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Autore: Morea    18/12/2010    8 recensioni
C'è bellezza ovunque, ma non tutti riescono a vederla.
“Doveva centellinare ogni parola, controllare persino le espressioni del viso, per non rendersi vulnerabile di fronte a nessuno: troppe persone avrebbero sofferto se qualcosa fosse andato storto, troppe persone a cui teneva.
Avrebbe fatto a cambio con lei in ogni momento.
Anche se lei non era nessuno.”
Storia vincitrice del Quote Contest, indetto dalle Bloody_Sisters insieme a Slytherin_Queen.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Luna Lovegood
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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quote
C'è Bellezza Ovunque

'"C'è bellezza ovunque, ma non tutti riescono a vederla"
(Confucio)














La osservava da giorni, forse addirittura da un mese.
Trascorreva ogni attimo del suo tempo libero all'aperto, perfino nelle giornate più fredde: rispettava i limiti e le regole imposte da Silente per la sicurezza della scuola, e, quando non le era permesso uscire, si avventurava fino alla Torre di Astronomia, ma mai di notte, quando rischiava di incontrare qualcuno.
Andava sola, sola come l'aveva sempre vista, anche prima di cominciare ad osservarla.
I suoi bellissimi occhi erano persi nel vuoto, smarriti, incompresi, misteriosi, come se fosse sempre tesa a carpire qualcosa di soprannaturale che altre iridi meno attente e perspicaci non sarebbero mai riuscite a cogliere: lui stesso si stupì di non aver mai notato prima la profondità del suo sguardo ed il senso di trascendenza che comunicava a tutti.
Forse non doveva neppure sforzarsi tanto, per capire il perché della sua scarsa attenzione per tutti quei dettagli. In fondo, chi era lei per lui?
Nessuno, assolutamente una nullità, come, dopotutto, lei era per tutti.
Certo, c'erano stati i suoi compagni di avventure al Ministero, a farla sentire realmente qualcuno, ma cos'era cambiato, alla fine?
Per quanto poco la conoscesse, sapeva che la risposta era solamente una.
Non era cambiato niente, o lei non si sarebbe aggirata per il Castello e per il Parco completamente da sola, persa in un mondo apparentemente così lontano da quello reale.
In verità, la cosa che lo stupiva di più del suo comportamento era un'altra: lei non sembrava aver bisogno di niente di più di quello che non avesse già.
Era... tranquilla.
Pacatamente serena, non perdeva mai la strana luce che aveva negli occhi: una luce che non veniva mai scalfita da nessuna notizia, o avvenimento, per quanto triste ed amaro potesse essere.
Eppure, tutta quella serenità non riusciva ad influenzare anche lui, anzi, se possibile lo rendeva ancor più impaziente ed irrequieto. Irrequieto perché, per quanto suonasse apocalittico ed irreale, avrebbe voluto esser lei.
Gli sarebbe piaciuto, bearsi di una calma intrinseca ed avulsa dal mondo.
Gli sarebbe piaciuto, avere quel paio di occhi chiari, e non avere i propri, tanto contaminati da ciò che avevano visto e vissuto quanto più puri e tersi apparivano a chi lo circondava.
Gli sarebbe piaciuto persino godere della rara compagnia dei suoi amici, quelli che le stavano vicini, che forse sapevano tutto di lei e con cui lei stessa poteva parlare di tutto.
Lui non godeva certo di tale libertà.
Doveva centellinare ogni parola, controllare persino le espressioni del viso, per non rendersi vulnerabile di fronte a nessuno: troppe persone avrebbero sofferto se qualcosa fosse andato storto, troppe persone a cui teneva.
Avrebbe fatto a cambio con lei in ogni momento.
Anche se lei non era nessuno.
Sì, gli sarebbe piaciuto persino non essere più nessuno: spogliarsi del nome che lo contraddistingueva, del sangue che lo elevava al di sopra di molti altri, del ruolo che tutti si aspettavano che ricoprisse.
Avrebbe voluto camminare nudo.

Lei non si avvicinava mai al corridoio del settimo piano in cui lui ormai trascorreva gran parte del proprio tempo, in compagnia dei suoi aiutanti più fidati. Eppure sapeva benissimo cosa c'era lassù, di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll: sapeva come entrarci e sapeva quanto appagamento si potesse trovare all'interno della Stanza delle Necessità. Tutti coloro che avevano fatto parte di quella stramba associazione di Potter, l'anno prima, tornavano spesso in quel corridoio, passando per tre volte avanti ed indietro di fronte alla parete che celava l'ingresso alla Stanza.
Li aveva visti concentrati sul proprio desiderio, i volti contratti nello sforzo di figurarsi nella mente il luogo che si sarebbero voluti trovare davanti: lui si era divertito ad immaginare i loro pensieri, per ingannare il tempo, nell'attesa che gli lasciassero campo libero. Sapeva riconoscere gli studenti in fuga da Gazza, quelli con un bisogno irrefrenabile di piangere in un luogo tranquillo ed indisturbato, persino quelli desiderosi di uno spuntino luculliano: l'insospettabile Ronald Weasley era uno dei frequentatori più abituali, in primis per il terzo motivo, mentre quella Corvonero del settimo anno che era stata insieme a Potter rientrava nel novero delle piagnucolone senza speranza.
Lui aveva aspettato ogni volta che terminassero le proprie necessarie attività, poi, non appena li vedeva allontanarsi, prendeva il loro posto, concentrandosi fortemente fino a creare una stanza dove potesse nascondere qualcosa.
L'Armadio era ormai nascosto lì da tempo.

Ad ogni progresso nella sua riparazione, si ritrovava sempre di più a pensare a lei. Lei che non nascondeva Armadi Svanitori in una stanza misteriosa, lei che viveva tranquillamente il suo avvicinamento alla fine dell'anno scolastico, forse un po' preoccupata per i G.U.F.O., ma non certo per l'esame ben più fondamentale che attendeva lui.
La invidiò ogni volta in cui viaggiò tra Hogwarts e Magie Sinister; sognò più e più volte di essere lui, quello beatamente stravaccato tra i ciuffi d'erba del Parco, perso nella contemplazione del cielo prima terso poi tempestoso.
La invidiò perché lei non avrebbe dovuto uccidere Silente, di lì a poche settimane.
Perché lei stava bene, mentre lui stava perdendo il sonno, la salute, la voglia di vivere.
Si rifiutava di chiamare vita, quell'esistenza passata a temere per l'esito della missione e per la sorte della propria famiglia: odiava visceralmente l'essere l'ago della bilancia di tutta la situazione, odiava la sensazione di avere tutto sulle proprie spalle, e, da sedicenne qual era, odiava l'aver rinunciato a gite a Hogsmeade, a giochi e chiacchierate in Sala Comune, e soprattutto al Quidditch. Non poteva più godersi la bellezza di tutto ciò che l'aveva sempre reso felice.
E per quanto si sforzasse di non pensarci, ciò che l'aveva sempre reso felice lo doveva unicamente all'uomo che avrebbe dovuto eliminare.
Silente, per quanto pazzo, anticonformista e scomodo, era la chiave di tutto, era ciò che aveva reso Hogwarts il luogo caldo, confortevole ed accogliente che era sempre stato. E lui avrebbe distrutto entrambi, in un colpo solo.
Stava per condannare all'epilogo più tragico la cosa più bella che avesse mai avuto.

Forse, da qualche parte nel suo spirito avrebbe potuto trovare il coraggio di abbattere Silente.
Ma com'era solo immaginabile distruggere Hogwarts?
Lui ci era cresciuto, si era fatto valere come Cercatore, e, sì, là aveva anche conosciuto le persone che reputava... amiche.

Aveva in un certo senso conosciuto anche lei, e da lontano aveva abitato in punta di piedi il suo mondo, e sapeva per certo che il suo mondo era fatto anche di Hogwarts.
Avrebbe distrutto anche tutto ciò che solamente lei riusciva a vedere.
E chissà quante e quali cose meravigliose scorgeva nella profondità della natura.

Si imbatté in lei per caso, mentre era intento a passare per tre volte di fronte alla parete del settimo piano.
Rimase sorpreso, e per un momento si scordò il motivo per cui era lì e ciò che doveva fare: non pensò neppure a maledirsi per la sua incoscienza, per non aver coinvolto Tiger e Goyle in quell'ultima sortita nella Stanza.
Continuò per un paio di secondi a fissarla incredulo, chiedendosi perché fosse al chiuso in una giornata così calda di fine maggio, e perché fosse lassù, apparentemente in cerca della Stanza delle Necessità.
- Oh, sei tu – la sentì mormorare. - Sei quello che prende sempre in giro Hermione, Harry e Ron.
Sentì l'impulso irrefrenabile di ridere, come non faceva ormai da un tempo infinito: sentir chiamare 'prese in giro' le sue autentiche torture psicologiche ai danni del Trio era quanto meno buffo.
Ma non rise.
Non c'era ormai più niente, per cui ridere.
- Sì – grugnì. - Sono io. Ed adesso, se non ti dispiace...
- Devo entrare anch'io – rispose l'altra, con una semplicità disarmante. - Di cosa hai bisogno tu?
- Non sono affari tuoi.
- Io ho bisogno di una piccola serra, devo portare in salvo questi piccoli Cornetti Evanescenti. Guarda!
Lei gli mostrò le mani, chiuse l'una sull'altra: parevano celare un inestimabile tesoro, che accudiva con una tenerezza sbalorditiva.
- Non c'è niente, Lunatica.
- Perché si chiamano Cornetti Evanescenti, secondo te? - replicò piccata.
- E cosa ci fai, con questi Cornetti?
Era sempre più incuriosito da lei. Trovava incredibile, il fatto che qualcuno potesse preoccuparsi ancora di qualcosa che non esisteva, quando la realtà più cruda incombeva su tutti come una scure implacabile.
- Non devono servire a qualcosa. Io li voglio salvare!
- E da cosa?
- Ma è ovvio! Dai Morsetti!
I Morsetti. Di sicuro suonava meglio di Lord Voldemort, come nemico mortale di qualcuno. E anche di Albus Silente, come nemico mortale personale.
- E' questo, ciò che vedi quando fissi il vuoto? - chiese pensieroso.
- E' vuoto se non hai questi.
Gli porse un paio di occhiali dai colori sgargianti e dalla forma improponibile. - Spettrocoli.
- Non ti ho mai vista con questi.
- Devi metterli all'inizio, per abituarti. Poi comincerai a vedere ciò che ti circonda anche senza, ma devi essere molto concentrato e preparato.
Dopo un minuto di esitazione, Draco, contro ogni logica, li prese e li indossò.
Scoprì che non vedeva niente di diverso dal solito, se si eccettuava un corridoio sui toni dell'azzurro e del violetto, piuttosto che sullo scarno colore della pietra.
Eppure, forse per la prima vera volta, vide Hogwarts.
Hogwarts gli entrò nelle narici, nelle iridi, nelle orecchie, e si insinuò persino tra le sue papille gustative. In quel vortice cangiante, respirò gli odori del legno e della cera consumata dalle candele, vide la maestosità degli incastri tra pietra e pietra, tra scalino e scalino, percepì ogni rumore lontano - studenti nelle Aule, nei Parchi, il tafferuglio silenzioso degli Elfi al lavoro – smarrito nell'aria, assaporò persino quella sensazione di mistero, di magia e di tradizione, mescolata ai profumi inebrianti delle pozioni celate nei Sotterranei.
Fu riemergendo da quel tripudio di sensi, che si rese conto che Luna Lovegood non era più di fronte a lui.
Era entrata nella Stanza, sicuramente con l'intenzione di accudire i suoi piccoli mostriciattoli.
Si sedette sulla fredda pietra, ad aspettarla.
Rise: Draco Malfoy, seduto per terra, ad aspettare Luna Lovegood, era un paradosso incommensurabile.

Luna uscì dalla Stanza dieci minuti dopo, ma Draco se ne accorse solamente quando gli tolse gli Spettrocoli dagli occhi, senza alcun preavviso.
- Ma che diavolo...?
- Li vedi anche senza? Hai proprio due Nargilli dietro alla testa. Strano, non c'è neppure il vischio, qua.
- Tu lo trovi bello, tutto questo?
Luna lo guardò con aria interrogativa. - Questo cosa?
Draco sbuffò, come ogni volta in cui doveva ripetere qualcosa di ovvio. - Le creature, le tue missioni per salvarle...
- Tu non le trovi belle?
- Non le ho viste, le tue creature – rispose, scrollando le spalle.
Luna scosse la testa. - Non le creature, le missioni.
E Draco provò l'impulso di urlare un 'no' incontrastabile ed inesorabile.
Ma non lo fece.
E rimase in silenzio, chiedendosi quanti Cornetti e Morsetti avrebbe condannato a morte, insieme all'intera Hogwarts.
- Comunque, io sono convinta di una cosa. - La voce sognante di Luna lo riscosse da ogni suo pensiero. - C'è bellezza ovunque, ma non tutti riescono a vederla.
Si allontanò senza aggiungere altro, lasciandolo seduto in terra, proprio sotto l'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll.

Luna non parlò mai con nessuno di quell'incontro, e così fece Draco.
In realtà, non si rivolsero più la parola, dopo quel giorno.
Non ci fu una vera e propria volontà di ignorarsi, semplicemente nessuno dei due fece più caso all'altro.
Luna era troppo occupata ad occuparsi dei suoi mostriciattoli.
Draco era troppo occupato ad occuparsi di Hogwarts.
In quei giorni, apprezzò la bellezza del Castello come non aveva mai fatto prima: all'appressarsi di giugno, mentre una luce calda invadeva l'ambiente e gli animi degli studenti, vicini alle vacanze tanto agognate, una luce oscura invase il suo spirito, e smise prima di studiare, poi di mangiare, ed infine di dormire.
Ma non smise mai di sentire Hogwarts.

Quando arrivò la notte fatidica, aveva già preso da giorni una decisione.
Avrebbe fatto ciò che era meglio per lui.
Avrebbe fatto entrare i Mangiamorte.
Avrebbe spalancato l'ingresso al Signore Oscuro.
Avrebbe salvato i suoi genitori.

Ma Silente...
Silente era l'anima di Hogwarts.
E lui non sarebbe stato il Dissennatore destinato a succhiarla via.











Note:
I nomi di alcune Creature sono inventati. E la 'piagnucolona' è chiaramente Cho Chang.






Questa storia ha partecipato al 'Quote Contest', indetto dalle Bloody_Sisters e da Slytherin_Queen, e si è classificata PRIMA. :)



Questi sono i Giudizi delle Giudicesse.

Slytherin_Queen:
Grammatica e sintassi: 10/10
Stile: 15/15
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Attinenza alla traccia e sviluppo: 10/10
Gradimento personale: 19/20

TOTALE: 79/80

Allora... non ho riscontrato errori grammaticali, ed hai preso il punteggio massimo in quasi tutto il resto dei parametri. Lo stile è scorrevole e la Fanfiction è piacevole da leggere. È molto originale: il lettore, o almeno questo è il mio parere, fin dai primi pensieri di Draco si potrebbe immaginare che alla fine i due si mettono insieme, e lui lascia le sue idee da Mangiamorte per salvare Hogwarts, mentre invece lui continua per la sua strada. In pratica lei gli insegna ad apprezzare maggiormente le cose, nulla di più e nulla di meno. Mi piace la figura di Draco: mi piace come hai descritto i suoi pensieri, e soprattutto il suo voler essere nessuno. La storia si concentra fin dall’inizio sulla citazione, o almeno questo è quello che ho percepito io.



Bloody_Sisters:
Grammatica e sintassi: 9.5/10

Stile: 14/15
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Attinenza alla traccia e sviluppo: 10/10
Gradimento personale: 18/20

Totale: 77.5/80

Draco e Luna? Non avrei mai pensato di poter leggere una Fan Fiction su di loro eppure... questa mi è piaciuta veramente tantissimo. Scritta bene, in modo fantastico e chiaro.
Hai caratterizzato Draco in modo perfetto e trovo che la citazione detta da Luna stia benissimo, è proprio una frase che potrebbe dire lei. Che dire, quindi? Complimentissimi...





Per un totale di 156.50/160 punti :D
  
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