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Autore: Agente_speciale_Jessi    16/12/2010    3 recensioni
E' la prima storia che pubblico. Accetto volentieri i commenti e le critiche costruttive. Questa storia parla di un confronto tra Tony e Ziva.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed eccomi qui con un nuovo capitolo. Sapete, ho la scuola occupata e sto scrivendo di tutto..xD
Comunque grazie sempre per i commenti che lasciate. Mi piacciono tanto.
Adesso vi lascio leggere. Spero vi piaccia. Commentateee.
Un bacione..Jessi.
 
 
Era incredibile. In un solo discorso, Tony aveva sentito le più belle parole che Ziva potesse dirgli e le parole che hanno messo fine a tutto. Perché era stato così stupido? Perché le aveva lasciato la mano al parco? E per cosa poi? Niente. Assolutamente niente.
Tony, ancora seduto davanti alla porta dell’appartamento di Ziva, lanciò il suo cellulare contro il muro. Aveva appena ricevuto una chiamata da Jeanne.
Non poteva essere successo davvero. Aveva appena perso la sua “piccola ninja” a causa di una persona che aveva totalmente dimenticato e cancellato dalla sua vita.
Tony chiuse gli occhi e li riaprì più volte sperando di svegliarsi da quello che sperava fosse solo un incubo.
Ziva, intanto, stava cercando di dormire ma il dolore era troppo forte. Non riusciva a smettere di pensare a Tony.
Ad un certo punto sentì il cellulare squillare. Era Gibbs. Rispose.
Le aveva appena detto che doveva andare in ufficio. A quanto pare questo weekend avrebbero dovuto lavorare ad un nuovo caso che non poteva proprio aspettare.
Ma forse era meglio così. Avrebbe distratto un po’ la testa, anche se avrebbe dovuto passare il tempo anche con Tony.
Si vestì velocemente e cerco di far sembrare il suo volto il meno sconvolto possibile. Non poteva far vedere di aver pianto.
Legò i capelli, prese il giubbotto e uscì chiudendosi la porta alle spalle.
Ma, appena fu sul pianerottolo, vide Tony ancora lì seduto.
Aveva il viso segnato, come un uomo che ha davvero perso tutto.
Ma lei, al momento, era troppo ferita per accorgersene.
Si guardarono, ma nessuno disse niente. Ziva si diresse verso le scale e scese un paio di gradini prima di fermarsi.
-Ha chiamato Gibbs. Dobbiamo lavorare questo weekend, quindi ci vuole in ufficio subito. – disse senza voltarsi.
Riprese, poi, a scendere. Più veloce di prima.
La sua macchina era rimasta nel parcheggio dell’NCIS la sera prima. Avrebbe dovuto prendere il pullman.
Tony si alzò da terra, raccolse il suo cellulare e prese la macchina per andare in ufficio.
Appena arrivò salì per le scale. Di certo, in un giorno qualunque, otto piani a piedi non li avrebbe fatti per niente al mondo, ma adesso doveva sfogare in un modo. E farsi quegli otto piani sembrava una buona soluzione.
Erano già tutti lì. Tutti, tranne Ziva.
Lui rimase in piedi, immobile, vicino alla sua scrivania.
Abby, che era seduta per terra, si alzò di scatto e abbracciò Tony.
Vide in lui qualcosa di molto familiare. Il suo sguardo. Era lo stesso che aveva quando credeva di aver perso Ziva per sempre, in Somalia.
Dopo pochi minuti arrivò anche Ziva.
-Gibbs che succede? Qual è questo caso che non può aspettare? – chiese Ziva.
- L’albero di Natale!! – urlò Abby.
A quanto pare Abby era riuscita a convincere persino Gibbs che li aveva chiamati lì con una trappola.
Gibbs, Abby e McGee andarono a prendere gli scatoli con le decorazioni dalla macchina.
Tony e Ziva rimasero in ufficio a fare spazio per montare l’albero.
Ziva faceva di tutto per non guardarlo negli occhi. Lui, al contrario, faceva di tutto per incrociare il suo sguardo.
-Ziva.. – disse Tony.
Lei, senza rispondergli, si andò a sedere alla sua scrivania.
Tony le andò subito vicino.
Si piegò davanti alla sedia e poggiò le mani sui braccioli, in modo tale da non farla alzare.
-Aspetta, ti prego. Voglio solo dirti una cosa..Prima sono stato uno stupido. Ma, dopo, che ho sentito quelle parole non sono riuscito a dire niente. Ora, però, ce l’ho una cosa da dire.
Quando ci siamo conosciuti, qui in ufficio, indossavi una camicia marrone chiaro da cui fuoriusciva una maglietta bianca. Avevi un pantalone beige e una fascia grigia tra i capelli che portavi legati.
Avevi al collo la tua catenina preferita. Quella con la stella di David. Mentre parlavamo ti togliesti la fascia e lasciasti che i ricci ti cadessero sul viso. Eri già bellissima con quegli occhi neri che mi catturavano il cuore. Ma, sai, era ancora troppo presto.
Fu quando stavamo sotto copertura che capii. Indossavi un vestito verde e so che era tutto preparato, ma il modo in cui mi prendesti la mano e mi avvicinasti a te. Bhè, ero già incredibilmente tuo.
E, quando ti ho vista in Somalia tu non puoi immaginare come mi sono sentito vedendoti viva.
Ma avrei ucciso Salim a mani nude per quello che ti aveva fatto.
E quando ti ho visto in ospedale ad aspettare notizie di Michael, ero furioso. Giuro che non capivo affatto cosa ti spingesse verso di lui Ziva. Ed ero terribilmente geloso. Volevo che amassi me e non lui. E mi odiavo per averti fatto del male, mi odiavo terribilmente..esattamente come ora.
Ziva, io ho “amato”, se così si può definire, Jeanne, in un periodo della mia vita. Ma tu. Tu non sei un periodo.
Non so se quello che provavo per lei fosse vero amore o fosse dettato solo dalle circostanze e dal bisogno di allontanarmi da te. So che era forte ciò che sentivo, ma non è mai stato, e ripeto mai, come quello che ho sempre provato per te. Ti amo, da quasi cinque anni Ziva. E non smetterò di farlo. Non ci sono riuscito quando volevo e non ci riuscirò ora che non voglio.
Ho sbagliato. Questo lo so, ma non smetterò mai di amarti e di sperare che tu, un giorno, possa perdonarmi. Volevo solo dirti questo.
Scusa se ti ho fatto perdere tempo, amore mio. – disse Tony, con una grande dolcezza negli occhi e un dolore enorme nel cuore.
Si alzò, poi, in piedi e diede un bacio sulla guancia a Ziva, prima di andare incontro ad Abby, per darle una mano.
Ziva rimase un po’ spiazzata. Lo amava, immensamente. E forse era proprio questo ad impedirle di perdonarlo. Sentiva il cuore come se fosse spezzato. Eppure tante persone avevano avuto il cuore spezzato almeno una volta. Però, per lei, questa era la prima e sentiva un dolore dentro che sembrava insuperabile. Aveva un grido soffocato nella gola. E lei, che si specchiava sempre nei suoi occhi, che avrebbe fatto ora? Avrebbe aspettato quelli di qualcun altro? No. Ziva non voleva nessun altro. Ma il problema è che amare è troppo difficile. Richiede tutta te stessa. E, certe volte, quando non si è convinti di quello che si può offrire ad una persona, allora non vale la pena di andare avanti.
L’unica consolazione è che il cuore si spezza una volta sola. Almeno così credeva di aver letto da qualche parte.
Però quella volta, quell’unica volta, sarebbe potuta durare per sempre. Perché amare qualcuno che ti ha insegnato a ridere, a credere e a vivere non lo ami una sola volta. Lo ami tutta la vita. Perché Tony le aveva insegnato questo, le aveva fatto trovare se stessa quando si sentiva persa e le aveva fatto capire cosa significa amare, anche se lui stesso non lo sapeva.
Anzi, a dirla tutta, loro avevano imparato ad amare insieme.
Abby la distolse dai suoi pensieri trascinandola a fare l’albero. Aveva persino portato un cd con tutte le canzoni natalizie.
Tony e Ziva, involontariamente, si guardarono e sorrisero. Facevano sempre così per capirsi. A loro bastava semplicemente guardarsi e sprofondare, l’uno negli occhi dell’altra.
Appena finirono l’albero Gibbs, McGee e Abby tornarono a casa.
Ziva andò in bagno e Tony l’aspettò all’ascensore.
-Come mai sei ancora qui? – domandò lei vedendolo.
- Ti aspettavo. – rispose, sfoderando il suo sorriso sempre perfetto.
- Tony, ti prego. Smettiamola di inseguirci. Smettiamola di farci del male. Forse quello che è successo al parco ha un motivo. –
-No, Ziva. Non riprendere con questa storia che noi due non possiamo stare insieme e che non abbiamo futuro. Sono stanco. – urlò.
- Cosa credi? Anche io sono stanca di tutto questo. – affermò entrando nell’ascensore.
Tony entrò subito dopo e, senza dire niente, la baciò.
Intrecciarono forte le mani, come se non volessero lasciarsi andare.
Improvvisamente c’erano solo loro, che si volevano, si desideravano. Innocenti e consapevoli di cosa provavano.
Tony la strinse forte con la mano che aveva libera.
Ziva, invece, si alzò sulle punte e poggiò la mano sul collo di Tony.
I loro cuori battevano fortissimi ma c’era un armonia tra di loro, quasi come la melodia di una canzone. Erano perfettamente all’unisono. E quello. Bhè, era il suono più bello del mondo.
Il suono di due cuori che si amano, che si appartengono.
Ziva sentì la testa girare, e lo stomaco invaso da quelle che le persone chiamano “farfalle”.
Perché, infondo, è questo il bello dell’amore.
E’ sentirsi male, pur di sentirsi vivi.
Ad un tratto, però, Ziva si staccò da quel bacio.
Guardò Tony negli occhi, per un solo istante.
-Ti odio. Ti odio perché mi fai sentire così debole e incapace di difendermi, perché riesci sempre a farti perdonare. Perché tu conosci il peggio di me e nonostante tutto mi ami. E ti odio perché anche io..ti amo. Ti amo così tanto da sentirmi male ogni volta che mi guardi o mi sorridi. E da aver paura quando non ci sei. E questo è così ingiusto. – disse Ziva.
-Sai cos’è veramente ingiusto? Che da quando ti conosco io non sono più me stesso. Che non riesco più a guardare nessun altra donna che non sia tu. Che non riesco ad essere felice se non ci sei tu. E non è giusto che ovunque io sia, io non desideri altro che averti accanto, per sempre. -
Tony prese il volto di Ziva tra le mani e la baciò di nuovo, con più passione.
Le loro labbra si desideravano, avide di avere il sapore l’uno dell’altra.
E gli spigoli di quelle stesse labbra si piegarono, involontariamente, all’insù. In un sorriso destinato solo all’altro.
 
 
P.s. So che Tony usava un altro cellulare per parlare con Jeanne. Ma l’idea che lei lo chiamasse, mi piaceva.
Vi aspetto al prossimo capitolo. Baciii.
  
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