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Autore: fatina83    22/12/2010    1 recensioni
Sophie è una ragazza semplice che fa l'incontro della sua vita ma il problema e che la sua semplicità andrà a scontrarsi inevitabilmente con quella di lui molto più dura e problematica. Riuscirà a cavarsela e uscirne comunque a testa alta???
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jackson Rathbone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9: NEVE+FREDDO=CIOCCOLATA
 


Il fatidico giorno stava per arrivare, ma non mi importava più della colazione che avrei fatto con tutto il cast, mi iniziava ad interessare lui. Che buffo che era stato, chissà perché faceva così, mi iniziava a piacere il modo in cui si comportava, sembrava volermi conquistare in tutti i modi e ci riusciva benissimo. Rimasi ancora nel letto quella domenica, non avevo intenzione di muovermi, avrei aspettato pazientemente mezzogiorno per mangiare, d’altronde erano stanca per la serata passata con le ragazze, niente concerto quel fine settimana, ma non avevamo rinunciato alla birra e Katy era sparita con uno sconosciuto mentre io e Mary eravamo tornate sole solette al dormitorio.

La neve era caduta quel giorno a Los Angeles, ed io ero coperta sino al collo con mio caldo piumone e mi crogiolavo nei miei pensieri quando il cellulare iniziò a squillare, non potevano essere i miei, non a quell’ora perlomeno , presi il telefono e guardai il Display, “numero privato”, non avevo nessuna intenzione di rispondere ad uno sconosciuto ma, dopo la quinta telefonata risposi spazientita.
«Pronto» quasi ringhiai

«Buon giorno…ma dormivi?»

«Scusa ma chi sei?» chiesi smarrita.

«E’ una settimana che non mi vedi e già ti sei scordata di me?» non poteva essere lui, feci un respiro profondo poi ripresi.

«Jay?»
«Esatto, sono in hotel ad aspettare gli altri per le interviste, tu cosa fai?» chiese curioso.
«Nulla sono nel letto, non ho intenzione di alzarmi, fa troppo freddo»
«Ma…non dovresti studiare?» disse con tono inquisitorio.

«Mmm. E tu non dovresti lavorare?» ribattei io sulla stessa riga
«Lo sto facendo, sto aspettando gli altri e poi i giornalisti, ma fino a che non arrivano …be’ ho pensato che era meglio sentire la tua voce piuttosto che i miei pensieri» diventai rossa dall’imbarazzo e ringraziai il cielo che lui non potesse vedermi.
«Dove sei?».

«Sono a Los Angele, sta sera dovrei finire relativamente presto e mi chiedevo se ti andava di venire a cena con me» propose con il suo solito charme.
«Mmm, ricordi il patto, prima Robert Pattinson poi la cena» mi piaceva stuzzicarlo.

«Ok..come vuoi» rispose con un tono di voce deluso.

«Be’ ..è ti arrendi così..non è da te jay?!?» continuai cercando di ottenere comunque un appuntamento da lui.

«Se la metti così…ti passo a prendere alle venti» aveva sicuramente acquisito coraggio.
«Nessuna cena!!!» lo bacchettai.

«Allora appena finisco …dovrei finire alle diciotto, andiamo a prendere una cioccolata calda ti và?»

«Molto volentieri» ecco, ero riuscita nel mio intento, sarei uscita di nuovo con lui, sola con lui.

«Adesso vado, sono arrivati gli altri a più tardi»


Saltellai sul letto, come una ragazzina alla sua prima cotta, stavo perdendo seriamente interesse verso Robert Pattinson è quelle attenzioni, quegli accorgimenti di Jackson mi facevano vistosamente arrossire. Erano solo le dieci, ma nella mia testa scattò il classico meccanismo delle donne, quello che per prepararsi e per essere belle ci vuole il suo tempo. Iniziai a frugare nell’armadio, anzi lo svuotai letteralmente, provavo tutte le possibili combinazioni, ma nulla, nulla sembrava adatto per l’occasione. Accostai una camicia ed un maglione, era fuori discussione, non era affatto da me vestirmi in quel modo. Presi i miei jeans preferiti, una magliettina e un gigantesco cardigan, ecco avevo trovato l’abbigliamento giusto, e poi, non volevo mica che lui si accorgesse che mi ero fatta bella per lui. Afferrai l’occorrente per la doccia e mi incamminai verso il bagno quando la musichina del cellulare mi avvertì che era arrivato un messaggio. Lo afferrai e aprì il menù:


Non vedo l’ora di finire e passare il pomeriggio con te”


OMG…feci un urlo che sentirono fino all’altro dormitorio “ ok Sophie calmati, ha solo detto che gli piace l’idea di passare il pomeriggio con te …è allora?…è allora!!!! come faccio a stare calma” il mio cervello era fuori controllo e si stava già facendo i suoi viaggi mentali. Feci un grosso respiro, buttai tutto fuori ma, il sorrisino da povera ebete rimase come stampato sulle mie labbra ”adesso ti farai una doccia, mangerai con calma, leggerai un libro e aspetterai pazientemente le diciotto...no forse è meglio iniziare a preparasi alle diciassette...sì, sì è meglio…quindi alle diciassette inizierai a prepararti e poi… e se si libera prima?…se viene prima?…forse….forse è meglio che dopo aver mangiato mi vesta e leggo il libro già pronta…sì farò così”.

Mi buttai sotto il getto caldo della doccia, cercando di pensare ad altro, iniziai a cantare per concentrarmi su qualcosa che non fosse Jay.

 

Wake me up before you gogo Don't leave me hanging on like a yoyo

Wake me up before you gogo I don't want to miss it when you hit that high

Wake me up before you gogo 'Cause I'm not plannin' on going solo

Wake me up before you gogo Take me dancing tonight

I wanna hit that high (yeah, yeah)


«Sophie stai bene?» le ragazze erano rientrate e Mary si era avvicinata alla porta del bagno per avere mie notizie.

«Sì, Mary, sto bene!!! Non ti preoccupare» urlai abbassando il getto della doccia perché mi sentisse.

«Ok, se lo dici tu? Sai è strano sentirti cantare» farfugliò
«Cosa?» urlai

«Dicevo è strano sentirti cantare» ripeté scandendo ogni parola.

«Sono felice!!!» risposi.

«E’ strano anche quello» disse e si allontanò, era rimasta molto perplessa dal mio comportamento.


Era vero, in due mesi circa in cui ero in America, non ero mai stata così felice, ero sempre stata triste e malinconica. Mi sentivo sempre spaesata efuori posto, ma la conoscenza di quel ragazzo aveva un po’ cambiato il mio modo di essere, cosa che non sapeva nessuno. Beh effettivamente non sapeva nessuno come era Sophie in Italia e forse era meglio che quel mio lato rimanesse celato e non venisse mai fuori.


Come avevo pensato alle quindici ero già pronta, con i capelli perfettamente pettinati ed un filo i trucco, adesso mi sarei messa sul divano a leggere il libro, presi il primo che mi capitò sotto le mani ed iniziai a leggere. Non so come, ma mi addormentai e mi svegliai quando la musichina del cellulare suonò in modo in cessante.
Lo afferrai e lessi il messaggio:


“Sono qui sotto da quasi un ora, inizio a stancarmi, se non vuoi uscire basta che tu me lo dica”


Saltai giù dalla poltrona, come se una scarica elettrica mi avesse colpito in pieno, riguardai il telefono…dieci chiamate senza risposta. Mi affacciai alla finestra sperando che lui mi vedesse, ma nulla. Non era lì. Afferrai la borsa e il cappello di lana e scesi giù velocemente dimenticandomi le chiavi di casa. Lasciai perdere, non volevo tornare indietro, volevo correre e sperare che lui fosse ancora lì ad aspettarmi. Scesi giù, quasi inciampando nel fare le scale quattro alla volta, aprii il portone e …nulla lui non c’era.

 

«Accidenti…ma perché mi sono addormentata?!?» andai verso la panchina innevata nel cortile del campus, a freddare quel mio cervello che non era riuscito a stare sveglio in un giorno che poteva essere speciale, quando qualcuno batté nervosamente la mano sulla mia spalla… abbassai lo sguardo e mi girai senza alzare gli occhi.

«Sì, sì Katy scusami, ho di nuovo sbatt-u-t-o l-a- p-o-r-t-a…ciao» farfuglai. Davanti a me comparvero due occhi verdi che fecero del tutto sconnettere il mio cervello da tutte le funzionalità più elementari. ”Ben ti sta, così impari ad addormentarti” pensai

«Pensavo mi avessi dato buca» disse Jay raggiungendomi sulla panchina.
«No, scusami …mi sono addormentata» tentai di scusarmi.

«Pagherai pegno perché è quasi un’ora che ti aspetto al freddo dentro la mia macchina»
«Ok, posso fare qualcosa per farmi perdonare?» chiesi con aria colpevole
«Mmm ci penserò…» disse ammiccando.

Fece un sorriso micidiale, mi condusse sino alla sua macchina e aprendo lo sportello mi fece accomodare. Fece un grosso respiro e poi chiese
«Bene sei pronta?- e dopo un mio piccolo cenno di assenso - bene allora si parte»

Mi portò in un localino appartato, alla moda, dove nessuno faceva caso a lui. Probabilmente lo conoscevano, andò direttamente verso un tavolino libero e dopo avermi fatto accomodare si sedette anche lui. La cameriera venne subito, probabilmente era la proprietaria vista l’età.


«Salve ragazzi cosa posso darvi da bere in questa giornata tanto fredda?» chiese con un sorriso.

«Due cioccolate calde, grazie…e zuccherini rossi per la signorina!!»aggiunse.
«Arrivo fra poco con la vostra ordinazione» disse la signora dopo aver annotato l’ordine se ne andò.


«Cosa sono gli zuccherini rossi?»chiesi a Jay curiosa

«Lo vedrai» mi disse e fece una strana espressione, più curiosa che strana, tese il labbro verso sinistra mentre le sopracciglia andavano all’insù e gli occhi diventavano quasi una fessura.


La cameriera non tardò ad arrivare, la sua cioccolata era piena di zuccherini colorati mentre sulla mia vi erano degli zuccherini rossi a forma di cuore.
«E questi… perché?» chiesi indicando la mia tazza.

«Perché sento che hai bisogno d’affetto» rispose con naturalezza.

«E tu, non ne hai bisogno?» chiesi.

«Io ho bisogno di ridere»

«Allora dovrò sforzarmi tanto, hai una faccia così seria - riuscii a farlo sorridere per un istante - allora non è così difficile farti ridere» aggiunsi.

«Forse ci riesci solo tu?» chiese con una punta di malizia.

«Non credo… - risposi sorridendo e continuai - Dai raccontami, come mai hai bisogno di ridere, ti è andata storta la giornata?»

«Non in modo particolare, è stata solo piena di gente che non avevo voglia di vedere. Ma ti prego cambiamo argomento?»

«Ok, parliamo un po’ di te, ogni volta parlo sempre io, la mia storia la conosci già» conclusi.

«Ok, cosa vuoi sapere?» chiese risistemandosi sulla sedia.

«Mmm dimmi com’è essere famoso? Essere un attore e vestire i panni, ogni volta, di una persona diversa?» chiesi.

«E’ bello pensare che davanti allo specchio piano piano cambi sino a non riconoscerti più. I tuoi problemi, le tue paure, le tue tristezze, rimangono coperte dal trucco scenico, e non sei più tu» rispose con una punta di amarezza nella voce roca.

«Wow…è bellissimo quello che hai detto»

«Ti basta così poco per stupirti?»

«No, credimi, si sentiva che quello che stavi dicendo usciva dal profondo e lo hai detto con una convinzione che, mi ha incantata…e cos’è per te essere famoso?» continuai il mio interrogatorio.

«Il realizzarsi di un sogno, non avrei mai pensato di arrivare sino ad avere così tanta notorietà. Mi stupisce ancora, ma ringrazio Dio ogni giorno per quello che sono diventato» rispose fermamente.

«Scommetto che puoi avere chiunque tu voglia, basta…schioccare le dita»
«No, non è come pensi tu…comunque non voglio parlare di questo» disse, tentando di glissare l’argomento.

«Allora di cosa parliamo?» insistetti.

«Beh di te, sono sicuro che di me sai già abbastanza dai giornali»
«No invece, so come ti chiami e che hai una band, non so altro…con chi andrai alla premier di mercoledì» incalzai anche se temevo di sembrare una rompi scatole volevo davvero sapere qualcosa di più su di lui, soprattutto sulla sua vita sentimentale..
«Con i miei genitori, porto sempre loro con me. Ogni volta che presento un film sono con me, sono i miei primi fan» rispose orgoglioso.

«Sei molto carino, di solito tutti esibiscono ragazze copertina, solo per farsi ammirare e tu invece…i tuoi genitori» risposi sarcastica.

Perfetto, non avevo cavato un ragno dal buco, ma non mi sarei data per vinta così presto.

La tazza di cioccolata sembrò finire presto, ma la conversazione con lui sembrava non voler finire. Finalmente sembrava essersi un po’ liberato, iniziò a raccontarmi la sua vita sino a che il discorso tornò sul privato.

«E…allora lei cosa è per te?» dissi sfrontata, anche se non credo che mi interessasse più di tanto

«Chi scusa?» chiese con aria stupita.

«Ashley Greene» risposi come fosse la cosa più naturale.

«Non avevi detto che sapevi poco di me?!? - sorrise quasi sforzandosi - Un’amica, è rimasta solo questo» concluse con evidente amarezza.

«Mi sembri un po’ giù, scusami non dovevo farti questa domanda» mi scusai.
«No, tranquilla, io e lei abbiamo avuto solo una breve storia. Il problema è che solo io ci sono rimasto male» finì abbassando lo sguardo.

«Scusami, scusami. Cambiamo discorso dai…non voglio farti stare male»
«Grazie. Ma sai anche io come te ho smesso di illudermi o perlomeno di fidarmi delle persone… Quelle che dicono “Mi sono presa una cotta per te “ purtroppo di solito intendono, “Mi fai comodo sino a che non trovo uno che sia migliore di te”»
«Anche a me è successa una cosa simile, il problema che io mi sono fidata troppo e alla fine quella che si è fatta del male sono stata io» conclusi triste
«Bene…allora diciamo che la smettiamo di parlare d’amore e di delusioni» concluse con un sorriso.


La conversazione sembrò protrarsi a lungo, sino a che vide l’orologio ed esclamò che era tardi. Ci alzammo dal tavolo e ci avvicinammo alla cassa. Due o forse tre persone si avvicinarono chiedendogli autografi. Cambiò subito espressione, la sua aria triste e malinconica sparì e in un attimo sembrò ritrovare il sorriso. Si mise in posa e dopo aver accontentato le fans pagò il conto ed insieme uscimmo dal locale. Fuori era già buio, ci incamminammo verso l’auto. Mentre passeggiavamo per la strada innevata i miei piedi sembravano aver messo i pattini, scivolai giù e sbattei violentemente il sedere a terra, mentre lui cercò in tutti i modi di trattenermi.

«Ti sei fatta male?» chiese apprensivo.

«No…ahi ahi ahi» negai.

«Dai vieni qui» Mi aiutò a rialzarmi prese la mia mano e la strinse forte aiutandomi a camminare. Arrossii e cercai di nascondere il mio imbarazzo. Era strano per me camminare per quelle strade con lui che mi teneva la mano, sembravamo una coppietta.

All’improvviso mi irrigidii.


«Che succede Sophie» chiese.

«E se vengono i fotografi? Forse è meglio allontanarci, magari io cammino un po’ più avanti»proposi esitante

«Non mi importa di quello che scrivono i giornali, ho perso interesse per quello che dicono a sproposito, quindi non me ne preoccupo».


Arrivammo alla macchina e da gentiluomo mi riaprì lo sportello e lo richiuse dopo che io fui entrata. Mi raggiunse e provò di nuovo ad invitarmi
«Allora dove andiamo a mangiare?» chiese.

«Da nessuna parte, te l’ho già detto. La cena dopo che mi farai conoscere Robert Pattinson» in realtà non mi importava più nulla, non mi interessava andare a quella stupida colazione. Sentivo che volevo stare con lui, con lui soltanto, non avevo mai incontrato un uomo così, uno che cerca in tutti i modi di farti uscire dal tuo disagio e che ti fa sentire bene. Speravo solo che la sua non fosse una tattica, non lo avrei sopportato ed il fatto che mi avesse detto che ormai non si fidava di chi gli diceva che aveva una cotta per lui mi faceva ancora di più mantenere le distanze.

«Non riesco proprio a convincerti?» sembrò implorare.

«No» risposi

«Allora ti porto al campus?» chiese.

«Sì grazie» risposi sorridendo.


La via per il ritorno sembrò essere relativamente breve, e continuammo la conversazione di prima.


«Mercoledì ci sarà la premiere e…sino ad allora sarò impegnato»
«Interviste e propaganda vero?» chiesi curiosa su tutto quello che riguardava il suo lavoro.

«E non solo… come ti avevo detto verranno i miei genitori e passerò con loro il poco tempo libero che avrò» disse. Poi voltandosi di nuovo verso la strada aggiunse «Siamo arrivati»


«Grazie, mi ha fatto molto piacere che tu mi abbia cercato e che mi abbia invitato» il mio sguardo sembrò perdersi nel buio della macchina, come se cercassi un punto di luce in quella oscurità.

«Anche a me ha fatto molto piacere, sono stato bene con te, davvero bene e spero di rivederti presto» il tono di voce sembrò affievolirsi piano piano mentre lentamente sembrava avvicinarsi a me.

«Secondo la tua promessa giovedì» anche il mio tono sembrava strozzato in gola, con la mano prese il mio mento e lo alzò cercando la mia attenzione.
«Bene allora a giovedì» avvicinò le sue labbra alle mie e i nostri occhi sembrarono chiudersi insieme. Lentamente ci avvicinammo quasi sfiorandoci, quando il suo cellulare iniziò a squillare. Indietreggiammo e io mi rimisi rigida al mio posto poggiando la schiena contro lo schienale del seggiolino. Afferrò il telefono spazientito e rispose nervosamente


«Dimmi Ben… sì stavo per arrivare… ok a dopo - chiuse il telefono e si girò di nuovo verso di me - cosa stavamo dicendo?»

«Che ci vediamo giovedì, grazie» risposi imbarazzata.

Aprii lo sportello della macchina e scesi giù. Mi chinai verso il finestrino rimasto aperto e lo ringraziai ancora una volta.

«Grazie per la serata ci vediamo»

«Aspetta Sophie - scese velocemente dall’auto e mi raggiunse - mi dispiace, sarebbe stato meglio se io non avessi risposto» disse amareggiato.
«Non ti preoccupare, forse è meglio così» lo rassicurai.

«Perché? Non sei stata bene con me?» “Che uomo dalla coda di paglia… Ma secondo te? Posso essere stata male?!?” pensai acida.

«Non corro, ho smesso di correre tre anni fa, adesso preferisco fare le cose con calma» sentenziai.

«Ma…»
«Forse non era il momento giusto - dissi interrompendolo. Mi alzai sulle punte e gli baciai la guancia - buona serata e grazie ancora» gli sorrisi e corsi via.

Rimase lì per cinque secondi a toccarsi la guancia e probabilmente ad insultare ripetutamente quel Ben che lo aveva interrotto, ma non importava. Ero al settimo cielo, e nonostante sapessi benissimo che me ne sarei pentita, il candido e puro bacio sulla guancia bastava a farmi sentire almeno sino a giovedì felicissima e iniziavo ad av
 ere la certezza che mi stavo innamorando di lui.

  
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