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Autore: Kiruna    12/12/2010    1 recensioni
L’aveva sempre guardato da lontano, ammirandolo e desiderandolo, ma se in una strana giornata fosse riuscito ad avere di più?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentivo il mio respiro affievolirsi lentamente dopo la corsa fatta. Piano, lentamente, ascoltando il proprio cuore battere forte e gli occhi bruciare un po’. Niente da fare, ancora una volta l’effetto della vodka stava passando e non avrei potuto più attribuire il tutto ad una mia eventuale ubriacatura.
Ripensai a quella strana quanto allucinata giornata, al mio improvviso impulso attrattivo verso Kei e a come si era risolto il tutto. Ripensandoci il mio non era stato un comportamento dei più razionali.
Ok, che avessi sempre avuto una qualche sorta di complesso nei suoi confronti beh, l’avevo già detto, non mi ci erano voluti diciotto anni per arrivarci. Lentamente ero arrivato ad ammettere forse anche qualcosa di più. Ma quella mattina... chissà che mi era preso poi. Con uno sguardo avevo capitolato, completamente perso nel suo sguardo assente. E non sapevo nemmeno se l’amavo poi! Cosa provavo per lui? Se avessi voluto cercare di comprenderlo avrei dovuto indubbiamente cercare di comprendere me stesso prima di tutto. Lo amavo? Avrei voluto anch’io mettergli un anello al dito come tanto desiderava Takao? No, non credo, sebbene in un sogno roseo vivere con lui non mi sarebbe dispiaciuto, sapevo che nella realtà un’eventuale convivenza mi avrebbe distrutto. Una continua battaglia. Non avremmo avuto pace, e se lui si fosse arreso e sottomesso magari innamorandosi perdutamente di me, non sarebbe più stato lo stesso. Non sarebbe più stato lui.
Eppure non potevo fare altro che guardarlo, desiderarlo, forse anch’io a volte ne facevo un po’ un essere superiore in mezzo a noi, sebbene fossi sempre spronato a combatterlo.
Ok, avevo fatto un passo avanti nella complessa psicoanalisi nella mia mente. Desiderio, nella completa irrazionalità di ciò che esso comporta. Non ricordo dove avevo sentito tempo prima qualcosa come “attento a ciò che desideri, perchè potresti ottenerlo”, ma pensavo che fosse un detto veramente adatto al mio caso.
Ma se era così perchè mi ero sentito ferito al pensiero però che lui potesse stare pensando a Takao in quei momenti? Forse perchè avrei voluto pensare di avere la precedenza nel suo cuore, che pur rimanendo col suo carattere impossibile avrebbe in qualche modo pensato a me ogni tanto e non solo per noia e per paura di sentirsi in gabbia.
Non potevo negare che oggi mi avesse cercato e che in fondo non mi avesse mai completamente allontanato da sè, anche prima. Nei giorni precedenti a volte c’eravamo parlati, ma si era sempre mantenuto con il suo sguardo distante lontano da tutti, rivolgendo ogni tanto, più che altro per compiacimento, uno dei suoi rari sorrisi al campione del mondo quando questi lo sfidava. Oggi era cambiato tutto però. Mi stava davvero aspettando là fuori come sapendo che le sue parole mi avrebbero spinto sin lì? Ora come ora, con la razionalità di poi, la risposta era stata no. Chissà forse aveva molto semplicemente avuto una qualche discussione con i suoi coinquilini e vedendomi arrivare lì davanti sotto la pioggia, aveva semplicemente colto la palla al balzo.
Prima una sfida, poi chiacchiere spensierate, e infine quel discorso senza senso. Cosa cercava in me ancora? Ecco una delle tante domande di cui più mi premeva la risposta.
Ero stato uno sciocco a fuggire. Dopotutto l’evasione che tanto cercava era ciò che in lui cercavo anch’io, stupido! Eppure in quel momento al mio cuore quello non era bastato, avrebbe voluto di più, ciò che sicuramente non avrebbe mai avuto.
Avrei dovuto chiarire la situazione con lui, con la rabbia che mi saliva per mia stessa colpa, e per il mio stupido comportamento ogni volta che mi trovavo a fronteggiarlo. Ogni volta buoni propositi, eppure tante fughe inutili.
Basta, non me ne importava più niente, mi sarei chiarito e avrei chiuso questa storia una volta per tutte. Mi alzai dal letto e mi avviai verso la porta, controllando prima dalla finestra che non ci fossero altri acquazzoni in arrivo (Non mi andava di fare un’altra doccia...). Aprii la porta ed uscii veloce e deciso senza nemmeno guardare ciò che c’era avanti a me.
Ouch!
Andai a sbattere dritto dritto contro Kei, che evidentemente mi aveva seguito e si apprestava a bussare. Che botta! Sapevo che aveva la testa dura, ma non l’avevo mai testato da un punto di vista ehm fisico...
Ci rimanemmo entrambi nella botta, silenziosi e senza dire niente per qualche secondo, ci guardammo dritto negli occhi, probabilmente in un tentativo di non scoppiare a ridere.
Poi io mi rialzai e scusandomi gli porsi la mano per aiutarlo a fare lo stesso, da bravo gentleman, ih ih...
-Scusa, davvero non ti avevo visto. Spero che tu non ti sia fatto male. Entra pure.- dissi con un moto di untuosa cortesia.
-No, figurati- rifiutò la mia mano e si rimise in piedi con le sue forze, seguendomi poi nella camera mentre io chiudevo la porta. -Piuttosto, dove stavi andando così di fretta? Stavi scappando di nuovo, antipatico lupo?- ecco ricomparire puntuale e immancabile come sempre la sua solita espressione: un ghigno compiaciuto, tipico di chi, sicuro di sè, sa che andrà tutto come aveva progettato.
Ma questa volta l’avrei deluso, se sperava che sarei stato a subire in silenzio come una bambola.
“Veramente stavo venendo da te, volevo scusarmi per come sono fuggito via prima, sono stato uno sciocco” Ecco ciò che avevo progettato di dire e che avrei probabilmente detto se soltanto la sua espressione avesse tardato qualche secondo di più a comparire.
-Stavo venendo a prendermi ciò che mi spettava e che mi era stato tacitamente promesso-
Il suo sguardo cambiò leggermente, con curiosità.
-Wow... Mi sono perso qualcosa?-
-Niente che tu debba comprendere- va bene, certe volte avrei potuto adorarmi... -ora però è troppo tardi, se vuoi tornare indietro dal tuo campione-.
Mi guardò con un misto di interesse e sfida, riducendo le fessure dei suoi occhi a due fessure, ma non meno invitanti.
Basta, era tempo che i giochi finissero.
Gli presi con forza gli avambracci sbattendoli contro la porta sopra la sua testa e lo baciai, con tutta la passione e la rabbia che avevo in corpo, non me ne importava più niente di qualunque sarebbe stata la sua reazione, per una volta sarebbe stato mio. Se non altro, se non fossi riuscito ad afferrare il suo sguardo, avrei comunque potuto avere il suo corpo.
Momenti, istanti. Pochi secondi in cui le nostre lingue danzavano insieme, lo sentii cedere sotto le mie pressioni e aprirsi dolcemente a me.
La sua muta resa contrastava per una volta con l’esplosione della mia rabbia.
Ci guardammo negli occhi, zaffiri e rubini, ghiaccio e fuoco, etere e caos, chi era chi in quel momento?
Mi guardò provocante e ciò non fece che infiammarmi ancor più di desiderio e passione, mentre lo buttavo su quel letto che in quella giornata tanto aveva visto i miei tormenti.
Bacio, passione, ancora. Perchè tutto alla fine si riduce a questo?
Amare, soffrire, dolore. Perchè non vi può essere uno senza la presenza dell’altro?
 
Facemmo scintille quella notte, tra le sue iridi infiammate e le mie carezze appassionate.
Senza tregua, non ci fu respiro, come se cercassimo ossigeno l’uno nell’altro mentre il suo sguardo non si staccava mai da me. Non capii la sua espressione, non me la riuscii mai a spiegare, ma ero certo che era rivolta solo a me e questo non poteva che rendermi felice. Era lì Kei mentre facevamo l’amore o forse sesso, era lì, non pensava ad altro, la sua mente non era lontana come suo solito. Mi si donò, o forse me lo presi non saprei, ma in quest’ultimo caso ero certo che l’avesse desiderato lui quanto l’avevo desiderato io. Il poter entrare finalmente in lui, dopo averlo spogliato e ricoperto di baci, mi appagò come non avrei potuto immaginare nemmeno nei miei più perversi e lontani sogni. Il suo corpo, così perfetto, il suo sguardo, così magnetico... Nel percorrere con le mani o con la bocca ogni suo singolo sinuoso muscolo mi sentivo esplodere di eccitazione.
Non parlammo mai, nessuno dei due aveva più voglia di sfidare l’altro anzi, l’unica eccezione la fece lui. Fu una sola parola, quando uniti in una cosa sola l’orgasmo colse entrambi, all’improvviso: -Stringimi-. Per un momento avrei potuto pensare a lui come qualcosa o qualcuno che dopotutto necessitava anch’esso una qualche protezione, nonostante la sua perpetua battaglia per negarlo.
Come un sogno, la mia rabbia e la mia frustrazione sfogate dentro di lui, la mia passione sfamata perdendomi nei suoi occhi. La magia di una notte desiderata per troppo a lungo, con la consapevolezza che molto probabilmente non sarebbe tornata mai più.
E fu così infatti.
Quando la mattina successiva ci svegliammo nello stesso letto, lui era già altrove, perso in qualcosa di cui evidentemente io non facevo parte. Guardando lontano, sfruttando l’effetto di una solare finestra al ventunesimo piano di un grattacielo.
-Cosa c’è?- dissi ancora a metà tra la veglia un piacevole sonno senza sogni.
-Niente, devo andare ora.- guardò fuori un’ultima volta e mi sorrise ancora, con un velo di tristezza che mai avevo visto nei suoi occhi.
Mi accorsi solo in quel momento di come avessi sfatato un mito. L’irraggiungibile Kei. Nella sua distante bellezza e lungimiranza di pensiero, mi appariva per la prima volta come uno di noi. Anche lui soffriva. Anche lui forse poteva avere dei problemi.
Magari avrebbe pianto perciò che era successo ieri sera. Senza rimorso per averlo fatto ma col rammarico di chi sa che ciò avrebbe comportato delle conseguenze.
Nemmeno io avevo rimpianti. Avevo ottenuto ciò che volevo e almeno per una volta nella mia vita, l’avevo accostato a me. Aveva guardato me.
-Tornerai da Takao, ora?-
Mi guardò, lo sguardo da completamente assente non aveva nascosto per qualche secondo una lieve sorpresa, prima di addolcirsi in un sorriso che di felice aveva ben poco.
-Sì, credo di sì. Suppongo di sì.- Ora che me lo diceva così non me ne importava più nemmeno tanto, soltanto la sera prima ero fuggito via per questo. Mi ero perso in un sogno amoroso che sola ora capivo irrealizzabile.
Ciò nonostante restammo insieme quella mattina, sorridendoci con un velo di tristezza, lui aveva smesso di parlare completamente, ma si era arreso a me.
Facemmo la doccia insieme, accarezzandoci ma senza andare oltre, per poi scendere a fare colazione in un bar di fronte al magnifico palazzo. Chiacchierammo ancora, del più e del meno, senza dare vera importanza alle parole, fino a quando verso l’ora di pranzo lui mi voltò le spalle e tornò dai suoi amici, che l’avevano chiamato. Mi salutarono e ricambiai prima di voltarmi anch’io per andarmene. Sentii Takao balbettare delle scuse affrante dirette a Kei. Non so cosa rispose, me ne ero già andato.
 
Sono passati tre anni da allora. L’ho rivisto ancora, per diverso tempo, finché non mi sono ritirato dal mondo del bey per cercare invece una vita più tranquilla lontano da quello sport che l’aveva condizionata sin da quando ero bambino. Ci siamo parlati ancora, con gli altri, ma non è successo più niente, quella strana giornata seppellita nel mio cuore come un bel ricordo in mezzo a tanti tristi.
Vado all’università ora, come tante altre persone normali. Mi sono creato degli amici e ho avuto delle relazioni, senza infamia senza lode, sto ancora cercando la mia cosiddetta anima gemella. Con diverse persone conosciute grazie alle trottole sono rimasto in contatto, Dai Tenjii mi ha davvero aiutato a riavere indietro una vita normale e ho rivisto in seguito molti altri bladers. Incredibile, abbiamo parlato e scherzato, tutto passato, come se un tempo fossimo stati tutti sulla stessa barca. La maggior parte gioca ancora, il Beyblade è una passione che non si dimentica facilmente.
Con i miei veri compagni infine ho costruito una solida amicizia. Boris e Garland, che sembravano e sembrano tuttora pensare solo a divertirsi, si sono rivelati una coppia insolitamente stabile, nonostante l’umore insolitamente lunatico del mio amico e l’estremo perbenismo dell’altro. Si sfidano col bey tuttora, dopotutto quelle trottole li hanno fatti incontrare, e Boris è riuscito finalmente a sconfiggere il suo amore rivale. Qualche volta. Ora credo che si equivalgano più o meno, ma continuano alimentare il fuoco della passione con un po’ di sana rivalità e sfide molto, molto particolari...
Sergej invece è in procinto di sposarsi con una brava ragazza giapponese, carina e taciturna quanto lui. Non oso immaginare se mai quei due avranno un figlio come sarà, la reincarnazione del silenzio.
Ci vediamo ancora noi tre, senza dimenticare Ivan, che era stato trascurato nell’ultimo mondiale e che frequenta ora un’università in Russia. Viene a trovarci ogni tanto.
Kei invece... Non avevo più indagato molto su dove fosse stato durante tutto questo tempo. Stava con Takao quando l’avevo lasciato, e mi chiedevo se il giapponesino fosse finalmente riuscito a mettergliela quella famosa fede al dito... Probabilmente se ancora oggi faticavo a trovare qualcuno con cui restare per più di qualche settimana era anche colpa sua.
Non che ne fossi ancora innamorato anzi, ma probabilmente continuavo inconsciamente a paragonare chiunque incontrassi a lui. Ricercavo nelle mie relazioni una sfida, un carattere intrigante o semplicemente qualcuno che mi sapesse dar del filo da torcere. Come aveva fatto lui. Il perfetto, irraggiungibile Kei. La lontananza l’aveva lentamente rimesso su quel piedistallo che ero riuscito finalmente a sfatare.
Tutto questo fino a ieri. Ci siamo reincontrati. Casualmente, girando per il centro, lui e Takao. Ho rivisto un’ombra. Sembrava felice, lui sorrideva e ogni tanto rideva per piccole cose insieme al compagno. Ci siamo salutati, abbiamo parlato, prima che io fuggissi con una scusa banale. Kei Hiwatari mi ha stupito ancora. Ho notato una fede al suo dito e la cordialità dei suoi modi non mi ha lasciato indenne. La fenice è stata catturata, presa e addomesticata. Ora è tranquilla nella sua nuova vita, è felice e nessuno le farà del male. Ma le sue piume hanno smesso di ardere, i suoi occhi non brillano più, è una comune aquila. Mi ha detto che ora aveva un lavoro, nel tempo libero allenava con Takao dei ragazzi al Bey ed era felice. Ha sempre sorriso, guardando nei suoi occhi sembrava sincero. Sono contento per lui. Ma dov’era il Kei Hiwatari che tanto mi aveva affascinato nella mia adolescenza?
L’ho capito ora. In quella bellezza che tanto affascinava noi tutti lui non era mai stato felice. Ci attraeva, magnetico, con la sua inquietudine. Ma il tempo passa, anche lui ora ha trovato un posto sicuro e una faccia amica da cui tornare. Ne ha avuto paura per un po’ all’inizio, ma poi ha capito. Ha sofferto nelle sue incertezze. Un mito sfatato, per sempre.
Sono tornato a casa a mani vuote, ho perso un obiettivo anzi, ho capito che quell’obiettivo non era mai stato reale. Il cercare ovunque quella magnetica inquietudine, non era reale. Ho ascoltato tra i messaggi alla segreteria quello di una ragazza. È al primo anno d’università, un tipetto sveglio, in gamba, chissà perchè l’ho sempre ignorata. L’ho richiamata alla fine e ora devo uscire in tutta fretta, mi sta aspettando e perdendomi a fantasticare in mezzo ai ricordi ho già perso sin troppo tempo. Addio Kei, la mia vita comincia adesso.
  
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