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Autore: Smile Sunshine    20/12/2010    3 recensioni
Spesso il nostro cuore si impone delle regole che non assecondano i nostri sentimenti. Ma a capire questo ci vuole tempo, a modificarlo ancora di più. Ma il vero amore sa aspettare.
Soprattutto se esso ha la forma di Ryan Shirogane.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ero distesa sul mio letto.
Guardavo il soffitto e pensavo.
Mi sentivo persa. Senza Mark tutto mi sembrava così strano. Non aveva senso nemmeno respirare. Perché alla fine di ogni mio respiro prima il pensiero dell’amore di Mark mi pervadeva.
Adesso avevo solo vuoto.  Piansi ancora. D’altro canto stavo per essere stuprata ed ero stata salvata dall’ultima persona che mi sarei aspettata.
“Ryan…Un enigma vivente” Pensai osservandomi le dita. Mi ero messa lo smalto rosso apposta per Mark, ora era tutto rovinato. Una lacrima cadde su un unghia. Non avevo detto niente a nessuno. Non sapevo nemmeno io cosa volevo. Avevo solo il cuore rotto. Dovevo dimenticarmi di Mark, dovevo farlo.
Era l’unica speranza che avevo per uscire da quel tunnel nero che mi avrebbe portato alla disperazione.
Come se non lo fossi già.
E con quei pensieri chiusi gli occhi.
 
 
La sveglia suonò e io non mi alzai, i miei erano già usciti e l’unico desiderio che avevo era piangere e rimanere sola, racchiusa nelle mie paure.
Non volevo rivederlo, la scuola era il luogo dove l’avrei trovato.
E non sopportavo l’idea di condividere degli spazi con lui. Mi avrebbe fatto troppo male, non avrei avuto il coraggio di guardarlo in faccia.
Perché Strawberry non usciva più con Mark. E presto lo avrebbero saputo tutti. Ma nessuno avrebbe mai pensato che il ragazzo più popolare della scuola avesse quasi stuprato una ragazza e facesse uso di stupefacenti. E nessuno lo avrebbe saputo mai. Mi ripromisi. Non sapevo nemmeno io il perché. Volevo solo stare zitta. Chiudere la bocca. Per sempre.
“ E’ colpa mia, gli ho dato troppa confidenza quando sapevo che non era lui… E‘ colpa mia… Se avessi chiarito le cose subito non sarebbe successo… E poi il mio comportamento gli avrà fatto capire che approvavo… E’ solo colpa mia. Nessuno saprà mai…”
Sperai con tutto il cuore che Ryan non avesse detto nulla a nessuno, ma conoscendolo la cosa era più che scontata.
Mi vestii lentamente guardandomi allo specchio. Mi toccai il seno. Immaginai la saliva di Mark. Rabbrividii.
Infilai dei jeans enormi e una felpa sgualcita, con tanto di cappuccio. Infilai delle scarpe vecchie e uscii. Ma non per andare a scuola.
Volevo perdermi. Perdermi in me stessa. Uscire dal labirinto dei miei pensieri e capire quello che volevo. Dimenticare Mark.
Mi allontanai dalla scuola, per non correre il rischio di essere scoperta. Di andare al caffè non se ne parlava, l’ultima cosa che volevo era rivedere Ryan. Mi avrebbe confuso ancora di più le idee.
Lui mi aveva vista quasi nuda, solo il pensiero mi faceva arrossire. E poi, la sera prima avevamo avuto un tipo di rapporto che non si sarebbe mai più presentato. Perché così doveva essere. E così sarebbe stato.
Camminai a lungo per le strade di Tokyo. Pensai di andare a casa di Paddy, ma nel caos che regnava da lei l’ultima cosa che sarei stata in grado di fare era pensare.
Le altre erano tutte a scuola, apparte Pam. Non avevo mai avuto molto rapporto con lei, non era il caso. E poi era sicuramente in giro per qualche servizio fotografico…
Scossi il capo, lei aveva tutto quello che si poteva immaginare. Era ricca e popolare. Ma non aveva mai avuto nessun tipo di fidanzato, nemmeno occasionale. Era solitaria di natura, il contrario di me, per questo non la capivo.
Mi sedetti su una panchina, non c’era quasi nessuno, era il luogo ideale per pensare.
Guardai il cielo, e capii che era grande e che al mondo doveva esserci altrettanta gente. Migliore di Mark.
- Strawberry?
Una vocina mi fece sobbalzare e la persona che mi si parò davanti era l’ultima che mi immaginavo.
Tart, l’alieno più piccolo, il nostro nemico, era davanti a me.
Assomigliava a un bambino e di carattere ricordava molto Paddy.
Lo scrutai attentamente, osservandolo- Cosa c’è?
Lui mi si avvicinò, a dir la verità non era mai stato gentile con me. Anzi. Mi chiamava “Befana” e mi stuzzicava sempre. Non capivo cosa volesse.
-Mi puoi fare un favore?
Sembrava sincero, aveva una faccia quasi innocua, apparte per il suo sorrisetto furbo.
-Dipende.-Commentai secca io.
-La conosci bene Paddy?-Arrossì
Assunsi un sorrisetto furbo e capii, per certe cose avevo un sesto senso.
-Abita in quella direzione, è la terza casa a destra girando alla seconda strada.-Indicai con la mano.
Poi lo osservai-Non avrai mica cattive intenzioni?
Lui abbassò le spalle e arrossì- No…
Si vedeva lontano un miglio che era semplicemente innamorato e poi se fosse successo qualcosa, io ero lì.
Mentre se ne andava dove gli avevo indicato sorrisi-Ti tengo d’occhio…
Lui annuì e corse via.
E mi ritrovai di nuovo sola, spersa nella mia confusione. Decisi di fare un elenco di tutte le cose negative di Mark, ma mi vennero in mente solo quelle risalenti alle sere precedenti. Dove lui non era lui.
“ E se lo perdonassi? Lo obbligassi a non farsi più? Tutto ritornerebbe normale!”
Poi lo vidi che mi baciava il collo con gli occhi rossi, che mi toglieva i jeans e scossi la testa: non potevo.
Eppure era sempre stato così perfetto con lui, non mi aveva mai toccata e mi aveva sempre tenuto su un piedistallo. Io ero perdutamente innamorata di lui, nel mio cuore non c’era spazio per altro. Una lacrima si delineò sul mio viso.
 
 
 
Continuai a camminare e mi avvicinai verso la casa della biondina per accertarmi che andasse tutto bene.
Spiccai un salto e arrivai alla finestra, appoggiai la faccia al vetro e non potei fare a meno di sorridere. Era una scena dolcissima.
Paddy aveva mandato via tutti i marmocchi e adesso erano seduti uno di fronte all’altro senza parlare completamente rossi in viso. Era inequivocabile quanto fossero innamorati.
Decisi di lasciargli un po’ di privacy e eseguii un salto per scendere.
Appena svoltai l’angolo bruscamente ritornai subito indietro. Kyle era seduto nella panchina dove poco prima c’ero io.
“Non mi avrà mica visto?” Optai per il no in quanto sembrava tranquillo seduto a leggere il giornale.
“Dovrò andare da un'altra parte…” Feci per muovermi quando la voce del moro risuonò alle mie spalle. Diavolo, mi aveva visto!
Oramai non potevo più farci nulla, mi diressi verso di lui e assunsi un espressione rilassata.
Solo allora ricordai di come mi ero vestita. Arrossi e coprii le orecchie da gatto col cappuccio della felpa.
- Strawberry! -Disse con un sorriso- Come mai qui a quest’ora e vestita in questo modo?
-Storia lunga…-Commentai mordendomi il labbro inferiore. Cominciò a sanguinare.
Mi sedetti vicino a lui.
- Ryan mi ha detto…
Sbarrai gli occhi, allora aveva parlato! Sbiancai, stavo per avere un mancamento…
-Non credere a quello che dice Ryan, sono solo bugie!-Cercai di rimediare, ma mi sembrava irreparabile ormai…
- Hei tranquilla, mi ha semplicemente detto che avevi lasciato la finestra aperta del caffè, non devi vergognarti…-Assunse un espressione rassicurante.
E mi rassicurò davvero. Tirai un sospiro di sollievo e mi abbassai il cappuccio.
-Eh si…-Feci la faccia di un cane bastonato, come per caricare ancora di più la commedia- Ho fatto un bel casino…
Lui mi dette una pacca sulla spalla- Cose che si rimediano…
Poi si alzò- Adesso devo andare, stammi bene, ci vediamo oggi al caffè!
Io lo salutai e ritornai di nuovo sola, con i miei pensieri da cui cercavo di fuggire.
Guardai l’ora nel cellulare, la scuola doveva essere già finita quindi decisi di andare a comprare qualcosa da mangiare.
Mi vibrò il telefono, vidi un messaggio: era Lory.
Perché non eri a scuola oggi? Io e Mina ti abbiamo cercato dappertutto! Stai bene? Vieni al caffè?
Sorrisi amaramente, tutte domande a cui non sapevo rispondere.
Continuai a camminare, il messaggio mi aveva riportato alla realtà e non avevo più fame.
Cominciai a piangere, involontariamente, ma piansi. Piansi come può piangere una ragazza distrutta. Distrutta dall’amore che ha perso.
“Io lo amo, non si può amare qualcosa che fa male no?” Eppure io lo sapevo bene, troppo bene. La risposta era un terribile si.
Mi misi le mani sugli occhi, non capivo, non distinguevo l’amore dal dolore.
Non riuscivo a farlo. Non volevo farlo.
Poi lo vidi. Nel cielo, tra le nuvole lo vidi. Vidi quel confine, e fece ancora più male.
Amare l’Odio è masochismo. Amare l’Amore è egocentrismo.
Ma nemmeno questo è esatto, perché amare l’amore è il Paradiso. E allora amare l’odio è l’Inferno?
“Sono forse un demone io?” Non volevo accettare l’idea che il mio amore fosse sbagliato. Ero convinta che quella sbagliata fossi io.
Raggiunsi il parco. Mi distesi nell’erba. Vidi il sole, con le relative nuvole.
Alcune lo offuscavano. E fu lì che capii. Capii che la mia convinzione era solo qualcosa che mi ostacolava a trovare il mio Paradiso.
Ma non sapevo come raggiungerlo, eliminare quelle Nuvole e trovare il mio Sole.
Presi un filo d’erba tra le mani e lo lanciai in aria, attraverso la mia visuale delle cose esso raggiunse il sole. Guardai le mie mani, erano loro che lo avevano lanciato.
Dovevo essere io a volerlo, a lanciarmi verso la Gioia.  Bastava che lo capissi e che lo desiderassi.
Misi una mano davanti al viso per parare il sole, ma eliminai ogni significato metaforico, mi dava semplicemente noia.
Qualcos’altro però mi offuscò la luce.
Non realizzai subito, ma mi bastò vedere gli enormi occhi verdi per capire.
-Ghish!-Esclamai spingendolo indietro.
Lui ridacchiò, col suo solito ghigno. -Si sono io micetta.
Lo guardai storto, indietreggiando, avevo la mano pronta-Che cosa vuoi?
Sorrise beffardo- Mi sembra evidente. Voglio portarti via con me.
Sgranai gli occhi.-Co…Co..Cosa?-Ci mancava solo quella complicazione. Presi in mano il ciondolo e feci per trasformarmi, ma Ghish più veloce me lo strappò di mano.
-Questo lo tengo io…
Sbiancai di colpo, ora avevo realmente paura. Ghish non era un tipo con cui si poteva scherzare…
-Lasciami in pace!-Gli gridai contro
Lui mi si avvicinò. Poi assunse un espressione seria-Non ho intenzione di ripetertelo. Vieni via con me!-Si stava arrabbiando, lo capivo dalla voce.
Cominciai a correre, non avevo armi per difendermi.
Sbiancai di colpo: avevo trovato un vicolo cieco.
Sentii i passi di Ghish dietro di me.
Il cuore a mille. E l’orrore di nuovo si impadronì di me. L’impotenza regnava nei miei sentimenti. E la cosa peggiore è che ne ero consapevole. E non potevo farci nulla.
L’alieno mi afferrò i polsi da dietro e lugubramente mi sussurrò al collo-Non opporre resistenza micetta…Sarà un mondo solo per noi…
Io mi ribellai a quella stretta e lo graffiai, come solo un gatto sa fare. E per un istante nei suoi occhi vidi la rabbia. Ed ebbi paura.
Il colpo non arrivò improvviso, ci fu un silenzio prima, vidi il suo braccio muoversi e percepii ancora prima che arrivasse il dolore sul mio viso.
Caddi in ginocchio. Sanguinavo.
L’alieno dagli occhi verdi mi osservava attonito- Scusa piccola…
Io mi alzai in piedi e lo guardai rabbiosa, lui mosse un passò, io urlai contro di lui-Non osare toccarmi, nemmeno per un istante!
Rise-Queste si chiamano illusioni bambolina…
La rabbia crebbe in me e cominciai a sferrare pugni e calci, trovai una via di fuga e sgattaiolai sinuosamente via, con l’alieno alle calcagna.
Mi acchiappò per la vita e mi attirò a se. Qualcosa mi punse, mi pizzicò.
Ed io mi sentii debole.
Debole.
Debole.
E fu tutto buio.
 
 
 
Aprii gli occhi. Il terrore si impossessò di me, cercai con lo sguardo Ghish. Non capivo, il cervello non si era ancora attivato del tutto e ero in un misto tra sonno e realtà. Scossi velocemente la testa e riacquistai cognizione del tempo e dello spazio.
Non mi trovavo dove prima, osservai il mio campo di visuale a trecentosessanta gradi. Mentre osservavo tornai rapidamente indietro e vidi l’ultima cosa che mi aspettavo di vedere.
Ryan Shirogane era seduto ad una scrivania intento a leggere qualcosa, piano piano riconobbi l’ambiente. Doveva essere il caffè.
Quindi quella era la sua stanza? Arrossii e solo ora mi accorsi di essere su un letto. Il suo letto. Delle orecchie da gatto si formarono sulla mia testa.
Mi alzai silenziosamente, misi un piede in fallo, caddi. Il biondo si girò lentamente verso di me e ridacchiò- Non cambi mai eh?
Io arrossii.
-E’ la seconda volta che ti salvo, possibile che tu non riesca a cavartela da sola?-Sembrava quasi arrabbiato.
Sbarrai gli occhi, in effetti non ci avevo pensato, se mi trovavo lì era perché Ryan mi aveva salvato.
-Co..Co..Co… Cosa… Dov’è Ghish?-Balbettai
Lui fece un sorrisetto-Non dirmi che ti manca…
Io scossi la testa.
-Se è questo che vuoi chiedermi, non l’ho ucciso. L’ho solo convinto a tornare al suo pianeta. Senza di te.-Marcò l’ultima parola, e per questo arrossii.
Mi si avvicinò- Possibile che devi sempre cacciarti nei guai?- Aveva un tono accusatorio
Abbassai la testa-Non lo faccio apposta… Scusami.
E lui fece la cosa che meno mi sarei aspettata: scoppiò a ridere. Rise di gusto, ma senza cattiveria. E ridendo se ne andò, lasciandomi sola, perplessa, chiusa nei miei pensieri.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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