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Autore: Elelovett    16/12/2010    1 recensioni
Questo è il sequel della mia altra storia "Sweeney Todd, cosa sarebbe successo se..." perciò vi prego di leggere prima quella fic e poi questa! Sono passati anni dalla tragica notte ed Emily e Claudia cercano di dimenticare. Ma il ricordo di Sweeney è duro a morire e darà loro del filo da torcere ancora una volta...Specie se Anthony Hope è veramente deciso a risolvere il mistero del barbiere. Riuscirà Emily a tenere all'oscuro di tutto la figlia di Pirelli?
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony Hope, Johanna Barker, Nuovo personaggio, Tobias Ragg
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sweeney Todd, cosa sarebbe successo se...'
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Senza tante cerimonie, le due erano state portate all’Old Bailey, sotto lo sguardo colpito e spaventato di molti passanti. I poliziotti comunicarono la cattura, poi le due vennero trascinate nella prigione in attesa del processo. Vennero praticamente tirate per i capelli giù per le scale buie, e gettate in due celle separate, ma dalle quali si potevano vedere, separate solo da spesse sbarre. Dovevano trovarsi a molti piedi sotto terra, perché le uniche finestre erano piccole e altissime, ed erano direttamente all’altezza della strada. Gettate nelle celle, vennero chiuse a chiave e lasciate nella penombra. L’urto con il suolo le fece gemere, poi Emily si affacciò disperata alle sbarre gridando come una pazza di essere innocente. Le rispose il colpo di una porta lontana che si chiudeva. La donna emise un urlo rabbioso e si scagliò a terra. Non poteva essere successo, non davvero. Non avevano prove, come facevano a sapere? Si erano forse fidati delle voci di Anthony? Avrebbe sistemato la cosa, ne era sicura. Claudia disse dal fondo della sua cella:

- Emily, è terribile, cosa facciamo?

Si avvicinò alle sbarre che le separavano, ma l’altra donna era rimasta immobile inginocchiata. Nel buio non riusciva a vederla. La supplicò:

- Emily!

L’altra allora si mosse e si avvicinò all’amica dicendo:

- Non possono tenerci qui. Non so come possano aver scoperto…Ma cambieranno idea!

Le sanguinava il mento per la caduta, ed era piena di dolori, ma non vi badava molto. Claudia sussurrò, nel caso nelle celle vicine ci fossero altri detenuti:

- Cosa vuoi dire? Non cambieranno idea, hai visto come ci hanno trattate? Quelli non hanno bisogno di prove! Ci impiccheranno! Loro sanno…

- Hanno solo sentito delle voci!- la interruppe Emily.

Claudia sospirò e si accovacciò sul pavimento. Cominciò a singhiozzare.

- Andrà tutto bene…- la consolò l’altra allungando una mano oltre le sbarre.

Ma non ne era sicura. Tutto le sembrava troppo tetro e reale per aggiustarsi. Forse era veramente la fine. Si mise a piangere anche lei, in silenzio.

Nel buio riuscivano a distinguersi appena a vicenda, e avevano perso la cognizione del tempo. Si sentivano sporche e ferite, ed il pavimento era gelato. Tastando Emily aveva trovato della paglia, ma niente da mangiare. La cella doveva essere grande quanto spoglia. Dopo un po’ la porta si riaprì e lentamente si avvicinò qualcuno. Le donne sentirono dei movimenti dalle celle vicine, poi dalle sbarre fu gettato dentro le loro celle qualcosa. Era pane raffermo. La figura se ne andò come era venuta e calarono di nuovo le tenebre. A Emily sembrava ancora un brutto incubo. Prese in mano il pane e lo mangiò, affamata. Claudia chiese:

- Da quanto siamo qui?

La sua voce era flebile, e si sentiva appena. L’altra rispose:

- Non lo so.

Ma la luce dalle finestre in alto si stava spegnendo, stava arrivando il buio più totale. Doveva essere sera. Le due si addormentarono sul pavimento freddo, e quando si svegliarono c’era del nuovo pane con una ciotola d’acqua, e dalla finestra entrava una pallida luce rosata. Ma non si erano svegliate ben riposate, erano state infastidite da un suono acuto. Un uomo qualche cella più avanti stava gridando come un pazzo, ma non riuscivano a capire cosa dicesse. Era come una strana cantilena, accompagnata da un lamento lungo e straziante, e da offese ben comprensibili verso la polizia. L’uomo continuava sempre più forte. La porta in cima alle scale si aprì e scese qualcuno. Emily e Claudia lo sentirono superare le loro celle, mentre l’uomo rideva e gridava sempre più forte. Poi si sentirono dei colpi e delle urla di dolore. La figura passò ancora davanti alle loro celle, salì le scale e sparì dietro la porta. L’uomo adesso non cantava più.

Le due si riaddormentarono terrorizzate e sempre più tristi. Quando si svegliarono bevvero un po’ d’acqua, non certo fresca, e si misero a bisbigliare sotto voce tra loro. Cosa sarebbe successo? Per quanto sarebbero dovute rimanere lì? Minuti o ore dopo, ormai non lo sapevano più, la porta si spalancò ancora, e due uomini scesero le scale. Aprirono le loro celle e le afferrarono per i polsi. Le due, rese deboli dal poco cibo e dalle cattive condizioni in cella, traballarono e non riuscirono ad opporre resistenza. Le stavano portando fuori, ma le donne non gioivano. Sapevano di non essere libere. Salite le scale a fatica, un poliziotto disse:

- C’è il vostro processo.

Superata la porta la luce le accecò per un attimo, poco abituate com’erano, ormai. Barcollanti, furono trasportate su per altre scale, fino ad una porta. I loro vestiti erano sporchi e sgualciti, ed Emily aveva del sangue cicatrizzato sul mento. Due uomini gettarono loro dell’acqua in pieno viso, forse per dare un po’ di decenza, ovviamente senza successo. Adesso avevano un’aria veramente terribile, col viso e qualche ciocca di capelli bagnati, i vestiti sporchi ed il colorito pallido. Aspettarono di fronte ad una porta, sempre sorrette dai poliziotti, poi le fecero entrare. La stanza era grande e ben illuminata. Emily e Claudia constatarono che doveva essere pomeriggio inoltrato. Un’aula molto pulita e ordinata, rispetto all’orrenda prigione. Al centro c’erano lunghi tavoli pieni di pratiche e fogli, ai quali sedevano giurati e magistrati vestiti di nero, con parrucche bianche. Persino su un lato della stanza, su palchetti di legno, sedevano dei funzionari. Le pareti erano tutte di legno, e sul fondo dell’aula, su un leggio, affiancato da due giurati, sedeva il giudice. Sotto l’enorme parrucca bianca sembrava celarsi un uomo serio e burbero, ma anche molto attento e scaltro. Non era più giovane del giudice Turpin. Non era al centro, ma leggermente più a sinistra. Alle sue spalle, sul muro, era appesa una spada, e tutta la parete dietro di lui era decorata e intagliata in modo sobrio e austero. Il giudice sovrastava i presenti, che comunque si trovavano a una certa distanza rispetto a lui. Le due imputate furono scortate fino al loro posto, uno spazio isolato da un parapetto di legno, sulla destra. I poliziotti le lasciarono lì assicurandosi che non potessero uscire. Al loro passaggio tutti si erano alzati in piedi. Le due avevano appena alzato lo sguardo. Il giudice annunciò:

- Alla presenza delle due imputate dichiaro aperta l’udienza.

Tutti si sedettero, tranne Emily e Claudia che, ovviamente, erano costrette a stare in piedi. L’uomo continuò:

- Le presenti Emily Baldett e Claudia Raven sono accusate di aver ucciso il signor Sweeney Todd nel giorno dieci maggio di diciassette anni fa. In particolare Emily Baldett è accusata di suddetto omicidio, mentre la signorina Raven di complicità. L’accusa è stata riportata dal qui presente signor Hope.

Fu allora che le due notarono Anthony, seduto proprio sotto il giudice. Accanto a lui c’era Johanna, il volto nascosto sotto la retina del cappello, ma evidentemente a disagio. Alcuni notai lessero poi il resoconto delle indagini, affermando che quella notte le due erano state viste uscire dal luogo del delitto poco prima del ritrovamento dei cadaveri, in compagnia di un certo Tobias Ragg al momento non rintracciabile, ed erano sicuramente colpevoli dell’omicidio di Sweeney Todd. Precisavano di essere a conoscenza delle losche attività dell’individuo, non punibile a causa del prematuro decesso, e riconoscevano che solo lui era vittima delle due donne, e non gli altri cadaveri, probabilmente uccisi dal barbiere stesso in precedenza. Tutto ciò era stato dedotto dalla posizione dell’uomo al momento del ritrovamento, e dall’ispezione del luogo del delitto, dove era stato trovato un tritacarne colmo di resti umani.

Dovevano essere tornati sulle indagini interrotte anni prima, pensarono le due imputate. Sapevano che Sweeney era un assassino, ma logicamente non potevano più punirlo, ed ora che avevano scoperto il loro omicidio grazie ad Anthony, avevano finalmente trovato qualcuno da punire per mettere fine all’intera faccenda. Il giudice stava giusto dicendo:

- Sebbene abbiate ucciso un assassino, una minaccia per l’intera città, avete commesso un atto gravissimo senza alcuna giustificazione, scendendo al suo pari. La cosa è intollerabile, come vi difendete dunque?

Emily tentò un’ultima volta:

- Vostro Onore, mi dichiaro innocente! Non ho ucciso Sweeney Todd, né io, né Claudia Raven, e non avete prove per dimostrare il contrario! Chi ci avrebbe viste, stando alle vostre informazioni? Chi? Sono solo voci, vi assicuro che siamo innocenti!

Un mormorio si diffuse per la sala, Anthony sembrava disgustato, ma cercava di contenersi. Il giudice ordinò di far entrare il testimone, ed Emily perse un colpo. Il nuovo messo corse fuori dall’aula e rientrò accompagnando un vecchio gobbo e sporco. Era proprio Joe, il mendicante che aveva parlato con Anthony. Lo fecero accomodare in un banco appena sotto il giudice, mentre un notaio leggeva:

- Testimone Joe Adams.

Il vecchio sorrise ascoltando dopo tanto tempo il suo nome completo. Doveva sentirsi un principe, in quel momento. Claudia ed Emily, che non avevano mai visto quell’uomo prima d’ora, credettero che fosse solo un imbroglio architettato da Anthony per rendere veridicità alle sue supposizioni. Un avvocato interrogò il vecchio riguardo a ciò che sapeva, e l’uomo ripeté per filo e per segno tutto ciò che aveva detto ad Anthony giorni prima. Sembrava molto soddisfatto mentre raccontava di come si era nascosto ed aveva sentito la conversazione tra le due donne che uscivano dal negozio della signora Lovett. Quando arrivò a raccontare precisamente che cosa si erano dette, Emily impallidì. Quell’uomo sapeva veramente, le aveva sentite. E lei aveva proprio detto di aver ucciso Sweeney Todd. Anche Claudia era terrorizzata e sorpresa al tempo stesso. Le cose si stavano mettendo male.

- E questo è tutto- concluse il vecchio- ora che le vedo posso dirvi che sono proprio loro.

Il giudice lo ringraziò e lo fece riaccompagnare fuori dall’aula. Poi disse in tono severo:

- Bene signorina Baldett, ora vorrete spiegarci. Mi sembra evidente che finora avete mentito spudoratamente, siete un’assassina. Il testimone è valido, e vorremmo sapere perché avete ucciso il barbiere e cos’è l’oggetto che trasportavate con l’aiuto della signorina Raven, ormai evidentemente vostra complice. Futile dire che ogni vostro tentativo di negare non solo vi ricoprirà di ridicolo di fronte all’evidenza, ma aggraverà la vostra situazione che già mi sembra compromettente.

Emily non parlò, ormai in preda al panico e senza speranze. Fissava il pavimento indecisa sul da farsi, quasi in lacrime. L’oggetto…Quell’oggetto era Pirelli…Non avrebbero capito.

Le due imputate erano uno spettacolo piuttosto penoso, specie agli occhi di Anthony, che stentava a riconoscerle come le due locandiere da cui si era servito tante volte.

Il giudice si spazientì:

- Signorina Baldett!

Emily alzò lo sguardo pieno di lacrime, quasi gridando:

- Sì, l’ho ucciso! Sono stata io! E se tornassi indietro, se potessi, lo rifarei altre cento volte e di più! Sweeney Todd era un assassino, quella notte uccise il messo Bamford, il giudice Turpin e la signora Lovett stessa, l’ho visto con i miei occhi! E quella stessa notte, uccise l’uomo che amavo, tentando di eliminare anche me. Per questo l’ho ucciso, non sopportavo l’idea che potesse sopravvivere dopo avermelo portato via! E se volete saperlo, l’oggetto che io e la signorina Raven stavamo portando via era il corpo di Adolfo Pirelli, o meglio di Davey Collins, il cadavere dell’uomo che amavo a cui abbiamo dato degna sepoltura! Aver ucciso Sweeney Todd non è un delitto, ma un atto giusto e nobile verso Davey Collins che ha dato la vita per me!

Ora piangeva. Al nome di Turpin Johanna aveva sussultato, ed Anthony guardava le due donne colpito e soddisfatto della confessione. Claudia tentò di dire:

- Vostro Onore, Sweeney Todd era veramente un assassino…

Il giudice la interruppe:

- Silenzio! L’imputata ha confessato! Quello che avete fatto, signorina Baldett, per quanto possa esservi sembrato giusto e soddisfacente, è un abominio davanti a Dio e agli uomini. Siete accusata dell’omicidio di Sweeney Todd, e la signorina Raven qui presente di complicità, in quanto vi ha sostenuta nel vostro atto disumano e continua a difendervi. Colpevole quanto lei è il signor Tobias Ragg, visto anch’esso nell’atto di aiutarvi. Tuttavia non essendo ancora riusciti a trovarlo e quindi nell’impossibilità di arrestarlo, anche se è solo questione di tempo, non possiamo giustiziarlo, e il caso su di lui rimarrà aperto fino al suo ritrovamento. Quanto a voi due, siete condannate ad essere appese per il collo. L’esecuzione si terrà tra tre giorni, al tramonto, e che il Signore abbia pietà della vostra anima. La corte si aggiorna!

E batté il fatidico martelletto. Emily e Claudia erano impallidite, improvvisamente prese da un terrore cieco. Allora sarebbe successo…No…Era impossibile! Tremavano in tutto il corpo, mentre tutti si alzavano in piedi e alcuni si congratulavano con Anthony, che però non sembrava soddisfatto, quanto pensieroso e un po’ malinconico. La verità è che non aveva condotto le indagini per mandare a morte qualcuno, voleva solo giustizia, ma in quell’aula aveva realizzato che la giustizia era una sola…E ora non poteva tornare indietro. Johanna sembrava piuttosto sconvolta. Due poliziotti si avvicinarono alle imputate per ricondurle nella cella. Emily, avendo ormai capito che non c’era più niente da fare, fu colpita all’improvviso da un lampo. Si era ricordata, e doveva dirlo. Non avrebbe cambiato niente, ma l’avrebbe fatta stare meglio. Mentre la prendevano si mise a gridare:

- Anthony Hope!!! Sì, dico a te!

Anthony si voltò pallido e spaventato, e con lui Johanna. Emily gridava:

- Spero tu sia contento adesso! Hai vendicato il tuo caro amichetto Sweeney Todd, non ti senti meglio ora che queste due terribili assassine verranno mandate alla forca?!? Per merito tuo?!?

Anthony cercò di distogliere lo sguardo imbarazzato. Il poliziotto tentò di farla tacere trascinandola via con forza, ma lei proseguì con lo stesso tono:

- Certo non pensavi che ti avrebbe fatto fuori quando saresti tornato a prendere la tua Johanna! E sai perché?! Sai perché ero là quella maledetta notte?! Avrei potuto salvarmi, avrei potuto salvare Pirelli, invece tornai da Sweeney! Cercai di farlo ragionare, cercai di distoglierlo dai suoi piani!!! Volevo avvertirlo di quello che aveva fatto, di quello che avrebbe potuto rimediare! Ero una stupida! Volevo dirgli che la mendicante che aveva ucciso in preda alla follia era sua moglie Lucy, che credeva morta!!! Volevo dirgli che il ragazzino che aveva risparmiato poco prima nel negozio non era altri che la sua amata figlia Johanna! La preziosa bambina che non vedeva da quindici anni e voleva tanto riabbracciare, ma che non era riuscito a riconoscere quella notte, la stessa bambina che per avere ti avrebbe ucciso!

Johanna era diventata pallidissima, gli occhi sgranati e la bocca spalancata. Era immobile, e la fissava. Emily aggiunse poco prima di essere trascinata via definitivamente:

- Sì, Johanna, tuo padre era Benjamin Barker, che il giudice Turpin aveva esiliato! Ma era tornato sotto il nome di Sweeney Todd! Ed è colpa sua se la mia vita è finita!!!

La sua voce si perse nel corridoio, mentre tutti i magistrati bisbigliavano sconvolti. Johanna non riusciva a credere che quell’assassino fosse suo padre, e che la donna uccisa davanti ai suoi occhi fosse sua madre. La sala cominciò a vorticare intorno a lei, poi il buio. Era svenuta tra le braccia di Anthony.

Le due donne furono di nuovo sbattute in cella, e ripiombarono nelle tenebre. Emily scoppiò a piangere, ma in fondo era soddisfatta di aver detto a Johanna che Sweeney era suo padre. Voleva farle vedere che razza di genitore avesse, e farle capire che avevano difeso un vero impostore. Ma ora solo due pensieri l’assalivano: Serafine e la morte imminente. Aveva sempre avuto paura della morte, ma adesso che era vicina era ancora più terrorizzata. Non voleva che andasse a finire così. E Serafine…Sperò tanto che Toby l’avesse portata lontano, e che non venisse mai a sapere niente. O almeno, fino alla sua morte. Sperò tanto che non tornassero a Londra, che Toby non venisse catturato. Almeno in questo era riuscita: l’aveva salvato. Ma come avrebbe fatto la sua bambina a crescere senza di lei? Mentre ancora piangeva si avvicinò alle sbarre vicino a Claudia e mormorò:

- È finita…Abbiamo perso.

Anche l’amica piangeva, e disse:

- Non voglio morire…

Emily si asciugò le lacrime e rimase in silenzio.

- Mi dispiace tanto Claudia. Non volevo coinvolgerti in questa storia. Tu non l’hai ucciso…Tu mi hai solo protetta…Sono io che merito la morte, non tu.- disse poi.

Claudia ribatté:

- Proteggere un…malvivente è comunque considerato un reato. Sono colpevole quanto te, e dunque anche io mi merito la forca.

Dopo rimasero veramente in silenzio. Claudia rifletteva passando un dito sulle sbarre. Calò la notte, o almeno, così sembrava dalla scarsa luce che veniva dalle finestre in alto. Erano rimaste in silenzio per ore, senza neppure muoversi. Claudia cercava di non pensare all’esecuzione, ma non ci riusciva. Automaticamente le veniva in mente che stava per morire, e non aveva mai veramente spiegato all’amica quanto si sentisse in colpa…Il dolore atroce che la spezzava ogni giorno…Ma quella notte lo sentiva ribollire e venire fuori pian piano…Forse con la morte avrebbe scontato quella colpa? Morendo anche lei insieme all’amica? Non ce la fece più e ruppe il silenzio, facendo sobbalzare Emily:

- Ti devo dire una cosa.

L’amica si avvicinò di più alle sbarre chiedendo:

- Cioè?

- Vedi- Claudia spiegò con gli occhi lucidi- io…Da quella notte…Non ho fatto che pensare a quanto sono stata crudele, e codarda. Tu mi perdonasti, ma…Sento di non meritarmi il tuo perdono. Ormai questo dolore mi accompagna da sedici anni, e non sono mai riuscita a dirti niente. È colpa mia se Pirelli è morto, se hai ucciso Sweeney Todd, se ora siamo qui. Io vi ho traditi! Ho tradito le persone con cui vivevo e che amavo…Vi…Vi ho preferiti a quell’assassino. Mi sono lasciata abbindolare da lui.

Le lacrime le stavano scendendo, ma non piangeva. Era disgustata da quello che diceva, e faticava a proseguire. Ma continuò:

- Non sai quanto ho sofferto per quello che ho fatto, non c’è giorno che non rimpianga quella mia decisione. Ho rovinato tutto Emily, lo so. E…Dopo quella notte…Vedendo che ogni giorno tu mi sorridevi e mi eri comunque amica…Non riuscivo a sopportarlo, mi sentivo un mostro. Ho provato di tutto, ho cercato di rimediare…Ma era tardi, capisci? Non finirò mai di pagare per quello che ho fatto, mai…Mi dispiace così tanto…

Scoppiò in lacrime, mentre Emily rimaneva in silenzio. L’amica singhiozzava:

- Ti prego, perdonami…Devo sapere…Se veramente mi hai perdonata! Sono un mostro!

Emily le prese la mano al di là delle sbarre dicendo dolcemente:

- Non ho esitato un istante a perdonarti. Già da quella sera per me era tutto dimenticato. So bene che eri stata affascinata da Sweeney Todd…Non devi scontare niente, Claudia. Hai il mio più sincero perdono, sei la mia migliore amica. Le cose sono andate come sono andate. Credo che fosse destino, e non possiamo farci niente. Pirelli sarebbe morto, in un modo o nell’altro…Ho tentato di salvarlo e ho fallito, ma stavo combattendo una forza più grande di me. Se tu non ci avessi traditi, credi che veramente Sweeney non ci avrebbe mai trovati? Era solo questione di tempo. Le cose sarebbero andate nello stesso modo. Non devi più sentire il peso di quello che hai fatto, o cercare di scontarlo in tutti i modi…Tu non mi devi niente!

Claudia disse tra le lacrime, finalmente libera:

- Oh, grazie, grazie!

Le strinse forte la mano e si sentì veramente perdonata. Non doveva più scontare niente, l’avrebbe ripagata solo un’ultima volta. Morendo con lei.

Si addormentarono appoggiate alle sbarre, l’una accanto all’altra. Prima di dormire Emily si ricordò delle parole di Pirelli nel sogno: presto potremo stare insieme. Quella era l’unica consolazione pensando alla fine che come un baratro buio e terrificante si avvicinava sempre di più.
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Capitolo tristeeeee!!! :(         T___T
Lo so che vi state chiedendo che succederà, chissà se Toby e Serafine le salveranno...Mah, staremo a vedere!
Grazie a Tecla_Leben che continua a recensire!!! Che ti devo dire? Toby è sempre stato poco romantico, ma Serafine lo metterà in riga! ù____ù

  
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