbani sono sublimi…sangue o non sangue vale la pena leggerli. Sono pochi in realtà, ma ci sono.-
-E tua madre conosce queste tue inclinazioni?- le aveva chiesto ben consapevole delle idee drastiche delle futura suocera.
-No, ma una volta ha trovato un’opera di Shakespeare nel mio comodino e non ha commentato. La cultura è sempre stata importante per lei. Dai Lucius, dai un’occhiata. Fallo per me.-
E lui l’aveva  assecondata, come sempre, perché Narcissa esercitava su di lui un’ascendente che gli impediva di negarle qualsiasi cosa.
Il suo sguardo si era posato sull’Edipo Re, ma la sua fidanzata si era rabbuiata quando se n’era accorta.
-È un’opera molto triste. È di Sofocle, uno dei maggiori tragediografi dell’antica Grecia. In questa tragedia Edipo viene punito per qualcosa di cui non aveva colpe, e anche i suoi figli saranno condannati. È così ingiusto!- accorgendosi di avere attirato l’attenzione del fidanzato Narcissa continuò -Un giorno l’oracolo di Delfi predisse ad Edipo che avrebbe ucciso il proprio padre e sposato la propria madre. Lui, sconvolto, decise di andar via da casa per evitare che si avverasse quell’infausto destino, ma dal momento che dal fato è impossibile fuggire lungo la strada incontrò un uomo con cui ebbe un diverbio e che uccise. Giunto a Tebe liberò la città dalla Sfinge, un terribile mostro, e la regina per ringraziarlo gli propose di sposarla e diventare re. Edipo però scoprirà solo più tardi che l’uomo che aveva ucciso non era un mendicante, ma suo padre e che la regina in realtà era sua madre. Laio e Giocasta, così si chiamavano, avevano ascoltato la stessa predizione anni prima e avevano deciso di abbandonare il figlio appena nato; questo però era stato salvato ed adottato dai sovrani di un’altra città greca ed era cresciuto ignaro delle proprie origini. Quando Edipo scoprì cosa aveva fatto si accecò e andò volontariamente in esilio. Sofocle vuole farci capire com’è fragile la vita umana: un attimo prima sei un eroe, l’attimo dopo un reietto. Inoltre le colpe del padre sono ricadute sui figli, frutto di un amore incestuoso, condannati ad una vita di sofferenze per una colpa non loro.-
Lucius aveva ascoltato rapito Narcissa, colpito ancora una volta dalla cultura di lei; la storia però gli aveva lasciato un senso di angoscia.
Una premonizione forse? Non poteva sapere allora quanto simile sarebbe stato il suo destino.
Aveva preso la sua fidanzata per mano e l’aveva condotta fuori dal negozio e nonostante fossero tornati spesso al Ghirigoro quella storia non gli era mai tornata in mente. Fino ad allora almeno.

 

Anche lui come Edipo era passato dagli allori all’infamia in pochissimo tempo e anche la sua colpa stava ricadendo su suo figlio. La differenza però era che il re greco aveva cercato in tutti i modi di evitare la propria maledizione ed era stato punito per qualcosa che non aveva commesso intenzionalmente.

Lucius Malfoy invece non poteva avere assoluzione: si era volontariamente asservito, aveva donato tutto se stesso a quel mago e, una volta caduto in disgrazia, non era riuscito ad evitare che l’ira di Lord Voldemort si abbattesse non solo su di lui, ma su tutta la sua famiglia.

Si avvicinò lentamente al figlio e gli posò una mano sulla spalla: neppure così Draco si voltò a guardarlo.

-Mi dispiace figliolo, è solo colpa mia.-

-Quando?- una domanda secca pronunciata con voce dura.

-Domani.-

Lucius sentì la mano di Narcissa nella sua e si voltò verso di lei: i suoi occhi erano lucidi, ma non piangeva. Cercava di essere forte come aveva sempre fatto… era sempre stata lei la più coraggiosa tra i due.

-Noi ti proteggeremo, Draco. Non permetteremo che ti succeda nulla.-

Il ragazzo si voltò verso la madre e le rivolse un mezzo sorriso, annuendo.

Non incolpava suo padre: Lucius era cresciuto con determinati principi forse discutibili, ma che comunque erano stati il suo pane quotidiano da sempre. Purezza del sangue. Superiorità.

Aveva trovato nell’Oscuro Signore il capo ideale e lo aveva seguito convinto di essere un compagno più che un servitore; Draco poteva capirlo… quante volte aveva guardato con invidia quel segno nero sul braccio del padre?

Durante la sua infanzia Lord Voldemort era una specie di mito, di divinità. Quando era tornato Draco aveva sperato di poterlo servire, si era impegnato a scuola mettendo in mostra le proprie capacità e godeva delle lodi che sua zia Bella gli rivolgeva: aspettava che lo chiamasse a se con trepidazione. Quando la morte, però, era diventata una presenza reale nella sua vita aveva iniziato ad avere paura: lui non era quel tipo di persona, non era capace di uccidere. Il suo umore era diventato con il tempo sempre più cupo e il muro che si era creato attorno sempre più spesso.

Poi c’era stata quella maledetta notte al Ministero e tutto era crollato; non c’era giorno in cui Draco non aspettasse la chiamata, ma non c’era più gioia nell’attesa. Solo paura.

Le parole di sua zia non le sembravano più quelle di una eroina, ma solo i vaneggiamenti di una pazza. E Lord Voldemort… da idolo si era trasformato nel suo peggior incubo.

Alla fine la chiamata era arrivata e Draco pensò che tutto sommato era meglio così: il limbo dell’attesa lo stava distruggendo poco a poco.

Leggeva la pura sul volto dei suoi genitori, il senso di colpa, ma non riusciva ad accusarli: sapeva che avevano sempre cercato di proteggerlo, di dargli il meglio… erano umani e come tali potevano sbagliare.

Sarebbe andato incontro al suo destino a testa alta: dopotutto era un Malfoy.

-Si, Draco. Ho fallito fino adesso, ma ti prometto che farò tutto il possibile per proteggerti.-

-Lo so padre. Lo so.-

Rimasero immobili a fissarsi mentre nel camino le fiamme crepitavano; l’impulso di abbracciarsi aleggiava tra loro, ma non lo fecero. Mostrare ciò che provavano non era degno di loro, neppure in quel momento. La vita di un Malfoy è costellata da sentimenti inespressi e loro avevano imparato a conviverci, cercando di trasmettere tutto con un’occhiata: mai in quella villa qualcuno si era guardato con la stessa intensità che scorreva tra quelle tre figure quel giorno.

La notte trascorse insonne per tutti gli abitanti del Manor: Lucius continuava a camminare per lo studio senza darsi pace, cercando inutilmente una soluzione. Non c’era.

Ad un’ora imprecisata, quando ancora il sole non era sorto e la luna illuminava il maniero quasi spettralmente, si fermò e poggiò la fronte sul muro mentre tutto il suo corpo tremava di rabbia e di paura. Se avesse saputo che sacrificandosi avrebbe salvato la sua famiglia l’avrebbe fatto senza esitazione, ma era conscio dell’inutilità di quel gesto.

Una sensazione si era fatta largo in lui ed era cresciuta poco a poco fino a trasformarsi in una speranza, nella loro unica possibilità di salvezza: per la prima volta in vita sua si ritrovò a desiderare che il bene vincesse, che Silente con l’Ordine trionfasse… avrebbe scontato la pena ad Azkaban, ma suo figlio sarebbe stato al sicuro.

Lucius Malfoy si aggrappò con tutte le sue forze a quella speranza perché era tutto ciò che gli rimaneva: avrebbe protetto in ogni modo suo figlio aspettando che il bene trionfasse. Che Voldemort crollasse.

Si guardò amaramente allo specchio: proprio lui, così orgoglioso di se stesso, riponeva il suo futuro in qualcun altro. Ma non aveva già messo la sua vita nelle mani di un’altra persona? Suo padre Abraxas non l’avrebbe mai fatto, per nessun motivo al mondo avrebbe lasciato che qualcun altro decidesse per lui. Aveva disonorato quella famiglia, ma doveva tutelare Draco. Aveva solo sedici anni e tutta la vita davanti a se.

O, almeno, lo sperava.

L’alba lo sorprese mentre contemplava il nome di suo figlio sull’albero genealogico: si riscosse come svegliato da un sogno e raggiunse suo figlio e sua moglie nel salone dove gli elfi servirono la colazione… nessuno mangiò e dalle occhiaie che avevano Lucius comprese che neppure loro avevano dormito molto.

-Andiamo a prepararci- disse infine –Saranno qui tra poco.-

Quando arrivò in bagno si tolse lentamente i vestiti del giorno prima e i suoi occhi si posarono sul braccio nudo, rovinato da quella macchia nera: quanto era stato orgoglioso quando era stato marchiato, quando aveva ricevuto la sua chiamata! Solo in quel momento si rendeva conto del fatto che in fondo tutti loro non erano altro che bestie da macello, pronte a soddisfare i folli desideri di un pazzo.

Aveva aperto gli occhi finalmente, Lucius Malfoy, ma era troppo tardi.

Lasciò che l’acqua gli scorresse sulla pelle mentre rimaneva con gli occhi chiusi nella doccia, come sperando che questa potesse lavar via lo sporco che aveva addosso. Ma il suo sudiciume non era esterno: era dentro di lui e niente poteva cancellarlo.

Quando finalmente uscì indossò la divisa dei Mangiamorte e gli sembrò che il peso che aveva sul cuore dal giorno prima fosse diventato ancora più grande ed insostenibile. Colpevole, senza possibilità d’appello. Colpevole per il dolore che aveva avvolto la sua famiglia come una cappa soffocante. Colpevole per quel segno che preso avrebbe deturpato la pelle candida e perfetta di suo figlio. Barcollò, con il respiro mozzo.

Si sedette sul letto prendendo la testa tra le mani e maledicendosi: non poteva crollare, non proprio in quel momento. Se si fosse fatto vedere debole tutti loro avrebbero gioito della sua disgrazia, di lui che era sempre stato il primo tra i servitori del Signore Oscuro.

Per non parlare di cosa avrebbe potuto fare Lui.

Si costrinse a ricomporsi, scese in salone e si posizionò con Narcissa alle spalle di Draco; era quello il suo posto, dietro suo figlio per proteggerlo. Non poteva evitare cosa sarebbe accaduto di lì a poco, ma poteva cambiare il futuro. Quel destino apparentemente già deciso.

Teneva gli occhi nulla nuca del figlio, sulle sue spalle rigide, sulle mani strette a pugno talmente forte da rendere bianche le nocche. Lo guardava e qualcosa scattò in lui. Come spinto da una forza più grande prese il polso del ragazzo e lo fece girare: gli occhi azzurri di Draco lo guardarono stupiti, ma lui non se ne curò… avvicinò le proprie labbra alla fronte pallida e vi depose un bacio.

E così con un bacio io muoio.

Lucius Malfoy sentì il proprio cuore incrinarsi mentre respirava l’odore familiare di suo figlio ed in quel momento rimpianse tutto l’amore che non gli aveva mai dimostrato. Giurò a se stesso che avrebbe rimediato. Lasciò il polso del figlio e gli sorrise, mentre un leggero singhiozzo sfuggì a sua moglie.

Poi arrivarono.

I primi ad apparire furono i fratelli Lestrange, seguiti da Rookwood, Macnair e Dolohov, tutti ansiosi di assistere all’umiliazione di chi in passato li aveva surclassati. Lucius fremette vedendoli e fu invaso dall’ira, ma niente esternamente mostrava ciò che aveva dentro. Era una perfetta statua di ghiaccio.

Alla fine arrivò Lui accompagnato dal suo Mangiamorte più fedele: Bellatrix Lestrange.

Tutti si inchinarono e il Signore Oscuro camminò per il salone di Malfoy Manor diretto verso i proprietari, fermandosi a pochi passi da Draco.

-Ecco il nostro futuro compagno. Sei felice di questa opportunità, giovane Malfoy?-

-Ma certo che lo è mio signore.- la melensa voce di Bellatrix si insinuò tra di loro, ma Voldemort la ignorò continuando a tenere gli occhi rossi fissi sul ragazzo.

-Si, mio signore. Ne sono onorato.- la voce di Draco era incolore, ma impeccabile e Lucius si ritrovò a pensare di aver cresciuto un gran signore. E tutto quello per cosa? Cosa ne sarebbe stato di quel figlio plasmato e cresciuto con tanta cura e dedizione?

-Bene. Bene.- gli occhi rossi di Voldemort si spostarono attraverso la sala, percorrendola in tutta la sua lunghezza, fino a tornare su Draco e posarsi, infine, su Lucius. –Hai una bella casa. Sarebbe perfetta come quartier generale.-

Malfoy si morse la lingua: un tempo ne sarebbe stato onorato, ma in quel momento l’idea di mettere il suo maniero nelle mani di quell’uomo lo nauseava. Vide le occhiate divertite che i Mangiamorte si scambiarono e, alzando la testa, parlò –Sarà un onore metterla a disposizione, mio signore.-

-Ne sono felice. – commentò il Signore Oscuro allontanandosi -Ma ora passiamo a noi. È arrivato il momento di marchiare un altro Mangiamorte. Vieni avanti Draco.-

Lucius fece per spingere il figlio, ma due mani sottili lo afferrarono prima di lui e l’uomo si trovò ancora una volta a desiderare la morte di sua cognata, di quella folle così diversa da sua moglie: Bellatrix strattonò Draco per il salone fino a condurlo davanti al suo signore.

-È giunto il momento, Draco Lucius Malfoy. Mostrami il braccio.-

Lucius seguì ogni movimento del figlio: lo guardò mentre slacciava il bottone della camicia, mentre rigirava la manica su se stessa fino al gomito, mentre allungava il candido avambraccio verso colui che sarebbe diventato il suo padrone. E ad ogni gesto il cuore di Lucius si spezzò sempre di più, gli pareva quasi di poterne sentire il rumore.

Lord Voldemort fece voltare Draco verso di loro, così che tutti potessero guardare il volto del ragazzo mentre il Marchio Nero gli veniva impresso indelebilmente.

Puntò la bacchetta sul braccio mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso che faceva rabbrividire: una scia luminosa, vapore, puzza di pelle bruciata.

Per tutto il tempo Lucius non perse mai il contatto visivo con il figlio e mentre leggeva il dolore e la disperazione in quegli occhi che tanto amava si attaccò a quella flebile speranza: l’avrebbe protetto fino a che Voldemort non fosse stato distrutto, annientato, ucciso. Solo allora l’avrebbe lasciato andare per vivere una vita felice.

Perché era quello che suo figlio meritava: felicità.

E fino a quando non l’avesse ottenuta il suo cuore, seppur ferito mortalmente, avrebbe continuato a battere.

 

 

Note: Eccomi qui, con questa storia su Lucius Malfoy, classificatasi decima su undici allo "Shakespeare contest". Per prima cosa voglio ringraziare Gigettina per avermi dato la possibilità di cimentarmi con una citazione di quello che è in assoluto il mio scrittore preferito... e anche per il bel giudizio, nonostante la posizione.

Ci tengo solo a specificare una cosa, dato che mi è stata fatta notare: Narcissa non è certo una sovversiva, ma l'ho sempre immaginata come una donna di cultura (anche perchè, parliamo chiaro, non è che abbia molto da fare! ^_^) e credo che per certi autori come Sofocle o Shakespeare che ho utilizzato in un'altra ff il discorso del sangue sia relativo e che, insomma, anche una purosangue come lei possa leggere dei Babbani come loro. Ma è un mio pensiero, ovviamente non critico assolutamente la giudiciA, perchè la Rowling nulla dice al riguardo ed ognuno immagina le cose come meglio crede.  Insomma, grazie davvero cara, e complimenti a tutte le altre partecipanti!

                                                                                                                   

   
 
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