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Autore: shining leviathan    15/12/2010    5 recensioni
una raccolta di flashfic dedicate a Genesis ed Angeal. Dalla loro infanzia e oltre..
Dal capitolo quattordici: “ Mi chiamo Genesis” continuò il rosso imperturbabile “ Tu sei Sayuri, non è vero?”
Lei non rispose.
“È un bel nome”
Lei non rispose.
“ Non voglio farti del male” Genesis sorrise, ma il suo sorriso assunse un tono involontariamente ironico, irritato dall’indifferenza nei suoi confronti. Sayuri non rispose nemmeno stavolta.
Si alzò, lentamente, e altrettanto lentamente sparì dietro il paravento decorato che divideva le camere.
Genesis rimase inginocchiato, osservando l’airone di stoffa abbandonato sul tatami. Assottigliò le palpebre.
Cosa pensavano di ottenere?
Sbuffò.
Forse aveva sempre sottovalutato l’orgoglio di quei selvaggi.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Angeal Hewley, Genesis Rhapsodos
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Lo svegliò il rumore di passi soffici, il ciabattare discreto di Sayuri, che sembrava l’impercettibile fruscio delle tende al vento. Soffocò uno sbadiglio e tirò la trapunta fin sopra i capelli. Sembrava facesse più freddo nella sua stanza  nonostante il braciere fosse sempre acceso, nonostante i carboni spandessero l’odore soffocante del legno di sandalo. Non gli dispiaceva, ma lo trovava assolutamente inutile dato che le coperte rimanevano costantemente umide, pregne dell’aria salmastra che tirava ininterrottamente da alcuni giorni.

Per non parlare dei terremoti.

Davano scosse discontinue, che facevano tremare la casa a seconda del grado di intensità. Le pareti di legno vibravano fino a tendersi nello sforzo di sopportare le inopportune vibrazioni e le scosse di assestamento mettevano Genesis di pessimo umore. Pregava che il tetto non gli cadesse sulla testa, o nei casi migliori le statue di ferro poste sulle colonnine dell’ingresso. Ogni tanto si sistemava lì per leggere, e a quel punto poteva venire giù il mondo. Perché in compagnia di Loveless non si accorgeva di nulla se non del suo respiro, come ad autocertificare la vita che gli scorreva nelle vene.

Era l’unica cosa che potesse fare. Il vecchio senapi possedeva una stanza intera di pergamene scritte in ideogrammi fitti del tutto incomprensibili, e passava la maggior parte del tempo chino sui testi con espressione assorta, quasi una liberazione dallo stato fisico del suo essere.

Genesis congetturava che fosse molto più vecchio di quanto pensava inizialmente. Lo notava dalle rughe che si tendevano attorno agli occhi, dalla piega amara della bocca, dalla testa di tartaruga incassata nelle spalle. Sembrava giunto ad un traguardo, l’esatta apoteosi della nipote.

Sayuri dimostrava appena diciassette anni, ma dato che sviava ogni suo domanda con un silenzio ostinato poteva solo immaginare la vera età della ragazza.

Per il resto, l’unica nota degna era che passava la maggior parte del tempo a tessere come un ragno nella stanza da cucito, zona assolutamente tabù per lui. O almeno, così aveva intuito.

Dopo il primo approccio Sayuri aveva circoscritto le aree destinate unicamente a lei con dei fili di stoffa di diversi colori. Dato che Genesis era stato abituato fin da piccolo a girare a piacimento nella propria casa, le restrizioni per sesso e condizione sociale nelle case di Wutai gli apparvero ridicole. Che senso aveva dividere donne e uomini della famiglia? Nessuno.

Si attenne al bizzarro rituale insieme a quello del te, una brodaglia amara e schiumosa che puzzava di fieno. Lo mandava giù trattenendo il fiato, per non offendere le aspettative del senpai. Si abituò a girare a piedi nudi, stufo dei continui sguardi scandalizzati di Sayuri, e sopportava a malapena i pasti crudi e insapori che gli propinavano. Il pesce non era fresco, dato che per più notti consecutive aveva fatto visita alla latrina con crampi da sindrome pre-mestruale -  ma come facevano le donne??-  e il fatto di dover usare le bacchette  e inseguire per dieci minuti buoni i chicchi di riso per la ciotola scatenava l’ilarità dei due wutaiani. Intanto l’eco degli spari si faceva sempre più vicino.

Ormai era questione di poco.

Per sicurezza, Genesis dormiva con la spada sotto il materasso e una pistola d’ordinanza stretta nella mano destra, anche se odiava le armi da fuoco. All’accademia aveva ottenuto il punteggio più basso, bocciato due volte all’esame da cecchino. In compenso, era in lizza per la promozione a First Class, cosa non da poco.

Un gemito flebile ruppe la pace del suo sonno, e scattò a sedere con la Colt in pugno. Si liberò con uno strattone della trapunta  e si precipitò verso la porta scorrevole. Vide un uomo alla luce della luna e puntò prontamente la pistola alla fronte.

Aveva dei lineamenti tozzi da contadino, la camicia logora e strappata in più punti. Sobbalzò vedendo la canna dell’arma a pochi centimetri da lui e si ritrasse leggermente. Genesis non perse nemmeno tempo a chiedergli cosa voleva, rari erano i wutaiani che parlavano un poco della sua lingua, e lo squadrò attentamente tenendolo sotto tiro.

Atama ni te (1)” ordinò gelido, e l’uomo obbedì. Fortunatamente conosceva due o tre parole per farsi obbedire da quella gente, anche se a un secondo sguardo quel tizio appariva abbastanza innocuo da non preoccuparlo più di tanto.

Stava per domandargli cosa ci facesse lì quando il vecchio senpai lo superò annaspando sulle sue gambette corte e rinsecchite, facendo cenni febbrili verso qualcuno dietro di se.  Genesis si scostò giusto in tempo per non essere urtato da due soldati wutaiani, apparentemente incuranti del pericolo derivante dall’arma carica in pugno al ragazzo. A braccia portavano una donna.

Il sudore brillava sulla pelle del viso, deformato in una smorfia addolorata. Gemette e Genesis abbassò l’arma quando l’uomo lo ignorò per seguire lo strano terzetto, rivolgendo domande preoccupate al vecchio senpai. Non rispose, lo ignorò semplicemente e condusse  i soldati in una delle camere dell’ala femminile della casa.

Il ragazzo sollevò un sopracciglio. Che diamine stava succedendo?

Un fruscio sconosciuto lo indusse meccanicamente a puntare la pistola dietro di sé, voltandosi fulmineamente solo per vedere l’espressione terrorizzata di Sayuri. Si pentì all’istante di avere riflessi così pronti, e ripose la Colt nella fondina appesa alla vita.

“ Scusa” mormorò, conscio che lei non gli avrebbe risposto comunque.

“ Ehi, Sayuri, cosa sta succedendo? Chi è quella donna?”

La ragazza lo fissò un attimo, poi lo sorpassò per dirigersi di corsa verso la fonte di quei lamenti discontinui. Si fermò un momento per scoccargli uno sguardo d’ammonimento, e scomparve dietro la porta scorrevole.

Davvero, ragazzina. Pensi che mi faccia intimorire da te?

Se voglio sapere una cosa la voglio sapere subito!

Cautamente, strisciò i piedi sul tatami per non fare rumore, tastando con le dita i punti in cui le assi cedevano e mandavano rumorosi cigolii e in questo modo riuscì  ad avvicinarsi abbastanza per percepire frasi concitate frammiste a grida soffocate.

Nanzan (2)” borbottò una voce femminile. Era  troppo roca per essere quella di Sayuri, e Genesis si piegò sulle ginocchia quando un’ombra venne proiettata sulla carta di riso.  Sperò con tutto il cuore che non l’avesse visto. Dopo mezz’ora quel gioco di spionaggio l’aveva già stufato. Nessuno spiccicava parola, gli era sorto il sospetto che se ne fossero andati tutti dato che quella stanza aveva due uscite, una nel corridoio, l’altra sulla veranda, ma era rimasto solo per capire di cosa diavolo stesse confabulando quella donna dalla voce da cavernicolo.

“  Sayuri! Ima wa, gaishutsu, gaishutsudesu!! (3)”

Genesis sobbalzò, e cadde a sedere. Imprecò silenziosamente contro quella vecchia megera, e sbuffò di noia. Non voleva andare a dormire senza sapere cosa stesse accadendo, ma la tentazione di infilarsi sotto quel piumone pesante stava diventando soffocante. Gli si stavano gelando i piedi e la punta del naso a stare fermo nel passatoio, in balia degli spifferi notturni.

Si grattò la testa.

Nanzan?

Nanzan, nanzan…

Sembra quasi una nenia…

Forse quella povera donna è ferita.

Dannazione, se solo potessi darle una pozione. Ma di sicuro la gorilla in gonnella mi impedirà di entrare.

Stupide divisioni per sessi.

Rimase lì per otto ore, ascoltando parole, pianti, gemiti, grida acute e strazianti, soffiandosi sulle dita per scaldarsi e tendendo le orecchie per non perdersi neanche un passaggio. Più andavano avanti  più non capiva, ma bastò un pianto diverso dagli altri per immobilizzarlo in una comica espressione di sorpresa. Alle prime luci dell’alba il vagito di nuova vita riempì la casa, impregnando le mura  come l’aria salmastra tra i rami del salice. Genesis rimase a lungo con la bocca aperta, lo sguardo perso nel vuoto nel tentativo di immaginare la scena a cui aveva cercato di dare un senso per tutta la notte. Scosse il capo.

Mondo cane…

Era così scosso che non si accorse della presenza di Sayuri. Alzò gli occhi dai piedi minuscoli e bianchi, trovando puro sconcerto che si tramutò in rabbia. I tratti sottili si contrassero, notò che era impallidita mortalmente. Tremava di indignazione, reggendo fra le braccia un fagotto avvolto in un panno bianco.

Un braccino spuntò, ancora violaceo, e strinse un lembo del suo kimono, lanciando uno strillo deliziato.

“ Ehm” Genesis spostò l’attenzione sul neonato, leggermente incuriosito dal piccolo appena venuto al mondo. Era consapevole di concepire l’evento come una cosa al di fuori della realtà, quasi fosse un alieno il bimbo che Sayuri teneva in braccio.

Ma questa volta non poteva giustificarsi, l’aveva fatta grossa secondo i loro canoni.

Un urlo ruppe quel silenzio imbarazzante, e in un attimo si ritrovò il neonato fra le braccia mentre la ragazza si precipitava di là chiudendo rumorosamente  l’anta.

Il rosso si permise un poco elegante “Eh????” e fissò ad occhi sgranati il visino violaceo che lo studiava a sua volta, le palpebre gonfie ma già semi aperte. Si mosse un poco, riluttante dall’essere stato ceduto a quel ragazzo che lo teneva come una bambola, e Genesis scosse furiosamente la testa, pregandolo di stare fermo.

“ Oh, nonononon!!” ripeteva in crisi “ Non muoverti dannazione. Hai qualche minuto di vita e già ti agiti come un ossesso. Stai buono,ok? Cavolo, Sayuri, non ci so fare con…con”

Non sapeva neanche definirli. Erano piccole cosine rumorose, piagnucolose, e del tutto dipendenti da qualcuno, e si chiedeva perché diavolo quel “qualcuno” dovesse essere lui…

“ Allora…” cominciò titubante “ La tua mamma sarà contenta di vederti piccolin…”

Il panno scivolò, rivelando il corpicino nudo.

“ Oh” si affrettò a coprirlo, arrossendo un poco.

“ Piccolina” si corresse “ Penso che renderai molto felici i tuoi genitori”

Sospirò.

“ Spero che tuo padre mi perdoni per avergli puntato una pistola addosso. Ma immagino che sia una persona buona…”

Si sentiva ridicolo.

La bimba gli sorrise piano, un sorriso sdentato che conteneva tutto. Sembrava che lo avesse capito, e si agitò allegramente tra le braccia del ragazzo. Genesis andò in crisi.

“ N-no dai ferma!” esclamò “ Su stai buona…” un raggio di sole colpì la neonata, e Genesis non ebbe dubbi.

“ Alba. Non so come si possa dire nella tua strana lingua ma…” sorrise “ Per me sarai sempre Alba, ok?”

“ Nghu…”

Non era poi così male, e acquistò maggiore sicurezza. Se la poggiò al petto, e Alba sistemò la testolina sulla spalla del giovane.

Nell’altra stanza si susseguivano una serie di imprecazioni terrorizzate.

Per quella donna il parto era stato solo l’inizio.

 

 

 

 

To be continued!!!!

Sorpresi, eh? Spero che vi sia piaciuto questo chappy, io mi sono divertita un mondo a scriverlo ^^

Grazie a chi lascerà una recensione!!!

Ciao!

1)      Mani sopra la testa.

2)      Parto difficile

3)      Sayuri, svelta, sta uscendo, sta uscendo!

 

  
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