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Autore: Ciribiricoccola    19/12/2010    2 recensioni
* STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA * Clarissa e Danny insieme, come entrambi avevano sempre desiderato (ma mai ammesso!). E adesso che cosa succederà? L'amore sarà idilliaco? Nah, altrimenti sopraggiungerebbe la noia! Qualcosa succederà, e una grossa, enorme, spaventosa crepa ignorata da tutti si aprirà in questo quadretto perfetto. Provate a indovinare chi sarà la persona che per prima causerà questa crepa...
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danny Jones, Dougie Poynter, Harry Judd, Nuovo personaggio, Tom Fletcher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'McClaire- She's the young, she's not alright'
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clarissa Buona neve a tutti! Tranne che a me, logicamente, dato che io odio la neve, specie quella degli ultimi giorni che ha causato diversi sbalzi di corrente in casa mia, impedendomi di lavorare decentemente al computer! Fortunatamente adesso sta piovendo, confido che tutta la robaccia bianca si sciolga entro domani!

Ecco a voi finalmente... i "cocci" della bomba esplosa nel capitolo precedente. Ci siete rimasti male per caso? Non ho visto neanche una recensione... Spero che non siate arrabbiati con me :) Da questo capitolo inizia ufficialmente la seconda parte della storia! Mi auguro che ne appreziate il primo stralcio, fatemelo sapere!

Un grosso abbraccio da CIRY e...BUONE FESTE!!!!


***



I sensi di colpa avevano cominciato a morderla nel sonno, agitato e altalenante.

Era cosciente di ciò che aveva fatto: ricordava tutto, sapeva tutto.
Perciò quando aprì gli occhi, definitivamente sveglia, desiderò di essere dentro ad un incubo.
Ma così non era.

Era pieno giorno, le finestre spalancate mostravano un cielo piovoso, annuvolatosi da poco a giudicare dal sole che tentava ostinatamente di filtrare tra le nubi.
Si passò una mano sul viso mentre tentava di rialzarsi, coperta dal lenzuolo e infreddolita dall’umidità che impregnava le pareti di quel minuscolo appartamento di cui solo in quel momento stava iniziando ad osservare i dettagli.
La camera- tipo di uno studente universitario: pochi poster, qualche fotografia attaccata all’armadio e allo specchio, una scrivania in disordine, i vestiti sulla sedia.
Il suo abito giaceva sgraziatamente sulla moquette, così come il fiore che aveva usato per la sua acconciatura, ormai ridotta ad uno chignon sgangherato.
Non sapeva che ore fossero: il cellulare aveva la batteria scarica e si era spento, al muro non c’era nessun orologio e lei non ne portava al polso.
Sospirò angosciata prima di alzarsi e solo allora notò che accanto a lei non c’era nessuno.
Forse Daniel se n’era andato, o semplicemente si era chiuso in bagno.

Voleva farsi una doccia e tentare di dimenticare.
Voleva tornare a casa a tutti i costi.
Voleva abbracciare Danny con tutte le sue forze, piangere un po’ e non dirgli niente di quella sera.
Voleva insabbiare l’intera faccenda, come se niente fosse accaduto.
Voleva evitare di pensare a cosa sarebbe successo se solo lui avesse scoperto...

Il rumore di una porta che si apriva la fece sussultare.
“… Ehi. Ben svegliata…”

Soltanto il tono apatico con cui lo disse la ferì e confermò tutti i suoi pensieri.
Voleva andarsene.
Subito.


~~~


Cassie sbadigliò prima di sorseggiare il suo cappuccino in tazza grande da portar via.
Seria e composta al suo posto sulla metropolitana, controllò ancora una volta con discrezione le fotografie all’interno di una comune busta da lettere grande, al sicuro nella propria borsa.
Sorrise, al settimo cielo.
La luce non era delle migliori, ma i tratti dei volti si distinguevano chiaramente.
I due sorrisi più raggianti che avesse mai visto. E che avrebbero reso il suo ancora più euforico.
Sperò solo che niente avrebbe mandato all’aria il suo piano: voleva agire nel massimo riserbo e centrare il bersaglio.
Le sarebbero serviti solo dieci secondi, forse anche meno, da sola in quella strada. Il resto sarebbe venuto da sé.
Iniziò a ponderare distrattamente sulle parole che avrebbe usato per scaricare Harry senza troppi problemi, poi notò con fastidio l’ora sul suo telefonino.
Erano le dieci e mezza passate, la sua corsa aveva ritardato di un quarto d’ora.


~~~


“Io… devo andare…”
“… Ok!”
“Ci… ci vediamo in … negozio…”
“Certo! Oh, scusa, il telefono…”

Clarissa lasciò Daniel al suono del cellulare e ne approfittò per finire di vestirsi in tutta fretta, ricacciando il costume nella borsa e agganciando alla meglio una camicia a quadri sgualcita insieme ad un paio di jeans, il suo cambio insieme alle scarpe da ginnastica.
La sera precedente non avrebbe creduto di doverlo usare.
Mentre si stava sciogliendo i capelli per coprire un succhiotto sula lato destro del collo pensò che non avrebbe neanche dovuto mai prepararlo e portarselo dietro.
L’ansia accelerò l’attività dei suoi polmoni, facendole venire un inspiegabile fiatone; a pochi passi da lei, Daniel parlava al telefono in francese.
Non sapeva di cosa stesse parlando.
Ma le sue risatine e le occhiate che ogni tanto le lanciava non le lasciarono dubbi.
Bastò che lui le desse le spalle, girandosi su un fianco sopra il letto disfatto, a torso nudo, come se fosse in vacanza.
Corse fuori, imboccando le scale più velocemente che poteva, e subito dopo salì in macchina, incontrando i propri occhi nello specchietto retrovisore.
Faceva paura, ma non le importava.
“Devo andare a casa, devo andare a casa…” iniziò a bisbigliare con le dita premute sulle guance sporche di mascara colato.
Quando finalmente si ricordò quale strada percorrere per tornare da Danny, si mise in moto.
Dei lavori in corso che avevano creato una notevole coda di veicoli a metà strada la fecero angosciare ancora di più.


~~~


Mr. Danny Jones

Era tutto quello che c’era scritto sull’etichetta della busta, ovviamente in caratteri Times New Roman, nessuna calligrafia manuale che avrebbe sicuramente destato sospetti.
La buca delle lettere era grande a sufficienza per contenere la sua consegna.
Si guardò intorno con fare circospetto e notò in lontananza soltanto una vecchietta accompagnata da una ragazza, entrambe le davano le spalle e camminavano lentamente verso il centro del paese.
“Perfetto!” esclamò sottovoce prima di lanciare un’ultima occhiata verso la porta d’ingresso, a pochi passi di distanza.
Inspirò profondamente, assaporò un’ultima volta il silenzio della strada ed infine lasciò scivolare la busta nella buca delle lettere.
Un istante dopo se ne stava andando a passo accelerato per riuscire a prendere la prima metro disponibile.
Ferma per qualche secondo ad un passaggio pedonale con il semaforo rosso, scrisse un veloce sms a Danny…

Buongiorno Danny! Volevo solo chiederti se oggi pomeriggio sei libero per un caffè! È un po’ che non ci vediamo, colpa del lavoro ! Fammi sapere!


~~~


“Se la alziamo di mezzo tono è meglio…”
“Perché?”
“Così si può armonizzare più facilmente l’assolo… Che ne dite?”
“Per me va benissimo, non mi cambia niente!”
“Prima proviamola…”

Tom prese appunti sul suo block notes ricolmo di spartiti improvvisati e Danny si preparò ad eseguire l’assolo di una nuova demo insieme a Dougie; fu Harry ad interromperli ancor prima che iniziassero.
“Dan, il campanello. L’hai sentito?” domandò confuso, puntando lo sguardo verso il piano inferiore.
Il chitarrista restò in ascolto un istante prima di accertarsi della cosa, poi prese la via delle scale per verificare se avessero davvero suonato alla porta…
“Torno subito, mi sa che è Claire…”

“Il signor Jones?”
“Sì, buongiorno…”
“Salve, c’è da firmare per un pacco…”
“Subito… Firmo qui?”
“Sì sì, a sinistra…”

Il fattorino consegnò a Danny il pacchetto che aspettava, contenente una collezione rarissima di plettri.
“La ringrazio, arrivederci…”
“A lei… Ha della posta nella buca delle lettere, comunque…”
“Ah, grazie! Buongiorno!”

Per svuotare la buca dovette munirsi della chiave; ne uscirono alcuni depliant pubblicitari, una bolletta consegnata tre giorni prima che credeva sarebbe arrivata in ritardo… e una strana busta gialla con sopra solo il suo nome.
La fissò perplesso mentre rientrava in casa; sembrava contenere della carta.
“Dan! Ideona per l’assolo!” strepitò Tom dal piano di sopra.
“Arrivo!!!” gridò di rimando il suo amico, che salì con la busta in mano, curioso di aprirla.

“Cos’è? È roba nostra?”
“No, è solo… Non lo so cos’è, c’è scritto solo il mio nome…”
“Fai vedere…” s’incuriosì Dougie.
“Voglio aprirla io!” si oppose il chitarrista.
“E’ una bomba…” ipotizzò scherzosamente Harry.
“E’ una lettera di Babbo Natale, vuole dirti che quest’anno non riceverai nessun regalo…” lo prese in giro Tom.
“E’ la dichiarazione d’amore di un travestito!” esclamò il bassista.
“Sì, siete tutti davvero molto incoraggianti…” li liquidò Danny un istante prima di strappare via la striscia di carta.

“Foto?”
“Che foto?”
“Sono foto sconce?”
“Dan?”

Tom vide il sorriso del suo collega svanire gradualmente.
Il suo sguardo improvvisamente vitreo lo spaventò.
Lanciò una veloce occhiata preoccupata a Dougie e Harry, che però si limitarono a fissarlo perplessi.
“Dan, che…?” osò domandare, posando la chitarra.
L’altro non rispose.
Dougie mise da parte il suo basso e Harry si alzò al suo fianco.
“Che succede?” chiesero all’unisono.
Finalmente il chitarrista si decise a rispondere ai loro richiami, anche se con un solo sguardo.
Abbassò le fotografie e li scrutò, incredulo, sbigottito.
Era diventato improvvisamente pallido.
Tom, il più vicino a lui, fece per allungare un braccio e prendere le foto.
“Dan, ma cosa hai-“
Il ragazzo si ritirò bruscamente, facendo un passo indietro, ed esclamò a voce alta: “No!”
La reazione di Dougie fu immediata.
“Jones! Ma che cazzo…” intervenne, più stupito che seccato.
“Cosa sono, minacce? Roba minatoria?” si preoccupò Harry, tentando di avvicinarlo, ma Danny indietreggiò ancora senza dire una parola.
Tutti si guardarono spiazzati, chiedendosi silenziosamente cosa diamine stesse succedendo al loro collega.
Quando Tom tentò un altro approccio, iniziò dicendo: “Dan, perché non…?”.
Danny lo interruppe, lapidario.
“Mi ha tradito.”

Quella frase fece il giro della stanza, galleggiò per aria ed infine si abbatté sulle loro menti impreparate. Dougie strabuzzò gli occhi per primo, subito imitato da Tom. Harry scosse violentemente la testa e scattò in avanti per strappare le fotografie dalle mani di Danny, che però lo bruciò sul tempo lanciandole.
Le stampe volarono sul pavimento, colorate e inequivocabili.


~~~


Maledisse con tutto il cuore quei lavori in corso anche una volta che la sua utilitaria fu parcheggiata sotto casa.
Con il cuore che le batteva a mille cercò di darsi una veloce sistemata: passò una salvietta struccante sul viso, spalmò alla meglio del fondotinta sul succhiotto seminascosto dai capelli e si autoimpose la calma; le ci vollero dieci minuti buoni prima di poter uscire dall’auto con una faccia stanca ma credibile.
L’ansia contenuta a fatica non le fece notare le auto dei ragazzi parcheggiate a pochi metri dalla casa, quindi non si preoccupò di salutare nessuno una volta varcata la soglia dell’appartamento, anzi, attribuì il silenzio al fatto che Danny stesse dormendo, e infatti salì le scale con la borsa sottobraccio.

“… E’ lei?” chiese Harry con un filo di voce.
Danny annuì, le dita premute sugli occhi.
Tom balbettò incerto: “… Cosa facciamo?”
Dougie scosse la testa sconvolto tenendo una foto tra le mani.
Fu sufficiente un piccolo scatto della porta dello studio perché Danny si precipitasse a spalancarla, catapultando dentro anche Clarissa, che lo guardò attonita.
“Ehi!” la sentirono esclamare, sorpresa nella sua voce acuta, troppo acuta per risultare naturale.
Dougie trasalì e nascose la foto dietro la schiena.
“Claire…” esordì Tom, cercando di mantenere un tono pacato…
“Dove sei stata?” lo sovrastò l’altro chitarrista, inchiodando gli occhi in quelli della fidanzata.
“Cosa…?” fece la ragazza, iniziando a rimbalzare da un punto all’altro della stanza con lo sguardo.
Harry si mise una mano davanti alla bocca e si preparò al peggio.
“Ti ho chiesto dove sei stata. Ieri sera.” ripeté Danny, facendosi sempre più vicino.
Lei si abbracciò il busto, quasi ricurva davanti alla sua presenza, così tanto più massiccia di fronte alla propria…
“Alla festa a Camden. Te lo avevo detto…” azzardò a bassa voce.
Tom chiuse gli occhi in preda allo sconforto.
“Dan…” tentò di intervenire il bassista.
Ma l’altro non lo prese minimamente in considerazione.
“Con chi ci sei andata? Dimmi la verità”
Clarissa gettò un’occhiata furtiva al di là del suo ragazzo e scorse i suoi tre amici che la fissavano con espressioni sconvolte.
Si sentì tremare dentro ed improvvisò confusamente: “Dovevo andarci con… Dovevo incontrarmi con Anne, però… però poi mentre andavo là mi è arrivato un messaggio e…”
“Sei patetica. Smettila.”

La sua interruzione le fece alzare lo sguardo, ma subito si pentì amaramente di aver sollevato gli occhi per guardare quelli di lui.
Erano furiosi.
Un paio di iridi color gelo stavano squarciando le sue, opache e bugiarde.
Cadde nel panico quasi all’istante ed annaspò confusamente: “Io non… non capisco d-di che…”
“Ti ho detto di stare zitta.” la fermò nuovamente lui, perentorio.

Stava sbattendo ripetutamente contro un muro di mattoni, si stava anche facendo male.
Ma non voleva arrendersi. Anche se non aveva senso giustificarsi, anche se sapeva che sarebbe stato inutile.

“Perché non mi lasci parlare?!” sbottò esasperata, distendendo rigidamente le braccia lungo i fianchi.
Con la coda dell’occhio fece appena in tempo a scorgere Dougie che scuoteva freneticamente la testa sillabando una serie di “no”, ma non capì il motivo di tutta quell’agitazione finché Danny non si voltò verso di lui per strappargli la fotografia da dietro la schiena.

Mentre Clarissa sbarrava gli occhi davanti all’evidenza di quello scatto, la verità nuda e cruda, Danny esultò vittorioso dentro di sé per poi sentir mancare un battito al cuore.

“Chi… Chi le ha sc-“
“Questa sei tu. Ieri sera. Con un altro.” scandì il ragazzo in tono spaventoso e monocorde.
La fidanzata arrossì violentemente per la vergogna, deglutì e balbettò: “Danny, io… io…”
Si fermò, capendo che lui non la stava ascoltando: si era voltato, ridacchiando amaramente.
Cercò disperatamente un appoggio negli altri tre suoi amici, e solo Harry ebbe il coraggio di ribattere incerto: “Perché non ci calmiamo e non proviamo a… ragionare un po’?”
Confortata dalle parole del batterista, la ragazza aggiunse un timido: “Danny, ascolta…”

Non lo avesse mai anche solo pensato.

“SEI RIDICOLA!!!”

Sussultarono tutti quanti, lei più di chiunque sotto quell’insulto gridato a squarciagola.
Per istinto incrociò le braccia davanti al viso, ma non servì a niente davanti alla rabbia del suo ragazzo.
“SEI RIDICOLA, BUGIARDA!!! UNA RIDICOLA PUTTANA BUGIARDA!!!” continuò a urlare Danny in preda alla rabbia più cieca.
Prima ancora che finisse la frase, Tom e Harry lo placcarono trattenendolo per le braccia e sbraitarono sopra di lui: “Danny, fermati!”, “Calmati, calmati!”…
Dougie li superò di corsa per trascinare via Clarissa. “Claire, vieni via!” le ordinò spaventato, percependo la sua resistenza.
“Lasciatemi!!!” protestò il chitarrista, furibondo, mentre la bionda cercava invano di liberarsi dalla stretta del bassista.
“Ragiona, cazzo! Non ti lascio di certo in queste condizioni!” ringhiò di rimando Harry, stringendogli ancora di più il braccio.
“Jones, ti devi calmare!!!” aggiunse Tom, esterrefatto.
“Danny, ascoltami, ti prego!” supplicò Clarissa con le lacrime agli occhi e Dougie che le serrava la vita con decisione.
“Cazzo, non la voglio picchiare, non sono così stupido, lasciatemi subito andare, maledetti idioti cerebrolesi!!!” abbaiò di nuovo il ragazzo, divincolandosi come un indemoniato.
Tom e Harry si decisero a lasciarlo andare con uno spintone arrabbiato, ma lo tennero d’occhio mentre brancolava verso la ragazza con l’indice puntato verso la sua faccia.
“Tu” le disse, sorridendole furente “Sei una puttana molto fortunata, hai capito? Ricordatelo, sei una puttana fortunata. Perché sei uscita a divertirti, hai scopato con un altro, sei riuscita a mentirmi per non so quanto tempo e adesso hai tutti loro a difenderti, capito, piccola bastarda?”
L’altra replicò con un filo di voce, distrutta: “Danny…”
“Piantala, Jones, maledizione!!!” intervenne Dougie, prendendola di peso e allontanandola da lui.
“Ho finito…” concluse il chitarrista, voltandosi verso le scale “Non voglio più vederti. Fai le valigie e vattene da casa mia. Mi hai capito bene?”
Tom subito obiettò: “Danny, non dire certe cazzate ades-“
“E’ finita, piantatela tutti quanti!” lo sovrastò l’altro “Non avete idea di come mi possa sentire adesso per colpa di questa stronza. Perciò non osate dire neanche una parola. Basta così. È chiaro?!”
Ognuno di loro ammutolì, fatta eccezione per i lievi singhiozzi di Clarissa, che lo fissò scendere velocemente le scale.
Aveva scorto i suoi occhi lucidi. Stava per mettersi a piangere.
Come lei.
“Danny!” lo chiamò con voce tremante.
Dougie la trattenne ancora una volta e Tom le andò accanto bisbigliandole: “Claire, calmati, ora è incazzato e non sta rag-“
“Danny!!” continuò lei a voce sempre più alta.
“No, Claire, smettila…” cercò di calmarla Harry “Senti, ora ci sediamo e-“

Il rumore del portone sbattuto con forza li gelò.
Clarissa emise un gemito strozzato e si tolse di dosso Dougie con una gomitata nelle costole che mandò il bassista gambe all’aria.
“DANNY!!!” strillò isterica volando giù per le scale.
Inciampò rovinosamente nel tappeto del corridoio, si rialzò senza badare al dolore alla caviglia, ignorò i richiami dei ragazzi, spalancò la porta e corse fuori per scorgere l’auto di Danny che stava facendo manovra per entrare in strada.
“NO!!!”
Il suo gridò riecheggiò nella strada senza però riuscire a sovrastare il rombo del motore che, ingranata la prima marcia, si allontanò velocemente insieme al suo ex-fidanzato lungo la via.
Senza pensarci due volte la ragazza si mise a correre a perdifiato dietro alla vettura, incurante del dolore alla gamba e delle grosse gocce di pioggia che le stavano pungendo gli occhi.
Sentì distintamente Tom urlare il suo nome alla sua destra: stava tentando di raggiungerla correndo sul marciapiede. Lei accelerò per seminarlo e non pensò minimamente di fermarsi all’incrocio che avrebbe messo fine alla sua corsa disperata.
Un’auto le tagliò la strada e frenò a pochi centimetri da lei, paralizzata davanti ai fari di quella Mercedes guidata da un anziano signore, che la fissò allibito con il busto incollato al sedile.
“CLARISSA!!!” urlò Tom impaurito, raggiungendola con il fiatone.
La sua amica non mosse un muscolo, semplicemente si afflosciò sull’asfalto umido.
Il chitarrista si chinò su di lei e le sollevò la testa, credendola svenuta; in realtà era cosciente e piangeva, ansante a causa della corsa.
“Mio Dio, giuro che non l’avevo vista! Mi è spuntata davanti all’improvviso!” si giustificò il guidatore della Mercedes, uscendo spaventatissimo dalla propria auto e convinto di aver investito la ragazza.
“Chiami un’ambulanza! Subito! La chiami, la prego!” lo supplicò il ragazzo lanciandogli un’occhiata piena di angoscia per poi dedicarsi nuovamente a Clarissa.
“Claire? Claire, mi senti, ci sei?!” domandò in preda al panico.
L’altra rispose con una serie di singhiozzi e sussulti, dopodiché allungò una mano verso il suo amico per farsi aiutare a rialzarsi.
“Tom, aiutami…” gemette con il volto rigato dalle lacrime.
Lui la strinse a sé, riparandola in parte dalla pioggia battente, e ribatté: “Sta arrivando un’ambulanza, stai tranquilla, andrà tutto bene…”
“Tom, ti prego, prendi la macchina e seguiamolo, ti prego, ti prego, Tom, non posso… Non posso lasciarlo andare così, ti scongiuro, Tom, andiamo a prendere la tua macchina…” farneticò l’altra senza rispondere al suo abbraccio, bensì tendendo le braccia verso la strada.
Il ragazzo si lasciò scappare un singhiozzo traboccante di paura e continuò a stringerla e a cullarla sotto la pioggia senza rispondere ai suoi lamenti insistenti, fino all’arrivo dell’ambulanza.


~~~


Gli occhi vigili e premurosi di Dougie notarono un movimento delle ciglia a malapena percettibile.
“Forse si sta svegliando…” azzardò rivolto a Harry e Tom, seduti dall’altra parte del letto.
Il batterista si alzò per spegnere la luce bianca ed invadente sopra la testa di Clarissa e attese il suo risveglio, che non tardò ad arrivare: trenta secondi dopo li stava guardando tutti e tre, disorientata e triste con le pupille dilatate.
Si schiarì la voce debolmente prima di sussurrare: “… Ospedale? Perché?”
Tom le rispose prendendole una mano: “Ti hanno iniettato un calmante per farti dormire, Claire… Hai avuto un crollo nervoso e scottavi per la febbre alta quando sei arrivata qui…”
La ragazza sospirò stancamente e chiuse gli occhi voltandosi verso Dougie.
“Scusami per la gomitata…” gli disse mestamente.
Il bassista scosse la testa con un sorriso intenerito e si piegò verso di lei per baciarle la fronte.
Clarissa lasciò scorrere silenziosamente alcune lacrime di commozione lungo le guance, poi rielaborò quanto era successo prima del suo arrivo in ospedale e continuò a piangere, coprendosi il viso con le mani per la vergogna.
I tre ragazzi si guardarono intristiti e tentarono di consolarla come meglio poterono…
“Noi non ti giudichiamo per quello che è successo, Claire…” chiarì Harry, sfiorandole una gamba da sopra il lenzuolo.
Dougie le scosse leggermente le spalle e aggiunse: “Vedrai che tutto si aggiusterà, non sei sola…”
Tom le accarezzò i capelli e le disse: “Guardami, Thompson, un secondo…”
La sua amica abbassò con riluttanza le mani e le lasciò scivolare sul grembo, rivelando il viso smorto e stravolto dal dolore. Lo guardò come se gli stesse chiedendo aiuto, in attesa di qualcosa che l’avrebbe fatta stare nuovamente bene.
Il chitarrista rimase colpito dai suoi occhi colpevoli e flagellati dal rimorso.
Le pizzicò una guancia con un piccolo sorriso e le propose: “Vieni a stare da me e Gi per qualche tempo. Cosa ne dici?”
La ragazza, sorpresa da un’ idea tanto inaspettata, si passò una mano tra i capelli spettinati e umidicci per poi cercare un consiglio dagli altri due suoi amici.
Harry annuì con convinzione e le consigliò: “Ti farebbe bene, perché non dici di sì? Hai bisogno di staccare un po’ da tutto questo casino, anzi, ne avete bisogno tutti e due per chiarivi le idee…”
“Possiamo andare noi a prendere le tue cose, basta che tu ci faccia un elenco…” si inserì Dougie, conciliante.
Stupefatta dall’aiuto che tutti quanti volevano darle, Clarissa riuscì solo a scuotere affermativamente la testa lentamente mentre la mano di Tom stringeva più intensamente la sua.
“Il tempo di farti uscire di qui… e si va a casa…” le confermò in tono rassicurante.
Lei abbassò lo sguardo sulle loro mani intrecciate e rispose alla stretta, accennando un sorriso.


~~~


Non aveva percorso molta strada: si era fermato in una zona industriale momentaneamente deserta per motivi a lui sconosciuti, il luogo ideale per mettersi a urlare nell’abitacolo della macchina e prendere a pugni il volante, il cruscotto, fino a ferirsi le nocche.
Dopo aver dato fondo ai polmoni, devastato, si era acceso una sigaretta per poi fumarla fuori dal finestrino abbassato, e allora aveva cominciato a piangere, alternando singhiozzi dolorosi a lacrime rabbiose e piene di rancore.
Più ci pensava e meno capiva perché fosse successo proprio a lui, a loro.
Qualche sconosciuto aveva pensato bene di aprirgli gli occhi sulla vera Clarissa, quella che da chissà quanto tempo lo stava tradendo, quella che aveva spazzato via tutta la loro storia d’amore in una notte.
Ma perché?
Il fumo volava via dalla sua bocca, così come le sue domande senza risposta.
Anche lui aveva avuto non poche occasioni per tradirla, ma non si era mai sognato di farlo: era pazzo di lei, soltanto di lei, non sarebbe mai riuscito a ferirla in nessun modo.
Lei lo aveva fatto per poi negare tutto.
Non gli sembrava quasi vero, ma era successo veramente.
Molte cose in quel momento risultarono chiare: il suo distacco, la sua freddezza, l’indifferenza calata tutto d’un colpo sul loro rapporto…
Ma perché?
Cos’era successo?

Lo squillo del cellulare lo riportò alla realtà.
Gettò il mozzicone e si preparò a riattaccare in faccia a Tom, Harry, Dougie o a chiunque lo stesse chiamando con l’intenzione di “farlo ragionare”…
Ma rispose, perché era Cassie.

“Pronto?”
La voce vivace e sorridente di lei lo travolse.
“Buongiorno, Dan! Hai ricevuto il mio messaggio di prima?”
Distrattamente il chitarrista rispose in tono spento: “Ehm, no, scusami, non ho mai guardato il telefono oggi…”
“Ti ho beccato in un brutto momento per caso? Mi sembri… strano…” insinuò la ragazza, segretamente gongolante dall’altra parte della cornetta.
Lo sentì sospirare e rispondere: “Non sto molto bene, diciamo così…”
“Nel messaggio ti avevo chiesto di vederci per un caffè… E’ sempre valido ovviamente, se vuoi parlare un po’… Ti sento decisamente… giù di morale. Sbaglio?”
“No, hai ragione… Ho proprio bisogno di uscire un po’…” confermò l’altro, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano.
Cassie sorrise e ribatté: “Non so cosa ti sia successo, ma vedrai che un po’ di caffè e qualche chiacchiera ti aiuteranno. Ok?”
“Sì… Grazie…”
“Ma ti pare. Ci vediamo verso le quattro da qualche parte?”
“Sì, certo, non ho… niente da fare… Posso dirti più tardi dove? Adesso non ho in mente nessun posto decente…”
“Tranquillo, non c’è fretta!” lo rassicurò lei, accomodante “Quando sei pronto chiamami, io sono qui… A più tardi allora!”
“A dopo, ciao…”

Riattaccò con un tiepido sorriso sulle labbra.
Si sentì meglio all’idea di potersi sfogare con qualcuno che non fosse se stesso o i suoi amici, troppo coinvolti nella faccenda per considerarli imparizali in quel momento.
Gli avrebbe fatto bene parlarne un po’, magari davanti a una birra.
Con Cassie, che si era sempre mostrata gentile nei suoi confronti. Ma sì...
Se la prese con calma e decise di fumarsi un’altra sigaretta prima di ripartire.
Lasciò scorrere tutte e lacrime che restavano e singhiozzò con discrezione, la mano libera dalla cicca premuta sulla bocca.

Perché cazzo lo hai fatto? Accidenti a te…


***

Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone dei Mc "Bubblewrap". Nessuno scopo di lucro.


   
 
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