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Autore: ChocolateClaire    06/12/2005    9 recensioni
[...]Ricordo il giorno in cui sei venuta al mondo,Narcissa,io ero ancora piccola. Quel giorno l’intera casata era silenziosa,tutti erano in attesa della tua nascita. Nostro padre mi aveva costretto a stare ferma e buona su una sedia,durante il parto della mamma,e nessuno sembrava accorgersi della mia presenza,i Black erano troppo eccitati per badare ad una bambina di sei anni. Andromeda,invece,sembrava non essersi accorta di niente[...]
I ricordi di una donna che ha sacrificato tutto per il suo padrone,i ricordi belli e dolorosi della sua infanzia,quando loro erano solo Bellatrix,Andromeda e Narcissa.(In questa fanfiction Bellatrix si rivolge alla sorella minore Narcissa NdA).
Genere: Malinconico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Black, Bellatrix Lestrange, Narcissa Malfoy, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Black sisters: Bellatrix and Narcissa

Black sisters: Bellatrix and Narcissa

 

 

Ricordo  il  giorno in cui sei venuta al mondo,Narcissa:io ero ancora piccola.

Quel giorno l’intera casata era silenziosa, tutti erano in attesa della tua nascita.

Nostro padre mi aveva costretto a stare ferma e buona su una sedia, durante il parto della mamma, e nessuno sembrava accorgersi della mia presenza; i Black erano troppo eccitati per badare ad una bambina di sei anni.

Andromeda, invece, sembrava non essersi accorta di niente, era troppo piccola per capire che da lì a poco tutto sarebbe cambiato, lei non sarebbe più stata considerata la piccola di casa, non avrebbe più ricevuto le attenzioni a cui era abituata.

Io invece lo sapevo,perché la stessa cosa era successa a me dopo la sua nascita.

Questa volta però non me ne importava, che differenza c’era ad avere una o due sorelle minori? Nessuna credevo.

Osservai nostra sorella mentre colorava sconnessamente un pezzo di pergamena, ignara della situazione, distesa a pancia in giù sul tappeto,proprio davanti a me.

Mi venne improvvisamente voglia di farle un dispetto.

Mi avvicinai e le strappai con forza la pergamena dalle mani, poi mi misi a correre con lei che mi veniva dietro.

Mentre correvo per i corridoi della nostra vecchia casa mi fermai improvvisamente. Senza accorgermene ero arrivata di fronte alla stanza da letto della mamma.

Davanti alla porta aspettavano più di una decina di maghi e streghe dagli abiti austeri e scuri, dello stesso tipo che indossavano tutti i membri della  famiglia Black. Avevano l’aria di chi aspettava da molto tempo.

Mi nascosi per non farmi vedere, avrei voluto restare ancora lì, ma sentii dei piccoli passi avvicinarsi, accompagnati da un piagnucolio.

Era Andromeda che piangeva per il ‘disegno’, se così si poteva definire.

Mi resi conto che lei mi avrebbe fatto scoprire, allora sì che sarebbero stati guai per me.

Avevo l’ordine di starmene da sola e non provocare fastidi girando per casa ,se avesse scoperto che avevo disobbedito, papà si sarebbe infuriato. Probabilmente mi avrebbe picchiata.

Uscii allo scoperto e mi diressi verso un altro corridoio, senza farmi notare.

Purtroppo per me i nostri genitori lo vennero a sapere lo stesso, Andromeda fece la spia.

 

Quel parto fu per nostra madre il più lungo e travagliato, come seppi anni dopo; sembrava che tu non volessi farti dare il benvenuto dal mondo, chissà, forse perché sapevi che la nostra vita sarebbe stata a tratti così sofferta…

Il giorno dopo la tua nascita mi concessero di vederti, da sola perché Andromeda aveva già fatto la tua conoscenza, cosa che io non avevo potuto fare perché ero stata ‘cattiva’ .

La prima cosa che notai entrata nella grande stanza da letto di nostra madre fu il suo viso pallido ma sempre contenuto. Non dava mai a vedere la sofferenza che provava agli altri.

Era sdraiata sul letto a baldacchino, con una camicia da notte candida che le copriva l’esile corpo e i capelli neri chiusi accuratamente da una crocchia. Mi sentivo il suo sguardo fiero addosso.

Anche nostro padre mi fissava, ma con espressione adirata, non mi aveva ancora perdonato per la disubbidienza del giorno prima.

Salii cautamente sul letto e per la prima volta ti vidi, tra le braccia della mamma.

- Questa è tua sorella Narcissa, Bellatrix - disse piano nostra madre.

A prima vista mi sembrasti un piccolo mostriciattolo con gli occhi troppo grossi e con ciuffi radi di capelli biondi sulla nuca. Senza sognarmi minimamente di dire ciò che mi passava per la testa, mi limitai solo a ripetere a bassa voce: - Narcissa. -

 

Continuammo a ricevere visite da parenti per alcuni giorni.

La zia e lo zio venivano più spesso degli altri a trovarci,portandosi dietro quel bambino dai capelli corvini che era nato pochi mesi prima di te, Sirius Black.

Non sopportavo di avere tanti bambini per casa, i loro pianti mi rendevano ancora più cattiva e dispettosa. Allora non mi rendevo conto che anche io ero una bambina, pensavo di essere già grande, al di sopra di tutti voi.

 

 

Si sente solo il rumore provocato delle posate che sbattono contro i piatti finemente decorati.

Nessuno che si azzarda a dire una parola, nessuno che si azzarda ad alzare lo sguardo.

Dopo la mia evasione da Azkaban le cene si sono svolte nello stesso identico modo a casa di Lucius Malfoy.

Da pochi giorni c’è anche mio nipote Draco, assomiglia ad entrambi i genitori in maniera impressionante. Al suo ritorno da Hogwarts per le vacanze estive sono rimasta alcuni attimi a fissarlo, incredula; erano passati quindici lunghi anni dall’ultima volta che l’avevo visto.

Anche lui mangia in silenzio, sono sicura che mi crede pazza, tutti lo pensano, anche mia sorella.

Finalmente sento il tuo sguardo, Narcissa, su di me, subito distolto nel momento stesso in cui mi giro nella tua direzione.

Torni a mangiare come se nulla fosse, facendo ogni movimento in maniera impeccabile, degno della nostra famiglia di purosangue.

- Mangi il pesce, Cissy? -chiedo imitando una voce infantile e beffarda, indicando con gli occhi la pietanza che stai assaporando, voglio metterti in difficoltà.

 

 

Quando eri piccola detestavi il pesce, non riuscivi a sopportare il suo sapore forte in bocca.

Una volta alla settimana l’elfo domestico portava in tavola la tanto odiata pietanza, e tu, puntualmente, protestavi e non volevi saperne di mangiarla.

Nostro padre ti costringeva a finire tutto, a costo di rimanere tutta la notte davanti al tavolo.

Una volta però scoppiasti in lacrime, cosa che capitava raramente, e con un gesto buttasti il piatto per terra.

Il rumore della ceramica che si infrangeva fece eco per qualche secondo nella sala da pranzo, dopodichè ricevesti uno schiaffo in piena faccia. Fu la prima e l’ultima volta che nostro padre alzò le mani su di te. Tu d’altronde eri la sua preferita.

Le espressioni mie e di Andromeda non potevano essere più diverse in quel momento.

Lei ti guardava in pena, ma aveva troppa paura per dire qualcosa, le dispiaceva davvero.

Sulla mia faccia comparve invece un ghigno divertito, che si attenuò leggermente quando mi accorsi che mi osservavi con i tuoi enormi occhi pieni di lacrime.

 

 

 

Posi immediatamente il coltello e la forchetta sul tavolo,probabilmente hai capito, ti sei ricordata di quell’ episodio.

Hai la solita espressione seria mentre ti alzi, ma improvvisamente mi lanci uno sguardo di fuoco come per intimarmi di non aggiungere una sola parola.

Quasi quasi mi viene voglia di continuare, con la solita vocetta infantile che uso quando voglio dare sui nervi alle persone, ma stranamente obbedisco e ti scocco un ghigno, molto simile a quello fatto molti anni prima.

- Vado a vedere cosa sta combinando quell’elfo buono a nulla nella sala. -

Dici riprendendo la calma e girandoti in direzione della porta.

La guardo con aria interrogativa.

- Stasera ci sarà la riunione dei Mangiamorte - dice Draco, dopo aver capito che non ne so niente. - Pensavo che la mamma te ne avesse parlato. -

-Devo essermene dimenticata - dici semplicemente tu, mentre lanci in direzione di tuo figlio un’occhiata furiosa e nervosa allo stesso tempo.

Finalmente ricordo, il Signore Oscuro mi aveva accennato qualcosa in precedenza.

- Certo, ora ricordo, la riunione per i nuovi Mangiamorte - dico con leggerezza.

Questa volta tocca a me di ricevere la tua occhiataccia, sorellina.

- Si zia. - Ogni volta mi sorprendo sentendo la voce di Draco, forse perché sono poche le volte in cui si rivolge a me, o forse perché è identica a quella di Lucius.

Mi sento strana ad essere chiamata zia, non mi sono ancora abituata all’idea. Infondo io non so nulla di mio nipote, credo che non mi sarei interessata a lui neanche se per questi quindici anni non fossi stata rinchiusa ad Azkaban.

 

Esci dalla stanza. Senza un motivo preciso mi alzo e ti seguo.

- Dove corri, Cissy? - le urlo dietro usando la voce infantile.

- Te l’ho detto. Vado dall’elfo domestico. - Hai un tono seccato.

- Hai paura che non sia tutto perfetto per il tuo adorato figlioletto? - Ho una voglia matta di farti innervosire.

- Finiscila Bella. - Ci sto riuscendo, ti stai arrabbiando, tenti di zittirmi, ma sai bene che nessuno ci riesce.

- O forse hai paura che non sia all’altezza dell’Oscuro Signore? -

Ti fermi; ho fatto centro.

- Cosa ti fa pensare che io abbia paura? - mi chiedi secca. Sento che in questo momento mi stai detestando.

- Ti conosco bene - dico riprendendo il tono di voce normale. - Più di quanto tu credi. -

- Oh, ti prego, non fare la parte della sorella maggiore preoccupata. Cosa stai cercando di dirmi, che mi vuoi bene, forse? – chiede con una punta di sarcasmo.

Non rispondo, so che anche se avessi intenzione di farlo non saprei bene cosa dire.

Cerco di avvicinarmi, non so bene perché, ma mi è impossibile perché con passi svelti hai già superato il portone della sala.

Rimango nella semioscurità del corridoio, illuminato solo dalla luce proveniente dal salotto.

- Cosa stai facendo essere inutile?! Devo dedurre che non hai capito nulla di ciò che ti ho ordinato?!... -urli contro l’elfo domestico. Probabilmente stai sfogando la rabbia che provi verso di me contro di lui; di solito di limiti a osservare questi esseri con distaccato disgusto ogni volta che fanno qualcosa che non ti va a genio. Ricordo che da piccola non mancava occasione in cui trattavi coloro che ritenevi inferiori dall’alto in basso.

 

Noto che da quando sono ripiombata nella tua vita, non mi hai mai sfiorato neanche con un dito, naturalmente non mi aspettavo di ricevere abbracci, però… niente.

Questo mi fa sentire strana, una sensazione che non riesco bene a capire… che io sia dispiaciuta? Non ci credo, non ho mai avuto grandi rapporti con le mie sorelle.

 

Sono davanti alla camera che mi hanno dato i Malfoy. I pensieri nella mia testa sono tanti che neanche mi sono accorta di aver percorso tre corridoi.

Entro.

Mi dirigo stancamente davanti allo specchio, uno specchio di dimensioni esagerate che era appartenuto a mia madre,poi dato in eredità a Narcissa.

Sono così diversa… la prigionia mi ha sottratto quasi tutta la bellezza, per me motivo di vanto e orgoglio.

 

 

Mi trascino fino al letto a baldacchino, mi ricorda quello della mia vecchia camera, quando ancora vivevo con le mie sorelle.

Da qualche giorno una cornice d’argento lavorato padroneggia sul mio comodino.

Deve averla messa qualche membro della servitù, o Narcissa, che non sopporta di vedere i mobili spogli, soprattutto in casa sua.

Improvvisamente decido di prenderla, e mi metto a osservare la foto al suo interno, da vicino.

È in bianco e nero.

Vedo la famiglia Black farmi brevi cenni di saluto.

La foto deve essere stata scattata parecchi anni fa, infatti mia madre, mio padre, la zia e lo zio sono più giovani, io dimostro dieci anni, Narcissa e Regulus sono ancora più piccoli.

Ricordo però che in passato c’erano anche Andromeda e Sirius, probabilmente dopo la loro fuga da casa scomparvero anche dalle foto.

 

 

Mi sembra  ieri il giorno in cui ti osservavo nella culla sulle punte dei piedi, a volte mi divertivo a provocare i tuoi pianti, per poi nascondermi quando irrompeva nella tua stanza nostra madre, chiedendosi come mai ti eri svegliata.

Non mi aveva mai scoperta.

 

Il tempo sembra essere passato in fretta, troppo in fretta.

Il giorno del tuo quarto compleanno la mamma e la zia ebbero la brillante idea di scattare una foto di famiglia .

Mi stavo preparando in camera mia, quando vidi che mi osservavi dallo spiraglio della porta.

- Che cosa vuoi? - ti domandai seccata. Non sopportavo di essere osservata senza il mio permesso. – Vattene. -

Subito ti vidi andartene e quando aprii la porta tu era già scomparsa… sapevo che eri andata da Andromeda.

Avevo ed ho ancora l’assoluta certezza che tu preferissi Andromeda a me ,forse anche dopo che fuggì disonorando la nostra famiglia.

- Scendete! -ordinò nostra  madre dalla rampa delle scale. - Il fotografo è arrivato. -

Scesi di corsa le scale fino a raggiungere il cortile, fuori si gelava; durante la notte aveva nevicato e ogni cosa era stata  ricoperta da un pesante strato bianco.

Regulus e Sirius erano già scesi da tempo, quest’ultimo aveva un’espressione imbronciata e lanciava occhiatacce torve al fratello minore.

Mi avvicinai a lui senza farmi notare e lo spintonai, facendolo cadere sulla distesa bianca.

Da terra mi guardò come se volesse uccidermi: strana espressione da vedere sulla faccia di un bambino di appena  quatto anni.

Gli mostrai uno dei ghigni migliori del mio repertorio e gli feci la  linguaccia, questo sempre mentre mia madre non mi vedeva.

Si rialzò a fatica, lottando contro l’ingombrante giacca che lo proteggeva dal freddo. Con piacere notai che la neve gli aveva bagnato la parte dei pantaloni inferiore al ginocchio.

Feci per buttarlo giù di nuovo ma fui interrotta da Andromeda, che era  spuntata all’improvviso.

- Che stai facendo Bella? -chiese con una punta di severità nella voce e con un tono abbastanza alto da far girare verso di me i nostri genitori e gli zii.

- Smettila di infastidire tua cugina, Sirius! -disse la zia con voce seccata. Non aveva capito nulla di ciò che stava succedendo e aveva dato la colpa al figlio.

Dopodichè gli adulti tornarono a ignorarci bellamente e a occuparsi di dare istruzioni al fotografo.

Questa volta nessuno si mise a difendere Sirius, neanche Andromeda, a cui avevo lanciato uno sguardo minaccioso: se mi avesse messo nei guai più tardi avremmo fatto i conti.

Nonostante le minacce mi si avvicinò e mi sussurrò in un orecchio, in modo che nessun altro sentisse - Ma non ti vergogni a dar fastidio ad un bambino di quattro anni?! -

Sapevo che non ce l’aveva con me solo per Sirius, ma anche per come mi ero rivolta a te  il giorno del tuo  compleanno. Sicuramente quando ti avevo cacciato dalla mia stanza eri andata a raccontare tutto alla ‘sorella buona ’ .

Devo ammettere che mi diede fastidio la frase pronunciatami all’orecchio da Andromeda,di solito me ne uscivo con un’alzata di spalle, ma questa volta no . Forse non riuscivo a sopportare il fatto che una bambina più piccola di me si comportasse in ogni situazione in maniera matura, con un tale senso della giustizia.

Dopo quello che mi disse capii che importunare ancora Sirius non mi avrebbe fatto più divertire.

 

Ti osservai per un attimo, la mamma ti aveva fatto indossare il più bel vestito che avevi, anche se nella foto sarebbe stato coperto dal cappotto. Sembravi una bambola dai vaporosi capelli biondi accuratamente arricciati e dalle guance arrossate dal freddo.

- Venite qui -ci richiamò lo zio facendo un’ ampio gesto con la mano. Tu ti avvicinasti facendo attenzione a non bagnare le scarpe di vernice nera.

Mi avvicinai anche io,posizionandomi il più lontano possibile da Andromeda, vicino alla zia e a Regulus, che gli dava la mano.

- Al mio tre - disse il fotografo, scomparendo dietro la macchina fotografica. Mi sforzai di sorridere, o almeno di mostrare un’espressione lontanamente felice: sapevo che quella sarebbe stata una giornata da dimenticare.

- Uno, due… -

 

 

Poso la cornice sul comodino, non capisco come mai improvvisamente mi tornano alla mente vecchi ricordi.

 

Mi alzo dal letto e mi dirigo di nuovo verso la sala,a quest’ora dovrebbe essere arrivato già qualche Mangiamorte.

Sento un leggiero vociare proveniente dal salotto. Avevo ragione, è già ora.

Faccio il mio ingresso. Tutti i Mangiamorte posano lo sguardo su di me per un ’attimo, poi tornano a partecipare ad accese discussioni.

Ovviamente l’Oscuro Signore non c’è, questa è solo una piccola riunione indetta per discutere della situazione, ormai è da più di due settimane che alcuni dei nostri uomini sono stati gettati ad Azkaban, tra cui Lucius e Rodolphus .

Mi sembra strano che Narcissa abbia ospitato conosciuti Mangiamorte nella sua casa per la riunione; il Ministero la sospetta.

Vedo Draco, in silenzio, ad ascoltare discorsi di uomini che come me hanno dato tutto per Colui Che Non Deve Essere Nominato.

Dopo aver inquadrato uno ad uno tutti gli ospiti riesco finalmente a vederti, stai parlando con la moglie di Rabastan mentre sorseggi una bibita, sicuramente alcolica.

A passi svelti attraverso tutta la stanza e ti raggiungo alle spalle. Ti poso una mano sulla spalla come per chiamarti.

Il bicchiere di cristallo che avevi in mano cade improvvisamente, il frastuono fa ammutolire tutti i presenti,che ti guardano stupiti.

Ti volti verso di me, mi guardi con una strana espressione, che non riesco a decifrare. Non capisco come mai una reazione del genere, ti ho colta alla sprovvista o è per il fatto che io ti abbia toccata?

- Narcissa, dovresti fare più attenzione - tento di dire con una voce leziosa, che esce non molto convinta.

Sembri sconvolta mentre mi lanci la seconda occhiata di fuoco della giornata. - Chiamo qualcuno che venga a pulire… - dici infine rompendo il silenzio.

Lasci immediatamente la sala, ma io so benissimo che non stai andando ad avvisare l’elfo domestico.

 

Finalmente ti fermi quando scopri che ti sto seguendo. - Che diavolo vuoi ancora? -

- Le cucine sono dall’altra parte, Cissy. -

Ti sento sospirare lentamente. - Ho voglia di prendere una boccata d’aria. -

 

 

La nostra famiglia conosceva i Lestrange ancora prima che io nascessi, e già da allora aveva deciso che io e Rodolphus ci saremmo dovuti  unire in matrimonio.

Quando venni a saperlo accettai la cosa di buon grado, conoscendolo bene come membro dei Serpeverde.

Non lo amavo, certo, ma neanche lo odiavo, la pensavamo allo stesso modo su molte cose.

Non ho mai creduto nell’amore, soprattutto allora credevo che la cosa più importante fosse la passione.

Andromeda invece non voleva saperne di matrimoni combinati. Ogni volta che il discorso cadeva sul suo matrimonio con il fratello minore di Rodolphus, la sentivo singhiozzare dalla mia camera.

 

Un giorno scesi nelle cucine, era un’ afosa notte estiva, e non riuscivo a prendere sonno.

L’ultima persona che mi aspettavo di trovare era Andromeda, in pigiama e ciabatte, che sorseggiava lenta  un bicchiere d’acqua cristallina.

- Anche tu non riesci a dormire? - mi chiese appena mi vide comparire sulla porta.

Risposi con un mugolio, presi la bottiglia e mi versai anche io dell’acqua in un bicchiere.

Mi misi a bere avida, intanto la osservavo. Aveva gli occhi rossi, probabilmente aveva passato un’altra notte a piangere.

Un leggero sorriso comparve sul mio volto.

Nonostante il passare degli anni, ogni occasione era buona per metterla in disagio,  innervosirla, come facevo quando eravamo piccole.

- Dovresti smetterla di piangere, sai? Con quegli occhi da rana potresti non piacere più al tuo futuro maritino - dissi tutto con estrema lentezza, per gustarmi l’espressione della sua faccia ad ogni singola parola.

In cucina regnò il silenzio assoluto per alcuni secondi, ci osservammo a vicenda, lei sembrava ferita, io trionfante.

- Oh, andiamo, non ti sarai offesa per così poco? - aggiunsi poco dopo, sardonica.

Passarono altri secondi prima che mi rispondesse. - Non cambierai mai, Bella - disse finalmente, riprendendosi e mostrandomi un sorriso malinconico. - Come quando da piccola di divertivi a fare i dispetti a me e a Narcissa. -

- Almeno fino a quando tu andavi lacrimante a fare la spia. - Non capivo, aveva sempre reagito in qualche modo alle mie provocazioni.

- Non sono mai stata come te, non riesco  a contenere le mie emozioni - continuò. Mi diede la netta impressione che più che con me stesse parlando a se stessa, - né  a sposare un ’uomo che non amo. -

Posò il bicchiere nel lavandino e si diresse verso la porta.

- Buonanotte Bella. -

Uscì.

- Buonanotte… -sussurrai.

 

 

Il fatto successe qualche mese dopo.

Ricordo che nostra madre lanciò un urlo che si sentì per tutta la casa. Mi affacciai alla porta del bagno e notai che la famiglia al completo percorreva le scalinate di marmo, chiedendosi da che camera provenisse l’urlo.

Quando aprii la porta della camera di Andromeda vidi nostra madre seduta sul letto, singhiozzante. Dalla sua bocca uscivano parole incomprensibili. Papà le teneva la mano.

Mi girai verso di te, in cerca di spiegazioni, ma tu fissavi con occhi vitrei le stringhe delle tue scarpe.

Poi vidi improvvisamente un pezzo di pergamena spiegazzato, senza pensarci lo afferrai.

Era la calligrafia di Andromeda.

Quando arrivai all’ultima riga ero furiosa. Come aveva potuto, Andromeda, voltare le spalle alla sua famiglia? Come aveva potuto innamorarsi e scappare con uno sporco babbano?

- Mi vergogno di avere il suo stesso sangue. - Le parole mi uscirono dalla bocca senza che io riuscissi a controllarle, dopodichè nostra madre si mise a si singhiozzare più forte.

Nostro padre lasciò la mano della mamma, si alzò e mi si parò davanti, per un istante pensai che volesse schiaffeggiarmi, ma non mi colpì, non ne avrebbe avuto la forza.

- Andate in camera vostra - disse con voce stanca ma ferma. - Devo sbrigare alcune pratiche. -

Sapevo che di lì a poco avrebbe mandato un gufo per diseredarla.

Ti portai in camera mia, credo che avessi avuto una mezza idea di consolarti, per la prima volta da quando eri nata.

Mentre cercavo le parole giuste da dirti, delle lacrime silenziose  solcarono le tue guance.

- No, Cissy, non se lo merita, non devi piangere per una traditrice - cominciai, incerta, non sapendo bene come continuare. Le mie parole non ebbero l’effetto sperato.

- Resta sempre nostra sorella ,Bella. - Furono le uniche parole che uscirono dalla tua bocca quel giorno.

 

 

Nonostante sia giugno, in cortile tira un venticello fresco, che ci costringe a coprirci le spalle con le mani.

Sei seduta su un vecchio dondolo, io ti sto di fronte, in piedi.

Sei silenziosa, sembri disposta a guardare in qualsiasi direzione tranne che verso di me.

Il vento mi scompiglia i capelli di pece.

- Che ti succede, Cissy? - chiedo mentre mi siedo accanto a te.

- Non so di che stai parlando - rispondi guardando dritto davanti a te.

- Ti comporti in maniera fredda e distaccata da quando dono evasa. -

- Non siamo mai state molto affettuose tra noi,questo lo sai. -

- È diverso. Cerchi in tutti i modi di evitarmi. -

- Non dire sciocchezze… -

Non sei mai stata capace di mentirmi.

Alzo la faccia al cielo: è una notte buia, non si vede neanche una stella.

- Ti ricordi, Cissy, che nella nostra vecchia casa c’era un dondolo simile a questo. Io, te e Andromeda litigavamo sempre per decidere chi dovesse spingere le altre due… Tu dicevi sempre che toccava alla più grande, e Andromeda ti dava manforte - dico con voce roca, guardandoti in faccia.

Per la prima volta da tanto tempo mi sorridi, malinconica.

- Adoravo quel dondolo. -

- Lo so. -

Quando sei comparsa in casa mia ho visto che eri così cambiata, Bella… in questi ultimi quindici anni siamo cambiati tutti, e questo mi spaventa. -

- Prima avevo ragione, vero? Hai paura per Draco. -

Mi fissi a lungo negli occhi, poi sconfitta annuisci - Tu-sai-chi  ha intenzione di punirlo per lo sbaglio di Lucius. -

- Troveremo il modo per proteggerlo - ti dico dolcemente, con voce rassicurante, una voce che uso molto raramente.

 

 

- È un bambino bellissimo, Narcissa cara. -

Aveva parlato una donna dai capelli brunastri, che si complimentava con te dopo la nascita di Draco. In quel momento la donna mi dava le spalle, non ricordavo chi fosse, probabilmente era una lontana cugina che avevamo conosciuto durante l’infanzia.

Lanciai un’occhiata al corridoio: maghi e streghe erano in ’attesa di farti gli auguri per la nascita del tuo primogenito, tutto ciò mi ricordava il giorni in cui eri nata tu, Narcissa. Quella volta, però, non fui costretta da un padre severo ad aspettare in silenzio, lontana da tutto e tutti.

 

Mi faceva male la schiena, avevo passato tutta la notte sulle scomode poltrone del S. Mungo, in compagnia di mio marito.

Lasciai perdere la piccola folla che aspettava fuori dalla tua camera e mi concentrai su di te.

Eri piuttosto pallida, tuttavia sorridevi compiaciuta ad ogni complimento che riceveva il bambino che tenevi tra le braccia.

Quando la donna uscì mi sedetti sul letto dove eri sdraiata.

- La piccola Narcissa è diventata madre - dissi imitando la voce di una bambina.

- Forse sarebbe il caso che anche la più grande metta al mondo degli eredi - dicesti senza scomporti, poi ti lasciasti andare in un sorriso.

- Degli eredi… Non credo di essere la persona adatta per prendere queste responsabilità - dissi ghignando.

- Perché no? -

- Oh, andiamo Cissy… sai bene anche tu che quella dispettosa di Bellatrix non è molto adatta a fare la mamma - dissi incredula alla domanda di mia sorella. - Sembri nostra madre -conclusi, sempre ghignando.

Accarezzai con un dito la guancia del neonato, che dormiva profondamente.

- Allora, avete deciso che nome dargli? - chiesi per cambiare discorso.

- Draco. -

- Draco? Draco Malfoy? Che razza di nome è Draco Malfoy? - dissi, scoppiando in una sonora risata.

- Non è gentile da parte tua, Bella - dicesti mettendo su una sorta di broncio. - Adesso smettila di ridere! -

 

 

La riunione si è appena conclusa.

Sono l’unica a pensare che sia stata completamente inutile? O lo pensi anche tu, Narcissa?

Si, sicuramente lo pensi, e sei preoccupata, più di quanto dai a vedere.

So anche che ti sarebbe piaciuto restare tutta la notte sul dondolo, in giardino, piuttosto che ascoltare discorsi che di certo non grazieranno tuo figlio dall’Oscuro Signore.

Draco oggi è diventato ufficialmente un mangiamorte, Colui Che Non Deve Essere Nominato lo ha scelto.

 

- Buonanotte madre - ti dice tuo figlio, con la solita voce strascicata piena di rispetto.                                - Buonanotte zia. -

Rispondiamo entrambe annuendo e lo vediamo sparire oltre la scalinata vicina all’ingresso.

 

Sono stanca, è stata una giornata faticosa, tormentata da ricordi dolorosi che pensavo non facessero più parte di me.

Mi ostino a voler ricordare Andromeda come una traditrice del suo sangue. Ogni volta che mi torna alla mente il suo volto provo disgusto. Oggi però avrei voluto tornare indietro nel tempo, a quei giorni in cui la vita era così semplice e provavo affetto o rabbia anche per lei. Quei giorni in cui  i membri della mia famiglia non erano separati da barricate invisibili.

Vorrei che fosse tutto come allora.

 

Faccio per andarmene.

- Aspetta - mi dici mentre ho raggiunto anche io la scalinata.

La guardo,in attesa.

- Ho deciso - dici a bassa voce, tanto che devo sforzarmi per sentire. - Andrò da Piton, gli chiederò di aiutarmi - concludi, senza guardarmi in faccia.

- Piton? – chiedo incredula. - Ma… chi ti dice che non sia un traditore? Chi ti dice che non porterà tuo figlio davanti al Tribunale? -mi altero.

- Dovrà aiutarmi per forza. - Hai un tono che non ammette repliche.

- D’accordo -dico sconfitta, la mia voce sembra quella di una bambina che non è stata assecondata. - Ma io verrò con te. -

Sono poco convinta, non credo che tu stia facendo la scelta giusta.

Mentre arrivo all’ultimo gradino sento che a passi veloci mi stai raggiungendo.

- Bella? - mi chiami.

Girandomi ti ritrovo davanti a me.

- Si? -

- Grazie. -

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

  
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