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Autore: hotaru    17/12/2010    2 recensioni
“Forse il mondo non viene creato. Forse niente viene creato. Semplicemente c'è, c'è stato, ci sarà sempre... Un orologio senza orologiaio.”
Germania, 1923. Che cosa accadde dopo la fine de “Il Conquistatore di Shamballa”?
Dedicata a Shatzy, perché il Roy/Ai esiste anche al di là del portale
[Accenni Roy/Ai, Ed/Win]
Prima classificata al contest "Quotes from Watchmen" di DarkRose86 e vincitrice del premio Miglior Fanfiction
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
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5- Quando un orologio si ferma Quando un orologio si ferma


Anche se avrebbero dovuto ticchettare tutti insieme, gli orologi di quella stanza scandivano il tempo ognuno per conto suo, andando al proprio ritmo, infischiandosene degli altri. E il risultato era una cacofonia assordante, che rimbombava nel silenzio come il cuore di Edward, impazzito come il tempo.
- Chi è Ed? - sussurrò senza fiato.
- Un mio vecchio amico -.
Questo non spiegava nulla. Come? Cosa? Perché?
- E dov'è adesso? -.
- È morto due anni fa. Tubercolosi -.
Ed prese l'orologio indicando il quadrante, su cui era chiaramente disegnato un cerchio alchemico.
- Ha fatto lui anche questo? -.
Win annuì.
- Lui l'ha disegnato su un foglio, poi io l'ho riportato qui. Ma quest'orologio ho cominciato a costruirlo solo qualche tempo dopo la sua morte -.
- E perché? -.
La ragazza prese l'orologio e le figurine in legno, portandole sul tavolo da lavoro. Si sedette, picchiettando leggermente il quadrante ancora senza lancette.
- Lo sai che quando cade una bomba, gli orologi si fermano nell'istante in cui questa scoppia? - chiese – Tutti immobili, alla stessa ora, come se il tempo si fosse fermato nel momento in cui i loro padroni sono morti -.
Si avvicinò anche Ed, appoggiandosi al ripiano del tavolo.
- È per questo che vivi con i tuoi zii? -.
- Quando quella bomba ha colpito casa nostra, gli orologi ancora interi del laboratorio di mio padre si sono fermati tutti alla stessa ora. Una cosa spettrale, se ci pensi -.
Lo guardò.
- Io non c'ero, ero con Edmund a giocare dai suoi cugini, in un altro quartiere -.
Edmund?
- Ed? -.
Win annuì.
- Mio padre mi aveva già insegnato un po' il mestiere, e a me piaceva moltissimo. Quando sono venuta ad abitare qui ho lavorato come apprendista da un vecchio orologiaio del quartiere. Poi, quando lui è morto, ho cominciato io -.
Prese le figurine una ad una, poggiandole sulla piastra girevole dell'orologio.
- Alla fine dovrà venire così – spiegò – Metterò quelle due ante a chiudere la porticina sotto l'orologio, e quando scoccherà l'ora si apriranno, mostrando questi personaggi apparire uno dopo l'altro -.
Poggiò le ante intarsiate sull'apertura, chiudendola e nascondendo alla vista Al, Mustang, Envy e la Chimera. Due ante che a Ed ricordavano fin troppo il Portale.
- Com'è che ti sei spaventato così tanto? - domandò Win – Sono così brutti? -.
No, assolutamente. Erano fin troppo fedeli agli originali.
- Perché il tuo amico... Edmund ha rappresentato queste figure? Ha lavorato di fantasia? - chiese Ed.
Win scosse la testa.
- No, le ha intagliate in base a quel ricordava dei suoi sogni -.
Sogni?
- Durante le ultime settimane della malattia aveva iniziato a fare dei sogni stranissimi, quasi ossessivi – mormorò Win, gli occhi fissi sull'orologio – Il medico diceva che forse erano una conseguenza della febbre alta, ma Ed non riusciva a pensare ad altro. Mi raccontava tutti i particolari che riusciva a ricordare, e per farmi capire meglio ha intagliato questi personaggi e le ante della porticina, oltre a disegnare questo strano cerchio -.
Prese l'orologio fra le mani, osservandolo meglio.
- Chissà cosa dovrebbe rappresentare... da quel che diceva, nei sogni c'erano delle persone che li usavano per fare delle specie di magie -.
Non proprio.
- Ci sto lavorando da due anni, ma devo ancora completarlo. Ho intenzione di farne il lavoro migliore di tutta la mia vita -.
- Perché? -.
- In un certo senso... - Win sorrise tristemente - ... è una specie di monumento alla memoria di tutte le persone a cui volevo bene e non ci sono più. Gli orologi dei miei genitori e il mondo fantastico di Ed -.
Quella conversazione suonava quasi surreale: Ed non era più così sicuro di essere nel mondo al di là del portale. Gli sembrava di trovarsi in un corridoio sospeso tra i due mondi, dove gli elementi di entrambi si mescolavano senza alcuna logica.
Win si appoggiò allo schienale della sedia.
- Lo sai? Edmund... - sorrise – … era sì il mio migliore amico, ma avrebbe anche potuto essere l'amore della mia vita -.
Con un tonfo, Ed piombò giù dal corridoio tra i due mondi.
- Come? -.
- Pensa che gli ho dato il primo e unico bacio della mia vita – arrossì – Chissà perché ti sto raccontando tutte queste cose... -.
Infatti non era esattamente il tipo di conversazione che Ed era abituato ad avere con una ragazza, tuttavia un particolare risvegliò il suo interesse.
- L'hai baciato? Ma non hai detto che era... -.
- Malato, sì -.
- La tubercolosi è una malattia infettiva! - boccheggiò Ed.
- Lo so – rispose semplicemente lei – Ma non m'importava -.
- È stato un gesto da incoscienti, te ne rendi conto? -.
- È stata la cosa più giusta che abbia mai fatto, invece. Ora il mio primo bacio giace in una tomba, ma se mi fossi tirata indietro l'avrei rimpianto per tutta la vita. È stato bello, sai? -.
No, non lo sapeva. Arrossì violentemente.   
- Magari ci saremmo sposati, anche se era più piccolo di me -.
Forse quella conversazione gli stava sfuggendo un po' di mano.
- Non puoi saper... -.
- Glielo avrei chiesto io – lo interruppe Win, guardando nel vuoto – Anche se so che non si fa, ma sarebbe rimasto tra noi. E poi avrei avuto di nuovo una famiglia -.
Guardò Ed.
- Non fraintendermi: voglio molto bene ai miei zii e so di essere fortunata ad averli. Sarei potuta finire all'orfanotrofio, lo sai? - sospirò, sorridendo leggermente – Dev'essere bello avere un fratello -.
- Sì – anche Ed sorrise, ricordando quante volte avesse rischiato di perderlo – Sono fortunato anch'io -.
Win tornò a rivolgere la sua attenzione all'orologio.
- Ricordi il discorso dell'altro giorno, a cena? - domandò d'un tratto.
- Il “dibattito teologico”, secondo tuo zio? -.
- Sì, quello – rispose lei ridendo piano – Sai, ci ho riflettuto molto -.
Aprì le ante della porticina, sbirciando dentro come una novella Alice.
- Se questi personaggi fossero reali, se vivessero davvero in un loro mondo dentro l'orologio, sarei io il loro creatore? E quindi potrei punirli e distruggerli quando voglio? Sono io il creatore del loro mondo? -.
Tirò fuori le figurine una ad una, mettendole in fila.
- Sai, ci sono persone che dicono che l'ultima guerra è stata una punizione divina. Che Dio non c'era, sui campi di battaglia, perché ha abbandonato l'uomo per punirlo. Un po' come il diluvio universale -.
Ed ascoltava in silenzio. Sì, del diluvio universale aveva sentito parlare.
- Ma se io fossi il creatore del mondo dentro l'orologio, non vorrei mai distruggere le mie creature. Nemmeno per punirle -.
Guardò Ed, sorridendo amaramente.
- Ah già, ma tu non credi che ci sia alcun creatore. Dicevi che tutto esiste per conto suo, giusto? -.
Lui fece per annuire, quando una voce alle loro spalle li fece quasi sobbalzare.
- Sarà – disse Al, appoggiato al muro accanto alla porta – Ma a me sembra che un discorso del genere sia solo un espediente per scaricare le responsabilità -.
Né Ed né Win l'avevano sentito entrare e Ned, seppure l'aveva visto, era rimasto in silenzio. Al si avvicinò al tavolo, con un'espressione grave in volto.
- Io non so niente di queste cose – continuò, osservando la figurina dell'armatura con aria quasi malinconica – Ma mi sembra che definire una guerra una punizione divina significhi lavarsene le mani. Di chi è stata colpa, allora? Se non esiste un creatore, perlomeno la responsabilità può essere solo degli uomini -.
Ed guardava suo fratello, rendendosi conto per l'ennesima volta che Al era davvero cresciuto moltissimo. Erano stati separati solo per un paio d'anni, questo sì, ma era quasi strano rivedere sul suo viso delle espressioni collegate a ciò che stava dicendo. L'ultima volta che ne aveva decifrato la mimica facciale, Al aveva dieci anni. Ma ora il suo non era più lo sguardo di un bambino: era quello di un adulto.
- Anche a me è sempre sembrata un'assurdità – ammise Win – Ma certe cose una donna non può dirle così apertamente -.
Dopo un momento di silenzio, la ragazza batté le mani tanto all'improvviso che a Ed e Al venne quasi un colpo.
- Di' un po', a te piace? - chiese, accennando all'orologio – Tuo fratello ha quasi avuto un infarto, quando l'ha visto, anche se non ho ancora capito perché. Tu almeno non mi sembri sconvolto -.
- È bellissimo – ammise sinceramente Al – E queste figurine sono fantastiche! -.
- Davvero? Quale ti piace di più? -.
- Questa – l'armatura.
- Non l'avrei mai detto – fu il commento di Ed. Si guardarono, e quasi scoppiarono a ridere. Sembrava così lontano, ormai.
- Qui dietro, dove c'è l'ingranaggio, ho lasciato posto anche per il meccanismo di un carillon. Mi piacerebbe che, quando scocca l'ora, le figurine si muovessero sulle note di una musica... ma devo ancora trovare quella adatta -.
- Non mi dire che sai costruire anche i carillon! - esclamò Ed.
- Conosco qualche nozione di base, ma l'esperto in questo campo è mio zio. Mi ha detto che quando avrò scelto una melodia, ci penserà lui a costruirlo. Poi inserirlo qui sarà un gioco da ragazzi -.
Eh? Ed guardò Al, sicuro di aver capito male. Ma l'espressione del fratello non lasciò spazio ad alcun dubbio.
- Ehi, che vi prende? In realtà mio zio costruisce carillon per passione, non per lavoro. Pensate che ne aveva addirittura fatto uno per mia zia, quando erano fidanzati. È di sicuro nascosto da qualche parte: la zia Eliza lo custodisce come una reliquia -.
L'incredulità lasciò posto ad un ampio sorriso. Oh, a Ed sarebbe piaciuto così tanto che il portale si aprisse ancora una volta- una soltanto- per correre a riferirlo al colonnello Mustang. Non riusciva nemmeno ad immaginare che faccia avrebbe fatto.
Probabilmente Al ci riuscì, invece, perché emise il tipico singulto di chi cerca di trattenersi dallo scoppiare a ridere. Il che non sarebbe stato gentile nei confronti del signor Roderich.
- Insomma, ma cosa sono quelle facce? Avete fatto delle espressioni strane anche stamattina, mentre mio zio accendeva il fuoco- cioè, ci provava... -.
Le parole di Win fecero sorgere, nitida come se l'avessero avuta davanti, la scena della stufa. E allora non ce la fecero più.
Risero forte come non capitava loro da una vita. Ed era incredibile vedere la faccia di Al ridere a crepapelle. Di nuovo, dopo tanto tempo.      




Rispondendo alle recensioni:
MusaTalia: spero che questo capitolo abbia risposto a tutte le tue domande... o quasi. Sono contenta che ti siano piaciuti tutti i particolari di quello scorso, dato che ho passato parecchio tempo a rifletterci su. E spero che Al ti sia piaciuto anche qui. ^^
   
 
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