Non lo so. Davvero non lo so.
II
<< Kooh-yo… Vieni qua, voglio farti un regalo… >>
<< dove… dove sei? >>
<< sono qui, non ti preoccupare… Vieni, vieni qui. >>
<< Sì… >>
<< bravo… Sei un bravo bambino, Kooh-yo… >>
<< … E adesso? >>
<< il tuo premio, sì… Vieni avanti, fai un passo solo… >>
Non fece in tempo ad avanzare che un un calcio dritto allo stomaco lo scaraventò a terra, qualche metro più in là.
<< Piccolo, stupido bambino… >>, la voce, prima così dolce e cantilenante, quasi ipnotica, era diventata fredda. Cattiva. Si prendeva gioco di lui.
Ancora a terra, il bambino incominciò a sputare sangue. Piangeva. Forte, senza trattenersi. L’orgoglio l’aveva sputato col sangue.
<< Alzati. >>
Un gemito, in tutta risposta.
<< Sei disgustoso. Me ne vado, devi lavarmi dopo averti toccato. >>
Aveva gli occhi chiusi, ma ormai aveva imparato a capire quando poteva risollevarsi.
Bastava stare attenti al rumore degli zoccoli sullo sterrato, al fruscio delle
foglie.
Il male insegna molte cose.
Ecco, il rumore si affievoliva. Sì, ora poteva. Sì alzò
lentamente, e lo stretto kimono non aiutava certo i movimenti impacciati sui
duri sassi del terreno.
Un passo, e poi un altro, cercando di salvarsi si arriva sulla via della distruzione.
Finalmente si risollevò dalla polvere, aveva smesso di piangere.
In realtà, aveva smesso da molto tempo. Il dolore gli causava contrazioni
involontarie del volto, e secrezioni dalla parte interna dell’occhio.
Tuttavia, una volta cessato il supplizio, il volto tornava di pietra.
Una Maschera.
<< Il volto di Kooh-yo, è fatto di pietra? Io, allora… romperò
la pietra. In tanti, dolorosi pezzi. La pietra sentirà dolore. Sarà
divertente, vero…? >>
Chi sei tu?
<< Io sono ciò che temi di più. Sono quel che non hai il coraggio di diventare. >>
Non è vero.
<< devi soffrire. >>
Devo morire?
<< devi soffrire. >>
E’ così piacevole arrecare dolore?
E’ facile, non è vero?
Basta non pensare, basta non guardare.
Se diventerò cattivo, sarò forte? Non soffrirò più?
<< Sì. >>
Muori.