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Autore: DolceRosellina    16/12/2010    5 recensioni
Roma, 15 Dicembre 2010.
Johnny Depp è Roma per l'anteprima del suo nuovo film, "The Tourist".
In una pagina di diario, una fan si sfoga raccontando la giornata, le emozioni e i sentimenti che neanche lei stessa riesce a comprendere. Chi è questa ragazza? Oh, non è nessuno in mezzo alla grande folla che si appresta ad incontrare la grande star. Equivale a niente di più che un granello di polvere. Sono io, quella ragazza...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~ Diary of an Abyss

 

 

Roma, 15 Dicembre 2010

 

Alle undici di mattina esco di casa.

“Scommetto che già a quest’ora c’è già un sacco di gente!” penso.

Nella mia borsa un bellissimo album dove il mio cuore spera impazzito che potrà contenere il suo autografo, la mia inseparabile macchinetta fotografica avida di immagini piene di ricordi, una penna che spero verrà toccata dalle sue mani, cellulare in piena carica e cipria d’emergenza.

All’ultimo secondo afferro due euro per un panino del pranzo. Con la mia agitazione, chi pensava a mangiare?

Saluto di fretta e volo a prendere il 211. Dovevo prima passare a scuola a prendere una mia amica, anche lei fan sfegatata di Johnny Depp, l’unica con cui sarei potuta andare a vederlo.

Arrivo dopo mezz’ora, nervosissima. Se avessi potuto, sarei stata a Piazza della Repubblica dalle sei del mattino!

Corro all’aula ventiquattro, guardando come chi era rimasto all’occupazione aveva distrutto la scuola. Saluto Yaeli in fretta, con un sorriso smagliante.

 

  -Salve a tutti! Ciao Cipo!-

 

  -Anna!-

 

Mi abbraccia, è da un bel po’ che non ci vediamo, proprio a causa dell’occupazione. Saluto anche Eleonora con due baci sulle guance.

 

  -Dai Cipo, muoviti che là già sarà un casino!-

 

  -Ma mi’ madre non me fa veni’più…-

 

Rabbrividisco, ma la mia faccia non cambia espressione. Probabilmente mi rifiutavo di crederci.

 

  -Cipo, che me stai a di’? Come sarebbe? E mo io co chi ci vado..?-

 

  -E vai senza de me, no? Mi’ madre c’ha paura che me sbattono de qua e dellà, me danno na’ botta alla ciste, se ingrossa e moro.-

 

Probabilmente in quel momento avevo smesso di respirare. Io da sola non ci sarei mai andata…

E ora cosa avrei fatto? Non potevo certo arrendermi così! Comincio a comporre dei numeri, chiamando diversi amici. Nessuno può venire con me, neanche chi mi aveva assicurato la propria presenza. In questo istante potrebbe crollarmi tranquillamente il mondo addosso e io non sentirei nulla. Provo un ultimo tentativo: chiamo la mamma di Yaeli, per tentare di convincerla. Ma nulla, lei è ferma con la sua assurda convinzione. Ed è già mezzogiorno e mezza.

 

“A questo punto, Livia è la mia sola speranza” prendo il cellulare e compongo il numero della mia amica.

 

  -Ohi, Lilly?-

 

  -Dimmi tutto!-

 

  -Senti, io ho un problema…e serio. Ti ricordi che stasera veniva Johnny a Piazza della Repubblica?-

 

  -Ah, sì! E’ vero! E’ ma io non posso venire, ho da fare…-

 

  -Oh, ti prego… che devi fare?!-

 

  -Devo finire di fare le decorazioni natalizie in casa.-

 

  -E se venissi ad aiutare e poi andiamo?-

 

  -Allora aspetta, chiamo mi’ madre e glielo chiedo. Ti richiamo io.-

 

Furono i cinque minuti più lunghi della mia vita. Per tutto il tempo osservai fuori dalla finestra dell’aula, avvolta in effimere dolci fantasie. Quando il cellulare attaccò Celebration di Madonna, sobbalzai e risposi in preda al panico.

 

  -Allora?!?-

 

  -Mia madre ha detto che va bene. Alle cinque e mezza ci viene a prendere, perché vuole venire anche lei!-

 

  -Le cinque e mezza?! Ma… così non lo vedremo mai!-

 

  -Anna io più di così non posso fare, mi dispiace.-

 

“Meglio arrivare tardi che non andarci proprio” penso, alla fine.

 

  -Eh, va bene. Arrivo subito!-

 

Saluto tutti, triste per Yaeli. Poveretta, sapevo che ci teneva tanto…

Mi fiondo letteralmente fuori dalla scuola, catapultandomi alla fermata del 211. Riesco a prendere per un soffio il 90. Perfetto.

 

Dopo una buona mezz’ora arrivo a casa di Livia, che mi attende con un bellissimo sorriso stampato sulle labbra.

 

  -Dai, che adesso ci dobbiamo dar da fare! Dobbiamo andare in cantina a prendere i festoni.-

 

Rassegnata ma felice di vederla, prima di scendere a prendere le cose saluto i suoi dolcissimi ratti da compagnia. Dopo aver passato dieci minuti a cercare di aprire la porta di quella stramaledetta cantina, cominciamo ad addobbare il salone. Poco dopo arriva anche Francesca, un’altra mia amica. Siamo sorprese perché non ci aspettavamo che venisse anche lei, ma siamo contente. Non c’è due senza tre, no?

 

Senza indugiare oltre, cominciamo ad appendere festoni ovunque, riempiendo di colori e luci la stanza. Quelle ore che passarono ridendo e scherzando fecero bene al mio spirito, troppo nervoso e scombussolato.

 

Finiamo alle cinque e venti, giusto in tempo per darci una ritoccatine ed uscire. La mamma di Livia fa uno squillo e ci dice di scendere. Ok, ci siamo…!

Dopo un tragitto troppo lento per i miei gusti, finalmente arriviamo. Il parcheggio è un po’ lontano, perciò dobbiamo affrontare tre gradi di gelo e due isolati di cammino. Ma poco importa. Nulla importa, in questo momento!

 

Arriviamo finalmente a P.zza della Repubblica e impazzisco. Letteralmente. C’è un grande palco con un poster gigante della locandina di “The Tourist”, una canzone dei Muse a palla e luci colorate che sfrecciano ovunque, in mezzo a un mucchio di gente che si è presa –giustamente- i posti migliori. Alcuni ragazzi sono arrampicati su statue e simili, altri si affacciano dalle finestre. Io, Livia, sua madre e Francesca non riuscivamo a crederci… siamo riuscite ad infiltrarci in una prima fila!!

 

  -Livia, mentre chiedo l’autografo, puoi scattare le foto?!-

 

  -Ma ho le mani in cancrena dal freddo!-

 

  -Francy, puoi farlo tu?!-

 

  -Ma me la devi dare adesso la macchinetta? Sono le sei e mezza, deve arrivare alle otto!-

 

Sbuffo nervosamente e faccio qualche scatto random. Poi poggio la macchinetta nella borsa e tiro fuori l’album e la penna. Sento il bisogno di stringerli a me, sapendo che tra poco, tra pochissimo..!

 

  -Omino della sorveglianza?-

 

Vispa e civettuola, Livia si rivolge mielosa ad un membro del servizio d’ordine. E’ molto giovane e ha l’aspetto simpatico, nonostante mantenga un aspetto fiero e degno dell’importante lavoro che stava svolgendo. Poverino, ha anche un freddo cane!

 

  -Sai per caso se qui passerà Johnny Depp?-

 

  -Ne so quanto voi, ragazze.-

 

  -Senti se per sfortuna non passasse qui, ti lanci verso di lui e ti fai fare un autografo per noi?-

 

  -Credo che mi licenzierebbero all’istante!-

 

  -E se ci facessi passare?-

 

  -Non credo di essere di grado abbastanza alto per poterlo fare.-

 

Tra una battutina e l’altra, scopriamo che si chiama Vittorio, mentre facciamo amicizia anche con un’altra ragazza dietro di noi, Martina. Non ci accorgiamo di quanto voli il tempo, mentre il fatto che non stanno mettendo il tappeto rosso dal nostro lato mi fa rabbrividire.

 

Quello fu l’istante in cui il sangue mi si gelò nelle vene.

 

Quello fu l’attimo in cui il mio cuore smise di pompare sangue.

 

Grida. Flash. Pianti.

 

Johnny Depp.

E non sarebbe passato dalla nostra parte.

 

Voglio piangere, ma non ho tempo. Io e le altre ci fondiamo in mezzo alla folla come possiamo. Spingono tutti come pazzi, qualcuno cade. Passano minuti e io ancora non ho visto niente. Voglio morire. Se non riesco a vederlo, credo che…

 

  -Anna, che fai, aiutami!-

 

Aiuto Livia a salire su una piccola colonna. Afferra la mia macchina fotografica e inizia a scattare. Con le lacrime agli occhi, inizio a gridare.

 

  -Livia, lo vedi?!-

 

  -Vagamente…-

 

  -Oddio, Livia, fammi salire! Non m’importa dell’autografo, fammelo solo vedere!-

 

  -Un attimo, ti sto facendo almeno qualche foto..!-

 

  -Ti prego, Livia!!!-

 

Non mi riesco più a controllare. Quasi forzo Livia a scendere. Non so a chi mi aggrappo, ma riesco a salire. Johnny è davvero basso, non riesco a vedere nulla…! Alzo la macchinetta e scatto, scatto, senza fermarmi. Poi, qualcuno sposta miracolosamente la testa.

 

Fu la frazione di secondo più rapida della mia vita. Ma lo vidi.

 

I suoi capelli inconfondibili, che lasciavano la fronte ampia scoperta. I suoi occhi piccoli su cui si potrebbe tranquillamente morire, coperti dai suoi classici occhiali violetti che sinora avevo sempre e solo visto in foto.

 

I miei occhi. Sì, questi con cui ora sto guardando lo schermo mentre scrivo, questi stessi con cui ho vissuto una vita intera, questi che ora mi sfioro ringraziando Dio di possederli.

 

I miei occhi avevano visto Johnny Depp.

 

Non ci fu più un'altra possibilità di vederlo, la gente è egoista. Posso assicurare che il resto della sera, poi, non lo ricordo. Credo di essere stata tutto il tempo in un baratro, tra due parti di sentimenti divise da un profondo abisso.

 

Una parte felice. Ma un essere felice indescrivibile, di quelli che nemmeno tu ti rendi conto. Una gioia che io a parole non so spiegare, ma che non riesco a spiegare nemmeno a me stessa, se mi metto a pensarci un po’ su.

 

Una parte triste. Triste e delusa. Non avevo l’autografo, non lo avevo neanche visto bene, o per un tempo maggiore alla frazione di secondo. Non era stato abbastanza. E chissà quando avrei avuto un’altra occasione.

 

E, beh, forse c’è un’altra parte ancora, adesso che ci penso. Forse anche in colpa per la tristezza che provavo. Perché la mamma di Livia, donna che io credo non ringrazierò mai abbastanza per tutti i favori che mi ha fatto, aveva avuto la cortesia di portarmi lì. Perché le mie amiche mi avevano accompagnato e hanno fatto di tutto per tentare di avvicinarmi a Johnny. Perché io lo avevo visto, anche se poco, mentre alcuni nemmeno quello, come la povera Martina.

 

Torniamo a casa, non apro bocca per tutto il tragitto. La mamma di Livia –che si chiama Anna come me, volevo aggiungerlo- comprende, forse meglio di me, il mio stato d’animo. Ci sono più emozioni nella mia testa che stelle nel cielo, probabilmente. Scopro che solo in un paio di foto si accenna appena il volto del mio Johnny. Neanche una foto decente. Ma non sono triste. Cioè, lo sono, ma… oh, non so proprio cosa dire!

 

Sono una persona esagerata? Forse.

 

Bimbominchia? Pensatelo pure, ma io non mi reputo tale.

 

A volte mi metto a pensare anche io sul mio adorare quell’attore. Non credete che io non mi sia mai chiesta perché tanta ammirazione per una persona solo perché ha fatto qualche film o perché ha fascino. Non riesco a trovare risposta a questo. So solo che quando lo vedo, la mia pelle è scossa ogni volta da un leggero brivido tiepido.

 

Tempesta ormonale? Può essere, ma la escluderei. Non la sento proprio un’ipotesi che mi appartiene.

 

Amore platonico? Mi reputereste una sfigata se fosse così, e lo farei anche io.

 

Non lo so, non lo so!

 

Voi come potreste interpretare ciò che provate per il vostro idolo? C’è una parola che descriva il sentimento specifico per quello che si prova in questi casi? O lo devono ancora inventare?

 

 

 

~ DolceRosellina

 

  
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