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Autore: Akuma    17/12/2010    2 recensioni
« Su la mano, chi non si è mai chiesto come ci si senta ad essere onnipotenti?
Non onnipotenti come il Padre Eterno, quella è roba superata! No, io parlo dell’illimitata facoltà di disporre di denaro e persone a proprio piacimento, di viaggi, di auto di lusso, di cibo prelibato, di donne mozzafiato.
Andiamo, chi non si è mai posto la questione?
Beh, a tutti coloro che almeno una volta hanno sognato tutto ciò, io posso rispondere senza troppa difficoltà.
E senza arroganza o presunzione, gente, semplicemente perché io sono Ryoma Hino, forse la rockstar più quotata di tutti i tempi dopo Angus Young.
Lui era stato eletto “individuo di bassa statura più importante del mondo”, io mi sono guadagnato il titolo di “persona dai capelli ossigenati più influente del pianeta”.
Persino Eminem è stato costretto a capitolare al mio cospetto.
Sono praticamente un mito, quindi fate largo, sarò io a rispondervi! »
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Juan Diaz, Luis Napoleon, Ramon Victorino, Ryoma Hino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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9TH TRACK - If Everyone Cared
- Ti offro una cena! Una di quelle cene che ti ricorderai per tutta la vita, con tanto di Champagne!-
Che promessa da un milione di dollari, Juan Diaz!
- Pensi di comprarmi facendomi bere?-
Ma Trish non era propriamente d’accordo. E glielo disse arricciando il naso con quell’aria da monella che aveva fatto letteralmente perdere la testa al mio magico agente.
Il quale decise di cambiare drasticamente tattica, afferrandola per i fianchi e spingendola contro la parete.
- Adoro il tuo tatuaggio, mi piacerebbe vedere dove finisce... mi piacerebbe sculacciarti...-
In quanto a me, entrai in sala prove nel momento sbagliato.
Di nuovo.
Proprio mentre Diaz, sollevato il vestito a pois di Trish, le percorreva febbrilmente il lato esterno della coscia, lungo le linee di un grosso tatuaggio maori che partiva da una spanna sopra il ginocchio e spariva verso l’anca.
Quella sala prove era diventata peggio di un bordello negli ultimi tempi. Avremmo fatto fior di quattrini, se ci avessimo organizzato dentro un reality.
La bionda si scostò abilmente, sul volto luminoso dipinto lo stesso sorrisetto divertito di poco prima.
- Non dobbiamo per forza finire a letto, possiamo anche solo parlare!- Juan la rincorse nel tentativo di riafferrarle almeno un polso, ma lei gettò indietro il capo come già l’avevo vista fare più di una volta, scoppiando in una risata esilarata.
- Hah! Cos’è questa, l’ultima spiaggia?-
- Sei sadica? Ti piace vedere le persone soffrire?!-
- Ma se mi hai appena palpata alla grande!-
- Ma... eh... andiamo, bambolina, tu sei davvero irresistibile!-
Trish, che non aveva ancora smesso di ridere, si avvicinò di quel poco che bastava per posare un lieve bacio sull’adorabile fossetta della bocca di Juan, che congelò.
- Anche tu.- gli sussurrò, prima di sparire oltre la porta, superandomi.
- Mi piacerebbe sculacciarti? Ottima mossa, Genio.- sghignazzai, togliendomi la giacca e conferendo un’amichevole pacca sulle spalle dell’improvvisato Casanova.
- Taci, tu!-
Ma il fatto che avesse appena fallito per l’ennesima volta aveva compromesso la sua solita giovialità. Il che capitava assai di rado: erano rari gli episodi o le persone capaci di far cambiare umore a Diaz, a maggior ragione se si trattava di una donna - da lui considerata un oggetto sessuale e nient’altro, tanto che al massimo si era risparmiato la receptionist, ma solo perché portava la prima.
 
Incrociai di nuovo l’abitino vintage di Trish proprio quando stavo uscendo dallo studio.
Mi ero portato parecchio avanti con Napo, dal momento che sarei dovuto partire per il fantomatico progetto “Hands” di lì a una manciata di giorni; tra l’altro, aggiornamento in diretta, Louis pareva molto più sereno rispetto a quando mi aveva confessato l’inconfessabile. Probabilmente, ipotizzai, ci aveva preso gusto.
E infondo ero contento per lui.
Raggiunsi Apple mentre anche lei stava lasciando la sala prove; a quanto pareva si era attardata un attimo, dopo la seconda selezione che, a proposito, aveva avuto luogo proprio quel giorno - e stavolta per davvero.
Ne mancava una soltanto per ottenere il corpo di ballo più sexy e mozzafiato dell’ultimo decennio. Mi sfregai le mani al solo pensiero.
- Cos’è quell’aria da invasato?- commentò col suo fare noncurante, riportandomi alla realtà e caricandosi il borsone su una spalla - Ti avverto, ho già ricevuto la mia dose di molestie per oggi.-
- Ti capita spesso?-
Raggiungendola con una breve corsa, mi lasciai andare ad un’allegra risata.
- Di solito si limitano ai complimenti. Più o meno espliciti.- alzò un sopracciglio finissimo - Non mi era mai capitato che qualcuno tentasse di sfilarmi le mutande a cavalcioni di una console.-
Quando avevo pensato che Trish fosse la versione femminile di Diaz, mi sbagliavo di grosso.
Era la sua anima gemella.
Avevano lo stesso modo di esprimersi, di muoversi, di trattarmi, di ridere, persino di parlare di mutande! Erano fuori di testa al punto giusto da mettere in piedi una missione umanitaria in una notte e decidere su due piedi di lanciarsi in bunjee-jumping nell’oceano.
Due così non potevano che finire insieme. Ecco perché Juan era così ostinato: forse si era preso molto più che una semplice cotta per quella che era molto più che una semplice ballerina platinata del Kansas. 
Trish mi aveva risposto con uno strano sguardo negli occhi che faceva presumere solo una cosa.
- Lui... ti piace?- dedussi, sbalordito.
- Lui mi piace da matti.- alzò le spalle bianche con aria disillusa, come se avesse pronunciato le parole da non proferire mai, pena la fine di un bell’incantesimo - E questo mi rende uguale a tutte le altre donne.-
A tutte le altre centinaia di donne, voleva dire, che il nostro Genio si era portato a letto.
- Lui... ti piace davvero?-
Ero decisamente sbalordito.
Come poteva Diaz piacere seriamente a qualcuno? Andiamo, Juan Diaz! Quel marpione senza scrupoli, tutto sommato così simile a me.
Non ottenni risposta, ma rimasi incredibilmente colpito dal suo silenzio.
E per quanto fosse simile a lui, cominciai a chiedermi se Juan la meritasse davvero.
- Apple?-
- Nh?-
- Mi riaccompagni a casa?-
 
Non lo fece.
Dopotutto Naoko non era più stata convocata, quindi non correvo più il rischio di essere violentato in qualche modo perverso.
Ci pensavo qualche giorno dopo, sul volo di linea che ci avrebbe condotti sul luogo della tragedia, dopo un dovuto reportage fotografico che sarebbe servito a divulgare la news bomba del momento.
Mi massaggiavo gli occhi, provati dai numerosi flash e, nell’inforcare gli occhiali da sole, notai il profilo distinto di Victorino qualche sedile più avanti.
Ora, non che avessero organizzato un volo di linea per centocinquanta superstar, eravamo giusto una decina. Numero del quale io non mi ero minimamente interessato fino all’ultimo, dal momento che quando Diaz mi aveva elencato i nomi dei partecipanti, io ero tutto intento a sbirciare nella scollatura della segretaria che mi porgeva il caffè.
Scartai Russel Crowe e mi appressai al mio migliore amico, ammiccando alla hostess di turno che mi veniva incontro come solo io sapevo fare.
- Ramon!- esclamai, cogliendolo alle spalle.
Lui non si scompose, con un gesto gentile sospese la conversazione che stava avendo con Fergie, seduta accanto a lui.
- Avevo scommesso cinquanta dollari che non ti saresti accorto di me finché non fossimo scesi dall’aereo.-
Mordace, Victorino aveva puntato sulla mia scarsa attitudine a badare al prossimo, anche durante le manifestazioni più di rilievo. Probabilmente solo un paio d’altre star ci avevano divisi nei numerosi scatti e dichiarazioni alla stampa prima della partenza ed io non ero stato in grado di individuarlo. Ottimo, avrei dovuto cominciare a farmi delle domande?
- Ciao, bella.- io strizzai l’occhio alla sua affascinate interlocutrice. Era sempre un gran pezzo di donna, non c’era nulla da aggiungere.
- A quanto pare ho perso per poco.- sorrise, assottigliando i suoi occhi enigmatici.
- Ah, andiamo! Lo sai quanto poco mi piacciano queste cose!- sbuffai io, in tutta risposta.
- Hai il tuo bel tornaconto, anche per queste cose. Non fare il misantropo rompiscatole.-
Mi stava rimproverando?
- Stai dicendo che devo responsabilizzarmi, o che devo stare zitto e intascare?- risi, contagiando anche lui.
In quel momento, sotto le luci artificiali della cabina, il volto di Ramon mi parve più emaciato che mai: gli occhi incavati, solcati pesantemente da due occhiaie profonde e la bocca, spalancata in una risata quasi nervosa, mi parve spaventosamente larga rispetto a come la ricordavo.
- Stai bene?- mi lasciai sfuggire, cessando improvvisamente di ridere, a tratti sgomento.
Allora il tempo ghiacciò e passeggeri, equipaggio, nuvole e respiri cristallizzarono. Tutto si tinse di colori esasperati, artefatti e saturi come in una pellicola in technicolor. Restammo vivi solo io e Victorino, il quale si voltò lentamente verso di me e - ne fui certo - mi rivolse uno sguardo di supplica, implorante d’aiuto.
Non era più Ramon, ma qualcuno che non conoscevo.
Non era più il mio compagno di giochi, ma uno straniero proveniente da un altro mondo, smarrito, sperduto. Il volto distorto in un’espressione aliena, irriconoscibile, trasfigurata.
E io persi le parole, disteso su un suolo nebbioso e forestiero con le mani lungo i fianchi, incapace di reagire.
Quando il regista ridiede il via alle riprese, sbattei energicamente le palpebre appannate da quella visione surreale e riacquistai coscienza del mondo.
Un’altra procace hostess mi passò di fianco, ma stavolta non la notai neppure.
- Certo.- mi rispose lui, stranito come se gli avessi appena domandato se per respirare era solito usare il naso o la bocca - Tu, piuttosto, sei preoccupato per qualcosa?-
- N-no, non credo... no.- riuscii a mettere insieme.
Non riuscii spiegarmi il motivo, ma ero scosso.
Era come se d’improvviso il bambino che mi aveva sempre passato la palla per andare in gol fosse inciampato. Caduto. E non si fosse più rialzato.
La cosa peggiore? Che io non me n’ero minimamente accorto ed avevo seguitato a sbraitare in attesa di un pallone che non sarebbe mai arrivato, senza nemmeno avere l’accortezza di voltarmi indietro.
Per questo decisi di congedarmi, simulando un’emicrania, ritornando incupito e confuso al mio posto.
- Noccioline?- fece Russel, porgendomi un pacchetto di arachidi.
 
   
 
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