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Autore: PattyOnTheRollercoaster    22/12/2010    1 recensioni
“Però devi promettere!”, aggiunse Leslie tendendogli di nuovo la mano, “Devi promettere che niente ci fermerà, e che faremo di tutto per realizzare il nostro sogno, e che se servirà ci sosterremo a vicenda.”
Jess sorrise e le strinse la mano. “Prometto”, disse, e pensava davvero a ciò che stava per dire, e desiderava ardentemente che le sue parole si avverassero. “Farò di tutto per realizzare il mio sogno, e ci sosterremo a vicenda.”

Leslie e Jess hanno sogni difficili da realizzare, molto da apprendere e solo loro stessi su cui appoggiarsi. Il mondo li attende solo per rendergli le cose ancora più complicate, ma il Re e la Regina di Terabithia, assieme, non si arrenderanno facilmente.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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13.Successe il 26 Agosto





Leslie e Marc non si erano più parlati dopo quell’episodio. In verità non si erano neanche più guardati. Le rare volte che si incrociavano nei corridoi si evitavano bellamente, o si scambiavano sguardi furtivi tentando di non farsi vedere dall’altro. Invece, chi non evitava Marc, era Jess, furioso dopo quel ch era successo. Ogni volta che lo vedeva lo uccideva solo con lo sguardo, e aveva smesso solo quando Leslie gli aveva pregato di farlo. Ma in realtà il ragazzo aveva un prurito alle mani ogni volta che ci pensava, dargli quell’unico pugno era stata solo una piccola parte dell’odio che voleva riversargli addosso.
Le vacanze di Natale erano arrivate e passate, con il consueto rito di festeggiamenti a Terabithia, e anche quell’anno morirono di freddo. Erano tornati come prima: loro due, soli nella casetta sull’albero.
Jess aveva ripreso ad andare da Felicity per le sue preziose lezioni di disegno e di storia dell’arte. Leslie aveva ricevuto i risultati del concorso al quale si era iscritta e, con sua grande sorpresa, era arrivata seconda. I giudici le avevano detto che la sua storia poteva anche arrivare prima, ma la prima classificata si era aggiudicata la vincita grazie ad una punta di originalità in più.
“Non è originale? Io pensavo di essere la persona più originale del mondo!”, si lamentò Leslie quando lo venne a sapere.
“Non esagerare adesso. Del mondo…”, le aveva detto Jess.
“Per modo di dire”, si giustificò la ragazza. Tuttavia era molto felice di essere arrivata seconda, si era aggiudicata una possibilità ancora più grande per ottenere un posto alla scuola di scrittura.
“Quando dovrai presentare la prossima storia?”
“Entro e non oltre il quindici di Giugno. E mi daranno i risultati ad Agosto. Fine Agosto”, disse Leslie.
Si avvicinavano gli esami, e tutti, professori ed alunni, sembravano sull’orlo della disperazione. I compiti in classe e le interrogazioni si facevano sempre più frequenti, e non erano rare le giornate in cui Leslie e Jess dovevano restare a studiare fino a tardi. Tuttavia, nonostante questo, Leslie trovava sempre del tempo per scrivere e, quando si avvicinò il compleanno di Jess, trovò del tempo anche per andare a comprargli il regalo. Gli comprò, come ormai era diventata sua abitudine, un libro di un artista: questa volta toccava a William Turner.
Quando Jess scartò il regalo l’unica cosa che fu capace di dire fu: “No!”
“Come no? Non ti piace?”, chiese Leslie.
“No! Voglio dire, si! Ma no, nel senso: no! Leslie mi ha comprato un regalo bellissimo!”, disse Jess scorrendo le pagine del libro.
Quando, pochi pomeriggi dopo, Jess andò da Felicity, scoprì che anche lei gli aveva fatto un regalo. “Jess, mi sono permessa di fare una cosa, spero che non ti dispiaccia”, disse con tono austero.
“E cioè?”, chiese Jess, seduto di fronte a lei bevendo tè. Avrebbe dovuto sapere che era qualcosa di estremamente importante, ogni volta che Felicity parlava di cose serie preparava del tè.
“Ho mandato alcuni tuoi disegni all’accademia di Arte di New York, assieme ad un lettera nella quale spiego la tua curiosa situazione. Se i tuoi disegni verranno ritenuti buoni allora potrai vincere una borsa di studio per l’Accademia di Belle Arti.”
Jess quasi si strozzò con un biscotto, uno di quelli che preparava Felicity: per niente buoni e duri come la roccia; li mangiava solo per farle piacere. Tossì un po’, poi chiese: “Quale sarebbe la mia curiosa situazione?”
“Sarebbe un insegnamento dell’arte a singhiozzo negli ultimi tre anni e, nonostante questo, il raggiungimento di più che soddisfacenti risultati”, disse Felicity incrinando leggermente le sopracciglia.
“Quindi… potrei avere una borsa di studio?”, chiese Jess.
“Si, ma non ti montare la testa. La borsa di studio viene data solo a pochi selezionati ogni anno. Per quanto ne so hai il 5% di possibilità di riuscire.” Come al solito, Felicity faceva un passo avanti e due indietro, ma ormai Jess era abituato a quel suo modo di fare, e riteneva che si comportasse così per spronarlo sempre di più.
“Quando lo saprò?”
“Ho lasciato il tuo recapito telefonico. Ti chiameranno per darti i risultati verso la fine di Agosto.”
“La fine di Agosto? Così tanto?!”, chiese Jess.
“Non credo sia una cosa sconveniente, ora come ora dovresti studiare solo per conseguire il diploma”, disse Felicity seria. “All’Accademia ti aspettano cinque anni difficili, pieni di studio e d’impegno. Quello che stai facendo adesso è la metà di quello che ti toccherà fare una volta lì.” Felicity si alzò e gli aprì la porta. “Va’ a studiare Jess”, disse con tono pigro.
Nel frattempo i mesi continuavano a passare, e gli esami si avvicinavano sempre di più. Il tempo veniva quasi mangiato, divorato voracemente senza lasciare la possibilità a nessuno di tirare il fiato. Ma non erano quelle le maggiori preoccupazioni di Leslie e Jess, piuttosto il loro vero esame sarebbe avvenuto solo verso fine Agosto, anche se non sapevano precisamente quando.

“Allora com’è andata?”, chiese Jess.
“Bene credo, e tu?”
“Boh. Speriamo bene. Cos’hai messo alla domanda due?”
“La c”, rispose Leslie in fretta.
“Anch’io”, esclamò Jess trionfante.
“Cavolo! Adesso devo mettermi subito a studiare per l’orale”, disse Leslie.
“Giovedì vero?”, chiese Jess.
“Si. E tu?”
“Giovedì della settimana dopo.”
“Chissà se per il tuo compleanno avremmo già i risultati. A proposito, che cosa vorresti come regalo?”, chiese Jess salendo in macchina.
“Non lo so, quello che vuoi. Non devi farmi un regalo per forza”, disse Leslie salendo nel posto affianco a Jess.
“Si ma, quando mai non ci siamo fatti il regalo?”, chiese lui.
“E’ vero. Allora ci penso e te lo dico.”
Jess rimase pensoso. “No forse ho trovato.”
“Di già?”
“Ispirazione”, rispose lui inserendo le chiavi nel quadro.
I risultati degli esami uscirono proprio il ventinove di Luglio. La sera, per festeggiare, i genitori di Jess e quelli di Leslie vollero andare tutti a cena fuori assieme. Andarono in pizzeria dopo aver prenotato un tavolo per otto, e brindarono al compleanno di Leslie e ai due neo-diplomati.
“Adesso non resta che aspettare la fine di Agosto”, disse Leslie a bassa voce a Jess.
“Infatti. Lo sai che ancora i miei non lo sanno?”
“Non gliel’hai detto? Ma telefoneranno a casa!”
“Lo so, lo so. Credi che si arrabbieranno molto? In fondo non è colpa mia! E’ stata Felicity!”, sbottò Jess senza farsi vedere dai genitori.
“Si ma dovevi dirglielo. Prometti che glielo dirai presto”, disse Leslie.
“D’accordo”, sibilò Jess.
Nonostante la promessa Jess non lo disse ai suoi genitori. Per il seguente mese stettero tutto il tempo rintanati nella casa sull’albero, a fremere ed aspettare. Mai un estate era passata così lentamente. Il tempo si trascinava più lento solo per fare loro un dispetto.

Successe il 26 Agosto, alle nove e quarantadue di mattina.
Jess si recò, come tutti i giorni, a Terabithia. Passò con noncuranza sul ponte e si diresse alla casa sull’albero. Non appena fu lì lo accolse un gridolino acuto.
“Jess! Era ora!”, esclamò Leslie. “Guarda!”, esclamò passandogli una lettera dall’aria ufficiale. “Sono loro! Sono loro!”
“Quando è arrivata?”, chiese Jess boccheggiando.
“Stamattina. Ho detto ai miei che l’avrei aperta con te. Ora la apro”, disse guardando la lettera con soggezione.
“Apri”, ripeté Jess.
A Leslie tremavano le mani per l’emozione. Ruppe con gesti secchi la busta e aprì la lettera. La dispiegò e lesse in silenzio. Jess la osservava ansioso quasi quanto lei. Leslie lesse due volte per intero tutta la lettera, la prima lettura era stata incomprensibile, la seconda le servì per capire il verso significato delle parole. Quando finì si mise le mani nei capelli e si accasciò alla parete, gli occhi fissi sul muro.
Jess la guardò un secondo e disse: “Hey, ci saranno altre occasioni, ne sono certo.”
Leslie alzò lo sguardo, gli occhi spalancati, e disse in un sussurro: “Ce l’ho fatta.”
Corsero fino a casa di Leslie per dare la notizia ai suoi genitori. Loro abbracciarono indiscriminatamente sia la figlia che Jess, poi la signora Burke cominciò ad elencare un sacco di cose che avrebbe dovuto comprare per Leslie, che andava a studiare dall’altra parte del paese.
Il signor Burke invece cominciò a dargli un sacco di consigli sul college, e raccontò un sacco di storie di cose che gli erano capitate a scuola quando era giovane.

Successe il 26 Agosto, alle diciassette e tredici di pomeriggio.
Il telefono squillò in casa Aarons. “Tesoro squilla il telefono!”
“Vai tu io sono con le mani nella farina!”, gridò la signora Aarons al marito.
“Pronto?”
“Pronto, casa Aarons?”, chiese una voce da uomo dall’altra parte.
“Si, dica pure.”
“Chiamo dall’Accademia di Belle arti di New York. Volevamo avvisare che Jess Oliver Aarons ha ottenuto la borsa di studio. E’ il primo della lista e, come da programma, riceverà tutti i materiali scolastici dalla scuola, avrà un posto nel collegio e riceverà come supporto una borsa di studio di cinquecento dollari.” Quelle improbabili parole restarono sospese a mezz’aria per alcuni secondi. “Pronto?”, disse la voce al telefono.
“Si, mi scusi. Vuol dire mio figlio Jess? Jess Aarons?”
“Si certo. Sa, ho visto poche persone con un talento grande come il suo, lei è suo padre?”
“Si, si.”
“Dovrebbe essere fiero di suo figlio. Presto le invieremo i documenti che Jess dovrà firmare, c’è scritto tutto ciò che dovrete sapere, e per qualsiasi domanda c’è anche il numero di telefono e l’indirizzo e-mail dell’Accademia”, disse l’uomo. “A presto signor Aarons”, e riattaccò.
Quando Jess tornò a casa vide suo padre seduto pensoso sulla poltrona, che guardava gli album da disegno di Jess. Negli anni erano accumulati, ed erano diventati circa una decina, pieni di scarabocchi senza senso ma anche di veri e propri disegni e dipinti.
“Che cosa fai?”, gli chiese Jess con occhi sorpresi.
L’uomo alzò gli occhi dai fogli e disse: “Quindi è questo che vuoi fare.” Sospirò. “Jess… io non sono uno che s’intende di arte, o di queste cose, e ad essere sincero le ho sempre considerate sciocchezze. Ma se è questo che vuoi, e se ci sono persone che pensano che tu valga come artista, allora dovresti davvero farlo.” Jess restò a guardarlo senza capire. Era stupito da un così improvviso cambiamento, non capiva come poteva essere successo. “Hanno chiamato da… New York, per dirmi che eri stato ammesso all’Accademia di Belle Arti. Con una borsa di studio”, disse il signor Aarons. “Dicono che sei stato il migliore.” Il signor Aarons deglutì, gli si stava formando un fastidioso groppo alla gola.
Jess cercò di dire qualcosa, ma non gli riusciva di emettere un suono. Era diviso, non sapeva che cosa fare. Era felice perché era stato ammesso ad una delle più prestigiose scuole d’arte del paese e forse addirittura del mondo intero. Ma l’angoscia gli morse la gola quando si rese conto che non avrebbe mai potuto frequentare, perché non aveva detto assolutamente nulla ai suoi genitori, aveva mentito, aveva fatto le cose di nascosto. Alla fine disse solo, con voce stentorea e rotta: “Scusami.”
Suo padre si alzò e lo raggiunse, abbracciandolo forte. “Sono io che dovrei scusarmi Jess.”
Per un secondo, solo un attimo che parve fermarsi nel tempo, a Jess sembrò di tornare bambino. Abbracciò forte suo padre e si ricordò da quanto tempo era che non lo faceva. Sentì la sue braccia ruvide che lo stringevano, e immaginò il suo volto, sempre così impenetrabile, aprirsi in quell’espressione che riservava così di rado alle persone. E che adesso era solo per lui. Per Jess. Non per May Belle, non per Joyce Anne.
Solo per Jess, suo figlio Jess.

Quando Leslie guardò fuori dalla finestrella della casa sull’albero lo vide di nuovo. Era scomparso da tanto tempo. Anche Jess lo vide, inizialmente dovette aguzzare lo sguardo, ma poi si rese conto che era proprio lui.
“Jess guarda!”, esclamò Leslie indicandolo.
“Il Troll Gigante!”, gridò Jess scendendo dall’albero con foga, seguito subito da Leslie.
Si precipitarono verso di lui, correndo assieme come non facevano da molto tempo, mentre lui li aspettava mansueto seduto in riva al grosso Fiume del Drago, che passava per tutta Terabithia. Non appena il Troll Gigante li vide li salutò con un sorriso timido e fece loro segno di sedersi affianco a lui. I due ragazzi si sdraiarono e alzarono gli occhi verso il sole che splendeva sopra il loro regno immaginario, ma quella volta era più vero che mai.
“Quindi finisce così?”, chiese ad un tratto Jess.
“Finisce cosa?”
“Finiamo noi. Non ci vedremo mai più?”, chiese Jess con un leggero tremito nella voce.
“Dobbiamo mantenere la nostra promessa, non ricordi? Ce la metteremo tutta per perseguire il nostro obbiettivo, e adesso ce l’abbiamo fatta. Abbiamo mantenuto la promessa.”
“Infatti. Ma dovremmo farne una nuova”, disse Jess risoluto.
“E cioè?”, chiese Leslie, con le mani sullo stomaco.
“Prometti… che ci terremo sempre in contatto, e non appena potremmo ci incontreremo di nuovo.” Jess si voltò verso di lei.
“Prometto”, disse Leslie senza esitazioni.
I due si guardarono negli occhi per un po’.
Leslie si alzò a sedere. “Dov’è andato il Troll?”, chiese, notando la sua assenza.
Jess guardò ancora una volta l’orizzonte. La sagoma alta e scura del Troll Gigante camminava lenta lungo il fiume. Quando lo guardavano lo videro voltarsi, alzare una mano e salutarli.
Lo salutarono anche loro, agitando le mani freneticamente.


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Penultimo capitolo! Con il prossimo ci salutiamo...
Comunque voglio dire riguardo a questo capitolo che è uno dei miei preferiti. Tutti e due i personaggi portano due diversi aspetti della storia, a mio parere. Leslie deve infatti confrontarsi con moltissime persone più in gamba di lei, e con l'impegno riesce a farcela. Invece Jess deve convincere i suoi genitori, che non è poi da meno. La sperazione fra Leslie e Jess con la metafora del Troll Gigante mi piace un sacco, non so nemmeno come mi sia venenuta in mente ._.
Be', al prossimo e ultimo capitolo, un grazie a tutti i preferiti, le seguite e tutti coloro che leggono! ^^










Buon Natale
   
 
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