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Autore: Karyon    14/12/2010    0 recensioni
Poi, con un piccolo sospiro, due mani bianche si strinsero meglio il grosso maglione multicolare, scostarono una lunga ciocca di rosso vivo e Liv – seduta sul sedile posteriore, tra loro – cominciò a cantare; e il resto del viaggio passò con Janis e Liv, insieme da due epoche così diverse, che inneggiavano alla Summertime in pieno Autunno.
Partecipa al " year together" del Collection of Starlight.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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||Hey, Joe.
Trip to Woodstock (31 Settembre)

 
Partecipa al “AYT  A year together” del Collection of Starlight.
Prompt ~ 40. « In viaggio per Woodstock ».
 
La voce impastata di accento spagnolo si diffondeva nel silenzio quasi religioso dell’abitacolo.
Solo musica, nuvole bianche d’aria condensata e il ‘bzz’ del riscaldamento a scandire quelle numerose ore di viaggio.
Joe appoggiò la fronte calda al finestrino gelato, nonostante fosse solo primo autunno, continuando a fissare la campagna che sfrecciava via in un turbinio di arancio e qualche spruzzo di verde stinto; un paesaggio che si estendeva per miglia tutto uguale nelle periferie dello stato di New York.
L’idea di quel viaggio infinito era partita dall’invasato sul sedile anteriore che – anche dopo ripetute minacce – insisteva ad accompagnare ogni maledetto brano del cd con la sua melodiosa voce da cornacchia abbattuta.
Dopo Santana e il suo spagnolo caliente, toccava a Janis Joplin, che poi era anche una donna (a dimostrazione di quanto poteva cadere in basso, quando si parlava di Woodstock).
«J.J., potresti smetterla di frantumarci i timpani?» Provò a chiedere, dopo l’ennesimo sospiro di estrema sopportazione.
Niente, quello continuò a muovere la zazzera scarmigliata e riccia come una rockstar in crisi epilettica; nel frattempo una cauta nota risuonò alla sua sinistra, segno che anche l’altro fissato aveva deciso di buttarsi nella mischia.
Joe si girò con un cipiglio, incontrando un paio di occhi supplicanti, poi sospirò di nuovo «Va bene, suona!»
Kurt ghignò, poi strinse meglio la chitarra al petto, cominciando ad accompagnare la voce della cantante, o piuttosto le stonature di J.J., con note sparate un po’ a caso.
Ecco l’effetto che faceva quel viaggio.
Musica, musica, musica.
Musica ovunque, nella macchina – chiusa ermeticamente a ripararsi dal gelo pungente –, nella campagna desolata che li inghiottiva e li superava velocemente, quasi fosse anche lei entusiasta di festeggiare quell’evento; e dentro tutti loro, pronti a rivivere anni che davvero loro non avevano visto direttamente, ma che chissà come si ritrovavano dentro, come un ricordo passato di qualcuno che non c’era più.
Joe, nonostante le numerose scenate e la mancanza di voglia prima della partenza, la sentiva la musica che vibrava nell’aria limpida e li richiamava verso un luogo insignificante, uguale a tanti altri, eppure così simbolico.
“To love Somebody” partì con la voce calda e magnetica di Joplin, per un attimo risucchiando in sé anche le note di Kurt e la voce di J.J. Per un attimo ci fu solo Woodstock e il 1969, solo quelle tre calde, caldissime giornate di Agosto e il revival della Summer of love a riempire i loro spiriti.
Poi, con un piccolo sospiro, due mani bianche si strinsero meglio il grosso maglione multicolare, scostarono una lunga ciocca di rosso vivo e Liv – seduta sul sedile posteriore, tra loro – cominciò a cantare;  una voce chiara e limpida, priva delle sfumature black, roventi e intense, della cantante che ancora si sgolava nello stereo, ma sicure e rapite.
Kurt decise di zittirsi, alla fine. Finalmente.
E il resto del viaggio passò con Janis e Liv, insieme da due epoche così diverse, che inneggiavano alla Summertime in pieno Inverno.
«Ci siamo, gente» con un ultima virata, Brian accostò la macchina al ciglio della strada, ancora una volta serpeggiante nel perfetto nulla di una campagna umida.
 
«This is the original Site
of the
Woodstock
 music and arts fair
held on Aug 15,16,17, 1969.
This marker erected by owners
Louis Nicky and June Celish»1
 
Una targa, sola, a commemorare una evento tra i tanti che costellarono un periodo tanto breve quanto intenso.
Un ironico gioco del destino a ricordare come “Woodstock” fosse un nome entrato in una Leggenda a cui non apparteneva, indicato dalle generazioni future come il luogo originale in cui tutto culminò e con cui aveva, invece, poco a che fare.
«Perché Woodstock, invece di Bethel? Dopotutto il Festival si è fatto qui…2» chiese per l’appunto Brian, fermo con le mani in tasca a fissare il profilo della piccola città rurale a pochi chilometri di distanza.
Joe sorrise, Kurt sbuffò con gli occhi al cielo «Woodstock è un ideale!»
Lo era stato, in effetti.
L’ideale di arte, libertà, pace, fratellanza, apertura, spiritualità, rottura e continuità, volontà di cambiare e di migliorare e musica, una sola, a unire razze, popoli, comunità, desideri.
Come ad un segno convenuto, dallo stereo ancora acceso nell’auto lasciata aperta, la voce inconfondibile di Jimi Hendrix iniziò a cantare: «You better believe it right now! I gotta go now. 
Hey, joe! You better run on down. 
Goodbye everybody Hey hey joe»
Sempre a voler essere ultimo Jimi, sempre a voler chiudere le questioni e i sogni e i desideri e le volontà.
Quanto potevano sembrare stupide cinque persone ritte – immobili – su targa mangiata dal vento, nel nulla assoluto di una campagna newyorkese?
Joe si guardò intorno, poi incrociò lo sguardo di Brian che, per un attimo, fu perplesso quanto lui, mentre Kurt sedeva a gambe incrociate a terra, seguito da J.J. e poi, religiosamente, anche da Liv.
La voce di Jimi continuava a gridare forte, possente nell’aria statica, quasi fosse realmente presente lì, quel giorno, su di loro. Brian incrociò nuovamente lo sguardo del biondo e sorrise, quella volta, sedendosi poi a terra, sull’erba umida, accanto a Liv.
Joe ricambiò il sorriso, non a Brian con gli occhi ormai fissi sulla targhetta, ma a tutto quello; al viaggio, alla “commemorazione”, persino alla campagna e forse anche a Jimi che continuava a cantare.
Quasi come avesse capito, finalmente, seppur in ritardo.
Non importava più quanto fosse stato lungo o freddo il viaggio, non importavano le stonature di J.J., le strimpellature di Kurt, la guida da cani di Brian, non importavano – non davvero – la targa o l’evento in sé.
Era la musica che continuava a sentire dentro e che – per una volta – fu talmente forte da fermare il Mondo, da costringerlo ad aprire gli occhi e lo spirito a ci che gli accadeva.
E alla pace che la musica aveva tentato di raggiungere, almeno per una volta.
 
Note autrice:
Sì, sono fuori forma quindi non rompete ♥
Partecipa al solito project, questa volta su Woodstock e il suo ideale di pace.
Sarebbe troppo da parlarne, ma mi limito alle noticine:
1 Targa commemorativa a Bethel, eretta nel 1984.
2Il vero Festival si svolse davvero a Bethel, piccola cittadina rurale nello Stato di New York; Woodstock, dove avrebbe dovuto svolgersi, gli diede solo il nome.
Janis Joplin, Santana, Jimi Hendrix parteciparono ai “tre giorni di pace e amore”; le canzoni indicate furono davvero in scaletta; Jimi Hendrix volle essere l’ultimo (con 200 mila spettatori) e con “Hey, Joe”.
Fonti tutte da Wikipedia, paesaggio visto attraverso Google Maps.
Joe, Liv, J.J., Brian e Kurt sono miei, nel senso miei personali. Non toccateli o vi mozzo le manine.
Alla prossima!
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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