Ti lascio un testamento di fango
sotto il filo rosso e le infamie danzanti.
Ho raccolto fasci di parole
nelle gole irritate del passato,
cercando suoni arroventati
laddove troppe vite spente
mi pestavano i piedi.
Ho distorto il mio equilibrio,
ho partorito infiniti versi, mostruosi e deformi. Lunghi oltremodo,
per dare alla luce la nebbia
delle mattine spogliate.
Ho zoppicato nuda una danza storpia,
cantando intonata lo stonare del tempo
e lanciando su carta parole precise
per disegnare paesaggi sbilenchi.