Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: Urdi    14/12/2010    4 recensioni
[spin off di Suture scritta per la sfida 'la goccia' indetta da slice in Urd Cafè forum]
"Poco prima dello scoppio ufficiale della guerra, Anko aveva scoperto di essere incinta e aveva deciso di abortire.
Il giorno seguente lo fece.
Lo fece e basta, non curandosi di dirlo a Tenzo, semplicemente perché per lei era così che doveva andare."

Tenzo riceve la promozione a "Capo dell'ANBU" e i suoi amici decidono di festeggiare. Lui spera di poter incontrare Anko ancora una volta, nonostante si siano lasciati...
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Anko Mitarashi, Kakashi Hatake | Coppie: Tenzo/Yamato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Anko verrà?”
Quella sera il piccolo locale era gremito di ninja. Tutti mangiavano parlottando, facendo sì che il brusio nel sottofondo sembrasse quasi musicale e quella domanda, messa nel mezzo del discorso, risuonò stranamente chiara nonostante il rumore.
Raido, il volto deturpato da un’evidente, quanto sensuale, cicatrice, alzò le spalle.
“Non lo so proprio.” Disse, appoggiando la ciotola del ramen sul tavolo.
Genma fece una smorfia di disapprovazione, bevendo un sorso di sakè.
“Uff, non sai mai niente. Non eri più pettegola un tempo?”
Raido guardò l’amico scandalizzato.
Pettegola, ma che dici? Pettegole lo siete tu e Kakashi. Anzi, se c’è qualcuno che sa tutto di Tenzo e Anko quello è proprio lui.”
“Sì, ma come sai, Kakashi è impegnato in questo momento e ha affidato a me la gestione della festa e della lista dei partecipanti al regalo.”
“Scusate, ma non si erano lasciati?” si intromise Gai, curioso.
“Boh. E’ assurdo pretendere di capirci qualcosa. Un giorno stanno insieme, il giorno dopo non si parlano, poi di nuovo li trovi a pomiciare in un angolo… Davvero, ho rinunciato a capirli.” Bofonchiò Genma.
“Ok, allora non contiamola nel regalo.” Propose Aoba, pratico.
“Non è che poi si offende?” Raido conosceva la furia di quella donna: sapeva essere inquietante.
“Ma chi? Anko? Ma figurati… - e nel dirlo, Genma cancellò il nome della donna dalla lista - …poi se è la sua ragazza avrà pensato ad un altro tipo di regalo, no?” il fare ammiccante del jonin, suggerì ai suoi amici che forse stava esagerando con il sakè. Tuttavia, passarono sopra a quell’ultima affermazione: c’era una festa da organizzare e un regalo da decidere, non potevano certo perdere tempo!
Tenzo, Yamato, era stato scelto come nuovo capo dell’ANBU, la squadra speciale, e i suoi amici avevano colto l’occasione per potersi dare alla pazza gioia. Da quando la guerra era finita, non avevano più avuto occasione di svagarsi e quello sembrava un ottimo pretesto.
“Su, forza, via con le proposte!” urlò Genma ad un tratto, agitando la penna in aria.
Ma il silenzio che seguì a quel richiamo lo mandò letteralmente nel panico.
“Nessuno?”
Tutti si guardarono l’un l’altro, chi alzando le spalle, chi borbottando idee scontate.
Genma masticò con rabbia il senbon, passandosi una mano sulla fronte.
Si sarebbe ubriacato molto prima della festa, lo sentiva.




Utopia…?
Di Urdi



A burning desire to live and roam free
It shines in the dark and it grows within me
You're holding my hand but you don't understand
So where I am going you won't be in the end

I'm dreaming in colours of getting the chance
I'm dreaming of China the perfect romance
The search of the door to open your mind
The search of the cure of mankind

Help us, we're drowning
So closed up inside

Why does it rain, rain, rain down on utopia?














“Ho organizzato le squadre in questo modo. Gli elementi sono stati scelti per essere bilanciati e ho apportato delle modifiche alle vecchie formazioni. Credo che sia sufficiente per il momento. L’allenamento delle reclute è stato suddiviso e lo trova a pagina tre con tutti i dettagli.” Tenzo consegnò il proprio rapporto all’Hokage quella mattina stessa. Puntuale.
Shikamaru, svogliatamente, alzò lo sguardo passandolo sul testo.
“Ok” disse distratto, apportando una firma al documento.
Tenzo, che era sempre stato metodico e preciso, lo fissò stupito.
“Che c’è?” fece allora Shikamaru, accorgendosi di quello sguardo puntato su di sé.
“Non lo ha nemmeno letto…”
Il giovane Hokage sospirò.
“Sono attive 12 squadre, composte da 4 elementi e ha proposto il pensionamento di Nakata e Kuromi perché non più adatti al servizio. Visto? L’ho letto eccome.” disse poi, con voce strascicata. Senza arroganza, solo con un tono di constatazione.
Tenzo abbozzò un sorriso divertito, quel maledetto ragazzino…
“Sono ottime modifiche e le approvo. Per adesso, considerata la situazione, l’ANBU non ha altri incarichi. – aggiunse l’Hokage, appoggiandosi meglio allo schienale della poltrona - Quindi si rilassi, vada a farsi una bevuta.” O una dormita, pensò Shikamaru a cui il proprio letto mancava incredibilmente.
“Le rinnovo i miei complimenti per la promozione.”
“Grazie, Hokage-sama.”
Uscito dall’ufficio Tenzo si tolse i guanti. Era stanco. Non dormiva da alcuni giorni, aveva fatto turni massacranti di allenamento alle giovani reclute e sentiva il richiamo del letto come un dolce canto. Desiderava dormire e basta.
Il fatto di essere a capo dell’ANBU lo rendeva un pochino nervoso, ma solamente perché era consapevole delle responsabilità che comportava. Tuttavia era orgoglioso di ricoprire quel ruolo e non poteva nascondere di esserne persino felice.
Mentre ci pensava gli venne in mente Anko. Avrebbe voluto vederla, dirle della promozione e farsi prendere giro. Era da un po’ che non la vedeva…
“Lo sapevo, il cocchino della maestra!”poteva già sentirla blaterare.
Gli mancava davvero la sua presenza, ma si rese conto, con pena, che se si fossero visti, avrebbero solo fatto sesso, salutandosi poi in fretta e furia. Niente di più. Accadeva da mesi ormai.
Eppure c’era stato un periodo in cui erano stati bene insieme.
La loro storia era cominciata con lunghe ore di discorsi, calde notti di passione, risate fra le lenzuola sfatte… e poi tutto era cambiato.
Poco prima dello scoppio ufficiale della guerra, Anko aveva scoperto di essere incinta e aveva deciso di abortire.
Il giorno seguente lo fece.
Lo fece e basta, non curandosi di dirlo a Tenzo, semplicemente perché per lei era così che doveva andare.
E di certo non gliene avrebbe parlato, se lui non lo fosse venuto a sapere per vie traverse.

Da quel momento, quando Anko aveva visto Tenzo, furioso, entrare al laboratorio dove attualmente lei svolgeva ricerche sui veleni, tutto aveva iniziato a mutare.

Iniziò la discussione che li avrebbe portati alla rottura definitiva del loro rapporto.

“Cosa ti importa? Smaniavi per diventare papà? Non mi sembra. E poi ci frequentiamo da meno di sei mesi.” Aveva detto lei, noncurante, con un’alzata di spalle come se avesse parlato del tempo.
Tenzo, che in quel periodo pensava di averla capita, si sentì punto sul vivo. Quel discorso sembrava fatto da qualcuno che non era minimamente coinvolto nella vicenda. Possibile che Anko non provasse niente in quel momento?
“Mi importa. Siamo una coppia, avrei almeno avuto il diritto di saperlo. Avremmo potuto parlarne, valutare…”
“Valutare cosa? – lo interruppe lei, alzando lo sguardo dal microscopio – Si tratta del mio corpo. E delle nostre vite. Le avrebbe rovinate. Io non posso permettermi di avere un bambino. Non adesso e non nel modo in cui vivo. Non ho un istinto materno e non sono una persona indicata per questo genere di cose. Uh, e se non lo avessi capito stiamo entrando in guerra. Non c’è molto da discutere.”
“Non puoi saperlo così a priori. Parli delle nostre vite, ma pensi solo alla tua. E riguarda anche me, considerato che un bambino si concepisce in due. Non puoi liquidare la questione come se fosse un mero fatto pratico. Avresti dovuto dirmelo.”
“Andiamo, certi uomini pagherebbero per avere una donna che evita di legarli a sé con un bambino. – e nel dirlo allargò le braccia per enfatizzare il discorso – Oppure ti sei incazzato con me solo perché non te ne ho parlato? Ok, mi sono dimenticata di notificartelo. La prossima volta ti manderò una lettera.”
Tenzo socchiuse gli occhi per cercare di mantenere la calma. Odiava quel genere di discorsi, odiava che lei fosse così infantile, odiava che lo trattasse con arroganza come se fosse stupido. O uno dei tanti.
“Mi sono incazzato con te, perché pensi che sia solo un tuo problema. Posto che fosse un problema. Sono incazzato perché credevo che fossimo una coppia alla pari, invece tu…Dio, tu pensi solo a te stessa, non ti importa un cazzo del resto. Lo senti quello che dici? Credevo che fossi solo ferita a causa di quello che hai passato, invece sei fredda e menefreghista.”
Anko assottigliò lo sguardo e abbozzò un sorriso tagliente.
“Finalmente lo hai capito: non me ne frega niente. Possiamo stare a parlarne per ore, non mi interessa. Non era nulla. Ho curato un male che mi voleva crescere dentro e mi dispiace, ma ne ho abbastanza di mali da curare e ne mancava un altro!”
Tenzo, incredulo di quelle parole, cercò nello sguardo di lei la menzogna. Si disse che non poteva essere Anko. La conosceva: era cinica, sboccata, spavalda. Eppure, nel profondo, nell’intimità, l’aveva vista fragile, piccola. Aveva bisogno di essere amata e lui era pronto a starle vicino.
Ormai erano abbastanza grandi da non volere più relazioni sfuggenti, ma durature, stabili. Lo shinobi aveva pensato che con lei fosse possibile un futuro insieme. Certo, forse era presto per dirlo, ma stava bene… Un bambino poteva anche essere un imprevisto, ma era comunque qualcosa che li univa. Non gli piaceva il modo di Anko di vedere le cose, lui non voleva essere messo da parte, perché considerava la loro storia qualcosa di cui fare parte entrambi. Senza contare quel tono irrispettoso con il quale la kunoichi parlava della piccola vita che avevano concepito.
“Rispetto le tue scelte, An, e le avrei rispettate anche se me ne avessi parlato apertamente. Non ti avrei imposto nulla, ma avrei potuto consigliarti. Ti sarei stato vicino. Non credo che sia una cosa da liquidare come una malattia.” Confessò, ritrovando la calma, sincero come non lo era mai stato con nessuno. Sperò che Anko si aprisse con lui, che gli dicesse che era solo disperata e confusa. Ma non avvenne.
La donna non cambiò espressione, i suoi occhi trasmettevano solo una nota di disappunto.
“Sei carino, davvero. – e nel dirlo sorrise, cinica - Ma ti chiedo, se rispetti le mie scelte come dici, di smetterla di parlarne. Non c’è da dire altro. E poi, se desideri stare con una donna con cui farti una famiglia, beh… sei libero. Non ti obbligo a rimanere con me se questo non è quello che vuoi.”
Tenzo non aveva proferito parola a quel commento così glaciale. Era rimasto colpito e forse persino scosso da quelle precisazioni. Di certo Anko aveva le idee chiare in testa e non le avrebbe cambiate a trent’anni.
E lui? Cosa pensava della propria vita? Anche se non smaniava per diventare padre, aveva messo in conto che forse, un giorno, perché no, gli sarebbe anche piaciuto. Tutto stava nel capire se valeva la pena rinunciare a qualcosa di non poco conto per stare con lei.
Le voleva bene, erano legati da qualcosa di bello, eppure il muro che ora Anko aveva innalzato fra loro lo metteva a disagio. Era una forza quasi cattiva quella che animava lo sguardo della donna. E, da un lato, non poteva ignorare una minuscola parte di lui che gli ricordava che il loro futuro bambino non c’era più, svanito ancora prima di potergli dare una forma e un nome.
Quel pensiero gli dava un senso di amarezza che non riusciva a digerire.
“Va bene. Discorso chiuso.” Concedette, abbassando lo sguardo colmo di rabbia e voltandosi per uscire.
“Bene.” Terminò lei, perché, diamine, doveva comunque avere sempre l’ultima parola.

Ma, e Tenzo non lo avrebbe mai saputo, quando lui se ne andò, Anko iniziò a tremare.
Un solo secondo e si sarebbe scoperta davanti all'altro, le proprie convinzioni sarebbero crollate e si sarebbe mostrata debole.
Asciugandosi con rabbia una lacrima furtiva, continuò le proprie ricerche, provando a dimenticare il dolore di aver ucciso il proprio bambino…


Nei mesi successivi si incontrarono diverse volte.
La rabbia della discussione avuta era andata sfumando.
Tenzo si era detto che Anko gli piaceva e non voleva perdere almeno la sua amicizia. Tuttavia, alla luce dei fatti, era impossibile che il loro rapporto tornasse ad essere quello di un tempo.
Quando si ritrovavano soli per una bevuta, ultimi di una cena tra amici, la tensione aleggiava tra di loro, palpabile. I discorsi finivano per essere sempre gli stessi, come se fossero incapaci di intavolare una nuova conversazione.
Il sesso, che tornò a legarli intimamente una sera, poco prima della fine della guerra, migliorò un pochino la situazione. Ma nulla, nulla era più come prima.
Mancava la complicità del prima e del dopo.
Tenzo la stringeva a sé, cercando nello sguardo velato dal piacere un accenno di quella sensibilità che lei gli aveva mostrato nei primi mesi della loro storia. Ma era come se non ci fosse più. Forse, anche se Anko non lo avrebbe mai ammesso, si sentiva male e soffriva per quello che aveva fatto… Eppure, tante volte le sue frasi erano così crudeli da lasciarlo interdetto.
Anko, da parte sua, era diventata fin troppo brava a fingere, tanto da riuscire perfettamente a non sbilanciarsi.
Ma aldilà dei sentimenti, mancava la quotidianità. Si spogliavano in fretta, si rivestivano alla stessa velocità e non dormivano mai assieme. Non c’era nessun altro contatto.
Durante la guerra, come shinobi si erano aiutati a vicenda, sfogandosi con il sesso ogni volta che perdevano un amico in battaglia. Ma nient’altro. Non più parole, colazioni, sogni.
Perché andavano ancora a letto insieme, se non c’era nulla a legarli?
Forse, pensò Tenzo, sedendosi sullo sgabello del locale in cui lo aspettavano i suoi amici, quella storia aveva fatto il suo corso e ora doveva solo finire…



Anko teneva il mento appoggiato ad una mano e guardava fuori.
La sua espressione era corrucciata, pensosa.
Uscì dal laboratorio senza aver combinato niente. Era una di quelle giornate in cui non aveva voglia di stare dietro ad un microscopio.
Affondò le mani nel camice bianco e attraversò il reparto, senza una meta.
Erano settimane che pensava, che saliva sulle nuvole senza nemmeno rendersene conto e non le piaceva. Lei non era così. Non era una sognatrice, amava le cose pratiche, concrete, reali.
Perché la realtà, per quanto dura, non tagliava come i desideri spezzati. La realtà era quella, nuda e cruda, per cui non poteva deludere.
Eppure, da un po’, aveva la testa altrove. Quando se ne accorgeva dava la colpa alla Guerra, alla perdita di amici cari, ma sapeva di mentire a se stessa.
Avrebbe voluto essere più brava ad auto convincersi di quelle bugie…



“Anko, Genma vuole sapere se partecipi al regalo per la festa di Tenzo…”
“Eh?”
“Non te l’hanno detto?”
“Ah, sì… - rispose distratta, scuotendo le spalle – No, non credo parteciperò.”
“Non è molto per la spesa, dai.”
“Tsk, sei insistente Raido. Chi ti dice che io non abbia già un regalo?”
“Il fatto che non vuoi nemmeno venirci?”
“Questo non l’ho detto! Non manco mai di sbronzarmi in compagnia, lo sai.”
“Allora ci sarai.”
“Vedrò se la mia agenda ha un buco…”
“E per il regalo?”
“Ma allora sei duro di comprendonio.”
“Sì, ok, glielo hai già fatto.”
“Veramente devo lavorarci…”
“Ti vuoi decidere?!”




“Congratulazioni!”
Urlarono tutti, circondandolo. Sorridevano, ma Tenzo aveva solo voglia di tornare a letto, tirando su la coperta fino alla testa.
Kakashi lo spintonò facendolo traballare sullo sgabello.
“Ehi!” protestò, ma l’altro gli rivolse un sorriso cordiale accompagnato da un bicchiere di liquore.
“Tieni, hai bisogno di bere.”
“Ho bisogno di dormire.”
“E di bere.”
Distrattamente, Tenzo si chiese se Kakashi non avesse già capito che, oltre alla stanchezza, nei suoi pensieri era comparsa anche una certa donna marmellata.
Il suo amico era bravo a capire certe cose e, a ben vedere, era anche l’unico a cui aveva accennato della situazione con Anko.
“Si vede tanto?”
“Un po’… - Kakashi allora rise di gusto, dando una pacca sulla spalla all’amico – Dai, cerca di divertirti stasera. Gli altri hanno persino voluto farti un regalo e io ho lasciato i bambini a Sakura, quindi ti prego: sopporta e ubriachiamoci.”
Tenzo sbuffò, ma poi sorrise.
“Va bene, va bene…” concedette, scrollando le spalle.
“Ok, gente, - proclamò, alzandosi in piedi e avvicinandosi agli amici - credo sia il momento di un discorso!”
Gli altri esplosero in un urlo di gioia ed iniziarono a battere le mani all’unisono.
“Sì! Discorso, discorso!” Ululò Genma, più forte degli altri, passando un braccio attorno alle spalle di Gai.
Tenzo li guardò, non aveva ancora bevuto abbastanza da avere le idee annebbiate e vedere i volti dei propri amici gli metteva un senso di tristezza. Cosa festeggiavano? Il fatto che lui fosse capo dell’ANBU? Sì, ne era contento, ma addirittura una festa…
Cercò di pensare che quello probabilmente era solo un pretesto e che la colpa del suo malumore era di Anko. Perché cavolo gli era tornata in mente? Se non fosse stato per lei, in quel momento avrebbe colto al volo la possibilità di fare casino con gli altri, fregandosene del resto. Invece Anko era lì, come un chiodo nel suo cervello. Lei e il loro non-figlio.
“Ok, ok. Brindiamo alla mia magnifica promozione. – disse, con una largo, quanto falso, sorriso - Con tutti i soldi che guadagnerò comprerò una tenuta sulle montagne e ci daremo alle orge in piscina! Chi viene?”
Ovviamente nessuno fece mancare il suo ‘io, io’ in mezzo alle risate.
La serata proseguì tranquilla, con schiamazzi, canti e litri di liquore. Di Anko, nemmeno l’ombra. E ogni volta che Tenzo si ritrovava a pensarci, si dava del cretino e mandava giù altro sakè.
Così il tempo passò e arrivò il tanto atteso momento del regalo.
Genma e Raido sbucarono con un grosso pacco dalla carta verde scuro e il nastro argentato. Era una confezione sobria, elegante.
“Ehi, e questo…?” si finse sorpreso Tenzo, felice di poter dare la colpa all’alcol del proprio stato fisico e mentale.
“Buona promozione!” urlarono tutti di nuovo, mentre lui lo scartava, in verità contento come un bambino.
Dentro alla carta c’era una grande scatola di legno pregiato. Si trattava della confezione di un rinomato e raro sakè in una bottiglia da 2 litri e mezzo. Sicuramente doveva essere costoso. Era anche vero che i suoi amici erano tanti, però… non se lo aspettava.
“Accidenti…” sospirò, colpito. Si erano dati sicuramente da fare per trovarlo, erano stati carini…
“Questa è per quando dovrai ubriacarti alla fine delle missioni. Almeno eviti di uscire di casa e crepi di cirrosi epatica sul pavimento di camera tua, comodo no?” Asserì Kakashi, rovinando con quella domanda qualsiasi traccia di eleganza del regalo. Tenzo, allora, abbracciò l’amico in un gesto plateale.
“Grazie a tutti!” urlò, agitando il bicchiere che aveva in mano. Era davvero contento, ma non del tutto, mancava qualcosa.
Poi, si rivolse a Kakashi sottovoce:
“Non è venuta.”
“Mi dispiace.”



Quando Tenzo rientrò quella sera, ci mise un quarto d’ora solo per aprire la porta.
Ma una sbronza gli era stata concessa dall’Hokage, per cui era giustificato.
Desiderava, ora più che mai, potersi rilassare, dormire.
In verità, l’effetto dell’alcol stava svanendo, ma gli era rimasta addosso una stanchezza incredibile. Si sentiva come se il proprio corpo fosse di gelatina, pronto a sciogliersi al suolo.
Entrò nell’appartamento, accese la luce dell’ingresso e si tolse le scarpe lasciandole alla rinfusa nel genkan, insieme alla grossa scatola con il suo regalo. La osservò un attimo: quando li avrebbe bevuti 2 litri e mezzo di sakè? Forse poteva cominciare proprio adesso… Come aveva detto Kakashi? Morire di cirrosi epatica. Buona idea!
Ma poi il richiamo del letto si fece sentire di nuovo e lasciò perdere.
Sfilò il giubbotto e lo lasciò sul divano, raggiungendo la cucina.
Bevve direttamente dal lavandino, prosciugando la sete che sembrava volergli seccare la bocca e poi si diresse in camera da letto.
Finalmente!
Si levò la maglia, rimanendo a torso nudo, ma poco prima che la sfilasse dalle braccia si accorse di una presenza: seduta sul davanzale della finestra, con il camice da laboratorio indosso e un sorriso sornione, se ne stava Anko.
Bella sorpresa, pensò ironicamente Tenzo, togliendosi definitivamente la maglia.
Non si stupì di vederla lì semplicemente perché non era la prima volta che capitava. Anzi, succedeva spesso in quell’ultima fase di degrado del loro rapporto.
“Sono ubriaco e stanco, non ce la faccio a scopare.” Disse solo, allargando le braccia in segno di resa.
Lei non si scompose, scrollando le spalle.
“Non sono qui per scopare.” Disse, alzandosi in piedi e infilando le mani nelle tasche del camice.
“Ancora peggio! Non abbiamo argomenti e sono troppo rincoglionito per poter capire. Buona notte, Anko.”
La donna lo seguì con lo sguardo, mentre lui si infilava una t-shirt nera e si buttava, letteralmente, a letto.
“Accosta la finestra quando te ne vai.” E nel dirlo, Tenzo si tirò la coperta fin sotto all’orecchio e si voltò dando le spalle ad Anko.
Ma lei rimase lì, con la sua presenza fastidiosa, ad irritare il jonin. Perché non se ne andava? Cos’era venuta a fare?
L’unica cosa di cui Tenzo avrebbe voluto parlare era la fine della loro storia, ma adesso era davvero stanco e non gli piaceva fare discorsi in quelle condizioni. L’argomento doveva essere trattato in modo conciso e ponderato.
Anko gli si sdraiò accanto.
“Ehi, sei antipatico. Io volevo darti il mio regalo…”e quel tono sensuale accarezzò dolcemente l’orecchio di Tenzo. Un brivido gli percorse la schiena, ma lui lo ignorò.
“Vattene! – disse secco, rimanendo su un fianco e dandole le spalle – Ti ho detto che non ce la faccio a scop…” ma non riuscì a finire la frase che lei si sporse con un braccio oltre il suo viso, mostrandogli qualcosa che teneva in mano.
“Regalo!”
Nella penombra e con gli occhi socchiusi, Tenzo non riuscì subito a capire di cosa si trattasse. Sembrava un foglietto di carta con qualcosa di nero sopra. Era piccolo. Poi mettendo a fuoco, si rese conto che conosceva lo schema disegnato su quel rettangolo e non poté fare a meno di strapparlo dalla mano di Anko.
Si portò seduto, avvicinando l’oggetto alla lampada sul comodino per guardarlo alla luce.
“Questa è…” lui alzò lo sguardo e Anko gli sorrise, sdraiata sul letto a braccia aperte.
“Un’ecografia.” Confermò.
Tenzo passò lo sguardo da lei, alla foto. Voleva prenderlo in giro?
“Prima che tu me lo chieda: è nuova. L’ho avuta ieri. Uh, se non capisci… - e nel dirlo lei si arrampicò verso di lui, indicando qualcosa sulla foto – Questa macchietta qui che sembra un fagiolo è il bambino.”
Il jonin non poteva crederci. Forse non avrebbe dovuto bere così tanto, constatò, avvertendo il mal di testa pulsare sulle tempie.
“Non sono venuta stasera, perché mi ero messa in testa che volevo fare una bella cornice colorata, solo che ho fatto un casino… non ti dico, odio le cose pratiche. Avrei dovuto comprarla. Ma beh, te la tieni così! E poi non so nemmeno se è un regalo…”
Silenzio.
“Non dici niente?”lo spronò Anko.
E da così vicino Tenzo si poté specchiare in quegli occhi, di solito freddi, che adesso riconosceva come quelli limpidi che lei gli aveva mostrato mesi e mesi prima. Ed era certo di essere stato l’unico a vederli.
“Dico solo: perché? Ho bisogno di una spiegazione. Tutti quei discorsi, tutto questo tempo… e poi… Perché me la fai vedere? Sei solo venuta a dirmelo, per poi fare comunque di testa tua?”
Anko sapeva che sarebbe andata così e sospirò, ma scocciata in modo leggero come i bambini quando non ottengono quello che vogliono. Eppure, proprio perché lo sapeva e perché aveva accettato tutto di quella gravidanza, aveva chiaro anche quello che avrebbe dovuto fare: parlare.
“Ok, voglio essere sincera.” Disse, sdraiandosi di nuovo accanto a lui e guardandolo dal basso.
“Ero convinta che abortire avrebbe eliminato il problema. Ero convinta che fosse la cosa giusta e l’ho fatto. Sono così: o bianco o nero. Prendere decisioni in questo modo mi ha aiutato a sopravvivere, sempre. E a dire il vero non ho mai avuto rimpianti. Ma dopo aver abortito… non lo so, è stato strano. Una sensazione che non so descriverti, ma mi sentivo terribilmente triste e infelice. Avevo ucciso una parte di me, di noi. Se lo avessi detto lo avrei reso solo più reale.” Abbassò lo sguardo nel dirlo, ma non in imbarazzo. Solo amareggiata nel ripassare con i ricordi su quella ferita. In un certo senso quell’avvenimento l’aveva cambiata profondamente. Le aveva fatto capire che c’era una parte di se stessa che non sapeva esistesse.
“Mi ha distrutto e fatto stare male come niente e dico niente, nemmeno le torture di Orochimaru…”
Tenzo a quella frase avrebbe voluto abbracciarla, ma per paura che quell’equilibrio si rompesse rimase immobile a lasciarla parlare.
“Così ho cercato di autoconvincermi che fosse lo stesso la cosa giusta, ti ho mentito e più ti mentivo, più mi sentivo peggio. E tu mi dicevi quelle cose meravigliose, cose che qualsiasi donna amerebbe sentirsi dire. Ma io ti ho respinto, fingendomi cinica come sempre ed era come se stessi seppellendo quel bambino sotto metri di terra che ogni volta aumentavano. Ma poi, quando credevo che tra noi fosse finita... – fece una pausa prima di continuare, tornando a guardare l’altro - Non l’ho capito subito, credevo che mi mancasse il ciclo per altre ragioni, invece sono incinta, di nuovo. Da quando l’ho scoperto ho riflettuto molto e sono arrivata alla conclusione che non voglio perdere questa seconda possibilità.” E nel dirlo sul suo viso comparve l’ombra di un sorriso timido, strano su quel volto dal cipiglio sempre un po’ strafottente.
“Anche se penso ancora di non essere adatta per fare la mamma e che questo bambino da grande mi odierà e forse diventerà un criminale assassino che distruggerà Konoha, io voglio averlo.” E questa volta alzò lo sguardo su quello di Tenzo, determinata, seria. Era uno sguardo pronto, attento, che diceva ‘lo desidero, con te’.
O sì o no, lei era così. O bianco o nero.
“Questa è la mia decisione, stavolta. E sarebbe bello se tu, insomma, ne facessi parte. Ma non ti obbligo a rimanere con me se non è quello che vuoi. Alla luce di quel che è accaduto, ho capito che dovevo essere almeno sincera con te, perché tu lo sei stato con me.”
Tenzo rimase a fissarla ancora senza sapere cosa dire e si chiese quanto avesse dovuto soffrire e rimuginare Anko per prendere quella decisione. Non era facile, la conosceva e sapeva che non era affatto da lei, ma era contento che ci fosse riuscita.
Le si sdraiò quindi accanto, abbracciandola, senza lasciare la foto.
Si scambiarono uno sguardo, seri, muti.
Non c’era tensione, ma un vago senso di aspettativa da parte di Anko.
Tenzo sorrise, il viso illuminato da una grande gioia.
Nessun liquore pregiato poteva essere paragonato a quel regalo. Era una piccola foto di una vita ancora in germoglio, ma conteneva il più bello dei doni: la sincerità di Anko, il desiderio di stare insieme, il loro bambino.
Tenzo comprese che in quel momento, si sentiva davvero felice.
“Appoggio la tua decisione. Non mi rimangio quello che ti ho detto, ti sarò accanto.” Disse infine sulle labbra di lei, un piccolo soffio innamorato.
“Mi piace questa risposta…”lei lo baciò con trasporto, passandogli le braccia attorno al collo e mettendo in quel gesto tutta se stessa. Come un fiume, aveva rotto gli argini e sentiva che dentro qualcosa si stava spezzando. Sapeva che prima o poi sarebbe successo e ne aveva sempre avuto paura, ma adesso c’era lui.
“Secondo te possiamo fare l’amore o nostro figlio si offende?” chiese Tenzo, tra un bacio e un altro.
Anko parve pensarci un po’ su.
“Non so, prova a chiederglielo…”
Un altro bacio.
Tenzo scese con la mano aperta ad accarezzare il ventre ancora piatto di Anko.
“Secondo me è d’accordo.”
“Ma non avevi detto che eri ubria…”
“Sì, ma ti amo.”
A quella frase, Anko sentì il cuore prendere la rincorsa. Tenzo sopra di lei, bello e sorridente le sembrò meraviglioso e non poté fare a meno di abbracciarlo.

Fecero l’amore a lungo quella notte, scoprendo finalmente cosa li legasse. Avevano abbattuto i muri che li avevano separati per tanto tempo. Anko, a un certo punto aveva persino pianto e proposto di pregare per quel figlio che non avrebbe mai visto la luce.
Tenzo fu paziente con lei, consapevole del dolore che l’aveva spinta ad agire in quel modo e dei nuovi sentimenti che un piccolo foglio di carta aveva portato a galla.
Ma era molto di più. Il pensiero di una famiglia lo rendeva contento perché adesso aveva - avevano - uno scopo. Proteggerla, proteggerli. E tutto sembrava avere perfetto senso.

Tenzo, inoltre, sapeva già che quella strada sarebbe stata dura da percorrere. Tortuosa considerato il carattere scontroso e lunatico di Anko. Il solo pensiero di vederla con il pancione che si lamentava di tutto, lo inquietava (e non poco), ma poi pensava che ne valeva la pena e i dubbi si facevano sbiaditi.

Mentre accarezzava i capelli della kunoichi che si stava addormentando contro il suo petto dopo un lungo ed estenuante pianto, il jonin si accorse che non aveva più sonno.
Con una mano afferrò la foto sul comodino, studiando i contorni di quelle strane macchie.
Una macchiolina. La più bella macchiolina del mondo.
“Ten…” mormorò Anko, nel sonno.
“Hm?”
“Congratulazioni per la promozione… - lui sorrise, ma non fece in tempo a ringraziarla che lei continuò – ti amo. Buona notte.” lo disse con un tono stanco, strascinato, cedendo al sonno in pochi secondi.


Su quella rivelazione lui sorrise, dovendo ammettere che nessuno aveva mai azzeccato un regalo come aveva fatto Anko quella volta.



Owari



13 dicembre 2010

Auguri! De che? Boh… De Natale! Lo sapete che aggiorno a caso e che scrivo altrettanto a caso! Fanfic scritta per la sfida (ancora in corso) "La goccia" indetta da Slice sull'Urdcafè forum
Cosa dire di questa storia?
L’ho pensata nell’universo della fanfic Suture, ma siccome capisco che ci sia chi non l’ha letta, faccio un breve sunto (non troppo spoiler):
- dopo la distruzione di Konoha da parte dell’Akatsuki, la conseguente ricostruzione, ecc. ecc., dopo un breve periodo di pace, è scoppiata una nuova guerra che ha causato un sacco di morti. Se io avessi messo questa ff all’interno di Suture probabilmente avrei inserito altri dettagli riguardo al motivo della scelta di Anko, ma il mio volere in questo caso era di rendere meno pesante la lettura e dare più spazio a Tenzo. Spero comunque di non avervi fatto percepire superficialità nei loro discorsi. Di certo, fosse stato uno spazio più ampio avrei potuto approfondire…e forse un giorno lo farò!
- Shikamaru è l’Hokage perché…sarebbe spoiler. XD comunque posso dirvi che in quanto Hokage-ghirotalpa quale è ha deciso di sbolognare il compito di "capo dell'anbu" a Tenzo (in teoria, l'Anbu sarebbe sotto il diretto controllo dell'Hokage) è un maledetto pigro!
- Kakashi è un papà puccioso e teneroso ; _; ogni volta mi commuove
So che per sakè si intende normalmente una bevanda alcolica, ho cercato di capirci qualcosa sui vari liquori/vini giapponesi, ma mi sono persa, per cui ho deciso di non specificare cosa regalano a Tenzo. Tanto non era importante ai fini della storia, si deve solo capire che era un regalo costoso (e anche apprezzato, mica no u_u).

Quando parlo di Anko come donna marmellata mi riferisco al significato giapponese del suo nome.

Da wikipedia: (riguardo ai tipi di Dango, ovvero gnocchi giapponesi dolci):
Anko: Comunemente conosciuto come una pasta di fagioli rossi (addolciti), mentre ingredienti diversi dagli azuki vengono usati in rare occasioni. An-Dango è il gusto più popolare in Giappone.
Mitarashi: Uno sciroppo ricavato dallo shouyu (salsa di soia), dallo zucchero e dall'amido.

Il titolo e la canzone all’inizio non mi appartengono: Utopia è degli Within Temptation.
Credo che la canzone rispecchi i due protagonisti e mi ha ispirato molto per la stesura di questa ff. La parte iniziale la trovo perfetta per loro (ma un po’ tutta) e mi piace l’idea di Utopia come di ‘desiderio irrealizzabile’…ma è davvero un’Utopia?

Ok, non mi viene in mente altro, potete picchiarmi.

Urdi


  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: Urdi