Ciao a tutte!
Piacere, Giulia. Sono iscritta a EFP da un po’ di tempo, ma non avevo mai preso
seriamente in considerazione l’ idea di pubblicare storie. Quest’ idea un po’ (
un po’ tanto!) bizzarra è nata dal nulla, mentre rileggevo per la millesima
volta Twilight. Siamo alla corte di Volterra, lo spietato principe Edward verrà
messo alle strette da una misera popolana, dai caldi occhi color cioccolato.
Recensite se vi sembra che valga la pena di continuare questa storia. Un bacio
a tutte! J
Primo Capitolo
La morte è un nuovo inizio? A Volterra, sì.
Pov’ s Bella
Mi guardai intorno. L’ ampia piazza centrale di Volterra era gremita di gente, vestita con colori sgargianti, trombette alla mano e tanto entusiasmo sul viso. Era la festa del patrono, l’ evento dell’ anno.
E io, che ci facevo lì?
Piacere,
Isabella Swan.
Come di certo capirete dal cognome, non sono italiana.
Vengo da Forks, la patria delle nubi e del maltempo. Ero lì sotto supplica del mio migliore
amico d’ infanzia, Jacob. Visse a Forks per molti anni, lo conobbi sulla
spiaggia. Era intento a guardare una delle meravigliose pozze marine, tipiche
di La Push. I coralli che fluttuavano,
sospesi e come immobili, nell’ acqua marina avevano sempre affascinato anche
me.
Aveva sette anni, come me, la pelle bronzea
baciata dal sole, e i capelli neri e setosi che si agitavano al vento.
Mi avvicinai, timida. Mi incuriosiva, era bello, volevo
parlarci.
Alzò lo sguardo dalla vita marina sotto di lui, mi fece
un sorrisone, sgranò gli occhi scuri e mi tese la mano.
-
Ciao! Io sono Jacob Cullen, ma puoi
chiamarmi Jake, perché mi stai simpatica. E non mi chiamo veramente Cullen. Io
non sono figlio di mamma Esme, mi ha preso con sé quando ero piccolo. E non
vivo nemmeno qui, ma tornerò tutte le estati. Perché io sto in Italia, la mia
famiglia sta lì. Vedi quello là? Si chiama Edward. È il mio fratellone, ha diciott’
anni! È grande! Lui è veramente figlio
della mamma- .
Sorrisi, era una macchinetta! Nel breve tempo che gli
occorse per riprendere fiato, mi voltai verso il fantomatico Edward. Era a
pochi metri da noi, immobile in piedi, alto e smilzo. Mi guardava truce. Jacob riprese con la sua filippica:
-
Sembra antipatico ma non lo è! Comunque
dicevo che sarò qui tutte le estati, vedrai diventeremo amici!-
Proruppi in una sonora risata, mi piaceva veramente
tanto. Iniziammo a giocare e da lì, negli anni, nacque una bellissima amicizia.
La più bella amicizia della mia vita. Non ci fu mai del tenero tra di noi, ma
eravamo due anime complementari. Lui era il mio sole, il suo sorrisone a
trentadue denti dava un colore nuovo alle giornate. I suoi genitori erano morti
in un incidente d’ auto, e la famiglia
Cullen lo aveva preso con sé. Non avevo mai conosciuto i suoi genitori
adottivi, e i suoi fratelli erano molto strani. Mi parlava raramente di loro, a
malapena sapevo come si chiamavano: Edward, Emmett, Jasper, Alice e Rosalie.
Sembrava mi odiassero, per chissà quale inaspettata ragione. Mi evitavano
sempre, storcevano il naso. Solo Alice mi riservava qualche sorriso. Quando
chiedevo a Jacob spiegazioni per tutta
quella freddezza, rispondeva con un’ alzata di spalle e un misero:
-
Sono fatti così, non è colpa loro. Ma
devono starti lontano.-
Col tempo avevo imparato a considerare tabù l’
argomento famiglia, e tutto era andato per il meglio. Fino al mio sedicesimo
compleanno. Un triste giorno, scoprii che Jacob era scomparso nel nulla.
Nessuno sapeva più cosa dirmi su di lui e sulla sua famiglia. Puf, spariti
tutti. Il mio sole si era eclissato. Ora di anni ne avevo diciotto, e la
settimana prima mi era arrivato un
messaggio totalmente inaspettato.
“ Ciao
Bella, spero che questo sia ancora il tuo numero. Non ti ho abbandonata, e non
ho mai smesso di pensarti. Sei la mia migliore amica. Ti prego, devi venire a
Volterra da me. Ti spiegherò tutto, i segreti sulla mia famiglia, perché me ne
sono dovuto andare. Ho paura, Bella. Ho paura per la mia vita, prima di finire
in una bara puzzolente, tu devi sapere tutto. Ti aspetto, martedì prossimo, alle 12, in
piazza centrale, davanti alla fontana. Controlla la posta, ti ho spedito un
biglietto andata e ritorno per Volterra, business class. Ti prego, ho bisogno
di te. Ti voglio bene.”
Dire che rimasi basita è dire poco. Lo sguardo perso
nel vuoto, la testa che viaggiava a mille. Jacob. Il mio migliore amico.
Rivelazioni. Pericolo di vita. Ha bisogno di me. Basta, avevo deciso. Il
martedì seguente sarei andata a
Volterra, lo avrei detto a Charlie, mio padre. Mi diressi verso il suo ufficio,
l’ ispettore Swan non avrebbe avuto voce in capitolo, ero irremovibile.
E così, eccomi nella piazza centrale di Volterra. Mossi
i miei passi, esitanti, verso la fontana. Un sussulto al cuore quando vidi il
mio migliore amico. Era girato di spalle, batteva il piede a terra impaziente,
allungava il collo per scrutare meglio tra la folla. Arrivai a pochi centimetri
da lui e, come un’ idiota, riuscii solo a schiarirmi la voce. Lui si voltò, di
scatto, i suoi occhi si illuminarono.
-
Bella! –
La sua voce calda fu un balsamo per il mio cuore.
Mi abbracciò, stringendomi a sé nella sua morsa ferrea.
Mi sciolsi, e ricambiai la stratta, mi era mancato, ero lì per lui.
Senza proferire parola, mi prese la mano e mi guidò
fino ad un vicolo deserto, nessuno ci
poteva né udire né sentire.
Pov’ s Jacob
Avevo gli occhi lucidi. La mia Bella era lì, con me in
quel vicolo deserto, la sua mano nella mia. La guardai. Era meravigliosa. Ero
da sempre stato innamorato di lei, da quando mi sorprese sulla spiaggia a guardare
i pesci e i coralli. Il mio piccolo angelo. Sapevo che da parte sua non avrebbe
mai potuto esserci niente, ma a me andava bene così. Poi l’ avevo abbandonata,
senza spiegazione alcuna. E ora, prima di morire, le dovevo dire tutto. Chi ero
veramente, i perché e i per come. Con la
voce tremante iniziai a parlare:
-
Bella, io non sono quello che tu credi. Mio
padre, Carlisle, è il re di Volterra. Io sono un principe. Ma la mia famiglia è
qualcosa di più. Sono minacciato, altri mi uccideranno perché sanno. Sanno che
so cose che non devo sapere. Non siamo più tornati a Forks perché le persone si
sarebbero insospettite, c’ erano troppi indizi. So che mi prenderai per pazzo,
ma è tuo diritto sapere tutta la verità. I Cullen sono dei… -
Ma le parole mi morirono
sulle labbra. Vladimir era alle spalle di Bella, comparso dal nulla, una
pistola sulla sua tempia.
-
Jacob, sei già abbastanza in pericolo, c’ è
chi ti vuole morto. Se le dirai la verità, sarò costretto a uccidere la
ragazza-
Pov’ s Bella
Un uomo imponente, nerboruto, mi stringeva con
prepotenza, puntandomi qualcosa di freddo alla tempia. Impallidii,
immaginandomi nitida la sagoma della pistola. Jacob mi fissava, gli occhi
sgranati, il panico nelle iridi nere.
-
No, lascia Bella! Starò zitto, lasciala!
-
No, lei non può sopravvivere. Spiacente, ha
sentito troppo. –
Quella calma serafica mi fece rabbrividire. Quell’ uomo
dialogava amabilmente della mia morte, come se stesse commentando la recente
partita di baseball.
Non so come mi liberai dalla sua stretta, corsi, mi
voltai verso il mio potenziale assassino. Stavo per svenire, non ce l’ avrei
mai fatta. E così Bella, sarebbe stata questa la tua misera morte?
L’ uomo sorrise, sardonico.
-
Piccola, fragile, illusa umana. ll tuo
sangue sarà una goduria per tutti noi -.
Levò in alto l’ arma, mirò su di me. Chiusi gli occhi.
Uno sparo, un tonfo, un urlo:
-
No! -.
Era la voce di Jacob, l’ ultima cosa che avrei sentito.
Ma il dolore atteso non arrivò. Aprii gli occhi. No!
Lui no! Perché?! Bastardo!
Urlai, piansi, mi accasciai a terra, accanto al corpo
riverso di Jacob. Il mio migliore amico era steso su quelle lastre spietate, il
bel viso era una maschera di sangue, la fronte trapassata da parte a parte da
un proiettile. Si era sacrificato per me, mi aveva fatto scudo col suo corpo.
Con la vista annebbiata dalle lacrime, guardai l’ assassino. Era smarrito,
guardava attonito le sue mani, Jacob, la pistola; mentre ripeteva come una
litania:
“ Il principe, ho ucciso il principe”.
Con un urlo disumano mi avventai su di lui, ma delle mani
possenti mi fermarono. Ero circondata da
uomini pallidi e bellissimi, statuari, dai lunghi mantelli neri. Alcuni afferrarono
l’ assassino, portandolo via. Gli altri, si rivolsero a me:
-
Tu vieni con noi. –
Detto questo, mi caricarono di peso in una macchina
enorme e dai vetri oscurati. Sui sedili posteriori giaceva abbandonato il mio
defunto migliore amico. La vista mi si offuscò, un acuto fischio sembrò volermi
far esplodere il cervello. Come in un sogno, vidi le mie braccia cadere inermi
sui fianchi, mi abbandonai stremata allo schienale in pelle, mentre la macchina
partiva sgommando.
*******
Fine primo capitolo!
Allora, che ve ne pare?
Recensite, recensite, recensite! Voglio
sapere se la devo continuare!