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Autore: Luine    19/12/2010    4 recensioni
Puoi rincorrere una farfalla per tutto il prato e non prenderla mai.
Ma se ti siedi tranquillo sull’erba verrà a posarsi sulla tua spalla.

Scritta per il Xmas Tree Party di Fanworld.it
Vincitrice del premio Best Fluff nel Ventesimo Turno del Never Ending Story Awards
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Xmas Tree Party'
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Puoi rincorrere una farfalla per tutto il prato e non prenderla mai.
Ma se ti siedi tranquillo sull’erba verrà a posarsi sulla tua spalla.

Hermione guardava la piccola Rose che rincorreva le farfalle, aiutata da Albus Severus. Ginny, invece, aiutava lei a preparare la tavola alla maniera Babbana, alla faccia della magia, una battuta che, stranamente, le aveva fatte ridere a crepapelle. Ron e Harry, invece, cercavano di mantenere, bacchette alla mano, la tenda sotto cui si trovavano le loro mogli, attenti che non cadesse loro addosso. Presto tutta la famiglia si sarebbe riunita per il consueto pranzo domenicale e quella era la prima vera giornata primaverile che vedevano, dopo un lungo inverno piuttosto rigido: soleggiata e fresca, li aveva spinti a decidere di pranzare in giardino, e i piccoli si erano sentiti autorizzati a rincorrere le farfalle che svolazzavano qua e là per il giardino di casa Weasley.
«Rose!» la richiamò Hermione, quando ormai era arrivata al limitare della recinzione. «Non ti allontanare.»
«Dai, Hermione, non preoccuparti.» le chiese Ginny. «Non può succederle niente di male. Sono tutti campi, qui intorno.»
Hermione si morse il labbro inferiore. Sì, era vero, ma non poteva evitare di preoccuparsi: ogni volta che andava a dormire si chiedeva se la giornata che sarebbe cominciata sarebbe stata bella come quella che era finita, se ci sarebbero stati altri maghi oscuri pronti a sopraffare i figli di Babbani, se fosse stata costretta a prendere una bacchetta e combattere di nuovo. Adesso che aveva dei figli le pareva di rivivere la stessa paura dei giorni di Voldemort in tutti i momenti, anche se sapeva che era sciocco. Si chiedeva, anzi, come Ginny non la sentisse. Lei aveva paura che, da un momento all'altro, quella pace idilliaca finisse e che i suoi figli fossero costretti a vivere nel terrore in cui avevano vissuto lei e i suoi amici.
Guardò il piccolo Hugo che, dentro il seggiolone accanto alla piccola Lily, batteva un grosso cucchiaio di legno e canticchiava allegro. Sospirò e scosse appena la testa. Forse aveva ragione Ginny, doveva solo rilassarsi un po' e pensare che tutto era finito. Erano passati tanti anni, dalla sconfitta di Voldemort, e non era successo niente che meritasse più attenzione di uno Schiopodo Sparacoda a dieci miglia di distanza.
Ma le parole di Moody, sebbene così lontane e sbiadite, non l'avevano abbandonata neanche per un istante. Finì di sistemare le posate per il posto di Arthur e, strettasi nella giacca di maglia, si allontanò dal gazebo, ormai in piedi e in attesa che arrivassero tutti gli invitati. Ron si era gettato a sedere e aveva cominciato a fare le boccacce a Hugo e Lily per farli ridere, ottenendo solo di farsi dare una cucchiaiata sul naso dal figlio minore.
Fu forse per questo che si allontanò, massaggiandosi il naso, e raggiunse la moglie che continuava a tenere lo sguardo fisso sulla figlia e sul nipotino acquisito, i quali si erano avvicinati ancora di più alla bassa recinzione della Tana.
«He-Hermione?» la chiamò, titubante. Anche dopo tanti anni che vivevano insieme, non sapeva mai come avrebbe reagito, se gli avrebbe inveito contro o se sarebbe scoppiata a piangere sul suo petto. Per lui, sua moglie era un vero e proprio mistero. Hermione si ritrovò a sorridere addolcita dall'ingenuità di Ron che ancora doveva crescere, a modo suo. Era bello che avesse conservato la sua purezza e che fosse, almeno lui, riuscisse a vedere il bello di quei giorni.
«Secondo te, sono troppo apprensiva?» chiese, seguendo Rose che seguiva la farfalla dalle ali bianchissime senza curarsi di niente, lo sguardo puntato verso l'alto, del tutto disattenta a quello che poteva avere tra i piedi.
Ron si grattò la nuca. «No. Cioè, ogni tanto.» fece una smorfia. «Ogni tanto sei asfissiante.»
Hermione annuì: il tatto di suo marito era davvero disarmante. «Grazie, Ron.» rispose, sarcastica.
«No, no, voglio dire, Hermione, per la miseria, fammi finire: voglio dire che i ragazzini dovrebbero fare i loro errori, ogni tanto, e non dovrebbero avere sempre il fiato dei genitori sul collo, capisci? Se gli stiamo troppo addosso, poi quando saranno più grandi cominceranno a ribellarsi.»
«Gli adolescenti lo fanno.» gli fece notare lei.
«Sì, ma c'è chi lo fa di più e chi lo fa di meno...» Ron si grattò di nuovo la nuca, mostrandosi indeciso per colpa dell'espressione scettica di Hermione. «Credo, almeno. Mamma, per esempio, è sempre stata troppo apprensiva. Forse è per questo che Fred e George...» si fermò per un attimo, scosse anche lui la testa e tornò anche lui a guardare sua figlia. «Sì, insomma, tutti noi abbiamo sempre fatto molto di testa nostra.»
«Anche tu, Ron.»
«Anche io cosa?»
«Anche tu hai fatto spesso di testa tua.»
«Sì, ma... è stato per salvare il mondo magico. Certo, non ho fatto granché, però...»
Hermione abbassò lo sguardo. E sorrise. «Non è vero. Hai fatto tanto.»
Calò il silenzio tra loro, ma non pesò a nessuno dei due. A volte, senza parlare, si riuscivano a dire molte più cose che a parole e Ron, in fin dei conti, era molto più bravo nei silenzi, che non con le parole, con le quali riusciva spesso a rovinare tutto, proprio come quando erano stati ragazzi. Erano davvero poche le volte in cui si poteva dire che non fosse riuscito a farla arrabbiare. Come nella battaglia di Hogwarts, quando si erano dati il loro primo bacio.
Quel pensiero la fece sentire stranamente meglio e gli prese la mano nella sua. Lo guardò, sorridendo, anche se lui aveva l'aria più buffa e confusa che gli avesse mai visto fare.
«Ma che hai, Hermione?»
«Sto bene, Ron.»
Lui parve dubbioso. «Sicura?»
Lei annuì. Fu allora che una farfalla volò sopra le loro teste e le si posò su una spalla. Lui corrugò la fronte, fissando le sue ali multicolore, il suo cervello stava lavorando alacremente; le lasciò andare la mano e alzò un dito per chiederle un minuto. In fin dei conti, non doveva chiederlo a lei, ma alla farfalla.
«Non muoverti.» le chiese lui, trafelato. Guardò Albus e Rose che saltavano per prendere quelle farfalle che volteggiavano sopra le loro teste, beffarde e libere, mentre Hermione posò lo sguardo su quella che aveva sulla spalla e che sembrava non volersi muovere da lì. Capì cosa voleva fare Ron quando si mise a correre verso i bambini.
«Venite!» esclamò, a voce molto alta, allegro come un bambino. «Venite a vedere! Rose, guarda cos'ha la mamma sulla spalla. Al, vieni anche tu, presto!»
Li prese entrambi per mano e guardò Hermione, speranzoso. La farfalla era ancora lì e lei aveva paura di fare il più piccolo movimento, spaventata dall'idea di spaventarla – che buffo gioco di parole! – e di far perdere ai bambini il loro attimo di gloria.
Si avvicinarono tutti e due. Ron posò la mano sulla spalla di Hermione, catturò la farfalla tra le sue mani, creando una coppa intorno ad essa, per evitare di ferirla; le sue ali gli sbattevano contro i palmi, ma prima di liberarla, si accovacciò e consentì ai due cuginetti di osservarla. Sgranarono gli occhi, pieni di meraviglia e le loro bocche formarono una o perfetta.
Hermione guardò Ron e sorrise. Se mai aveva dubitato che potesse essere un buon padre, era in momenti come quelli che si ricredeva totalmente.
«Volete che la liberi?»
I bambini acconsentirono, muovendo solo la testa, un movimento solenne che consentì a Ron di aprire le mani. La farfalla volò in alto, nel cielo terso e tutti e quattro rimasero con i nasi puntati all'insù, finché quella non scomparve, poi Hermione prese Ron per mano e gli scoccò un sonoro bacio sulla guancia.
Ron non capì il motivo di quel bacio. Ma, in fondo, non aveva importanza.



  
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